Le Antologie Poetiche Virtuali sono curate da Giuseppe Vetromile. Ogni Volume comprende 10 Autori, liberamente selezionati ed invitati dal curatore. Sono previsti volumi dedicati a particolari ambiti poetici (poesia emergente, poesia dialettale, ecc.). Le copertine sono elaborate e realizzate da Ksenja Laginja.

mercoledì 30 novembre 2022

VOLUME XXXVII

 


Introduzione

 

Da poco terminato il XXXVI Volume con il quale sono andato oltre confine, ospitando alcune Voci del panorama poetico estero, grazie al supporto collaborativo di due illustri poetesse ed esperte in traduzioni, Antje Stehn e Lucilla Trapazzo, rientro in Italia per accogliere le preziose adesioni di altri dieci poeti, sicuramente impegnati e validi come tutti i precedenti. Ma la selezione diventa sempre più ardua, la ricerca sempre più capillare e certosina, date, da una parte, le mie ancora modeste conoscenze e contatti (in questo molto mi agevola la piattaforma di Facebook, che, nonostante i tantissimi lati negativi, ha di buono la possibilità di entrare in contatto con diversi autori), e dall’altra la sempre opinabile discrezione di scelta personale basata su quel poco di materiale poetico e letterario consultabile piuttosto frettolosamente, di fronte ad un mare magnum di poeti e di autori di raccolte poetiche. Ma sono molto soddisfatto del lavoro svolto fin qui, avendo “antologizzato” più di 350 autori in circa due anni di lavoro. E si tratta di un lavoro per il quale non oso e non voglio mettere un traguardo finale, perché desidero andare avanti finché ne avrò la forza e le capacità di discernimento. Quindi, Poeti che state aspettando di essere inseriti, pazientate! Arriverà anche il vostro turno!

Ma qui casca il classico asino! Certo, i criteri di scelta che utilizzo per l’inserimento sono del tutto personali e quindi, come dicevo, opinabili. Ma tant’è. Desidero rispettare un minimo di dignità poetica, e per dignità poetica intendo una produzione matura, consistente, significativa, che contenga un minimo di costruzione tematica proponibile, un minimo di originalità e di forma espressiva, un minimo di pensiero poetante, insomma almeno qualcuna di quelle caratteristiche peculiari che fanno di un testo in versi, una vera poesia. Difficile, lo so, e certamente molti non saranno d’accordo su alcune scelte. Ma devo dire che, fimora, i criteri di inserimento, a cui hanno fatto seguito gli inviti a partecipare al progetto antologico, si sono rivelati coerenti e rispondenti, e per questo sono soddisfatto.

Detto questo, non voglio dilungarmi in pericolose quanto sterili polemiche circa la bontà o meno di un testo poetico e del poeta stesso. Sono cose che tutti sanno e di cui tutti ne parlano, ormai, in questo ambiente. Alcuni dicono che scrivere poesie fa bene, fa bene a sé stessi, intendendo la poesia, e pure l’arte in genere, come una specie di medicina da prendere ogni sera per risollevare il proprio “ego” che ha continuamente bisogno di approvazione e di appagamento. Se scriviamo versi e poi ci sentiamo soddisfatti, liberi e liberati, va bene: scriviamo pure versi. Altri affermano, categorigamente e inflessibilmente, che la poesia è tutt’altro che scrivere versi mettendo parole belle e solari una dopo l’altra e poi andando a capo alla fine del pensiero o quando gli pare. È giusto anche questo. La poesia non è solo una parola dopo l’altra, un verso dopo l’altro, quantunque sia formata da termini solari, eleganti, appropriati, ma comunque abituali, senza vigore, banali e anche ovvii. La poesia non è definibile, ma deve essere “poesia”. E qui concludo, ritenendo di essere stato compreso dai tanti amici che veramente si prodigano nell’attuare i loro progetti poetici, con consapevolezza, umiltà, ma anche con tanto studio, impegno e professionalità.

Ringrazio pertanto di cuore i dieci poeti inseriti in questo Volume, per avermi affidato i loro pregevoli testi. Buona lettura a tutti.

 

Giuseppe Vetromile

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                                                          GISELLA BLANCO


Una poesia sotterranea, magmatica, che ci guarda attraverso un muro che apre gli occhi, cerca di far combaciare gli orli sfilacciati di un’esistenza precariamente legata alla materia, con le aspettative del mito e del metafisico. Il dettato poetico di Gisella Blanco, siciliana ma residente da molti anni a Roma, poetessa e critico letterario di grande spessore, è dunque, in sintesi, questo susseguirsi di immagini fortemente simboliche, lungo un fluire di versi illuminati e animati da forze e potenzialità intrinseche, indipendenti dal contenuto. Contenuto tematico che appare solo in filigrana, laddove emerge un latente anelito di affrancamento da falsi stereotipi e ipocrisie velleitarie, caratteristiche negative di una odierna società che ha già divorato le sue piccole falangi con piccola bocca senza denti, precludendosi un sano futuro (nostro unico illegittimo figlio).


La traiettoria scorre i nodi delle ombre 

– dalle palpebre perdute risalgono i primordi della luce – 

filtra l’alba dal bianco lacrimale, s’insinua 

nei profili – volti segmenti contorni spezzamenti –.

 

L’occhio trascrive la visione nell’evocazione,

sottrae frammenti alle cose che non ne hanno più bisogno. 

 

C’è un’improvvisa fratellanza tra il margine e la tintura, si culmina

nell’ inchino alla desolazione. Si radunano

le antiche mani dell’arte nell’ultimo obiettivo del volto

e l’aria è sostenuta dalle gambe di pietra che cedono

                                                              alla carne ogni tremore.

 

(nedito scritto in dialogo con le fotografie di Dino Ignani della lettura integrale de La terra desolata di T. S, Eliot, presso l’atrio della Basilica di San Pietro in Vaticano, all’alba del 22 ottobre).



***


Eccezione

 

(Riflessione sulla condizione umana e quella divina)

 

Ciascuno

è l’eccezione per il suo dio

(ha confessato cupidigia di rinascere ermafrodita

da donna che non prega, “non ditelo al padre”).

 

Ognuno obbedisce alla regola dei propri liquori,

devozione al gamete

(confessiamo estro di rinascere uomini

da ortonimi dèi, “non diciamolo a nostra madre”).

 

(Inedito)

 


***

 

Combaciarsi


La crepa del muro si manifesta

– ombra nell’ombra –, salta dall’abominio

dell’integrità al nitore dello slancio,

s’inclina verso il basso della luce,

segna la scansione dell’imbrunire.

 

Un lampo di nubi basta

a proiettarmi la vita nella crepa

e l’intero muro nello sterno,

non comprendo l’incastro ma si sente

ogni interferenza, si allineano gli strati.

 

Ancora un rintocco di colore

e il muro apre gli occhi, osservo

il sopravvento del viso sul corpo,

la contorsione del cemento nella ruga.

La costola ha un tremore verticale,

ribadisce la fragilità del combaciarsi.

 

(Testo presente su Laboratori Poesia, La mappa dei poeti italiani)



***

 

Macero


Il passato è forza elettrostatica,

aggroviglia gas putrefattivi d’antenati

a ossari inespressi, erge monumenti ai sopravvissuti.

 

Il presente è macero

non autorizzato, vivaio eco-sovvertibile

del corpo – mai nato a ragione –,

interruttore guasto

al dito mozzato del futuro

(nostro unico illegittimo figlio).

 

Questa notte il piccolo

bastardo ha divorato

le sue piccole

falangi

con piccola

bocca

senza denti.

 

Ci siamo svegliati madri sazie.

 

(Tratta da silloge inedita)


***


Il poeta del mondo

 

Se l’ansa schiacciata del pianeta

imperla di sgomento il fronte, l’antipodo

posturale s’erge sulle sue stesse spoglie

e s’indigna al refolo d’orrore, cerca il discorso.

 

Ci si chiede se la satira possa infierire sullo squarcio

per incarnarne misura sulle membra intonse,

si disegna la parabola del dolore

come un arco ascendente che illude al sorriso.

 

Altrui viscere premute sulla bocca scalpitano nell’annuncio

– si propaghi l’agonia mediatica –,

diritti di cronaca si adeguano al gusto del sangue,

la parola sopravvive a tutti i suoi morti.

 

Schiere di santi e predatori s’accalcano

oltre le dimore di Cristo, alla destra della terra

ove siedono altri padri e le madri

offrono uguali lacrime per ogni figlio.

 

Al confine, viene espulso dal grembo della parola

il poeta, cittadino nell’intera lingua,

risiede per errore tra l’artiglio della penna

e l’urgenza di natura, muore soltanto

                                                    quando la lacerazione l’annoia.

 

(Cuori a Kabul, Antologia di autori vari, Graphe.it edizioni)

 

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                                                SERGIO CARLACCHIANI


Stentorea e nello stesso tempo variamente armoniosa è la voce poetica di Sergio Carlacchiani, da Civitanova Marche. La sua è una poesia forte, che trova il suo fondamento nella vastità delle esperienze artistiche e professionali del nostro autore, veramente poliedrico, e di grande talento, in tutte le sue versatili espressioni artistiche, dal teatro alla regia, alla pittura e alle originali capacità di lettore, di doppiatore e di performer. Una fusione d’arte di alto livello fa di lui un attento osservatore della realtà e soprattutto dei sentimenti e degli umori di una umanità macilenta e dimidiata tra bene e male, tra inferno e paradiso, tra perdizione e speranza. 


Per un recital dedicato al poeta Nicola Romano

 

Con la disponibilità di accogliere

tutto di un poeta che molto

ha voluto lasciare in eredità

nell'ascolto di una comunità

silente sottratta momentaneamente

al degrado della cultura sociale

contro la cieca indisponibilità

di tutti quelli che non credono

che la poesia possa essere

capace e tutt'altro che effimera

la mia voce non leggerà si alzerà

e farà in modo così da rinviare

a liturgie e funzioni del sacro

profetici canti dettati dell'anima

rinnoveranno un severo giudizio

quello di un uomo e poeta vero

che riconsegnerà all'umanità

il suo abbagliante alato incanto.

 


***

 

Tempus edax rerum

 

– Tu che fai vivere

ti sottrarrai divorerai tutto

della terra così che in cielo

soltanto resteranno a strepitare

voli costanti d'anime in eterno! –

Oh metamorfosi della vicenda umana!

Scorrerai ancora in qualche attimo

tempo divino maledetto o già sei

solo illusiva inesorabile percezione?

Re della polvere sei già sottrazione

il guastato orciolo presto si estinguerà

nulla resterà di noi incriminata umanità.

 

 

***

 

Sosto all'ombra scura d'un paese d'anima

con la determinazione tremula e morale

di resistere al male che c'è nel mondo

mi accompagna un dettato spirituale

una preghiera salvifica e una lauda

che fa dileguare attorno a me la paura

ora gli uccelli buoni si uniscono al canto

mentre il gallo annuncia il nuovo giorno

tra poco l'aurora eromperà con gioia

la virtù tornerà a trionfare a mostrare

le divine parvenze nelle vaste distese

della terra e del diafano cielo infinito

avremo sul cuore tatuata una frase

– Dio lucente germoglia e ovunque esiste! –

 

 

***

 

Almeno sino alla bufera

che resti un dialogo

tra il male di vivere

e il nulla trascorrente

ci sia un movimento

timbrico e ritmico

di rilevante tessitura

che segnali a un dio

il soggetto la vita dura.

 


***

 

Dense di riverberi queste parole

come prime foglie d'autunno

ho raccolto per strada appena

cadute senza direzione planate

l'estate porta tanti ricordi con sé

la percezione di essere in cammino

chissà se verso un approdo di quiete.

 

***

 

A questo baleno mi tengo aggrappato

che la vita abbia soltanto quest'istante

una stazione di terminali risonanze

poi via di nuovo disperso per sempre.

 

***

 

Svuotare la creazione dici?

Con lo sguardo sul nulla

sulla sconfinata parola

che sovrano fondamento

mai più avrà che ferirà e

dischiuderà quel tragico

nientificato messo in opera

dall'inutile sopravvivere

e... e... e....

 

 

***

 

D'onirismo voglio vivere

vario e fedele a me stesso

la coscienza non mi serve più

disorientato come sono ormai

dall'ultimo tempo che mi resta

poetico eretico inassimilabile

ogni sfumatura voglio cogliere

delle dense pagine non scritte.

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                                                           MANUELA CECCHETTI



Un echeggiare di antichi e aulici suoni pervasi da forze della natura e anche spirituali, intride l’elegante dettato poetico di Manuela Cecchetti, attenta e sensibile autrice di Cesena, che alla poesia giunge anche attraverso profonde considerazioni e riflessioni di carattere filosofico e teologico. Il palpitare della vita, nonostante il subbuglio dispersivo e frammentario della realtà che ci circonda e nella quale siamo immersi, risalta evidente nei suoi versi colti e ben cadenzati. È una poesia che inneggia al recupero degli antichi intramontabili valori e tesori di una terra ancora prospera e aperta ad accogliere germi di cardamomo ad incensare l’altare della sera.


All’altra sponda

 

Chiamati all’altra sponda,

sciolti dalle miserie,

innanzi al tomo del Giudizio

l’ora si fa pressante,

rivelazione grande

ci accoglierà.

Confuse tra i guardiani della luce

stole di dracme argentee

discendono sui pervenuti.

Teste di coccio,

cuori sciupati

aprono gli occhi all’infinito.

Le orecchie odono

soltanto poesia,

le bocche odorano

di carità.

Le mani aperte ai Cherubini

sincere cingono

la dignità d’essenze amabili,

sulla terra inconosciute,

risplese dell’incanto

d’eterna parusia.

 


***

 

Fragili soffi

 

Fragili soffi

catapultati con brutalità

giungiamo all’esistenza

telegrafando orme sulla creta

come bagliori d’astri

nell’umile calligrafia dell’essere.

 


***

 

La stufa

 

Tra l’acque delle fiamme,

schiocchi di legna

risuonano vincenti

nell’aspro dell’inverno.

Dal forno della stufa

l’aria è deviata

dall’eufonia piacente

di mele cotte,

di zenzero e cannella

impollinate.

Le luci colorate dell’abete

inebriano di pace

le finestre.

Germi di cardamomo

incensano

l’altare della sera,

flutti di terre inabitate

s’irradiano nei cuori.

 

(Testi tratti da Lampi Bagliori Diamanti. Meteore d’Eterno, edito da Ensemble, 2022)

 

***


Rosa

 

Sei il più bel fiore

che arde nelle aurore dei ricordi,

a maggio le sacre tue fattezze

fiere si coprono

con petali di seta

ove aristocratiche fragranze

in una compiacenza commovente

s’allargano nell’aria.

Sovrana tra la flora,

di una beltà antica

e sempre nuova,

nell’estasi rapisci

i volti delle amate

che in cambio di un tuo dono

concedono effusioni maliziose.

Musa rosata

come la pelle tenera dei bimbi,

tuffata nel candore della neve

abbagli gli astri.

Rossa e carnale

prosciughi la passione dell’amore,

docile tea, colmi di sole

le grate dei balconi

alzando musica nei cuori.

 

(inedito)

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                                                            VALENTINA DEMURO


Tornare daccapo bisogna / per credere possibili altre vie / legare pazientemente la corda / attorno all’innesto su queste macerie”: è in questi versi che Valentina Demuro, giovane ma già affermata poetessa di origini pugliesi, concentra tutta la sua tematica poetica, almeno nei brani inediti che qui propone. La sua poesia si muove quindi nella consapevolezza di una realtà che va repentinamente sgretolandosi, di un mondo su cui incombe un cielo nero come una guerra, ma il suo canto cerca di recuperare la meraviglia dei colori e dell’anima della natura, su una terra da ricostruire. L’esperienza maturata in campo poetico e letterario, dona alla nostra autrice una forte impronta di originalità creativa, che si manifesta nei versi decisi e perentori, ma nei quali si intravede anche una certa misura di dolcezza e apertura alla speranza.


Ci avevano detto di pregare
trattenere la luce nelle mani
una culla per proteggere la notte
dal vento che chiude gli occhi
il vento che scuote
lo spavento dei papaveri.
Ma il loro tremito
mai muove a pietà il cielo
quando è nero come una guerra
e mangia il silenzio
gli uomini, le loro case

 

***

Nessuno mi tocchi o parli
lasciatemi sola
alla pietà della mia terra
al mandorlo che non si può sfiorare
al gelso nero
che sanguina con me.
Tornare daccapo bisogna
per credere possibili altre vie
legare pazientemente la corda
attorno all’innesto su queste macerie
pregare
che la pioggia arrivi
nella giusta stagione
che i fichi nascano rossi

 

***

Sarà ancora il rivolo marino
che accende azzurri i confini
e una fede
così attaccata alla vita e alla terra
la terra che porta tutto il sangue
come un’eco cavernosa e antica.
Sarà ancora scintilla unica
di un incanto enorme
anche quando cadranno le ossa nel buio
spoglie di un luminoso fiato

(Testi inediti)

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                                                                GIADA GIORDANO


Massificava il dolore e non sapevamo cosa fosse ad agitarci / oltre l'iride, cosa balenasse / nell'attesa”: il cuore della poesia di Giada Giordano è in questi versi che rivelano un senso di rimorso, di non rassegnazione di fronte ad episodi spiacevoli e disagi che interessano più o meno direttamente l’autrice, ma che possono essere condivisi da tutti. La nostra giovane poetessa romana, molto attiva e impegnata nella sua attività letteraria, ci offre qui uno spaccato della sua realtà poetica, costituita appunta da elementi riflessivi, di tentativi di ricomposizione di equilibri sentimentali e affettivi che si susseguono con un verseggiare attento e cadenzato.


Ma era altrove e sono

Altrove mi udiranno.

 

Non era il sapore dei giorni

o il profumo che dissipavi

a mezz’asta

non ne avevamo a sufficienza

per vivere

di che vivere senza

di cosa non fare a meno

ricordo

quale colore mancasse al cielo

forse tutti al collo appesi

era scarno persino lui

nel sorreggerci.

Poi venne il freddo e la neve e la fede

vacillò bipolare e si represse confinata

mentre sconfinavano con te

tutte le promesse.

 

 

***

 

Massificava il dolore e non sapevamo cosa fosse ad agitarci

oltre l'iride, cosa balenasse

nell'attesa – se un tormento che ci divorasse

nell'intercapedine

o il muro di casa crepitante.

 

Cosa fossero i dilemmi che ponevano le tue

mani, appuntava il diario

fisico – persino lui – nella sua natura

accarezzava i giorni

mentre con lo sguardo cercavi me.

 

 

***

 

Saremo – delle albe che nessuno ha mai visto –

l'annunciazione

trepidante del sole che irraggia non magro

o forse sarà solo un sentirsi, un sentirsi vago

di questo tempo, scriveremo non ancora muti,

usurpatori di un te

che non lesina

a mille altri sguardi violati, confusi,

il futuro.

Eppure a mille risponderemo.

Non più foglie da accartocciare

Radice, pianta da germinare.

 

 

***

 

Li ha lasciati il seme della discolpa,

la curva lavica del tuo sorriso che incendia

e si fa (scusa) si fa (condanna) del poco tempo

e non sa di quanta poca strada ci sia davanti

eppure – credimi se dico – ci si dimentica.

Siamo stati nelle attese che non ci definiscono,

mentre il metrò rallenta la sua corsa,

lungo la banchina Cipro campeggia rossa

e bianca una scritta.

Così tra le solitudini fugge

l’aria, la malinconia – persino tu

la interroghi – mentre indichi

la strada, sai essermi fratello

anche se sogni

qualcosa che non conosco

di Ieri.

 

 

***

 

Saremo ancora consapevoli

della scelta, un domani che

fioriranno le rose del giardino, e sarà gioia

per come vivo a splendere, tra un gelsomino

ed un ibisco a primavera.

Così nel clima mite del sole

tra le imposte schiuse nel mattino

sapremo ancora sorprenderci

come un'ombra che non sa arrendersi

a chi tardi ancora si aspetta.

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                                                      NINO IACOVELLA


Il dettato poetico di Nino Iacovella, come si può evincere leggendo attentamente i brani qui proposti, è pervaso da un forte senso di isolamento e di abbandono, in una società come quella attuale dove ogni cosa richiama freddezza, urgenza, meccanicità di gesti, comportamenti e azioni ripetitive e stereotipate (“All’interno del piazzale, l’orario di chiusura dei negozi /provoca distacchi nel corpo delle auto parcheggiate”). In questo vortice effimero di comportamenti, l’umanità appare distaccata, la società composta da individui che non si trovano mai insieme nello stesso posto (“È così che ci si perde di vista, / ognuno poi risorto in un punto  / che scompare nella città”). Sono versi che incidono nel tessuto di una società frammentata, disunita, che vaga sulla superficie di apparenze e di intenti senza alcun fondamento di autenticità. Nino Iacovella percepisce questa realtà effimera e ne denuncia, con i suoi versi taglienti la drammaticità del sopravvivere nonostante un latente dissolvimento (“ama quel corpo e non credere alla morte”).

 

Antropia

 

Nel freddo di una mattina d’inverno

i passi degli uomini si affiancano,

qualcuno accelera l’andatura

e assorto cede lo sguardo

 

È così che ci si perde di vista,

ognuno poi risorto in un punto 

che scompare nella città

 

Nel biancore la pianura si apre

in lontananza, mentre il silenzio

degli alberi mostra la dissoluzione

delle foglie che si agitano a terra

senza dirci niente

 

***

 

All’interno del piazzale, l’orario di chiusura dei negozi

provoca distacchi nel corpo delle auto parcheggiate,

smottamenti di partenze, scavi di luce nella notte

 

L’inverno è una stagione in saldo

posizionata negli scaffali peggiori,

una provvista che portiamo a casa

per non sentire la fame del vivere

 

E quando è tardi ritorna il pensiero

che già ci riporta a casa

 

La poca luce stanca lo sguardo,

la strada si chiude nel sonno,

saremo a letto

come dopo aver fatto l’amore,

girati con le spalle al buio

che respira dall’altra parte

 

***

 

Accendi la luce, ti dici

mentre il mondo accade a due passi

dal telecomando,

un pugnale di voci il notiziario,

incide cicatrici e voglie sottopelle,

lo stesso seme del tremore

 

Tra divano e televisione alzi il calice,

con acqua e vino corpo di Cristo

la pillola scioglie gioia e paure,

induce la pace

 

Poggiata la testa sul cuscino,

a occhi rovesciati

immagini dal soffitto

il cieco morire della notte,

la fitta nello sterno che si ferma

a pochi passi dalla morte

 

***

 

Precipitati nel fine settimana in un locale,

meteoriti senza nemmeno l’onore delle armi

di una caduta all’interno della pista da ballo,

dedichiamo passi incerti, le espressioni slabbrate

a corpi aggraziati di femminee divinità,

ai loro sessi destati dal ciclo lunare

 

Aggrappati a funi di luce che tracciano

aerei percorsi di salvezza nel buio

 

attendiamo qualcosa che ci accechi nell’eclissi,

come sciamani nel delirio caduti ai piedi di dio,

lo imploriamo, mentre lui, come noi,

non smette di tremare

 

***

 

Ti sei spinto dentro sino a ferirti

in questa notte, in un abbraccio,

il senso di grazia di una carezza

 

Il tempo è inesorabile, scava

come un rabdomante

nelle grinze dell’esistere

 

E tu che baci, cerchi la sua lingua

all’interno della bocca

come un cacciatore primitivo

che spinge via il lupo

dalla sua grotta

 

ama quel corpo e non credere alla morte,

 

poi chiudi gli occhi dinanzi al buio

come se il buio non bastasse

 

(Da La parte arida della pianura, inedito)

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                                                 ANTONIETTA MICALI



 “Ottobre mette in valigia / i profumi d’autunno”: inizia da qui il breve itinerario poetico proposto dalla poetessa romana Antonietta Micali, nonché giornalista, scrittrice e autrice di due raccolte poetiche. Il tema più volte affrontato da tanti poeti, quello della natura e dell’ambiente, viene qui riproposto ma in chiave più intima, quasi un’immedesimazione dell’autrice nella realtà ambientale circostante, dove gli aspetti e le cose appaiono nella loro luce originale e schietta, avulsa dal contagio e dalle implicazioni di una società sovrastrutturata e melensa, o addirittura fasulla per certi versi. C’è quindi una visione, un desiderio di recupero di quell’aura di autenticità e di “naturalità” che la nostra quotidianità ha perso. I versi di questi brani poetici, fluidi e lievemente nostalgici, ne sono pregevole testimonianza.


E poi… Novembre !


Ottobre mette in valigia

i profumi d’autunno,

la vendemmia,

le caldarroste,

i tramonti tra mare azzurro

e foglie morte.

Bussa alla porta Novembre,

tra ricordi e nostalgie

di chi è approdato a Itaca,

sapendo di non fare più ritorno.

Novembre di preghiera,

passi interrotti,

frasi bisbigliate,

vita che rallenta,

buio che avanza,

freddo da combattere,

felicità perduta.

Tu che mi aspetti

seduto al camino,

mi allunghi il plaid

per riscaldarmi il cuore,

ti guardo e preparo due calici

mettendoci il mio amore.

 

***

 

Pensavo…

 

Per fortuna mi cibo di parole,

quelle che hanno il profumo

antico della legna che arde nel camino,

il sapore del vino buono,

quello invecchiato che inebria i sensi.

Amo vestirmi delle parole,

che libere fluiscono

dalla pagina al pensiero.

Mi piace tutto ciò che è vero!

 


***

 

Pennelli e parole

 

I pittori

imprigionano il tempo

con il pennello.

I poeti entrano

nei colori,

carpiscono emozioni,

descrivono paesaggi.

Insieme regalano

la bellezza

che non muore.

La magia delle parole

si nasconde nella tela dei colori.

I grafici

utilizzano le tele dei pittori,

le parole dei poeti,

svelano il loro animo sensibile,

danno vita a cataloghi

di eterna bellezza.

 


***

 

Autunno

 

L’autunno

profuma di castagne,

dipinge i viali con sfumature

di freddi colori.

Il cielo è grigio come la tristezza,

il silenzio pervade la via.

Un gatto svicola frettoloso,

una donna porta un cesto d’uva

sulla testa,

con la fierezza

di chi indossa un cappello per la festa.

Mentre cammina,

l’odore acre del mosto

misto a terra bagnata l’avvolge.

Un corvo intona un canto di morte,

mentre la natura si arrende.

Due innamorati

si abbracciano lungo il viale,

il loro bacio sa di vita,

scalda il cuore.

Si tengono per mano,

i loro passi avanzano

sulle foglie morte.

Si amano senza dirsi parole,

i loro sguardi

si accendono di colori,

hanno l’estate dentro,

un sorriso di chi è felice

e sa guardare al domani.

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                                                   DANIELA MONREALE


Molto vasta è la produzione letteraria, sia di poesia che di narrativa, di Daniela Monreale, di origini siciliane ma residente in Toscana da più di un ventennio. Ricercatrice e studiosa della materia poetica, si interessa attivamente anche di critica letteraria. La sua poesia si distingue per lo spessore dei contenuti e per un impianto strutturale robusto e piuttosto diretto. Nei brani che qui propone si evidenzia una vena di malinconia che scaturisce da riflessioni sul vuoto esistenziale che, sovente, avviluppa la persona e ne condiziona i comportamenti: “
Davvero puoi anche non esistere / se sei coscienza ed emozioni…”. Non c’è consapevolezza né sincerità né sensibilità nei cuori e nelle coscienze, abbandonati nelle notti insonni e nei pomeriggi vacui, freddi e banali, senza vigore, di una società che tende alla noia e all’isolamento.



Davvero puoi anche non esistere

se sei coscienza ed emozioni,

se stipate le tue ragioni

premono nel segreto,

intanto piovono frasi fatte

e come stai e che si dice,

e tu sei solo, guardi l’indifferenza

e l’assenza e non si accorgono non sanno

eppure vorresti il legame, vorresti

che il tuo dolore fosse

già stato il dolore

di qualcuno.

 

 

***

 

Raccontiamola così,

nel pomeriggio immobile,

sulla sdraio il bicchiere e i libri,

i tuoni da lontano appena percepiti,

mi ascolto nel luglio tropicale 

che di attesa in attesa

mi affatica, l’aria maligna a soffiare

ed io con le mie sorelle malinconie,

il fiume dentro e l’acqua

che finalmente cade,

dal cielo ormai estraneo.

per lavare le paure.

 

 

***

 

Accade perché non pensi 

e della strada di pietra 

ti dimentichi, ti fai distratta nube,

fionda e carapace, ti senti nel nuovo

e nell'inatteso, ti senti un guizzo di ribellione

e vesti l'abito di gioia, nessuno ti capisce,

e allora qualcosa – dici – può vivere

nel guscio vergine dell'incoscienza,

come animale e fiore, tutto qui

il senso ubriaco dell'aurora.

 

 

***

 

Le strade, le notti, le piazze deserte

che i molti lasciano finalmente

alla noia di rincasare.

Di questa insonnia

non si accorge nessuno, nessuno sa

che al centro della terra c’è un luogo

prosciugato e amaro, nessuno sa

che al centro di me e di te

c’è la stanza disabitata.

Come ogni notte,

come ogni giorno,

qualcuno prova a disseppellirne la chiave,

ma le ore strappano il filo verso quel punto

che nessuno potrà mai definire,

né chiamare né scoprire,

oppure almeno delimitare in suono,

il punto inaccessibile, sovrano e doloroso,

del mistero e della ricorrenza,

della coscienza di quel

che non saremo mai,

se non sognando.

 

 

***

 

Nel quadro di una finestra

c’entra tutto l’ordinario,

come i confini delle finestre altrui,

i tetti, il campanile, i panni dei vicini

stesi nel filo cigolante,

 

ma c’entra anche lo straordinario

della malinconia, che fa strisciare

le attese nei cortili e slega i perché

nel declinare della luce.

 

Qui la pioggia canta tra i comignoli,

tra gli uccelli stretti stretti nella grondaia,

qui il silenzio del mistero quotidiano,

forse il segreto sta nel battito della domanda,

che inquieta la solleva nell’azzurro.

 


(Da Fragilità del silenzio, Joker, 2016)

 

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                                                                 CARLA PAOLINI



È decisa, stentorea, diretta, la poesia di Carla Paolini, da Cremona. Autrice di numerose raccolte poetiche, è molto attiva nella promozione culturale e letteraria, ed inoltre è esperta traduttrice dall’inglese. Nei quattro brani poetici che qui propone, si delinea questa sua vena di autenticità, di ricerca dell’autenticità, velata da una sottile ma luminosa ironia, verso sé stessa e verso gli altri. Un modo di apparire un po’ scherzoso, ma profondamente umano, laddove la poetessa si presenta portando scompiglio e disordine, accendendo un caos di violazioni: è come se volesse, giustamente, intelligentemente (e la poesia è maestra in questo!) denunciare quel velame di falsità e di ipocrisia che a volte si accompagna ai gesti e ai comportamenti stereotipati e omologati di una società ancora intrisa di falsi valori e di aberrazioni.

 

Monologo del sorriso

 

Chi vi ha detto che per me è facile?

 

non avete idea del travaglio

per apparire in faccia a qualcuno

 

io porto disordine

accendo un caos di violazioni

che scuciono l’articolazione del viso

 

costringono gli occhi ad illuminarsi

le guance a sciogliere l’ormeggio dei muscoli

le labbra a fare strechting

sull’impaginazione dei denti

 

è una deflagrazione apocalittica

che si estingue nella sua bastevolezza

 

quel che fa più male

dopo aver dato tutto

è sentirsi spegnere senza movente

mentre dall’uno all’altro si insinua

che non sei stato nient’altro

che un’anomalia espressiva

 

 

***

 

Pietre

 

Terrò per me

la pietra grande

segnata dalle piogge

a sigillo della tua presenza

 

le altre

nella disparità delle forme

e nelle sfumature

che non so descrivere

tutte diverse

per la diversità dei tuoi momenti

le affiderò al pellegrino

che sosta nell’andito della nostra casa

perché nei suoi viaggi

le abbandoni agli incroci delle vie

 

 

***

 

Scrivimi

Scrivimi
mandami una lettera di carta
che dai tuoi pensieri
si formi la linea sinuosa della parola

una lettera da guardare
come una foto
da toccare
che abbia un odore
e sappia di te
che dica il mio nome
una lettera da mettere sotto il cuscino
per ritrovarla appena mi sveglio
da conservare in un posto sicuro
da rileggere quando mi manchi

 


***

 

Il silenzio

Avreste dovuto dirmelo
quando avevo paura
dovevate avvertirmi
quando non lo sopportavo

voi sapevate
quello che c'è nel silenzio
cose tanto straordinarie ed appaganti
che se riuscissimo a sentirle
il cuore
scoppierebbe in mille pezzi

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                                          ELISABETTA PAMELA PETROLATI



Da Roma la voce poetica dolce e ricca di memorie di Elisabetta Pamela Petrolati ci coinvolge affettuosamente in una condivisione di emozioni e di vibrazioni di tutti i sensi, quasi a vedere, a toccare e a sentire i quadri, gli stati d’animo, le immagini e i momenti di cui sono pieni i brani poetici evocativi che qui propone. È una poesia delicata, intrisa di nostalgia e di malinconia, in cui i versi si susseguono cadenzati a raccontare o a riflettere o a ricordare. Centrale è il tema del ricordo, della famiglia e della madre in particolare, sottintesa specialmente nell’ultimo testo, dove è più alto e limpido il tema nostalgico: “Ma di più ricordo / la mia gonna a pieghe / e le tue mani / sul primo bottone / della mia camicetta”.


Dopo la pioggia

 

Ti parlerò a tempo debito,

avrò pazienza,

farò passare i giorni buoni

e quelli variabili.

Attendo la pioggia.

E quando pioverà

lascerò che l'acqua

cada e cada,

aspettando con pazienza

che l'amore si gonfi e apra,

dolcemente sopraffatto,

tutti gli accessi in una

prepotente impellenza

di bere e assorbire.

Quando l'ultima goccia

sarà caduta

ti porterò fuori

e a occhi chiusi mi farò

per te il petricore

che ti colma con il suo

odoroso respiro,

e ti soffierò

nell'anima tua l'anima mia

con umettati e avvolgenti

vapori,

affinché non sopravviva

richiamo più suadente

alla memoria del tuo corpo.

 

***


Lo scalpore del silenzio

 

Ora che c'è tutto e solo silenzio

le pietre tacciono con le pietre,

le case tacciono con le case,

gli alberi tacciono con gli uomini.

Sostenuto dall'assenza il mio vagare

in questa landa sospesa,

dove io parimenti sospesa mi sento

alla ricerca delle nostre parole,

di quelle parole solo nostre.

Unicamente le tombe rimbombano

facendo scalpore perché

quando tutto tace si fanno

finalmente grido delle paure,

sarcastica rivincita della morte.

 

***

 

Ricordi

 

Di quella stanza

ricordo queste cose:

la luce ovattata della sera,

un cassetto storto,

una candela piegata,

la cornice smerlata

e dorata di un quadro,

il ramo colmo di bacche

in un vasetto stretto

sulla scrivania in noce,

il profumo della zagara

e dello zafferano

messi a essiccare;

ma di più ricordo

la mia gonna a pieghe

e le tue mani

sul primo bottone

della mia camicetta.

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a sera

un laconico senso di riscossa mi agita la biro

e sdrucciola sul foglio

 

il nero inchiostro traccia vie di fuga

dal deserto piatto e senza macchie della carta

 

questa pagina - oasi transitoria - ospita la mano

che scrive a più non posso sull'orlo dell'inventario

rimuovendo fonemi dal dimenticatoio

 

la parola poi viene dall'angolo della scrivania

e risale piste di polvere fino al bordo del taccuino

dove s'intravede in vicinanza il rigo fidato

 

percorre sentieri inauditi e impercettibili

scava sovrana tesori sepolti

da cui zampilla la fresca cascata

della libera poesia

 

 

(da Percorsi alternativi, Marcus Edizioni, 2013)

 

 

Giuseppe Vetromile

 

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 NOTE SUGLI AUTORI

 

 

Gisella Blanco

Gisella Blanco è nata a Palermo nel 1984 e vive a Roma da diversi anni. È laureata in giurisprudenza, si occupa di critica e divulgazione letteraria poetica, collabora con blog, riviste cartacee e giornali per i quali scrive note critiche, recensioni, articoli, interviste e saggi. Scrive per la rivista Leggere Tutti cartacea e on line, per Atelier Poesia, per Laboratori Poesia, per Liguria.Today, per Poesia di Luigia Sorrentino e per Poesia del nostro tempo. Fa parte della redazione della rivista cartacea semestrale Laboratori critici. Ha svolto, come relatrice, lezioni in ambito universitario sulla poesia (Università di Palermo – Dipartimento di Scienze Umanistiche, Corso di studio in Lettere, Insegnamento Istituzioni di Linguistica italiana); nel 2020 ha tenuto una lezione sulla poesia agli studenti di Linguistica Italiana della Sichuan International Studies University di Chongqing (Cina). Particolarmente attenta ai temi sociali, filosofici e femministi, è autrice della silloge poetica Melodia di porte che cigolano, pubblicata da Eretica Edizioni (2020); compare nell’antologia Inno alla morte, pubblicata da Bertoni Editore (2021), nell’antologia Cuori a Kabul – Poesie per l’Afghanistan di Graphe.it Edizioni e nell’antologia Italia insulare - i poeti di Macabor Editore 2022. Alcuni suoi testi sono stati tradotti nel Journal of Italian Translantion. Una sua poesia è presente nell’antologia Negli occhi bambini (con una nota introduttiva di Umberto Piersanti) per ScriverePoesia Edizioni). Coordina il team di servizi letterari Scrivere Poesia, in cui si occupa di editing poetico. Lavora nella comunicazione come Spazio Parola.

 

Sergio Carlacchiani

Sergio Carlacchiani (alias Sergio Pitti, Karl Esse, sergio e Basta!, il Clamorosissimo, Lo Sciamano) è nato a Macerata nel 1959, vive a Civitanova Marche. Artista, attore, regista, doppiatore, poeta, performer, pittore. Numerose le sue mostre personali e collettive di pittura, altrettante sono le performances, gli happening e i vernissages realizzati in Italia e all'estero. Le sue opere sono presenti e sono state esposte in tutto il mondo. Direttore artistico di varie rassegne teatrali si è occupato di poesia lineare, visiva, concreta, sonora, di mail art e performance art. Ha creato libri/oggetto e scritto diversi libri di poesia; da ricordare: 1980, Poesie - Collana Poeti D’oggi, Gabrieli Editore, Roma. 1983, Quadri di Parole, a cura dell’Associazione per le Ricerche sulla Scrittura, Grafiche Cardarelli & Casarola Editore, Monte San Giusto (MC). 1987, Quadri di parole 2, Grafiche Cardarelli & Casarola Editore, Monte San Giusto (MC). Infine anche un Libro/cartella a quattro mani con Alda Merini. Ultimamente Indiscrezioni dal fortilizio, RPlibri, giugno 2020, e poi Testamento, RPlibri, del 2022. Gli è stato conferito da parte della Rivista letteraria bilingue (Italiano e Rumeno) Lido dell’anima, il Premio Internazionale Annuale Penna d’oro 2021, per la sua opera poetica nel percorso dell’anno letterario 2021. L'attore ha un canale su You Tube, 6000 sono gli iscritti, più di 3.000.000 gli ascolti sino ad oggi, e 40.000 circa le recitazioni registrate dal vivo o in studio che danno voce a poeti, scrittori, filosofi, dall'origine dell'umanità ad oggi, di tutti i paesi del mondo.

 

Manuela Cecchetti

Manuela Cecchetti, nata nel 1965, autrice cesenate di saggi e poesie, è laureata in Scienze religiose e tra le sue passioni emergono la scrittura, la filosofia, l’ecologia, la poesia, la pittura con acrilici e un profondo amore per la natura, nella quale riscontra una bellezza soprannaturale: “In ogni realtà del cosmo palpita la forza della vita che chiede all’umano di svelarsi nel “sacrum facere”, attraverso gesti e parole quotidiani improntati all’empatia profonda con l’intero ecosistema”.

Nel 2019 ha pubblicato La terra… un pianeta da amare. Cambiare mentalità e adottare nuovi stili di vita per un’economia del benessere (Il Ponte Vecchio), prefazione di Mons. Erio Castellucci.

A marzo del 2022 è uscito il suo nuovo saggio Il più grande essere umano del XX secolo. La straordinaria vicenda di Albert Schweitzer (Bertoni), contributo di Mariella Enoc, prefazione di Angela Ales Bello, introduzione di Franco Cardini, postfazione di Eric Noffke.

A settembre 2022 ha pubblicato la sua prima raccolta poetica Lampi Bagliori Diamanti. Meteore d’Eterno (Ensemble), prefazione di Anna Santoliquido e postfazione di Nazario Pardini.

 

Valentina Demuro

Valentina Demuro, nata nel 1987, è pugliese; vive e lavora a Bologna. Si laurea in Lettere Moderne presso l’università Aldo Moro di Bari e in Italianistica presso l’Alma Mater di Bologna. Nel 2017 esce la sua prima raccolta, Piccoli Passi, con DrawUP edizioni. Ha collaborato con l’Istituto Comprensivo C. G. Cesare di Osimo, organizzando laboratori di poesia per ragazzi. Ha scritto testi in prosa per l’associazione Con-Creation e per l’albo illustrato da Ilaria Marrai, 26 Ottobre 2018. Nel 2019 ha partecipato al LudiComix di Empoli parlando del tema dell’intelligenza nella mitologia greca. Alcuni suoi testi sono stati tradotti dal Centro Culturale Tina Modotti e dalla rivista Vuela Palabra, e sono contenuti in Rinascimento Poetico – E tu puoi contribuire con un verso, raccolta di poesie organizzata da Paolo Gambi, Le biglie fanno rumore a cura di Lorenzo Mele e nell’antologia I minori grandi a cura di Antonio Nazzaro e sono stati pubblicati sul blog di RAI Poesia di Luigia Sorrentino e sulla Bottega della poesia (La Repubblica-Bari) diretta da Vittorino Curci. Da settembre 2020 è editor di Alma Poesia, progetto fondato da Alessandra Corbetta e dedicato al linguaggio poetico italiano e internazionale.

 

Giada Giordano

Giada Giordano nasce a Roma nel 1989. A tredici anni vince la Menzione d’Onore al Concorso Nazionale di Poesia “Un fiore per voi”, indetto dal Comune di Cervia. Nel 2014 viene selezionata per il corso di scrittura creativa indetto da Rai Eri. Nel 2015 vince il Poetry Slam al Roma Fringe Festival. Suoi testi sono apparsi sulle riviste online e cartacee “Atelier online”, “Voce Romana”, “Euterpe”, “Patria e Letteratura”, “Poetarum Silva”, “Our Poetry Archive”, “Galaktica Poetike Atunis”, su “Arcipelago Itaca blo-mag”, su “L’asterorosso – luogo di attenzione e poesia”, sul “Journal of Italian Translation”, sul “Periodico de Poesia” dell’Università del Messico. Un ulteriore componimento poetico figura negli Archivi del Centro Nazionale Studi Leopardiani. Alcune sue poesie sono state tradotte in spagnolo dal Centro Culturale T. Modotti. È risultata finalista in vari premi di poesia: Tea Poetry 2015, Premio Belli 2016, Premio Mario dell’Arco 2017, Premio Versus Sulmona 2017 e Premio Arcipelago Itaca 2017.

 

Nino Iacovella

Nino Iacovella è nato a Guardiagrele nel ’68. Ha una formazione socioeconomica. Ha riesordito in poesia con Latitudini delle braccia (deComporre 2013). Del 2015 è la plaquette con i primi testi de La parte arida della pianura (Edizioni Culturaglobale 2015). Ha curato insieme a Sebastiano Aglieco e Luigi Cannillo l’antologia Passione Poesia – Letture di poesia contemporanea (1990 - 2015) (Ed. CFR 2016). È tra i fondatori e redattori del blog di poesia Perigeion, un atto di poesia. Vive e lavora a Milano. La Linea Gustav (Il Leggio 2019) è il suo ultimo lavoro in versi.

 

Antonietta Micali

Antonietta Micali, laureata in Lettere Moderne all’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, ha poi conseguito un Master in Giornalismo Cuturale e Comunicazione, un Corso di Perfezionamento in Scrittura e un Corso di Alta Formazione di Scrittura Creativa ed Editing. Impegnata nel versante socio-culturale, si occupa di scrittura da parecchi anni. Organizza Convegni ed eventi culturali. Scrive per due riviste: Gutenberg dell’Armando Curcio e Meravigliarsi. È Accademica Tiberina Ordinaria. Ha pubblicato un saggio sul cardinale Giuseppe Guarino, Il prevetariello di Montedoro (Andrea Lippolis, Messina 2008); una favola per ragazzi, Dedalo e Icaro (Armando Curcio, Roma 2020); due sillogi poetiche, Mentre eravamo altrove… (Aletti, Roma 2020), Un ballo alla vita (Ctl Livorno 2020). Ha ricevuto importanti premi e riconoscimenti in Italia e all’Estero.

 

Daniela Monreale

Nata a Palermo nel 1963, dal 1998 vive in Toscana. Ha pubblicato dodici raccolte di poesia, tra cui Gli occhiali di Spinoza (L'Arca Felice, 2011) e Fragilità del silenzio (Joker, 2016). Per il teatro, ha pubblicato il monologo Una notte, vicino all'autogrill (in "Monologhi teatrali, vol.1", Alpes Italia Edizioni, 2019) e la pièce Un anno senza Ester (Genesi editrice, 2020).

Ha pubblicato inoltre racconti, saggi letterari e numerosi articoli su riviste culturali. È presente in antologie di narrativa e poesia e nel Dizionario critico della poesia italiana, 1945-2020, curato da Mario Fresa (Società Editrice Fiorentina 2021).

Diplomata esperta in metodologie autobiografiche presso la Libera Università dell'Autobiografia di Anghiari, da anni conduce corsi di formazione in scrittura autobiografica e scrittura per il benessere, realizzando progetti per enti pubblici, associazioni e agenzie formative.

 

Carla Paolini

Carla Paolini vive e lavora A Cremona. Laureata in lettere. Partecipa, in collaborazione con altri artisti, a progetti per varie manifestazioni culturali e a reading di poesia.

Ha pubblicato numerose sillogi poetiche, fra cui, la più recente Most in translation, con testo a fronte in inglese e ampia premessa sul tema del tradurre e del tradursi.

Ha inoltre pubblicato una trilogia di racconti e il volume di favole Gli oggetti da favola. Ha tradotto dall'inglese il Book IV - cap. I, del Finnegans Wake di James Joyce, mai prima tradotto in italiano, con prefazione di Alessandro Fo.

Sito web: www.carlapaolini.com

 

Elisabetta Pamela Petrolati

Elisabetta Pamela Petrolati vive a Roma dove insegna nella scuola primaria. Laureata in sociologia, master in “Life long learning”, specializzazioni nell’insegnamento su handicap polivalente, corsi di aggiornamento, stage sullo sviluppo armonico e benessere della persona.

In tempi relativamente recenti ha ripreso a comporre testi poetici. Ha pubblicato sillogi poetiche con le case editrici Pagine e Aletti. È arrivata finalista in diversi concorsi internazionali e molti suoi componimenti hanno ricevuto menzioni di merito. Le sue poesie sono inserite in varie antologie ed enciclopedie poetiche.

Ha pubblicato due raccolte personali di poesie con la casa editrice Aletti. La prima Come per immagini, nel gennaio 2019, e la seconda Tracce di senso, nel mese di luglio 2019 e premiata al Premio Lord Byron Golfo dei Poeti Porto Venere sempre nel 2019.

Nel 2021 ha pubblicato la terza raccolta di poesie intitolata Lo stato del mai con le edizioni Venaplus e ha ricevuto il Premio del presidente di giuria Alessandro Quasimodo al concorso Lord Byron Golfo dei Poeti Porto Venere per poesia inedita 2021. Si è qualificata al quarto posto al Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti, al Concorso Nazionale di Poesia Premio Airali 2021 e al Premio Internazionale Salvatore Quasimodo per due anni consecutivi.

È membro del Movimento Nazionale Rinascimento Poetico e referente del Lazio.

Attiva nello scenario poetico come partecipante e organizzatrice di reading poetici.

Fa parte della redazione della Rivista “Agire sociale news”. Ha preso parte a vari concorsi in qualità di giurata.

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29 novembre 2022

 


8 commenti:

  1. Che meraviglia esserci e conoscere altre voci ✨ grazie di cuore a te Giuseppe Vetromile e a Ksenja Laginja per questo bellissimo lavoro.
    Valentina Demuro

    RispondiElimina
  2. Sono molto grato a Giuseppe Vetromile per avermi voluto in questa importante pubblicazione che mi farà scoprire tanta poesia a me sconosciuta e farà conoscere la mia oltre le amicizie che ho.
    Sergio Carlacchiani

    RispondiElimina
  3. Grazie Giuseppe Vetromile👍🏻🥰 Semplicemente grazie per avermi coinvolta. Un po’ il mio cuore è romano , ma sono siciliana.
    Antonietta Micali

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  4. Sono felicissima di fare parte di questa antologia così prestigiosa! Grazie Giuseppe Vetromile per aver inserito anche le mie poesie . Sarà bellissimo leggere questa raccolta, composta di voci così importanti e diverse. Grazie.
    Elisabetta Petrolati

    RispondiElimina
  5. Sono onorata di questa menzione e del commento critico, grazie con tutto il cuore!
    Gisella Blanco

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  6. Grazie a Giuseppe Vetromile per avermi invitato a questo bellissimo progetto antologico. Grazie!!!
    Daniela Monreale

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  7. Un grande grazie di cuore a Giuseppe Vetromile per avere inserito alcune mie poesie all'interno di questa bellissima rivista. È per me un vero onore. Grazie!
    Manuela Cecchetti

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  8. Ringrazio l’amico Giuseppe Vetromile per avermi coinvolta in questa avventura letteraria insieme ad altri 9 autori autorevoli . Ne sono onorata e sono felice di aver accolto il suo invito, lo ringrazio in particolar modo per le belle parole avute per me e per la mie poesie !
    Antonietta Micali

    RispondiElimina

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