Le Antologie Poetiche Virtuali sono curate da Giuseppe Vetromile. Ogni Volume comprende 10 Autori, liberamente selezionati ed invitati dal curatore. Sono previsti volumi dedicati a particolari ambiti poetici (poesia emergente, poesia dialettale, ecc.). Le copertine sono elaborate e realizzate da Ksenja Laginja.

venerdì 22 maggio 2020

VOLUME IV




Introduzione

Per esprimere la propria creatività non basta solo il talento. Bisogna attingere a piene mani dal pozzo senza fondo del proprio vissuto, delle proprie esperienze e della propria maturazione: modellare l'intimo rovello, il segreto subbuglio, il magma ribollente che non trova risposte nella dimensione della nostra realtà quotidiana, della nostra stessa esistenza. Con l'esercizio dell'arte si dà forma alle proprie emozioni, alle proprie osservazioni, ai dubbi, alle riflessioni, ai sogni, alle utopie. Così il pittore realizza i suoi quadri, il musicista la sua musica, il poeta le sue poesie.
Il rigoglio interiore va considerato, sospettato, indagato, ricercato, riplasmato, onde poterlo tradurre in opera d'arte. Ma per far questo, c'è bisogno di applicazione, di isolamento dal mondo esterno per meglio concentrarsi, per fare in modo che la sonda del nostro pensiero vada fino in fondo, per accogliere bene e mettere in ordine le domande, le idee, i concetti, i fermenti, i credi.
In un tempo pervaso da ansie e preoccupazioni, timori e incertezze, quale è quello in cui stiamo vivendo, in modo particolare per il propagarsi di malattie infettive e di pandemie, l'attenzione e la concentrazione necessarie al fine di produrre con la dovuta serenità le opere d'arte i cui fondamentali fermenti "ispirativi" hanno da lungo tempo agitato e sollecitato il nostro talento creativo, possono aver subito qualche battuta d'arresto, qualche ridimensionamento.
Ma la creatività "bussa" sempre alla porta della nostra intelligenza. Magari con minore frequenza rispetto a tempi migliori, ma comunque si fa sentire. Bisogna allora cogliere quegli attimi, approfittarne subito e, senza perdere ulteriore tempo né attenzione, mettersi al lavoro. Musicisti: musicate! Pittori: dipingete! Scultori: modellate e scolpite! Poeti: cantate, scrivete!
E, soprattutto, artisti, condividete. Perché con la condivisione la vostra opera diventa maggiormente visibile, udibile, leggibile… In una parola, l'opera d'arte sarà così armoniosamente estesa, aderendo e integrandosi alle diverse personalità e sensibilità di ciascuno.
Siamo così giunti al quarto volume di quest'Antologia virtuale, che ho voluto intitolare "Transiti Poetici", proprio perché, con la Poesia, con la poesia di tutti voi, è possibile raggiungere tutti e ciascuno, creando un "transito emozionale" che ci e vi terrà uniti, solidali, empaticamente collegati.
Come per i precedenti volumi, la mia è una selezione del tutto libera, su invito. Ringrazio di cuore i dieci valenti Autori che hanno aderito alla mia iniziativa, permettendomi di realizzare questa quarta raccolta.

Giuseppe Vetromile

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                                                              MAURO CORONA



Mauro Corona, romano, ha fin da giovane coltivato il suo talento letterario, nonostante la sua professione lo tenga impegnato in ambiti completamente diversi. Ma la cura e l'importanza che egli dedica alla parola poetica, fanno sì che forse proprio grazie alla sua attività scientifica e informatica, i suoi componimenti, le sue liriche, siano connotate da elementi di ricerca sui meccanismi segreti della mente che stimolano la creatività, nella fattispecie la poesia. Come negli esempi che seguono, anticipati da una dichiarazione di poetica davvero interessante.



Note sulla pagina bianca
(Cinque testi sulla poesia)

Ritengo una operazione assolutamente privata lo scrivere poesia e in particolare mi interessa da sempre il concetto della scrittura poetica fine a se stessa o per meglio dire che riflette sul senso che la poesia ha come attività della mente, del pensiero. Un universo in cui ci si può perdere e in cui tanti hanno spaziato e spaziano come a ricercarne le leggi che lo governino. In questo senso nascono, senza un vero fine progettuale ma legati intimamente tra loro, questi brevi testi.



A volte mano e testa
si fondono, senza diventare verso

            (Iosif Brodskij)


Si stanca la mente di seguire
il divenire del pensiero.
Cerca di stare dietro a ciò che legge
ma si affolla sempre di più
il non scritto che supera lo scritto,
le immagini e il limite di tutto
che aumentano l’angoscia, la distanza.
Due linee che si stancano.

Allora c’è il silenzio
si chiude il libro, si spegne quella voce
si torna alla luce del parco che
si fa più bruna, ostile
ma è solo materia, solo freddo che
penetra, solo natura che parla
con la sua lingua, solo
alberi nudi, inconsapevoli
mancati apostoli del nulla


***

Ortografia del perdersi

Quando senti che è finita una poesia
allora inizia la sua perdita.
Dopo aver trovato verso dopo verso
il filo ora è il momento di lasciare,
la mente che si svuota risale
in superficie e prende aria
come dopo un naufragio il superstite
si aggrappa a un legno che galleggia

***


Nella profondità della mente
naviga il pensiero
prima di farsi parola o gesto.
E’ uno scivolare lento e silenzioso
lungo le rotte occidue tracciate
sul fondale dell’occipite in milioni di anni
dall’umana conoscenza
e che a tratti si rivela e sale
verso la luce del linguaggio
come una sorgente che traduca in suono
l’intima armonia dello spirito.

In questo movimento di scoperta
ciò che io faccio è prestare una mano
o una lingua a ciò che giace
nascosto e dimenticato
nella geometrica solitudine dell’angolo

***

La pagina bianca è il deposito dei miei pensieri.
Ve li depongo in segni successivi
modulati dal ritmo degli spazi.
Visti dall’alto assumono forma
di grandi lettere o di pettini astratti,
disegnando oggetti diversi
da ciò che poi descrivono.
Io li lascio fare perché sono il guardiano
che li accompagna osservandoli
nel breve tragitto dalla mente al foglio


***

Scoppi silenzi crepe
di una tale materia poetica si stende
un universo e ne deriva altra che si incastra
si perde, addensata in reclinante attesa
nell’angolo estremo, quello più nascosto;
lì vado a cercarla, nel dubbio di scrivere
anche solo una parola capace di fissare un punto
un concetto, un’idea che avessi prima ancora
di iniziare, di prendere il via, di osare
aprire quella porta, scendere quel gradino,
entrare in quella stanza, cogliere quel fiore,
creare quell’immagine dall’assoluto nulla.

Perché nulla esisteva prima, e al nulla tende
lo scrivere poesia, come il numero cercato che risolve
l’equazione, la cifra ancora da scoprire del pi greco,
come la nota che resta nella mente
quando si spegne l’eco del diapason


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                                                                DAVIDE CORTESE



Poeta siciliano di Lipari, vive a Roma, impegnandosi nella attività letteraria con diverse pubblicazioni non solo di poesia, ma anche di narrativa e di poesia in dialetto siciliano. La sua linea poetica si caratterizza per una predilezione per il mondo inconscio, sovente oscuro, ma dal quale egli trae lacerti di possibili e illuminate verità. In questo senso, Darkana è la sua raccolta poetica più rilevante.




Li vedo inabissare le radici
fino al cuore di fuoco del mondo.
Nelle loro corolle rosse
- gonne leggere
stropicciate dagli adolescenti -
i papaveri cullano nel vento
il cuore di carbone dei morti.

(Inedito)


***


Navighi nel mio buio
tacendo la canzone antica.
Remi nel mio sogno di te.
Fendi il mio mare segreto
nell’alba tragica dei miei occhi.
Tracci il periplo del mio volto
e indugi sulla mia bocca.
Ti sento tra le labbra
bruciare come nome proibito,
come una parola celata
che tutto avvelena del suo mistero. 

(da Darkana, LietoColle)


***

C’è altrove un mio volto
che emerge dalle acque
e si fa isola.
E’ la punta di un iceberg
sepolto dall’abisso.
C’è altrove un’isola arcana
che non è che il mio volto
emerso
in un altro tempo.

(da Darkana, LietoColle)


***

A volte la pettino
questa tristezza fiera.
Porto al guinzaglio
un silenzio feroce.
Sorry mama.
Ogni mio sogno ha la criniera.
“Hic sunt leones”
mi tatuo sul cuore.
Il fuoco trema, io no.
Sorry mama.
Parlo la lingua del buio.
Lingua viva è l’oscurità.
Io sono il demone, temo.
Sono il fuoco, ma non tremo.
Sorry mama.
Sono potente quando sbaglio.
Io sono un bambino cattivo.
The devil.
Le diable.
Il vivo.

(da Darkana, LietoColle)



***

Vista, tatto, gusto, olfatto, udito, poesia.
Asia, Africa, Europa, America, Oceania, Poesia.
Primavera, estate, autunno, inverno, poesia.
Nord, est, sud, ovest, poesia.
Aria, acqua, terra, fuoco, poesia.

(da Lettere da Eldorado, Progetto Cultura)




***

Incedere
nell’ossario degli angeli,
tendere nel buio
 il cavo delle mani
per un granello di luce meridiana
nel giorno fatale delle nozze del diavolo
e scorgere
tra le corone di verbena
la bellezza dolorosa
della sua sposa bambina.

(da Lettere da Eldorado, Progetto Cultura)



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                                                                  VERA D'ATRI




Una Voce importante del panorama poetico napoletano e nazionale, Vera D'Atri, di origini romane, profonde il suo impegno letterario sia in poesia che in narrativa, distinguendosi sempre per una ricerca accurata dei motivi e dei temi fondanti della sua attività di autrice colta e attenta. Ha realizzato diverse pubblicazioni di poesia e un romanzo, Buona Bella Brava, dedicato a interessanti aspetti della psicologia femminile.



Colpisce ora l'intensità dei pini,
l'immobile confronto con la sera.

Una perenne cattiva luce
si mischia al vero. Sono i pensieri a fabbricare
i mondi.

Lei siede vicina. Ha il respiro di antiche 
tragedie e grandina sui vetri perché ha in sé 
un castigo invernale.

Ma superiore a tutto fu il superfluo
non le discusse tavole della legge, fu il rovistare 
quel tanto, quelle poche evenienze in soprassalto 
per colpa mai dei vivi, solo retaggi. Era dunque 
il male nostro a compiersi nell'animo,
dentro, nel fondo, a pesare come  
millenni privi d'inventiva. 

(da Il fortino, Ediz. Terre d'ulivi, 2016)



***


Da quale rozza paura mi distoglieva il glicine?

io mi difendevo dalla giornata vuota
tra i fiori scarmigliati d'una festa
ch'era soltanto aprile
giunto a rinsaldare le speranze.

E il tempo trascorreva diverso dalla penitenza, 
di qua dalla finestra, quasi esultante
per aver visto rivivere l'ucciso.

Così, sedando le vanità convulse della morte,
al suo partire la notte ammutoliva dentro e in altri cento 
recipienti e di me fu schianto e nascita echeggiante,
fianchi e poi prigioni infrante,
madre ombreggiante per quei pensieri arsi che il sonno
cullando aveva reso infanti
e che come quieti stavano ormai sospesi
in fissità leggere nel mondo che è vacante.


(da Una tenace invadenza, Ediz. Libro aperto, 2013)





***


In questa solitaria disgregazione
un diaframma d'innocenza.
Così che nell'ora breve che cede alla notte
l'indefinito insistere
lascia intravedere passaggi,
quiete trasmigrazioni di stagioni invendute.

L'aria più fresca
ripensa ogni parola

mentre lampade,
in simultanea arrendevolezza
si accendono di casa in casa,
e d'improvviso della sera qualcosa si fa
presenza e nostalgia.

(da Una data segnata per partire, Ediz. Kolibris, 2009)


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                                                           CARLA DE ANGELIS




Poetessa romana, molto impegnata anche nella diffusione della cultura letteraria sul territorio, in particolare con la rassegna poetica che si svolge mensilmente a Corviale presso la Biblioteca Nicolini, insieme con l'attore e poeta Angelo Filippo Jannoni Sebastianini. Carla De Angelis ha una poesia aperta alla natura, nella quale e con la quale conduce per mano l'uomo e la società intera verso mete di possibili redenzioni.




Esco da me – guardo la mia casa
stupisco dei suoi muri del colore delle pareti
mattoni animati nelle mani del muratore
birre bevute da volti sudati
bottiglie vuote risate passi stanchi
nel portare carriole di sabbia
racconti di famiglie che aspettano soldi
le stanze prendono forma
Un gatto fermo sulla soglia,
fingo di non vederlo
mi vuole appartenere
È il primo quadro che appendo

(da A dieci minuti da Urano, Fara Editore, 2010)


***

Provo a suonare due note per burlare il tempo
e far felice il mio maestro ,
e canto , la chitarra ride della mia voce un po’ stonata
le dita  ballano sulle corde senza  arruffi
Sono alla ricerca di un valzer, una allegra sonata                                                    
 una festa di paese, un canto popolare
oppure un lento andare come verso  di donna
mentre impasta una ninna nanna

(da Tra le dita una favilla sembra sole, Fara Editore, 2019)


***

Provo ancora, mi  fanno male le dita
continuo a  suonare per imparare tutte le note
Non voglio colpire per fortuna, voglio  due accordi
 uno che scivoli come una carezza,
come la risacca che corteggia la riva                                             
e un altro aspro e duro
come un racconto finito male,
come un auto che sfreccia con il rosso.
Ho in mente  tutti gli incroci
passerò quando il verde  offrirà una speranza

(da Tra le dita una favilla sembra sole, Fara Editore, 2019)


***

Non aspetto l'ora giusta,
aspetto l'alba e appena giorno mi metto in cammino
cerco l'orizzonte, mai lo trovo, ma lo sento
ancora pochi passi
L'ho chiesto al cielo, non risponde

(Inedito)


***

Scrivere è dare vita alle immagini,
al rumore, al colore dei giorni,
di questi giorni
ma è meglio non scrivere troppo
poche parole senza mettere un punto
perchè non restino prigioniere del foglio
come il fiore che buca l'asfalto
per vivere  il sole
non capisco  il mistero

(Inedito)


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                                                              DALILA HIAOUI




Poetessa di origini marocchine, svolge la sua attività lavorativa a Roma, ma i suoi impegni letterari la conducono volentieri in altri paesi. Tracce di un sentimento caloroso e intenso nei confronti dell'uomo e della società, si possono riscontarre nei suoi versi che, innegabilmente, risuonano di quel canto aromonioso e lirico che contraddistingue ogni anima mediterranea.



Circo

Magari è vero! Verissimo!
Quello che si tesse intorno a me
E come alcuni, nella loro lontananza,
Raffigurano il mio intimo amorevole e non futile
Magari!
Magari!
E desto le mie arti magiche
Magari!
Così diventano i conigli “nel circo” della mia vita
leoni feroci
Senza paura del rumore delle trappole
e delle catene dei vincoli
O metaforicamente: neanche della mia frusta!
Magari!


***

Esilio

Se ho deciso di allontanarmi
Non è perché sono stata rinnegata dalla mia specie
O perché i miei amici si disinteressano
Ma per ricostruire i frammenti provocati dalla stupidità
Con i proiettili della delusione...
Nei pozzi dell’ipocrisia.
Quando l’aquila1 si ribella al precipizio e si innalza
Rimane viva e fa nido
Sulle alte vette!



1 Narra una leggenda indiana: “Intorno ai 40 anni gli artigli dell’aquila sono lunghi e flessibili e non riescono più ad afferrare le prede di cui si nutre. Il suo becco, allungato e appuntito, si incurva. Le ali, invecchiate e appesantite dalle piume molto ingrossate, puntano contro il petto. Volare è ormai difficile. L’aquila, a questo punto, ha due alternative: o si lascia morire o affronta un doloroso processo di rinnovamento, lungo ben 150 giorni. L’aquila che decide di rinnovarsi vola in cima a una montagna e si ritira su un nido inaccessibile, addossato a una parete rocciosa. In questo luogo l’aquila inizierà il suo doloroso mutamento; sbatterà il becco sulla parete fino a staccarlo, dopo alcune settimane le ricrescerà un nuovo rostro e con questo strapperà, uno dopo l’altro, i vecchi artigli. Quando questi saranno ricresciuti, con il nuovo becco inizierà a strappare le sue penne dal corpo, una dopo l’altra. E, quando queste saranno ricresciute, l’aquila rinata si lancerà in un volo sicuro che celebrerà il suo rinnovamento e ricomincerà a vivere per altri trent’anni”.


***

Sudario

Davvero puoi vedermi,
Stagnante nell’acqua ferma,
Senza l’alta sorgente
Mentre io sono un lapislazzulo
Che copre, da tempo immemorabile,
Le onde che si combattono
Nel Mediterraneo.

Sono il faro più antico
Che illumina le conchiglie
Nel profondo Atlantico.
Sono la palma
Che, ogni alba, pettina le sue fronde
Con la neve dell’Atlante.
Sono l’icona della poesia
E, si dice, dei racconti.
L’incensiere e il sandalo
Di ogni salotto.

Nel nome del tuo Dio
Aspetti veramente
Che io tessa il sudario con un filo medio-orientale
E lo tinga con l’occhio prosciugato dalla pena
Dei petali di asfodelo
E narciso.
Scusami,
Mi dispiace signore,
Le anime della mia gente
Non possono essere rinchiuse
In nessun otre
Nonostante il suo stile.


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                                                            MONICA MARTINELLI



Una particolare cura del dettaglio, degli attimi importanti che una quotidianità sovente abitudinaria e superficiale ci costringe a condurre: del resto la poesia è anche attenzione alle piccole cose, come ad esempio una "chiavetta" smarrita e poi ritrovata, o lo "sguardo" che misura il mondo. Ecco uno stralcio della vastissima e pregevole poetica di Monica Martinelli, poetessa romana che "osserva" il particolare e ne trae spessore e valore.



Le stelle sono punti di luce
in cerca di casa
un luogo per posarsi
e cedere calore alla terra,
ossa e polvere da seppellire
come prove d'amore dell'esistenza.

Quando i ricordi si sgranano
si sgretola il passato
in macerie di memoria  
in sassi antichi dove riposa
l’urna del tempo.

Forme cosmiche allentano i sogni
e nel sonno vorrei cadere da una stella
sopra un giaciglio imbottito,
il cappotto di lana di mia madre
col suo tepore stabile
o in braccia fragili di vento



***


Benedetta sia la chiavetta                   
           
Perdere per poi ritrovare
è qualcosa che porta il corpo a tremare e a spostarsi.
La paura fa miracoli quasi come la gioia.
La paura di perdere i dettagli dei giorni
mentre ti accorgi che è già tanto ciò che non ricordi.

Dentro quel frammento di plastica
c'è tutta la vita, la virtuale insieme alla vera,
ora smarrita o finita in mano a chi
tutto ciò non dirà niente.

Dirsi che è bello allevare un’idea
starci dentro ogni giorno e poi uscirne con un'amputazione.
Si perdono i pezzi, e ti chiedi a cosa servano i particolari
conservati in scrigni colmi di grazia e sospiri.

Quella memoria portatile ha deluso
perché ha tradito,
oppure il rimedio è abbassare il volume ai ricordi.
Ho speso bene la vita - sta scritto -
per questo c'è un timbro, quello del punto di vista:
si chiama imparare a staccarsi dal mondo
stare in piedi nel moto perpetuo del transito


***


C’è dato un tempo      
per ogni tempo.
C’è una magia in ogni cosa,
nel perdono
in un bacio che ferma l’addio
nella ragione di essere nati.

Penso non sia il cambiamento
ma l’abitudine
l’unità di misura dei viventi,
ciò che ci rassicura e ci consola
ciò che ci viene naturale fare.

E poi gli occhi,
con cui misuriamo la realtà
che sia di fiato e di sabbia,
che ci prepari  alla nostalgia
o all’abbandono.

È come seguire la danza
di una foglia nel vento
e indovinare da quale parte cadrà.

(poesia tratta dal libro L’abitudine degli occhi, Passigli, 2015)


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                                                         GIUSEPPE NAPOLITANO




Una Voce tra le più significative, da lunghissimo tempo, del panorama poetico italiano. Giuseppe Napolitano, pur vivendo a Formia, è un poeta e critico che volentieri si sposta in altre luoghi e città per offrire la sua preziosa partecipazione ad eventi artistici e letterari di spessore. Collabora con diverse realtà e associazioni del territorio, mantenendo contatti importanti con la poesia estera, in particolare con quella dell'est Europa (Albania, Balcani, Serbia). Autore di tantissime pubblicazioni, curatore di Antologie, scrive e commenta lavori poetici e letterari sul suo noto Sito "La stanza del poeta", che è anche una importante Collana di poesie che egli cura per la Volturnia Edizioni (insieme alla poetessa Ida Di Ianni). La sua linea poetica è caratterizzata da un pacato ma profondo accento riflessivo.



Capodanno / Usato sicuro

Quante mai vite devo prenotarmi
per (ri)vivere tutte le avventure
(e pure tante ne ho lasciate indietro)
che in questa vita non avrò più tempo
e avrei piacere ancora di provare
(anche senza l’assillo di riuscire)

Qualche anno buono l’ho avuto
lo ricordo
– ora perciò magari è anche meglio
recuperarne uno di quelli usati

e non rischiare l’incertezza del nuovo
che poi chissà come arriva
                                               e cosa porta
– quello che già conosci è più sicuro

31 dicembre 2018



***


C’era un ragazzo…

Ci facevamo belli per piacere
come allora credevamo di piacere
ma un po’ diversi per seguire i segnali
che arrivavano lontano da culture
all’improvviso diventate comunione
di sentire e ci spingevano lontano…

Eravamo quelli cui piacevano i Beatles
quando andavano di moda i ballabili
(i balli lenti sulla mattonella)
delle feste in casa “biscotti e cioccolata”
– così she loves you era una festa
da ascoltare ad alto volume

Volevamo essere nuovi e i genitori
con qualche sospetto ci lasciavano fare
perché quelle canzoni suonavano allegre
– ripensando magari alle loro canzoni
(monotonia di pomeriggi casalinghi
:signorinelle e brindisi con l’acqua)

E i cantautori già sembravano strani
con le loro tiritere malinconiche
– mentre si canticchiava a bassa voce
un ritornello di Endrigo dedicato
a chi nemmeno se lo immaginava
di essere nei pensieri di un ragazzo…



***


Maschere

A grappoli – la mia vecchia abitudine!
di leggere attentamente i necrologi…
vedo perdersi ogni giorno – sconosciuti
e ancora peggio i volti e i nomi noti –
quelli della mia età o poco meno
per cui lamento la cattiva sorte

Ma un manifesto a volte è pure la scoperta
di chi più non ricordavo e centenario
o poco meno ha salutato il mondo
(e sono queste le belle scoperte
che mi piace trovare come fosse un augurio
anche per me per imitarli a vivere…


***


Ottomarzo
                 per Antonio

Quanta bellezza appena
                                   sfiorata

che non hai potuto cogliere

(non avresti dovuto nemmeno)

e conservi però integra
                                   tua

imperdibile per non averla avuta…

Isernia, Iridio, 8 marzo 2019


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                                                                 ISKRA PENEVA



Da Belgrado, Serbia, una voce poetica cristallina, tradotta magistralmente in italiano da Lucilla Trapazzo: Iskra Peneva, poetessa e a sua volta esperta traduttrice, ci propone una linea poetica sobria ma profonda, da buona osservatrice delle cose anche minime e della natura radiosa. Una lirica, la sua, che procede per immagini, quasi a fermare gli attimi peculiari della quotidianità.


Come vita

Quando l’oscurità discende
le stelle gocciolano sulle cime
dei tigli frondosi
Adornano l’aria trasparente
e la primavera

Guarda
le stelle cadenti impigliate tra i rami
Pensò un viaggiatore
ubriaco di amore romantico

I lampioni si riflettono
sul finestrino di un tram notturno
Vanno e vengono
Così la sua vita

***

Nove palloncini

Alle 2 non riesco più a dormire

Lancio sul muro palloncini color perla
L’intonaco si sbriciola. Il muro
si rompe. Cade la malta
Per ore

Ora sono un capomastro
Sputo sui mattoni
Sbatto la malta
Ricopro di parole
le crepe del mosaico sul muro
Le riempio
con riquadri di gesso
Prima dell’alba
ogni cosa è al suo posto
anche la polvere
sospesa in verticale

A mezzogiorno con l’aria ascensionale
i palloncini prendono la fuga


***

Diventare

Una lettera
Un trattino
E poche altre cose

Mettere insieme parola per parola
Versi
Virgole ignorate
Un punto fermo

***

Pioggia nel deserto

Sono incline a commettere errori
quando la pioggia cade sulla sabbia

Per un breve momento il deserto fiorisce

Imprevedibile e selvaggio
Riesco a entrare nella mia ombra


***

Al di fuori

Sulla casa vicino alla strada
la mia finestra è quella con la tenda
azzurra

La vista dalla strada alla stanza è bloccata
Non riesco a vederne l’interno

So che è ancora buia
e piena di cose

La finestra azzurra non è più la mia
Da molto tempo ho lasciato la stanza
in segreto
e sto ancora viaggiando

Tra la stanza e la strada resta solo
un ricordo malinconico

Io sono fuori

***

Partire

Ho nascosto tutti i dolori del mondo
dentro di me

Il mio pianto non basta
a placare
il fardello oneroso

Il silenzio è perfetto
Il fulmine sul lago
è un battito di ciglia
Essenza che rivela
la creazione della notte e del giorno
E cielo e pioggia sono più sottili
della mia tristezza

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                                                             LUCILLA TRAPAZZO



Un'artista a tutto tondo, Lucilla Trapazzo, originaria di Cassino ma residente a Zurigo, eccelle in molte attività creative, dal teatro alla regia e alla letteratura, con particolare riguardo per la poesia. Traduttrice molto esperta, riesce a ricostruire la giusta atmosfera poetica dell'autore originale, lavoro notoriamente arduo quando si tratta di interpretare il codice espressivo di altre Lingue. Valente poetessa anche lei, dimostra di possedere un lessico diretto e molto figurato, con termini sovente originali e sorprendenti.




Pron. Pers. II Pers. Sing.

E ancora una volta mi accadi
nel dubbio dell’ora.
In qualche modo lo senti.

Io continuo a girare sul fiume.
Se mi fermo – il vuoto si svela.
Il sole nell’acqua è solo il mio cardigan
giallo e canta stonato
alla luce.

Dicono che gli angeli non abbiano
sesso. Eppure
quel gusto di labbra pungenti.

***

Limbo – oltre l’Acheronte

Non peccammo quando ci scoprimmo
essenza e paradosso nello specchio.
Eppure senza colpe condannati siamo
Sull’orlo tormentato dell’attesa
Sospesi tra la notte e il sole
Esclusi, non risolti

E sempre siamo fiume in piena
carne densa  ancora
Siamo nomi e anelli e atomi di luce


***

Folgorite

Dunque, ora cogli le rune di tuono e i monili
di nembi di vetro, de-cifrando del sistema
il segno.

Lo so, la luna nel secchio è frammento
di mare - gibigiana. Ma tu
muovimi ancora una volta a occhi chiusi
ancora stanotte in delubro oscillante
senza tuberi o chiodi. È solo un nericare
di ragni e di pulsioni.

Domani, poi. Ci penseremo poi.
Sì. Si schiuderanno ancora le fanciulle
(callipigie) al meriggiare tenue tra spighe
azzurre colme di origami.


***

Strogolare

C’è un deserto eterno senza appiglio
nell’ondivago vagare del pensiero
senza sopra senza fondo. Rubiamo
del silenzio il semplice essenziale!
Lasciamo altrove la lingua di parole
consonanti custodi di livore.
Nati di piedi, erranti vagoliamo
di un senso a razzolar stupore.
Andiamo. Andiamo per le strade
a piedi nudi, sempre la notte è spazio
immenso sempre la luce in altro dove
impera e rinnovata esplode.


***

Motu proprio

Verrà di nuovo la luna leopardiana
con voce fiammeggiante a riparar
di bambole i visini. Per te che collezioni
storie, di miele gronda desiderio
in questa notte gialla di Van Gogh.
Un'eco raminga al di là della soglia.               
Amara. Di tempo che piega il canneto
che porta la pioggia. Non oltre.  
Stanotte con i cubi in grembo dorme  
il mastro puppeteer. Stanotte l'emozione
vince ai dadi. Partorito un giorno
entro sogno onnipotente il cigno di cristallo
surge al suono malva dei bulloni
e invoca piume e neurotrasmettitori.
È in fermento corrusco la pelle del mondo
trafitta da memoria di universo. Nel grano
il cri-cri sconfinato rivela quanto indarno
sia cantare alla luna aliena.


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                                                                  ANTONIO VANNI



Poeta di Isernia, Antonio Vanni è un'altra Voce importante della poesia non solo molisana, ma anche nazionale. Molteplici sono infatti i suoi contatti e le sue partecipazione letterarie in ambiti regionali, a Venafro, Formia, e in altre sedi di incontri e rassegne. Molto intensa è stata la sua collaborazione con il compianto poeta e critico Amerigo Iannacone. Persona gentile e colta, critico letterario, Antonio Vanni ha un dettato poetico improntato al sentimento, alla purezza dei rapporti ed ai valori fondanti del vivere civile.



Iridio

Alla memoria di Amerigo Iannacone

Sul tardi lascerai il Caffè
dove attendevi noi,
corpi educati alle latomie
degli spazi
tra destino e amore,
colto il più bello tra i fiori
del chiaro giorno infinito.


***

Solamente mia

Quando la pioggia cadrà sul tuo viso
urlando che t’ama, sicuramente al posto mio,
una di quelle, che cade, una goccia,
sarai solamente mia.


***

Una lacrima nel mare

Volevo raccogliere una perla per te,
per renderti ancora più bella,
ma giunto in fondo al mare
che distrazione: non so nuotare.
La tocco appena un po', nessuna risalita
oramai, verso te e il cielo.
Una lacrima nel mare, che vuoi
che sia,
non gonfia l’onda, non bagna
la spiaggia,
non fa nulla di ciò che ha nel cuore.

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NOTE SUGLI AUTORI



Mauro Corona

Mauro Corona è nato a Roma. Laureato in matematica, svolge il suo lavoro nell’ambito dell’informatica per la pubblica amministrazione.
Si accosta alla poesia all’età di 17 anni, incoraggiato dalla sua insegnante di lettere, quando le sue letture sono Lee Masters, Quasimodo, Saba e Ungaretti. Inizia così a scrivere versi. Questo fino al 1990. Dopo un silenzio di quasi 20 anni, nel 2008 la poesia, come lettura e scrittura, torna in maniera più pervasiva e consapevole nella sua vita.
Cura una rubrica, sul suo profilo facebook, per condividere con gli amici, poeti e non, la grande poesia. Questo anche perché ritiene sia fondamentale la lettura e lo studio dei poeti, sia di quelli che ci hanno preceduti che dei contemporanei, allo scopo di affinare il gusto, conoscere voci diverse, ed arrivare così a costruire uno stile proprio, in cui riconoscersi ed essere riconosciuto.
Questo lavoro gli ha dato modo altresì di approfondire la conoscenza della poesia mondiale, ritrovando assonanze e affinità soprattutto in quella italiana e anglo-americana, anche se il panorama dei poeti che “frequenta” è estremamente vario ed in continuo aggiornamento.
Suoi componimenti sono stati premiati in vari concorsi ed anche pubblicati in antologie e riviste di poesia. Ha preso parte a diversi reading ed eventi a Roma, nel Lazio e in Campania.


Davide Cortese

Davide Cortese è nato nell' Isola di Lipari nel 1974. Nel 1998 ha pubblicato la sua prima silloge poetica, intitolata ES, alla quale sono seguite le sillogi: Babylon Guest House, Storie del bimbo ciliegia, Anuda, Ossario, Madreperla, Lettere da Eldorado, Darkana e Vientu (poesie in dialetto eoliano). Nel 2015 ha ricevuto in Campidoglio il Premio Internazionale “Don Luigi Di Liegro” per la Poesia. È autore del romanzo Tattoo Motel, di due raccolte di racconti: Ikebana degli attimi e Nuova Oz, della monografia I Morticieddi – Morti e bambini in un’antica tradizione eoliana, e della fiaba Piccolo re di un’isola di pietra pomice. Ha curato l’antologia Gioia - Antologia di poeti bambini con fotografie di Dino Ignani. È inoltre un illustratore: ha all’attivo numerose mostre collettive e personali. Dal 2013 fa parte del gruppo performativo “Artisti§innocenti”. Un suo cortometraggio, “Mahara” è stato premiato dal Maestro Ettore Scola alla prima edizione di "Eolie in Video" nel 2004 e all’"EscaMontage Film Festival" nel 2013.


Vera D'Atri

Vera D’Atri è nata a Roma nel marzo del 1948. Con la raccolta Abitare Sparta ottiene una menzione di merito al premio Lorenzo Montano. A questa silloge fanno seguito una piccola silloge poetica delle Edizioni della Biblioteca intitolata Il museo di vaniglia e nel 2009 la pubblicazione della silloge Una data segnata per partire edita da Kolibris con prefazione di Rossella Tempesta. È presente inoltre nelle antologie La giusta collera edita da CFR, Alter ego - Poeti al MANN, Contatti diversi, I quaderni di Movimento Aperto, Scrittura sottovoce, Voci dell’aria, La parola abitata, Umana troppo umana e la grande madre. È finalista al Premio Mazzacurati-Russo delle Edizioni d’If 2012-2013 con la plaquette Tutte donne. A maggio 2013 esce la plaquette Una tenace invadenza. A marzo 2016 esce la raccolta di poesie Il Fortino a cura di Terra d’ulivi edizioni, con il quale vince il primo premio al concorso “L’iguana” Castello di Prata. Ad ottobre 2013 è finalista al premio Michele Sovente, seconda edizione, sezione poesia inedita.
Ha pubblicato il romanzo Buona bella brava, per le edizioni Robin, 2010.


Carla De Angelis

Carla De Angelis è nata e vive a Roma. Suoi testi sono presenti in riviste e opere collettanee edite da Perrone, Estroverso, David & Matthaus, Limina Mentis, Delta3, Pagine, Aletti, Fara. Nel 1995 il Presidente della Repubblica le ha conferito l'onoreficenza di Cavaliere. Con Fara ha pubblicato in poesia: Salutami il mare (2006), A dieci minuti da Urano (2010), I giorni e le strade (2014). Nel 2011 esce Mi vestirei di mare (Progetto Cultura). Ha ideato e curato le antologie Corviale cerca poeti per la Biblioteca "Renato Nicolini" di Roma e, con Stefano Martello, i saggi Diversità apparenti (2007), Il resto (parziale) della storia (2008), Il valore dello scarto (2016). Nel 2017 ha pubblicato con Fara la pluripremiata raccolta Mi fido del mare, e, nel 2019 la raccolta Tra le dita una favilla sembra sole.


Dalila Hiaoui

Dalila Hiaoui è poetessa e scrittrice italo marocchina, nata a Marrakech e residente in Italia. Docente di lingua e cultura araba, lavora presso una agenzia delle Nazioni Unite a Roma.
Organizza e conduce dal giugno 2013 il salotto letterario bilingue "J'nan Argana" (paradiso di Argan) in Italia e in altri Paesi. È Segretaria Generale assistente per il mondo arabo presso "Il Movimento Mondiale della poesia". Ha pubblicato 38 libri come "author & co-author" (poesie, romanzi, una pièce teatrale), e un manuale di arabo in tre volumi con l’Università Internazionale UniNettuno. Le sue poesie di madre lingua araba sono tradotte in italiano, spagnolo, inglese, cinese classico (Mandarino), albanese, serbo, bangali, Nepali, berbero e alcune in lingua francese. Manager della rivista culturale online Dar Argana, collabora con altre riveste e giornali arabi come opinionista e scrittrice. Ha realizzato con l’Università Internazionale UniNettuno i corsi televisivi "Imparo la Lingua Araba" - Tesoro delle lettere, già in onda sui canali nazionali del Marocco, del Canada, sui canali dell'Università stessa, su Rai 2 e sul digitale terrestre dal 2010.


Monica Martinelli

Monica Martinelli vive e lavora a Roma. 
Nel 2009 ha pubblicato il libro di poesie con prefazione di Walter Mauro dal titolo Poesie ed ombre, Ediz. Tracce. A dicembre 2009 ha vinto il premio letterario “La città dei Sassi di Matera” per la sezione poesia inedita. A dicembre 2011 ha pubblicato il libro di poesie dal titolo Alterni Presagi, Altrimedia Editore, con prefazione di Plinio Perilli. Nel 2015 ha pubblicato il libro di poesie L’abitudine degli occhi, Passigli Editore, con prefazione di Davide Rondoni, che ha ricevuto vari premi e riconoscimenti. 
Sue poesie sono state tradotte in inglese, francese e serbo.  Ha pubblicato poesie sulle riviste Poeti e Poesia, Poesia, Gradiva e Orizzonti, e poesie e racconti su varie antologie e blog letterari.
Ha partecipato alla redazione della rivista di cultura letteraria e arte “I Fiori del male”.  Ha fatto parte della giuria del premio internazionale di poesia “Don Luigi Di Liegro”.


Giuseppe Napolitano

Giuseppe Napolitano è nato a Minturno il 12 febbraio 1949. Vive a Formia.
Laureato in Lettere, ha insegnato per 33 anni nei Licei.
Sposato con la poetessa Irene Vallone, hanno una figlia, Gabriella, anche lei impegnata in campo artistico.
Ha pubblicato, fra i 100 libri usciti a suo nome: Mo­men­ti, 1970; Den­tro l’orma, 1978; Ma­schera, 1978; Parola di parole, 1998; Insieme a te io sono nato ancora, 2003; Alla riva del tempo, Napoli 2005; Antologia (poesie 1967-2007) 2008; Genius Loci (18 poesie per Normanno Soscia) 2009; A repentaglio, 2016; Seminari di lettura, 2016; Libertà di parole (autobiografia), 2017; Tutte le parole, 2018; Grammatica interiore (con traduzione in cinese e inglese) 2020; Approdo (con traduzione in greco) 2020.
Nel 2006 ha fondato la collana la stanza del poeta, nella quale sono apparsi 111 piccoli libri (di autori del bacino mediterraneo). Una seconda serie è stata edita dalle Edizioni Eva.
Collabora attualmente con la Volturnia Edizioni.  È tradotto e pubblicato in trentatre lingue.


Iskra Peneva

Iskra Peneva, Belgrado (Serbia). È laureata in Matematica. Le sue poesie e le sue video-poesie, tradotte in diverse lingue, presentate in festival internazionali e pubblicate su riviste, giornali, antologie nazionali e internazionali, hanno ricevuto molteplici premi e riconoscimenti (uno per tutti, nel 2016 “Struga Poetry Evenings”, premio come migliore libro di poesie in Macedone).
Membro dell’Associazione degli Scrittori Serbi e dell’Associazione dei Giornalisti Serbi, Iskra Peneva collabora con la rivista “Makedonska Videlina” e lavora come traduttrice. I testi inseriti in questa Antologia sono stati tradotti da Lucilla Trapazzo.


Lucilla Trapazzo

Lucilla Trapazzo, nata a Cassino e residente a Zurigo. Dopo la laurea in Lingua e Letteratura Tedesca (“La Sapienza”, Roma), un MA in Film & Video (“American University”, Washington D.C.), e una continua formazione teatrale e artistica, lavora come attrice, performer, critica, regista teatrale e formatrice. Le sue poesie e i suoi racconti sono stati più volte premiati (ultimo il primo premio opera prima “I Murazzi” 2019) presentati in festival internazionali e pubblicati in antologie, riviste e libri d’arte in Italia, America, Spagna, Macedonia, Serbia, Tunisia, Argentina.
Ha recentemente pubblicato il libro di poesie Ossidiana, Volturnia Edizioni, 2018.


Antonio Vanni

Allievo del poeta e scrittore  esperantista Amerigo Iannacone, Antonio Vanni è nato ad Isernia nel 1965. Lavora nel Reparto di Psichiatria del locale Ospedale Civile. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie. Esordisce a diciotto anni con la raccolta La Nube. Ha poi pubblicato: L’albero senza rami e la luna (Genesi Editrice, Torino, 1992, pref. di Giorgio Bàrberi Squarotti); Diario di una nuvola bassa (Edizioni Eva, Venafro, 1994, pref. di Vincenzo Rossi); L'Ariel, (Genesi Editrice, Torino, 1997, pref. di Giorgio Bàrberi Squarotti); Le artemie (Edizioni del Leone, Venezia, 2004, pref. di Paolo Ruffilli); Plasmodio (Edizioni Eva, Venafro, 2017, pref. di Giuseppe Napolitano); Iridio (L'Erudita, Roma, 2019, prima antologia di sue poesie). La passeggiata (racconti brevi, Edizioni Eva, Venafro, 2007). Dal 2016 al 2018 ha diretto per il mensile “Il foglio volante-La flugfolio” la rubrica di poesia dei giovanissimi “L'aquilone”. Nel 1994 Fulvio Castellani pubblica la monografia “Dai gradini del tempo e del sogno – Introduzione alla poesia di Antonio Vanni”. Cura una collana di poesia.

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