Introduzione
La poesia
sorge spontanea o può, a volte, essere stimolata, suggerita, diciamo pure in
modo “forzato”, da immagini esterne, situazioni varie, fatti, accadimenti? Mi
sorge sovente questo dubbio, in quanto in più di un’occasione, nel corso della
mia vita soprattutto lavorativa, mi è capitato di ricevere “richieste” da parte
di amici e colleghi, di “scrivere” qualcosa di carino e di “poetico” per lui
che si deve sposare, per l’altro che deve andare in pensione, per quell’altro
che ha da festeggiare la prima comunione del figlio. Per non dire di no, me la
cavavo con un semplice acrostico o poche righe di dedica ampollosa e piena di
termini “poetici”… Ahimé, povera poesia! Lo facevo comunque, per compiacere i
compagni, e mentre mi sforzavo a elaborare il fatidico acrostico, pensavo al
povero Leopardi, il quale si ribellava decisamente a simili melensaggini. E
d’altra parte, mi è capitato ultimamente di essere tra i curatori di
un’antologia bellissima e particolarmente interessante, nella quale gli autori
hanno elaborato i loro testi “ispirandosi” alle fotografie di un esperto
artista fotografo, poeta anche lui. Questo esperimento non è certamente isolato
e unico nel suo genere: l’abbinamento “poesia – quadro” o “poesia –
fotografia”, e forse qualche volta anche “poesia – scultura”, non è affatto
nuovo.
Ma cosa
succede in questi casi? La contaminazione della poesia da elementi esterni ad
essa, è in un solo senso: è il poeta, generalmente, ad ispirarsi guardando il
quadro, la foto, la scultura, e non viceversa. È il poeta ad “affacciarsi” su
quel panorama, dipinto o rappresentato in un certo modo, per sorbirne colori,
calori, luci, prospettive, profondità, allusioni, emozioni, ricostruendo poi
con i propri versi una storia parallela, un pensiero o un progetto, una memoria,
che prende abbrivio da quella immagine e che va riproponendosi di nuovo ma con
caratteristiche e intenti non necessariamente simili: la foto di un palazzo
potrà ispirare uno scritto sul sociale, sulla famiglia, sulla vita in città, ma
anche potrà far emergere un ricordo, un aneddoto, eccetera. Sarà la bontà del
poeta a far sì che la “traduzione” dell’immagine della foto o del quadro,
assumi spessore e significanze altre, liberandosi in un certo qual modo da una
contaminazione stretta e univoca; la capacità (anche tecnica) del poeta deve
far sì che il suo prodotto, nato dall’”ispirazione” del quadro o della foto,
diventi quanto più veritiero, schietto, filtrato e decantato dall’oggetto
dell’ispirazione: insomma, deve divenire, il testo poetico, qualcosa che, sì,
si riferisca (anche lontanamente) al soggetto ispirante, ma che sia vivo di
vita propria, che voglia dire qualcosa di nuovo e di altro, che vada al di là,
che faccia intendere altre ombre, altre luci, altri colori e spessori, altri
umori…
Si tratta dunque,
in buona misura, di un “esercizio”: un esercizio mentale ed emotivo che, in fin
dei conti, anche se è stato imposto, può far bene alla pratica di scrittura in
versi da parte del poeta; un suggerimento a trovare nel soggetto ispirante un
riflesso del proprio mondo intimo, del proprio modo di vedere le cose, un
incoraggiamento a scavare in profondità, a ostinarsi con coraggio a rimettere
in versi emozioni e suggestioni che possano “solleticare” l’intuito poetico
dell’autore. Tecnica, dunque, solo tecnica: perché l’ispirazione non è stata
spontanea, la scrittura in versi non ha fatto parte di un progetto complessivo
nato autonomamente, ma è stata, per così dire, “esterna”. Ma se la poesia
risultante da questa operazione è buona, è significativa, rispetta i canoni che
ogni poesia di qualità deve avere, in ogni modo la cosa è accettabile.
Non
sappiamo se i dieci Autori di questo volume, che ringrazio di cuore per la
preziosa adesione, si siano “ispirati” a quadri o ad altri oggetti esterni per
scrivere i loro testi. Di sicuro però posso garantire, a mio modesto giudizio,
che il risultato è evidentemente ottimo!
Buona
lettura!
Giuseppe
Vetromile
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ALESSIA BRONICO
Si affida alla potenza evocativa della parola,
frammentata nel verso, illuminata da luci improvvise, Alessia Bronico,
insegnante di origini abruzzesi, esperta in canto ma, contemporaneamente,
impegnata nell’ambito letterario e poetico, avendo già prodotto due
interessanti sillogi con importanti editori. Una poesia dunque immediata, che
rispecchia momenti di vita quotidiana fugaci ma intensi, e che si sofferma su
particolari anche minimi che, grazie al suo dire schietto e puntuale, assumono
spessore di significato.
Vicoli di liquirizia
gente lingua vicina
il bianco in terra
spiaggia genitrice
nella mia testa.
Poi la corsa,
l’armatura pesava.
Brigliadoro passo stanco,
riposerà.
Ferma, gambe parallele
un soffio
per le mie vesti leggere.
Coriandoli, tutti bianchi,
volavano via, avevi stracciato
una bugia santa
tu guardavi senza tempo
il percorso del tempo.
La regolìzia portava sempre la pioggia,
io sapevo ed ero felice.
***
Aprile
Un fratino lascia orme svelte
sulla sabbia d’aprile,
ramoscelli sparsi
logorati dalla marea,
reti umide d’alba.
La pineta profuma le vertebre,
leviga arcana Felicità.
Sette gradini
assolati
testimoni dei nostri passi
tardi, da dilatare il tempo.
Sguardi cauti.
Ho scritto un numero,
disegnato un cerchio,
stropicciato i fogli,
alzato la mano contro il sole,
percorso a ritroso i gradini
assolati
contando alla rovescia noi.
(da L’abito della Felicità, LietoColle, 2016)
***
Ral 9010*: In serra
Conquistata l'abitudine
a matrimoneggiare,
monogami impegnati,
arroganti cesti di frutta
fuori stagione,
umani sentimentali
coltivati in serra.
Finché la vita non separerà
il giuramento barattato
per un sacchetto di lavanda
depositato tra vestiti
piegati e messi in
cromia nell'armadio.
Sposami.
Appendimi inamidata
tra le camicie bianche
e i quadretti piccoli
perfetti la domenica mattina
d'autunno e castagne.
Debelliamo l'istinto
poligamico, non animali,
nessuna poliandria
a prendere il controllo.
Il velo appeso ai capelli
trascinava filosofia di pensieri
lungo la navata.
Tichettachettichettache:
passi svelti, pioggia
di buon auspicio
eppure il papillon
soffocava l'amore.
*RAL 9010: bianco puro
(da Un dio Giallo, LietoColle, 2018)
Di origini
napoletane, Antonietta Cianci coltiva la poesia fin da piccola, riuscendo
infine a pubblicare recentemente un’interessante raccolta poetica con
Transeuropa. La nostalgia è il tema dominante delle sue liriche, una nostalgia
però ben gestita e tramutata in versi che narrano di storie, di aneddoti, di
memorie, e che riportano al lettore immagini vive di luoghi e di terre natie.
Il verso è dolce, armonioso, niente affatto ovvio dato il tema del nostos, anzi
l’originalità del suo dire poetico indora di nuova luce e di nuovi colori il
mondo dei luoghi e dei ricordi in esso riproposto.
Vorrei insegnarti
ciò che il limite del tuo sguardo
impedisce:
i toni del mio umore
quando l’azzurro
pian piano si addensa
nel blu notte
e incupisce
o quando il rosso digrada
in arancio
e intiepidisce in giallo.
E quando i miei colori
ti diventano chiari
prendimi per mano
e portami al riparo.
Portami a Napoli
in mezzo alla gente
tra l’umanità più calda e più vera
portami a Miseno
di notte
a guardare il golfo
e parlami di Ischia.
E appena le luci dell’alba
mi rischiarano il volto stanco,
andiamo via
portami a sentire l’odore del tufo
e della terra dura sul Vesuvio.
E salvami.
Salva i miei colori più belli
tienili con te
tienili per me.
***
È tempo di silenzio
degli occhi pieni di lacrime
e della testa alta.
È tempo di letture
di dipingere
di scrivere.
Per non soffocare.
È tempo di aspettare
che passi o che faccia meno male.
È tempo di pulire
la casa
la rubrica
gli interstizi tra anima e cuore
lì dove la scoria del dolore è più ostinata.
Riposando,
con calma con pazienza
preparo il tempo nuovo,
la fioritura del mio ciliegio.
***
Non è tanto diversa un’alba
da un tramonto
il principio e la fine
confinanti e legati
le luci e i colori
che riscaldano
e portano pace.
E oggi che cammino
tra le pieghe dell’età adulta
in questa crisi della quarantina
passando per luoghi che non mi fermano
e tempi
che sfuggono e non combaciano
non so se sia alba
o tramonto
il vivere dolorante
ma nelle mattine di agosto
silenziose e sonnolenti
seduta sui balconi della mia infanzia
io mi ricordo
chi sono.
Alba e tramonto insieme.
(da Radici, Transeuropa edizioni/Nuova poetica 3.0)
Artista e pittrice molto apprezzata, la
salernitana Anna Ciufo frequenta da tempo il mondo letterario e poetico con
altrettanto impegno, dedizione e competenza. Con all’attivo diverse
pubblicazioni di raccolte poetiche, è presente in molte antologie che le hanno
dedicato ampi spazi e critiche lusinghiere. La sua è una poesia intensa,
articolata, colta, che prevalentemente si rifà a immagini esterne ma con
lacerti riflessivi sulla realtà che ci circonda, sul tempo che trascorre
inarrestabile, sul senso dell’esistenza.
Questi banali giorni
senza desinenze né accenti,
errate consecutio temporum,
assenza di punteggiatura
che renda il fiato;
corsi deviati, errati.
Sgrammaticati giorni!
(da Il timore accigliato delle pause)
***
Oltre il limite
Nella frangia di un tappeto
è il tentativo
- e nelle dita estreme
di una chenzia -
di evitare il compimento.
Allungarsi frugando
oltre i margini spugnosi
della vita.
(da Il timore accigliato delle pause)
***
Uno sguardo
Di fissità sfatta
fradicio sguardo dalla foto, fossa
d’inciampo che sfida, infosca,
effusione celata,
affiorata per afforcarsi al cuore,
lenza di fuoco che s’affretta a aggelare,
allungare distanze.
Abile sguardo aggrondato,
calamita o calappio, uccello cantaiolo
che si ammuta nell’ombra. Ambra
brandita e imbrigliata,
bruscolo e roccia.
Occhi di fuoco spento, fuoco
acceso negli occhi.
(dall’Antologia Le strade della poesia - Il fuoco)
***
La sosta
Reciprocamente ci abitiamo
trafitti in luoghi già noti,
cuciti con parole inconciliabili
al più vicino eterno,
esposti alla stessa luce,
sulla stessa porta.
Stanotte la salvezza è un sudario leggero,
la voce sguaiata che dal fango
si tramuta in canto,
boccone d’inferno fuso.
Se non fosse così tardi!
Attenderemmo un lampo salvifico,
un incendio,
fino a vedere ogni strazio farsi albume.
Qui, rinunciando ad ogni terraferma,
sostiamo dimenandoci,
pesci al rezzaglio.
(dall’Antologia Il nettare e la musa)
***
L’indomita parola
Insinuante, non ancora domata, la parola,
infeltrita, trasformata per innesto,
manomessa, sconciata,
sghemba e impastata,
rattoppata.
Sostanza, la parola, carne e sangue,
mano che accorda lo strumento
che incanta e pure stecca,
e carezza, e violenta,
segna sul diagramma del fiato
un passo sincopato.
Necessita, la parola, di uno stretto rigore
forgiato sullo spiedo del giorno,
rinfocola pentagrammi fossili,
acconti di una sonorità graffiata.
Soccorre, la parola, e mai ci dice
dove vorremmo essere domani.
(dall’Antologia Il nettare e la musa)
***
La meta
Il camminare stento
avrà una meta, un giorno.
Raggiungerò il labile recinto
delle voci.
Mi stenderò prona, il viso accostato
alle spugnose zolle,
lavorerò le nostre solitudini
incrociate.
(da Katana)
Molto
attiva e impegnata in ambito letterario, la poetessa Agnese Coppola, originaria
di Nola ma residente nel milanese dove svolge la sua professione di insegnante,
ha già raggiunto da poco tempo vette significative in poesia, con significative
e apprezzate raccolte poetiche, pubblicate con importanti editori, come Puntoacapo
e La Vita Felice. La sua linea poetica si fonda essenzialmente sul dialogo, con
versi quasi epigrammatici, che cercano la sintesi e l’essenzialità del dire,
con un impeto ben misurato e costruttivo. Una poesia limpida, giovanile, schietta.
Il segreto delle mani
Mani di Norma
È rossa la giovinezza
che scivola tra le mani
di un domani.
Tu chiamami ancora,
aprirò i pugni
sarò velo e fisarmonica
tra le tue braccia.
Mani di Cristina
Non parlare!
Le parole sono croste
e io sono altrove.
Se mi cerchi mimetizzo
anche l’ultimo sorso di cuore.
Se trovi
è tra le mani
L’ultima consonante
del tuo nome.
Le mani di Paola
Lascia un segno
sulle labbra e poi muori
come una foglia sotto i tacchi
accartocciato al pensiero
è un ruscello impazzito
che corre tra le braccia.
L’autunno non è la mia stagione
i giorni si staccano e sono foglie
sull’asfalto del tempo.
Si scrivono segreti
e la pioggia nell’incontro
sussurra peccati
E gocciola l’estate dagli armadi
dalle gambe ho ereditato
poemi d’amore.
***
Trittico sui capelli
I
Ci facciamo solo del male!
Ho tirato i capelli, urlano
si chiariscono per la confusione
si confondono con le mani
con i piaceri, con le carezze
con le incertezze, con tutto quello
che un tempo ha reso vulnerabili.
Torna ed io non so che cosa dire.
La bambina si è fermata sulle scale.
II
E le vene disegnano
fiumi, se vuoi, posso rimanere
coltiverò le dita tra i capelli
ti insegnerò a danzare con la pace.
Con il tempo imparerai
le foglie sono pronte
tu lasciati cadere
tu lascia precipitare
i capelli sulla nuca.
Senti! Il freddo si schianta
e il vuoto si riproduce.
III
Torna, si riduce il confine
Non è mai stata così intima la parola.
Vivo, è piccolo lo spazio.
Troppi gli oggetti, lo spazio, niente
al suo posto, solo le mani incollate
ai capelli e intreccio e intreccio
e aspetto che ci sia ritorno.
Da Trento, ma di origini liguri, la poetessa e
scrittrice Anna Maria Ercilli ci fa dono di queste liriche che comprovano la
sua grande maturità poetica, avendo all’attivo diverse sillogi pubblicate e
un’attività letteraria molto intensa, integrata anche dalla passione per la
fotografia. La sua linea poetica si basa essenzialmente sulla memoria: i luoghi
e gli stati d’animo, il riemergere nostalgico dei ricordi e dei gesti, si
susseguono in quadri dolci e armoniosi, con versi di elevato lirismo.
Il giro dei nidi
Il capanno delle sere contate
sulla collina
Il letto sfatto tra le mura
d'una stanza
Chi parla di tempeste
della polvere sollevata
della nebbia sui porti
Chi si nasconde
nel giro dei nidi
I vuoti giacigli dei ragazzi
senza più tempo – memoria –
le mani sul tavolo
dei semprevivi
I minuti ritmici affondano
piccole lame
Il lago accoglie tonfi
di sasso.
(da Piccole lame, ed. Ibiskos, 1990)
***
Imparo segni
Imparo, ogni giorno imparo
dalle cose inanimate, la forma
il colore
dalle tue parole prima d'uscire
un forse o arrivederci
dal respiro del cane imparo
il ritmo fedele
dalla sconosciuta presenza
lo stupore
imparo a raccogliere segni
umani
disegni ampi del cammino
iniziato l'altro ieri
da ombre animate d'aria, imparo
il movimento
la pazienza raccoglie semi
del giorno dopo
rammento pause disperanti
guardo e imparo
rispetto agli astri un breve
spostamento
luce nel rumore dell'universo.
(da Orlo blu, youcanprint, 2017)
***
La riga
Un solo segno una riga
senza regole e padroni
un sentiero sulla pagina
sfiora arbusti di china
e paludi di tempera
frazioni di tracciato
senza intoppi
raggira tronchi di ogni
forma, sfiora stivali
dei guardaboschi
terra di rusco, ribes, ruta
tracce di volpi
il verso alto della poiana
traccia la riga un solco
petroso, di qua libero
e aperto lo spazio
verdazzurro del bosco.
(inedito)
***
Così poco
I pensieri precedono le parole
ancora rincorrono spazi
vedo parti di cielo, lune di ieri
e poche altre cose sospese, forse
semi alati di un giardino murato
Non rattristarti ci resta così poco
per incontrarci - un poco di tutto
non abbiamo pace.
(da iPoet, LietoColle, 2018)
Tonia Orlando, da Lanciano, è poetessa e
scrittrice affermata, con all’attivo diverse importanti pubblicazioni. Molto
impegnata nel sociale, organizza eventi letterari e di carattere storico,
grazie anche alla sua grande esperienza e competenza di giornalista. Propone
qui alcuni testi tratti dalle sue recenti pubblicazioni, dove emerge evidente
la sua linea poetica caratterizzata prevalentemente da tematiche sociali, in
particolare del mondo femminile e infantile. La sua poesia è affabulante, ben
supportata da versi dotati di pregevole cadenza ritmica.
donne
Il silenzio delle donne
è bagnato da acqua benedetta.
È pietra levigata al profumo di
ciclamino, biscotto e violetta.
Il silenzio delle donne è un fatto privato,
è trepidazione per lenire un dolore,
è dubbio, paura,
è preghiera fatta con il corpo e l'anima.
È coraggio, mistero,
è abbandono, fuga,
senza una precisa meta.
Il silenzio delle donne è un sorriso tra
calcinacci e rottami,
è una mezza verità appena sussurrata,
un inquietante pensiero,
è ombra latitante in una macchia di nero.
Il silenzio delle donne è un'alba rosata,
è un nuovo giorno in una riposta, tenace speranza.
(da Sotto un cielo di miele, Tabula Fati, 2017)
***
Ad un bambino
Casomai dovessi incontrarti là,
fosse anche domattina,
tra le pieghe di un libro,
o pagine di storie inventate e poi sbiadite,
dimenticate,
mi accosterei adagio e con dolcezza, ti accarezzerei.
Chiamerei in aiuto una lumaca
perché mi facesse da carretto,
una squadra di formiche rosse
per scavare fondamenta e poi costruire un tetto.
Ti tappezzerei la stanza di petali di fiori,
muschio, sassolini brillanti,
foglie d'autunno.
Ti cucirei cappuccetti di ermellino,
abiti di raso con scarpette di seta,
dipingerei alberi in fiore
nella brezza della primavera,
farei trillare soporosi carillon
al volo di una fantastica chimera.
Riderei per lo zucchero filato
rimasto appiccicato sul tuo naso,
ti offrirei l'allegria di gnomi e folletti
accompagnati da dolcissimi angioletti.
Ti porterei al circo
dove uscirebbero conigli dal cilindro,
viaggeremmo su vagoni variopinti
fra un guizzar di riflessi e
una pioggia di luminose scintille.
Mi incanteresti con la tua risata,
mentre ti specchi in una goccia di rugiada.
Per te accenderei nel bosco
lucciole e fiammelle,
ti scalderei le manine e la faccia paffutelle.
Inventeremmo ogni giorno un gioco
ma i più belli resterebbero sempre la corsa e il volo.
E così voleremmo, voleremmo,
finché arriverebbe la sera
e in cielo si vedrebbe la prima stella.
Più tardi scenderebbe un gran silenzio,
la quiete cullerebbe ogni nido, ogni tana,
ogni anfratto, ogni piccolissima casetta.
Il picchio, il ghiro, lo scoiattolo, la farfalla,
nel bosco scuro, stanchi ed esausti,
sognerebbero come te e
in un leggero dondolio del vento,
dolcemente si addormenterebbero.
(da Sotto un cielo di miele, Tabula Fati, 2017)
***
Festa
Giorno di festa,
c'è silenzio nell'aria sospesa.
Lusinghiera inerzia, appartata, tacita,
senza alcun rumore,
strizza l'occhio al placido mattino
e senza parole
sorride bonaria alla vita.
(da Il mio tempo, Tracce, 2019)
Da Padova, la poetessa Alessandra Pennetta ci
propone questi testi brevi ma intensi, dove è evidente il discorso arguto,
psicologico, costruito con giochi di parole che denotano già una buona maturità
poetica, nonostante l’inizio piuttosto recente della sua attività letteraria.
Inserita in prestigiose riviste online e
vincitrice di numerosi premi, la sua poesia prende una linea diretta, schietta,
basata sull’essenzialità della parola. Le tematiche riguardano prevalentemente
il rapporto di coppia, e vengono espresse con doppi sensi non privi di un certo
velato e delicato erotismo.
Rosa resa esperta dalle spine a ferire
Mi buchi un dito
me ne buchi cinque
me ne buchi dieci
Rosa bella e malvagia
non so più come prenderti
(inedita)
***
Sei passata per il giardino
Due guance rosse sul tavolo
acqua e foglie
una spina nel labbro
sei passata per il giardino
Ti ho lasciato la porta aperta
ma tu sei entrata
come un uccello
rosso e bianco
dalla finestra
(inedita)
***
Imeros
Mi hai ubriacato
tu, proprio tu
che a tavola bevi solo acqua
con le tue guance rosse
i tuoi capelli rossi
i tuoi occhi rossi
la tua lingua rossa
Nella tua bocca astemia
ho messo un chicco d'uva rossa
e sei diventata vite
(inedita)
***
Nomi
Lo specchio ci ha visti - diceva lui -
Ma non eravamo noi
erano le nostre fantasie
Lui non voleva che ci chiamassimo per nome
allora ci chiamavamo corpi
Ma io ho inciso i nostri nomi
sulle nostre lingue
(edita su L'Altro Femminile e su Radura Poetica)
***
La cena
Lei ha fame e
la bocca spalancata
Cammina su di lui
che non protesta
Lui le ha preparato la cena
Lei ha una finestra scura
senza tende
Lui ha
un candeliere, il fuoco dentro e
un'adorazione per lei
(edita su L'Altro Femminile)
***
Stanza rossa
Stanza rossa
Cielo nero
Passione rossa
Pioggia
Temporale estivo
Fragore liquido
Vetri chiusi
Sudore
Pelle di carta
Segni vari
Rami battenti
Vetri rotti
Verghe
Nudità
Baci
Rumori sparsi
I vicini che ascoltano
(edita su L'Altro Femminile)
Filippo Ravizza, milenese, è una voce importante
nel panorama letterario italiano contemporaneo. Poeta, saggista, critico
letterario, curatore e organizzatore di eventi e convegni in ambito storico e
letterario, ha all’attivo diverse pubblicazioni con case editrici di rilievo.
La sua poesia, come si evince dai brani seguenti, si caratterizza da una
robusta linea filosofica, soffermandosi sugli aspetti delle cose e delle
situazioni, e sul vissuto, “fotografati” con perspicacia e laboriosa ricerca
interiore, per offrire spunti di riflessioni davvero rilevanti.
La quiete del mistero
Mi leggono alberi mi portano alle case
ai vicini giardini dell'inizio primi
passi e anni e grida oltre gli angoli
primi slanci plananti nelle volute degli
incontri di questo ventunesimo secolo...
viaggio dentro al tempo che ci è dato
che chiamano vita senza saperla guardare
slittante via da noi che neppure sappiamo
capire se esiste o non esiste scommessa
di cui non si conosce posta fiore dell'esserci...
diranno altri poi di noi... anche loro ci sono
stati anche loro hanno scritto poesie o eretto
alti ponti su quei grandi fiumi che portano
nel mare oceano tutto il luccichio
e la quiete del mistero.
(da Nel secolo fragile, La Vita Felice, Milano, 2014)
***
Atteso
Sono sempre state sole,
uguali, le strisce di sole
sul mare, mai hanno
sentito scorrere correnti
come turbini e canali d'acqua,
immani boati silenziosi, torrenti
d'aria senza aria nei cunicoli,
nelle galassie, nelle vesti ingiallite,
in tutto ciò in cui si forma e si disfa
si presenta e si assenta il tempo...
Siamo sempre stati soli, uguali
noi... strisce infinite di sole sul mare
noi, dall'inizio del tempo ad oggi,
noi e tutti quelli che verranno, strisce
di sole sull'acqua, nel bene e nel tremore
gettati in te tempo, soli senza averti mai
incontrato veramente... sciolti come
si scioglie un ricordo mai veramente
celebrato, mai veramente atteso.
(da Nel secolo fragile, La Vita Felice, Milano, 2014)
***
Lo sguardo lampeggiante
L'avete visto? È successo è lì anche fra voi
lo sguardo? All'ora che monta l'inquietudine
di voi guardando vecchie fotografie nello
sguardo ancora lampeggiante di chi
da cento anni è morto e vi parla dalla
misteriosa dimora del niente
se lui guarda l'obiettivo c'è ancora
la vita che ci fu palpita nei suoi occhi
e dice: è adesso il tuo destino
è adesso accoglilo accoglilo sempre
esisti veramente fallo fallo
prima che venga anche per te l'eterna
l'orrida sequenza: il nulla che ti
chiamerà ti scioglierà nel niente.
(da La coscienza del tempo, La Vita Felice, Milano, 2017)
***
Hegel
Sulle alzate carezze le paratie
del mondo, le spalle alate invece
qui, dove hai potuto pensare toccando
la terra di essere dentro, stare
stare dentro le cose, essere loro,
parlare di tutti a tutti avanzare
un poco di Storia collettiva quasi
memoria, un'illusione solo amata:
che si potesse toccare, sì toccare,
spingere un poco almeno più
in là l'idea, l'esperienza terribile,
vera, della totalità.
(da La coscienza del tempo, La Vita Felice, Milano, 2017)
***
La forza dei trent'anni
Io ti chiedevo – ricordi? – la gonna
più corta tra le tue le mani mie
furtive sulle tue ginocchia
splendeva il mare il giorno sulle spiagge
diverse da quelle panchine su cui
sedevamo soli splendeva la forza
dei trent'anni cadevano gli affanni
a poco a poco: appena si poteva
salivano le mani cercavano
un più alto calore la gloria il valore.
(da Nel tremore degli anni, Puntoacapo Editore, 2020)
Anche tu nel sogno
La tristezza
è una porta,
un corridoio
lungo fatto di volti.
Non credevo
che un giorno
anche tu mi avresti
accarezzato in sogno
come quelli
che se ne vanno
per non tornare più.
Questa notte
tu vivo tra i morti
eri in coda
per porgermi
una carezza.
In sogno
ho stretto tra le mani
il tuo ricordo,
un bacio
colmo di lacrime
si è posato
sulla pergamena
sgualcita
dei miei sogni
colmi d'amore.
***
I passi
Quel camminare lento
nel corridoio,
quello veloce del mattino,
quello mio, a volte stanco,
quello tuo,
che non ero capace di
prevedere.
Ho trascorso una vita
concentrandomi sui passi,
sempre pervasa dall'emozione
di incontrare nuovamente
i volti,
il cui sorriso
avrebbe ridato luce
al mio cuore.
Sono passati gli anni
e attendo ancora i passi,
ogni piccolo dettaglio amo
di chi regna nel mio cuore!
***
Mentre il sole mi acceca
Odio le canzoni tristi,
i paesaggi malinconici,
le ansie inutili,
le poesie strazianti,
i discorsi ermetici,
i cuori di superficie,
ogni distratta cicatrice.
Odio quell'amarezza
che il cuore mi spezza
o almeno ci prova,
quella inutile lentezza
di chi non ama la vita
e aspetta e aspetta.
Odio i superbi, gli ipocriti
tutti quelli che sono ostaggio
di qualcosa,
quelli che non si fermano
a contemplare la natura
bella e rigogliosa.
Voglio il sole, l'arcobaleno,
le musiche gioiose,
I prati fioriti,
la bellezza che esplode,
il suono della banda
mentre il sole mi acceca!
Stefano Vitale, da Torino, ha un’intensa attività
poetica, con svariate pubblicazioni e cure di blog e siti letterari importanti.
La centralità storica e filosofica dell’uomo nel tempo e nella natura, è la
linea poetica fondamentale che traspare nelle sue composizioni, come si può
facilmente evincere dai brani qui proposti. È una ricerca approfondita e colta,
quella di Stefano Vitale, sulla vera essenza dell’uomo, in un mondo variegato e
distratto. Un forte desiderio di rinascita “classica” pervade il verso fluido
ma non privo di una certa solennità.
Il mattino non ci aspetta
e noi dietro a tentare
di guadagnare tempo
per nascondere quel che
abbiamo perduto
scoprire una radura
nel calmo ripiegare
dell’ora spesa a camminare
senza meta né memoria
a riordinare le carte
ed i libri come prima
d’una partenza
eppure siamo già in viaggio
sul klinamen del giorno
servito su di un piatto di nuvole
specchio della impercettibile
variazione di noi:
niente rinasce davvero
neppure il giorno
pura deformazione irreversibile
traversata dell’immobile divenire:
eleaticità è la regola
senza elasticità.
Intanto è chiaro che senza di noi
le nuvole non sognano.
(da La traversata della notte, Joker Edizioni, 2007)
***
Lavorare per sottrazione
per reggere l’urto malato delle cose
tranches de nature
per coglierle in bilico sul baratro
dell’esistere
nell’esitazione impetuosa dell’impressionistico
tremolio della luce
dove appaiono e scompaiono
le nostre rughe improvvise
i capelli radi e spettinati
l’aria di vetro e la memoria
ferita da cui entriamo ed usciamo
notte che genera ed uccide
liturgia instancabile del vivere
tra i cocci e gli sterpi bruciati
che pure ci sostiene
e ci allerta
con l’ombra materna del dubbio
che ripete sommessa:
“prend garde à la douceur des choses”.
(da Il retro delle cose, Puntoacapo, 2012)
***
Ridurre il campo visivo
alla coda dell’occhio
per meglio vedere ciò che resta nascosto
allo sguardo troppo sicuro.
Non si tratta di fare miracoli
bastano vecchie scatole di latta
ritagli di giornale, piccole conchiglie
vetri di bottiglia levigati dal mare.
Non c’è fretta di ripartire
ora che il tempo è venuto qui a morire
nell’immobilità felice dello sguardo finalmente a tempo
giusto o sbagliato sono accidenti del Caso.
C’è un forte vento che sale
nella stanza a ripulire l’orizzonte
così mi giro dall’altra parte del mondo
e canto, sottovoce, canto.
(da La saggezza degli ubriachi, La Vita Felice, 2017)
***
La chiave è nella Parola
suono che resta accanto
colore della pazienza
distesa sul paesaggio delle ore
passione e destino senza nome.
(da Incerto confine, Paola Gribaudo Editore, 2019)
***
Si nascondono le cose in piena luce
misteriosa eclisse nell’evidenza di sé
scolpìta nel fulgore dei contorni
tesa è la volontà del dire
precipitata in solo secondo
è la ribelle presenza che si oppone
al grumo malefico della natura
volgendo lo sguardo verso la sera
che è acqua che spegne il fuoco
e scalda la terra con la mia cenere.
(da Si resta sempre altrove, inedito, 2021)
Il treno già non entra più sotto la pensilina ed io aspettando
un prossimo traguardo oltre l'alba schizzinosa
mi diverto a contare il becchime
caduto da mani ceree di un vecchio barbone
nell'erba incolta tra i binari
La stazione appare pronta ad uno sbarco da mille e una notte
i pendolari sono attenti a non lasciarsi millimetri
tra una borsa e l'altra
penzoloni dalle braccia ancora addormentate
nonostante la sveglia dell'ennesimo altoparlante
che annuncia ritardi a non finire
cumuli di ritardi
code e reiterazioni di ritardi
e noi disperati non si può più vivere
senza prendere quel treno che ti porti
all'altro capo della buona speranza
Qui in stazione
tutti hanno l'aria afflitta di chi
prima o poi
bisogna che si decida a lasciare la piattaforma
salire sul primo vagone casalingo
lasciarsi trasportare nel regno delle favole
le nubi diradate sotto il celeste ialino
(dalla sezione “Annuncio ritardo” in Percorsi alternativi, Marcus Edizioni, 2013)
Giuseppe Vetromile
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NOTE SUGLI AUTORI
Alessia Bronico
Alessia Bronico è nata ad Atri nel 1981. Vive tra la Lombardia e l'Abruzzo, luogo delle sue origini. Diplomata in canto e laureata in lettere, svolge attività d’insegnamento.
Ha pubblicato in poesia L’abito della Felicità (LietoColle, 2016), Un dio Giallo (LietoColle, 2018). È inserita nell’ Almanacco dei poeti e della poesia
contemporanea n. 5 (Raffaelli Editore, 2017).
Antonietta Cianci
Antonietta Cianci è nata a Napoli il 19 luglio 1980. Dopo essersi laureata in Lettere Classiche ed aver conseguito l’abilitazione all’insegnamento, si è trasferita a Bergamo dove vive e lavora come docente. Da sempre interessata alla letteratura e alla poesia in particolare, ha pubblicato nel 2020 con la casa editrice Transeuropa Edizioni la sua prima raccolta poetica Radici, in cui si affrontano i temi dello sradicamento dalla terra d’origine, del disordine che ne consegue e i temi collaterali dell’amore, della ricerca dell’ordine e della ricomposizione dei conflitti.
Anna Ciufo
Anna Ciufo ha al suo attivo la pubblicazione di tre volumi di liriche: Di questi giorni parlati e Il timore accigliato delle pause (ed. Ripostes, Roma-Salerno), Katana (ed. Spring, Caserta) e di una silloge, Exuvia, facente parte dell’antologia poetica “Il nettare e la musa” (ed. PerVersi); molte delle sue poesie sono state inserite in Antologie di poesia contemporanea in uso nelle scuole Medie Secondarie, nell’Antologia Itinerante del Centro Maria Luisa Spaziani, nelle Antologie “Le strade della Poesia” (ed. Delta 3) edizioni 2011 e 2012.
Nel corso della propria
attività didattica si è occupata assiduamente della promozione della poesia, in
particolar modo nell’ambito di attività ed eventi culturali in cui ha voluto
privilegiare la sinergia tra le diverse espressioni dell’arte (pittura, poesia,
musica, danza).
La sua attività poetica è
stata recensita su riviste letterarie quali Lunario Nuovo, Il Monte Analogo, Il
Convivio e, tramite la rivista “Arte Cultura e Scienza”, i suoi versi sono
stati diffusi anche in Germania e in America.
Di lei si sono occupati
Critici letterari come Ennio Abate, Pasquale Maffeo, Alberto Granese, Mariella
Bettarini, Francesco D’Episcopo, Luigi Reina, Renato Filippelli, Marcella
Corsi, esprimendo giudizi lusinghieri in merito alla sua cifra poetica.
Parallelamente, coltiva
la passione per la pittura.
Agnese Coppola
Agnese Coppola è nata a Nola (NA) e si è laureata in Lettere classiche nel 2004. Vive in provincia di Milano dal 2006 dove insegna presso l’Istituto Alessandrini di Abbiategrasso. Curiosa, appassionata e vorace lettrice, scopre il mito di Lilith che determina un’esplosione poetica e il coinvolgimento dei suoi studenti nel progetto “Io sono Lilith”. È co-fondatrice della Rivista internazionale Tam tam bum bum e attiva organizzatrice di eventi culturali, poetici e artistici, come NaviglioInVersi e Ric-amati. Pubblicazioni: Mario, in Vacanze milane (Guerini e Associati, 2012); Ho sciolto i capelli, abbracciami Frida (La ruota edizioni, 2a ediz, 2018); il romanzo Strisce pedonali, (L'Erudita, 2018); Specchi (dialogo poetico) con Gianni Bombaci (Raccolto, 2019); La sete della sera, (La Vita Felice, gennaio 2021). Presente come autrice nel volume Distanze obliterate. Generazioni di poesie sulla rete (puntoacapo 2021).
Anna Maria Ercilli
Anna Maria Ercilli vive a Trento con memorie liguri. Studia alcuni anni in Liguria poi rientra nella sua città. Ha lavorato nel Servizio Sanitario. Pubblica alcune sillogi di poesia: Abbraccio; Il dono inquieto; Piccole lame; Dall’aria, alla terra, all’oblio; La porta di Tàriso; La stanza del colore provvisorio; Orlo blu; iPoet.
Scrive racconti e articoli culturali per le
riviste (Il Furore dei libri, R&S). Presente in alcune antologie: La poesia nel Trentino-Alto Adige, Forum/Quinta generazione, Controparole,
Hospite, L'evoluzione delle forme poetiche, Con gli occhi di un cane, e
nelle riviste (La Mosca di Milano, Il Monte Analogo, Il Cristallo, La
Clessidra). Collabora e pubblica, “Nelle pagine del tempo” (dizionario delle
parole perdute, EmmeTi). Con LUA Anghiari: Le
stagioni per posta, Una lettera importante, Quella volta su un treno
(Equinozi 2020), iPoet Lunario in Versi
LietoColle.
Fotografa per passione, sue fotografie sono in
Radici, Il giardino dell'Hybris, L'eco del Rio Gola.
Presidente della Società Dante Alighieri di
Trento nel 2014-2015.
Ultima pubblicazione Vivere l'abbandono – autori vari (FaraEditore 2021).
Presente nell'Archivio Storico di Gianni Toti e
Liliana Ugolini.
Tonia Orlando
Tonia Orlando ha insegnato Lettere nelle Suole Superiori. Giornalista Pubblicista, da anni coniuga eventi storici con quelli letterari.
Scrive
articoli su riviste e attraverso studi negli Archivi, si è dedicata alla
ricerca del "territorio" che ha esplorato sotto l'aspetto
storico, antropologico ed artistico-culturale. Approdata alla Poesia e
alla scrittura per l'infanzia, è stata insignita di significativi
riconoscimenti.
Molte
le Antologie alle quali ha partecipato e con queste autorevoli pagine
letterarie di vario genere.
Ha
pubblicato: I racconti del vicoletto
(Lanciano, 2013), Come gli aquiloni
(Roma, 2016), Sotto un cielo di miele
(Chieti, 2017), Un angioletto senza ali
(Chieti, 2019) e Il mio tempo
(Pescara, 2019).
Alessandra Pennetta
Alessandra Pennetta è nata a Padova ne1971. Ha iniziato a scrivere nel 2018. In Italia sono state pubblicate sue poesie su Grado Zero, Frammenti, Tam Tam Bum Bum, Lido dell'Anima, L'Irrequieto, Poetarum Silva, Amado Mio, Il Grimorio del Fantastico, L'Altro Femminile, Radura Poetica, nell'antologia Ecce Homo e nelle antologie dei Premi Città di Montegrotto Terme (ed. 2019) e Città di Melegnano (ed. 2019). All'estero sue poesie sono state tradotte e pubblicate sulle riviste Centro Cultural Tina Modotti (Venezuela), Oltart (Romania) e Azahar (Spagna).
Filippo Ravizza
Filippo Ravizza è nato a Milano, ove risiede, nel 1951. Poeta e critico letterario, è autore di nove raccolte di versi: l'ultima in ordine di apparizione è la silloge Nel tremore degli anni (Puntoacapo Editrice), preceduta da La coscienza del tempo, uscita nel giugno 2017 per La Vita Felice. È del 2014 Nel secolo fragile (La Vita Felice), preceduta a sua volta da La quiete del mistero (Amici del Libro d'Artista, 2012). Nel 2008 Turista (LietoColle), nel 2005 Prigionieri del tempo (LietoColle); nell'anno 2000 Bambini delle onde (Campanotto), nel 1995 Vesti del pomeriggio (Campanotto) e, nel 1987, Le porte (Schema Editore). Nella sua città ha tra l'altro ideato e realizzato, insieme al docente e critico letterario Gianmarco Gaspari, "Lezioni della Storia - Dopo un secolo quale memoria", un ciclo di conferenze (oggi in parte rivedibili su youtube) iniziato nel 2011, lettura della Storia italiana ed europea attraverso la letteratura. Tra le altre vanno segnalate le conferenze che Gaspari e Ravizza hanno tenuto su Alessandro Manzoni, su Vittorio Sereni, Eugenio Montale, Umberto Saba, Italo Svevo, Gabriele D'Annunzio e Giovanni Pascoli. Nel 1995, insieme a Franco Manzoni, Filippo Ravizza ha redatto il "Manifesto in difesa della lingua italiana", oggi parte del programma orale (cours de production orale) per il conseguimento del dottorato specialistico del Dipartimento di Italianistica dell'Université Paris 8 (Paris - Saint Denis, docente Laura Fournier).
Emanuela
Rizzo
Da sempre
appassionata di arte e poesia, è presente su diversi siti internet e blog con
sue poesie. Fa parte di diverse associazioni culturali e organizza e partecipa
a diversi eventi a sfondo culturale. Le sue poesie sono pubblicate su diverse
antologie italiane e straniere.
È presente
nell'antologia Briciole di Poesia
2019 e 2020 e nell’antologia albanese di Arjan Kallco edizione 2020, che
contiene testi di poetesse internazionali. È inoltre presente nell'ebook Un cielo di poesia 2019 e nell’antologia
internazionale Voci di poesia del mondo
2020, Editrice Marlene Pasini. Ha ricevuto diversi riconoscimenti di merito per
l’impegno culturale. È Presidente italiana per la pace del Global Peace
Councils.
È presente
nell'antologia 2021 Inno all'amore di
Bertoni Editore e nell'antologia 2021 Parma
di Bertoni Editore curata da Luca Ariano e Francesca Farina. È inoltre presente
nell'antologia serba del 2021. Figura nell'antologia francese Je dis desirs 2021. È tradotta in
inglese, spagnolo, francese, cinese, russo, albanese.
Nel 2021
verrà pubblicata la sua prima raccolta di poesie con la Bertoni Editore: Un cuore di Fico d'India, collana Poesia
Lab di Luca Ariano.
Stefano
Vitale
Stefano Vitale è nato nel
1958. Vive e lavora a Torino. Nel