L'idea di riunire in un Quaderno, seppure "virtuale", cioè non cartaceo e non pubblicato, testi poetici di Autori di rilievo nell'attuale panorama letterario nazionale, da me scelti ed invitati in base ad un criterio del tutto libero e personale, è nata in considerazione del particolare momento storico che stiamo vivendo, in Italia e nel mondo intero, che ci vede costretti entro le mura domestiche al fine di prevenire il contagio da questo nuovo malefico virus influenzale che sta dilagando dappertutto.In questo triste periodo non è possibile organizzare incontri culturali, presentazioni, convegni o altre attività letterarie alle quali noi poeti e scrittori teniamo tanto. Ci manca quest'aria di libertà creativa da condividere, ma certamente la propria salute e quella di tutti è un bene da salvaguardare in modo assoluto e prioritario. Bisogna fare questi sacrifici e rispettare le regole imposte e consigliate. Stare a casa. Ma se da un lato questa improvvisa e inaspettata necessità ci costringe a cambiare modo di vita, dall'altra può favorire il recupero di antiche e sane abitudini: lo stare più tempo a riflettere, a leggere, ad ascoltarci, a stimolare il nostro senso artistico. Con serenità e dignità.La poesia è il mare comune nel quale potremo navigare: che ognuno di noi sia il capitano, il mozzo, il marinaio che autonomamente svolge la sua funzione a bordo, in modo che tutti insieme coordinandoci e integrandoci, possiamo tenere la rotta giusta, anche in questa burrasca. Se non possiamo darci la mano, né abbracciarci, che sia la poesia quel filo sottile di passione e di entusiasmo che ci potrà tenere uniti nel buio, buio causato a volte da noi stessi con le nostre malefatte e il nostro egoismo, la nostra velleità di primeggiare sull'altro a tutti i costi; o buio provocato a bella posta da altri per manovrarci meglio, a nostra insaputa. In tutti i casi, l'arte e la cultura sono le armi di cui disponiamo per far luce e farci luce. E quindi la poesia: la verità del cuore che si espande nell'aria e contagia positivamente il nostro prossimo, gli apre occhi e mente, favorendo conoscenza e consapevolezza, responsabilità e solidarietà.In questo primo volume di Transiti Poetici ho invitato dieci poeti diversi tra di loro per età, per stile e per contenuti, ma che sicuramente profondono nella poesia tutto il loro impegno e con grande professionalità. Li ringrazio per aver aderito a questa mia iniziativa.
Giuseppe
Vetromile
Maria Benedetta Cerro, squisita poetessa frusinate, pluripremiata, ci propone due testi inediti tratti da "Elementi", dove con indovinata e originale intuizione poetica, accosta i quattro elementi della natura alle stagioni della vita. Così, l'adolescenza è come la primavera, ed insieme sono come l'aria, gioiose e senza spazi. D'altro canto, la maturità ha la connotazione dell'autunno e la fisionomia della terra, con la sua durezza e i suoi ricordi. Metafore che confluiscono in versi pregevoli e di alto lirismo.
Da ELEMENTI
(ovvero
le stagioni della vita)
Testi
inediti
Adolescenza
- Primavera - ARIA
Poi venne la stagione tellurica.
L'infanzia sulle gambe svettanti restava a guardare
e le bocche si nutrivano di vento.
L'aria sonora/ lo stesso canto da sempre
gonfiava le nostre piume.
La smania
il rito
del corteggiamento
a mezz'aria
le ruote dei pavoni.
Il vento fatto di nulla spogliava le mimose
spargeva uccelli/ seminava/ sfrondava
poi tornava/ quieto/ come da una corsa il cane/
sguinzagliato.
Perdemmo la memoria/ la cognizione
del futuro/ e dell'essere sacri agli dei.
L'attimo nitriva impennato.
Sotto gli zoccoli levati/ incoscienti
e felici conoscemmo l'eternità.
Il canto
nelle gole spalancate/ nell'ora
dell'ombra a picco/ correva al richiamo
cieco e
diritto dell'adescamento.
Dalle case anguste/ appena appena
si
vedeva il cielo/
i voli tagliavano le ciglia/ quando il fiuto
del verde al grano spigato ci condusse
muti
e bendati.
Scoprimmo i mesi dai nomi favolosi
e ci perdemmo infine
“nel tempo in cui la rosa
descrive ai sensi/ la sua carne odorosa”
***
Maturità – Autunno -
TERRA
È grembo/ e madre/ e donna
sa
che spesso si fugge – complici gli incontri –
ma sempre / e soli / a lei si torna.
Così
ci si apparta dalla vita / col dirsi a mente
che
tutto finisce/ e quel che è stato
per lo più non
conta.
Così
le mani scordano gli abbracci
gli
occhi la carezza dei volti
e
già l'addio/ dallo sguardo lungo
ci lascia sull'orlo del forse e
del mai.
Il
giorno oggi è di poco più breve
ma
nel sangue è il tempo di ieri
e
dall'anima la luce
in silenzio si separa.
Conosco
i segreti della terra
la
vita che perisce/ le sue resurrezioni
i
tradimenti/ le promesse/ le separazioni.
Ciò che passa
passa
sul corpo con ruote di carro
e
tu / alba / sorgi già orfana del mio respiro.
Ma
"il brindisi è rosso/ e il tramonto
dai rubini a goccia
pende
dai lobi delle finestre a fiori"
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Interessante giovane poeta salernitano, Mariano Ciarletta è solo da poco tempo entrato nell'ufficialità del mondo poetico contemporaneo, ma si è subito distinto per la qualità dei suoi versi, nei quali traspare un dettato impegnato e consapevole su temi e valori importanti quali l'amore e la libertà. Non mancano tracce di una velata ironia, di amarezza e di rimpianto. Come in questi tre componimenti che seguono, tratti dal suo recente libro "Il vento torna sempre", edito per la Vita Felice.
MARIANO CIARLETTA
Tela
Hai
tessuto la tela
come
aracnide silenzioso
mi
hai educato alla tua fame
l'ho
amata.
Ho
spiegato le ali per recidere la tela,
troppo
stretta,
seppur
luccicante,
vanesio
desio di me che sono mosca.
Mi
hai offerto il miele migliore,
celando
l'astuto sapore del fiele
che
già intorpidiva i sensi.
Tela
lacerata da acide lacrime
una,
due, tre volte
come
affamato sciacallo dimoro
nel
dolce morso delle tue carni.
Non ti dirò che t'amo
Non
ti dirò che t'amo
potrai
chiederlo al vento
se
avrai ricordi.
Nelle
notti intinte di altri sudori
non
ti dirò che t'amo,
quando
il pavimento sarà freddo
nella
casa troppo grande,
nella
solitudine granitica.
Non
ti dirò che t'amo
quando
alla nostra spiaggia
sarai
con altri occhi
senza
i miei colori.
Non
ti dirò che ti aspetto:
ingoierò
altri rospi
li
tramuterò in calle
calli
che mi hanno portato fin qui.
Rosso legame
Sappi
che l'amore è inciampo
di
sassi che si camuffano a gemme
avallati
da una terra beffarda.
Sappi
che in amore non ci sono farfalle
ma
salite impervie che conducono a oasi
dove
i silenzi sono rosso legame.
Sappi
che l'amore non è ladro,
non
ruba vergini terre
e
non ne conquista di nuove.
L'amore
rispetta il momento
in
cui schiuderai le porte all'unione.
Sappi
che l'amore non confonde,
e
non lascia lividi sulla mente
né
tagli sul cuore.
Sappi
che l'amore fa come la radice
protegge
il suo albero sfidando il vento
per
tenerlo alla terra
e
lieta lo nutre ad agosto.
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Carol Guarascio, catanzarese di origine, svolge la sua attività di insegnante di italiano e latino a Campobasso. Con grande merito è giunta alla ribalta nel panorama della poesia contemporanea, aggiudicandosi peraltro il Premio Umbertide XXV aprile di quest'anno nella sezione inediti. La sua poesia, alta e incisiva, sorprende e riesce a coinvolgere il lettore aprendogli rimandi, visioni e lacerti di realtà parallele al contesto.
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MONIA GAITA
Poetessa, critico letterario e giornalista, Monia Gaita, nata ad Imola ma da sempre residente a Montefredane, in provincia di Avellino, riunisce in sé questi importanti aspetti della sua attività culturale, cui dedica molta attenzione, con grande competenza e senza trascurare l'uno rispetto all'altro. La sua poesia è nota ed apprezzata in ambito nazionale, avendo peraltro pubblicato diversi testi con Case Editrici importanti, e si caratterizza per un dettato perentorio e incisivo, con richiami particolari alla terra madre e ai sentimenti.
L’acrobata di forza
Mi si impigliarono i capelli
nei tuoi rovi.
Si fece impraticabile la strada:
troppe frane.
Ti seppellii in una tomba eretta
in mezzo al cielo,
ma tu squassasti tutte le chiusure
e ti aggrappasti con gli artigli
alle mie spalle.
Ora che sei tornato,
i sensi all’erta e il cuore tra le
spire,
io non comprendo
se tu sei la salvezza,
la garza medica
che adagio sul bruciato,
l’acrobata di forza che resiste
dentro il gelo
***
Lo spartito
Oggi mi va di scivolare
dal cavallo delle nuvole,
mirare dritto al fianco delle case,
slegare la fanciulla che fui,
che ancora sono,
riconsegnarla
al padre dei sambuchi.
Faccio ritorno
al reggimento delle foglie.
Mi lascio divorare
dal drago dei miei sogni.
Sciolgo la lacca del tuo nome
sulla fiamma
facendone cadere poche gocce
sulla carta.
E adesso questo suolo è sacro,
lo colonizzano migliaia di pianeti.
Non fucilare l’ostaggio
che tieni tra le mani.
Ti bacio con la gioia di sempre
e lo spartito che composi
per te solo
***
Ti lascio un bacio
Ti lascio un bacio ai piedi
dell’albero,
lo incollo a cucitura stretta sulle
foglie.
Giuro sul crocefisso del presente,
amerò altro:
la borsa, il cielo, la sedia,
il brusco fumigante degli spini.
Non voglio più farmi debole,
provare la solitudine del reduce.
Non voglio più venire uccisa e
derubata.
Abiterò il santuario dell’uguale.
Nessun campanello d’allarme
legato intorno al collo.
Non franerò fra i tuoi grassi rovi.
Si abbatteranno le passioni
come pali di salice.
Mi lascerò sorprendere dalle facce
note.
Emergerò
da tutto quello che mi aveva divorato
***
Uno scomparto di poco
Il cuore subisce un altro sgretolìo
ora che ti ho perduto,
che riempio già le tasche
a un nuovo avvilimento.
Raschio con l’unghia la porta delle
colpe,
foro la tela degli errori,
ne osservo il buco largo
che affonda col coltello sui secondi.
Una corteccia gracile intrisa di te:
questo sono.
Uno scomparto di poco.
Mi tocca ripianare adesso i debiti al
dolore,
sotto l’insegna dell’inverno
sloggiare dal tuo nome
CAROL GUARASCIO
La grazia
Riempire
di silenzio questi luoghi
m’ha
regalato calli sulle mani
o
forse era la terra che graffiava
che
feriva l’onda grossa
una
scintilla muta e suggestiva si stupisce
del
magnete-macigno nei tuoi occhi
ancora
ancora ancora
Versare
senso dentro questa vita
che
mi hai scelto, è il compito di oggi
La
grazia pare zoppicare
La
voce è sola e si rigira i pollici
dimentica
di essere un segreto
la
fronte genera idee ad anelli
i
pensieri si mordono la coda
Anagrammo
la mia storia
e
dunque
il
mio bagliore lo porto per mano.
Boom
Il
sogno è l'aria nel taglio chirurgico
tra
l'oggi e il suo gemello
è
un signore ben vestito
che
ti chiede una moneta
un
trompe-l'oeil improvviso
intravisto
dalla metro
-
il mare nel tunnel! -
Il
sogno è vita scarnificata
o
almeno senza pelle.
Mattina senese
Tra
bimbi che rincorrono piccioni
a
ticchettare briciole e altre bimbe
che
a dito certo seguono i mattoni
zigzaganti
nella Piazza del Campo,
tra
giovani pittrici che ritracciano
contorni
e geometrie secolari,
m’attardo
a questo sole di mattina
senese,
pallido e tagliente; eppure,
so
che è ad attendermi ad ogni vetrina,
specchiata
una figura, col proposito
negli
occhi di seguirmi e mi sorprende
che
sia sempre più simile a mia madre.
(da
Il cassetto dei foulard, Talos
Edizioni, 2014)
X.
I
gatti non piangono mai
(non
dite sciocchezze)
togliete
la crosta
alle
parole
noi
amanti
siamo
sacerdoti
del
disordine
intingiamo
le sillabe
nei
fiumi
del
senso doppio
andiamo
per bicchieri
con
la lingua impastata
di
ipotesi
i
poeti mi vengono
all'orecchio
col
cappotto macchiato
d'immaginazione
m'insegnano
a fare
la
pelle al destino
i
poeti non piangono mai
(non
dite sciocchezze)
con
la crosta delle loro lacrime
si
fanno le volte celesti.
ZTL del cuore
Tutto
è cambiato, ma non ti dirò
che
i minuti sono morti di pioggia
o
le vigne sono rosse di terra,
se
mi piace l’arpeggio dei colli.
T'ho
lasciato un bouquet di sogni
sul
comodino
e
la porta aperta d'una chiesa.
(Da Fiori scompagni in acqua cruda, RPLibri,
2019)
Madrigale corto
Credo
che questo vento sia venuto
intanto
per seccare la calendula
che
ha già accecato troppo con l'arancio
questo
inverno scapestrato e gentile
e
poi per dirmi: dai, metti la tuta
alata
e poi abbandonati nell'aria
che
ti porto dal tuo amore lontano.
(inedito)
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KSENJA LAGINJA
È
strano come la pioggia
li
faccia sparire tutti.
Un
colpo per alzarli
un
altro per farli cadere.
Qui
abitiamo la terra
senza
conoscerne il nome
esonerati
dall’assenza
ma
è lì che dovremmo scavare
piantare
semi nella notte
per
colmare i vuoti col buio.
***
Una
volta c’era la casa
e
tutto quello che portavamo dentro
poi
c’era il tavolo senza le sedie
e
sotto i libri le nostre vite appese.
Li
usavamo per scaldarci
ma
il più delle volte non bastavano
così
ci toccava uscire tra i lupi
strappare
le radici infilate nei denti
bruciarle
vive.
***
Ho
sognato di appiccare un incendio
per
ricostruire dal nulla la casa,
di
scavare a mani nude nelle fondamenta
estirpare
l’eccesso, preparare il terreno
inghiottire
radici come frutti
e
calibrare la precisione delle esplosioni,
ma
ero io l’incendio e nulla poteva spegnermi
o
farmi rientrare, per salvare la casa
le
sue fondamenta e quel ventre.
***
Basta
raccogliere tutto, ogni singolo dettaglio
stiparlo
per bene, strizzare, incastrare
sovrapporre
i pezzi, in doppia o tripla fila
sospendere
nel vuoto ciò che non vi entra
escludere
le parti necessarie, preservarle
trattenere
il fiato nel silenzio dell’innesco
e
assorbire l’impossibile nella durata dello schiocco
quel
primo scricchiolare d’anima che si annuncia.
***
Prendi
un foglio e strappalo a metà,
dividi
il nutrimento e ripeti il gesto.
Che
sia legno, mattone,
inchiostro
o una città distrutta,
ricomponi
l’origine con la radice
prendi
con te il padre, la madre
le
loro assenze e i figli di queste.
Prendi
un foglio e strappalo a metà
scrivi
un nome, diventa arca e baricentro
salva
il necessario.
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RITA PACILIO
Una Poetessa di prim'ordine, che si distingue nel vasto panorama della poesia italiana per la sua forza espressiva, per lo stile e la grande liricità dei suoi versi, come ad esempio in questo suo componimento che è riflessione / denuncia di un tempo offuscato da malvagità ed egoismi di ogni genere, aperto però sempre alla speranza, alla riconquista della propria umanità: forse siamo ancora in tempo!
Forse
c’è ancora tempo
per
indossare l’abito da sposa
stendere
l’anima lungo la via
a
forma di velo con il vento dentro
parlare
sottovoce agli uragani
distinguerci
per il fiato corto
con
il piede accanto alle ombre
deformi
degli uccelli e
rinascere
nei campi arati a giugno
nel
colore biondo di ogni cosa viva.
Forse
siamo in tempo
per
alzare gli occhi al soffitto chiuso
farci
tornare la voglia del mondo
prima
che qualche pezzo di cielo
possa
scomparire per sempre.
ANTONIO SPAGNUOLO
Poeta di lunghissima militanza, napoletano ma conosciuto e apprezzato in ambito nazionale, Antonio Spagnuolo è un riferimento prezioso per tutti noi che ci dedichiamo alla scrittura poetica. Prolifica e sempre interessante la sua produzione, con all'attivo tantissime pubblicazioni, il suo dettato lirico e intenso è intriso di un sentimento amoroso e malinconico, dove il ricordo sovente s'incarna nelle immagini vive di una quotidianità silenziosa e sofferta. Come nelle tre liriche inedite seguenti.
Dubbio
Le
mie mani ti vorrebbero ancora nel silenzio
come
offerta ed incendio d’impazienza.
In
agguato per ore
precipito
nei simboli corrotti
se
l’alba barcolla rincorrendo il trucco
delle
attese, e nelle trasparenze del tempo,
che
avvolgono ancora il tuo profilo,
il
mio sussurro insegue la tua carne.
Ritorna
nelle vene la malinconia
lungo
l’oscura acredine del dubbio,
quando
ad una ad una continuano a sbiadire le foto
per
lasciarmi interdetto nella tavolozza
che
trionfa a colori per la misura di rughe.
Quella
parte dei giorni che pulsa ancora alle tempie
sbalza
date e solfeggi,
mentre
il brivido del tuo corpo
ha
gli aromi indistinti del grembo
e
le mie dita sfiorano tremando le labbra,
affanno
irregolare alla mascella
e
l’improvviso nodo trabocca sul guanciale.
Parole
Le
mie parole hanno il gioco dell’edera,
strette
alla bocca, irrequiete per ricordi,
cingono
la solitudine che mi annulla,
cercano
ancora il palpito che univa
la
tua carne al mio gesto.
Nel
cinabro ora chiudi ogni speranza
per
il beffardo disincanto che ti avvolge
con
quelle sillabe già ferme oltre la tua sembianza.
Segno
ancora una data per non dimenticare
la
tempesta dei gesti che incidemmo
nelle
piacevoli ombre delle sere,
e
la speranza che leggevo nel tuo occhio smarrito
è
la clessidra interminabile che fulmina memorie
recita
combustioni nel vuoto,
per
giocare ad una fuga che scioglie
il
fulgore della mia follia.
È facile slabbrare l’ultima attenzione
dello
specchio
che
detta fine al mio diario.
Curve
Stacchi
le stanze fra il ritorno degli specchi
nell’illusione
che l’amore strappi
ancora
gli anni al declino.
Alle
pareti ancora il pigolare delle tue cosce,
intimo
effluvio dell’ardesia accecata
inconsapevole
ad accecare falci di luci
e
imprese ininterrotte.
Ora
le notti hanno le convenzioni di gesti
sfaldati
nei riflessi del ricordo,
mentre
dalla spalla alle reni adagi eleganti sussulti
l’ombra
del feltro ha illeggibili ferite,
inquietudini
d’avorio nel gioco dell’incanto,
perché
i segni del passato sono fratture di giorni
e
l’impazienza è un capitolo aperto
ogni
notte tra queste lenzuola gelate
perché
sei chiusa nel marmo a dispetto
della
mia solitudine.
Mentre
le stanze accolgono riflessi
imprigionati
alla mia sera.
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RAFFAELE URRARO
Il "lato oscuro delle cose" è il titolo eponimo del recente libro di poesie di Raffaele Urraro, RPlibri, da cui appunto riportiamo le tre liriche che seguono. Da sempre, nella poetica di Raffaele Urraro, è presente questo dubbio, questa ricerca assidua sul senso delle cose e dell'esistenza, manifestati attraverso molteplici progetti poetici, e nei quali primariamente Urraro affida alla profondità e all'intensità della parola, le necessarie caratteristiche di una buona resa poetica.
Il lato oscuro delle cose
Mentre
ascolto una musica
coperta
lievemente da veli variopinti
sento
che la mente si accartoccia
nelle
sue emozioni
anche
l'aria che sembra stonata
nello
stormire delle foglie
vibra
di incerte tensioni
ed
io cerco di scoprire
cosa
dice quella voce
che
parla la lingua
indecifrabile
e arcana
della
natura
ma
conosceremo un giorno
il
lato oscuro delle cose?
***
Il senso della vita
Come
le stelle deflagrano
e
polvere e luce disperdono
nello
spazio vuoto
così
partiremo da questo luogo
verso
un orizzonte che sa
di
buio e di nulla
non
ci resta che dare un senso
a
questo segmento di vita
che
s'accorcia giorno per giorno
ora
per ora
momento
per momento
io
ci riesco
perciò
non ho paura
né
timore
di
contare le stelle
ogni
sera
***
Chi lo sa?
Alla
fin dei conti
nessuno
può dire
di
essere penetrato
nelle
oscure profondità
delle
cose della vita
abitiamo
per anni
nella
casa della nostra esistenza
o
come
dice il filosofo
nella
casa dell'essere
e
quando con la valigia pronta
piena
di certezze
partiamo
diretti al solo
vero
infinito che conosco
allora
cade il velo dalla nostra mente
e
il tutto ci disvela
:
non abbiamo penetrato delle cose
il seme più interno
e inesplorabile
chi
sa dire perché e come
all'improvviso
parte
il destino incomprensibile di un seme?
(Testi
tratti da Il lato oscuro delle cose,
RPlibri)
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VERUSKA VERTUANI
Veruska Vertuani, poetessa di Aprilia, ha un dettato graffiante e dolce nello stesso tempo. La sua è una poesia fresca e genuina, elegante, e si snoda attraverso visioni e rimandi caratterizzati da una forte impronta sentimentale, quasi erotica, nel senso più poetico del termine. Si è distinta con merito in vari concorsi letterari ed è molto attiva nell'organizzare eventi e incontri culturali.
Sotto al cuscino
Lasciami sotto al cuscino
le poesie che mi facevano fermare
al tuo sorriso carnoso
dopo aver inseguito i giri di orologio
nei tuoi occhi di mogano, ti riposavo
sulle labbra
e ascoltavo i versi dei polsi legati
agli angoli del piacere, quando si
macchiavano di vene
a forza di cercare la tua schiena.
Lasciami sotto al cuscino
le poesie che mi accarezzavano i
capelli
e i denti da latte, anche loro bambini
vestiti a gioia
sul prato dove tutto sarebbe andato
bene.
È un campo neutro
la battaglia dove mi sveglio
giornalmente
nessun indirizzo in mano
e il cielo gioca a porte chiuse.
***
Voi ombre
Quante ombre in piedi
ci mettete la faccia
ma solo al buio.
Così filiformi, parlate
in scia al vento che passa da parte a
parte.
Siete il plagio della carne.
Come fa un cuore a starvi dentro?
Messe al muro dal sole
vi chiederà il conto
per tutta la luce rubata.
Intorno a te
Intorno ai tuoi fianchi
cento e più monete
quando la notte ti viene a cercare
suonano il chiarore della neve
Intorno alle braccia
annodi carezze di latte
stringi il fuoco
sulle ali che ti fanno Fenice
E danzi
nel gioco del vento sei ancora più
bella
intorno a te sorrido
per farti svegliare in un sogno.
Il ratto di Proserpina
Tra due mani
a parentesi di onde
sei lucida scogliera,
diafana e Diana,
signora di ogni selva.
Piangi
ma hai pelle così di meraviglia
che ogni peccato svanisce
nel titillio di dita.
Piove
La pioggia fa inchiostro
sulle dita
non penso più alle rughe
all'urgenza di scrivere
Se mi sporgo
la pioggia lecca
colma
inargenta.
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VANINA ZACCARIA
Autrice napoletana molto impegnata nei vari ambiti letterari, dalla poesia alla saggistica, dal giornalismo alla critica letteraria, presidente di una Fondazione, la Lermontov, con la quale porta avanti da anni ricerche e studi di carattere storico e sociale, ma anche letterario, si connota per una vena poetica di intensa e particolare impronta storica e mitologica. Le sue poesie, quasi dei veri e propri poemetti singoli, si dispiegano come un lungo canto accorato, con versi per lo più lunghi e fortemente evocativi.
(dalla raccolta inedita Il secolo breve)
La casa di paglia
Venimmo meno a molti giuramenti,
lo sapevamo bene ad ogni inizio del
maggio.
Forse avremmo dovuto stringerci
fosse anche una mano magra
in un’altra mano magra
aspettando la fine dei venti.
Scrivi il mio nome su una busta per
lettere,
non spedire adesso
fallo quando mi diranno morto
in un quieto pomeriggio d’ottobre.
Forse bastava una carezza, una
preghiera, un abbraccio di arresa
quando con espressione assente mi
indicavi l’Europa
e giuravi di non averne colpa.
La casa di paglia che avevi animato col
tuo animo lieto
ti è crollata addosso.
Adesso sembri la guerra quando si
annuncia senza parole
ma soltanto col fuoco
adesso sembri il filo spinato, la
polvere, gli stivali zozzi
e la fossa.
La casa di paglia dove mi invitasti ad
entrare
mentre fuori le spighe mettevano il
grano
ti è crollata addosso
adesso sembri l’esilio, il naufragio e
lo scandalo.
Siamo gente raminga, senza riposo
forse speranza, forse, forse la pace,
ancora
è possibile?
Te lo domando, la casa di paglia
tu che ricami lettere sulla mia fronte
bagnata
non era febbre
la mia malattia, non era febbre
c’è un rimedio in fondo alla strada
se mi avvio con passo deciso ritienimi
in torto
e trovane un altro.
C’è una busta per lettere, cambiaci il
nome
perché non mi dicano morto, perché non
dicano altro.
***
La casa di pietra
Ho ancora il deserto delle città dentro
al cuore
i secoli passati, come una romanza,
sulla bocca di tutti.
Ti scrivo Amore da una terra ostile,
taglia i lembi dei lenzuoli e fanne
bende per asciugare il sudore
che tornerò nel maggio breve ridendo
come un ufficiale di lancia,
avremo un rampone per dissodare la
terra
e uno scrigno pesante dove nasconde i
morti.
Sarà di marzo e sarà di anime miti la
tua fine dell'anno
ti guarderò scegliere le rose,
metterò la mia bocca asciutta sul tutto
collo piegato
e non un pensiero terrò per me, non un
ricordo
Ti dirò piangendo di tutte le stagioni,
mi solleverai con mano leggera da una
giubba vuota
conterai ad un o ad uno i segni fino a
scoprirmi cenere nel tratto di scolo.
Ricordo ancora bene che la tua casa
odorava di alloro
e di datteri lasciati in secco
sulla veranda battuta dal vento
scartavamo i gusci
e aspettavamo che le spighe mettessero
il grano,
quelli erano pomeriggi quieti
non c'era ragione alcuna di
preoccuparsene,
malgrado libeccio battesse le vecchie
ali sulle tue spalle fragili.
Nessuno si era impadronito ancora delle
nostre anime
nemmeno il mare
che continuava a spingere alla deriva
biglietti e sassi,
tondi e neri come gli occhi di tua
madre
che la guardavamo andare verso il paese
nei pochi giorni di festa.
Ho ripercorso una volta ancora la
strada che conduceva alla tua porta
fradicio di acqua di sentina
ho avuto pudore di chiedere
quella volta che mi ero perso.
Ti scrivo Amore da un paese cupo
si sono presi gli anni, si sono presi
tutto
chiudi bene la tua porta che tornerò
nell'estate giocosa
mutilato come un ufficiale di lancia
bada bene che resti sulla soglia
non ho che queste sparute carte
e qualche prezioso di poco conto
elemosinato lungo il viaggio.
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NOTE
SUGLI AUTORI
Maria Benedetta Cerro
Maria Benedetta Cerro è nata a Pontecorvo e
risiede a Castrocielo – Frosinone.
Ha pubblicato: Licenza di viaggio (Premio pubblicazione, Edizioni dei Dioscuri
1984); Ipotesi di vita (Premio
pubblicazione “Carducci – Pietrasanta”, Lacaita 1987), nella terna dei
finalisti al Premio Città di Penne; Nel
sigillo della parola (Piovan 1991); Lettera
a una pietra (Premio pubblicazione “Libero de Libero”, Confronto 1992); Il segno del gelo (Perosini 1997); Allegorie d’inverno (Manni 2003, nella
terna dei finalisti al Premio Frascati “Antonio Seccareccia”); Regalità della luce (Sciascia 2009); La congiura degli opposti (LietoColle
2012, premio “Città di Arce”); Lo sguardo
inverso (LietoColle 2018); La soglia
e l’incontro (Edizioni Eva 2018).
Mariano Ciarletta
Mariano Ciarletta, nato nel 1992, vive a a Mercato
San Severino (SA). È dottore in gestione e conservazione del
patrimonio archivistico e librario, titolo conseguito all’Università degli
studi di Salerno. Entra nel mondo della scrittura con una trilogia noir
auto-prodotta con Youcanprint nel 2014 (Rami
nel buio; L’esorcismo di Amanzio
Evenshire e Ai bordi dell’abisso).
Con Ai bordi dell’abisso ottiene un
award dalla Costantinian University e vince, per la categoria romanzo, il
premio letterario nazionale “Galiani Ricciardelli”. Nello stesso anno passa rapidamente
alla lettura e allo studio della poesia a cui si appassiona giorno dopo giorno.
Dall’osservazione quotidiana di ciò che circonda l’autore, pubblica le raccolte
poetiche: La foresta delle rose scarlatte
(Edizioni Plectica); Sentire
(Edizioni Pagine). Nel 2015 pubblica con Aracne Tra miti e silenzi. Con questa raccolta vince il premio letterario
“Taverna dei Briganti” di Salerno. L’ultimo volume, editato dalla casa editrice
La Vita Felice, è Il vento torna sempre.
Inoltre, alcune sue poesie inedite sono state pubblicate su varie riviste
online e cartacee.
Monia Gaita
Monia
Gaita è nata a Imola (BO) nel 1971, ma vive da sempre a Montefredane, paese
d’origine in provincia di Avellino.
Giornalista
e critico letterario, ha all’attivo le seguenti pubblicazioni: Rimandi (Montedit, 2000), Ferroluna
(Montedit, 2002), Chiave di volta (Montedit,
2003), Puntasecca (Istituto Italiano
Cultura (Napoli, 2006), Falsomagro (Guida
Editore, 2008), Moniaspina (L’Arca
Felice, 2010), Madre terra (Passigli,
2015), libro che ha ottenuto il Premio di Letteratura allo Spoleto Art Festival
2016.
Diverse
le antologie che si sono occupate della sua poesia.
Collabora
a “Il Quotidiano del Sud” e a importanti riviste web e cartacee. È direttore
editoriale di Delta3 Edizioni.
Porta
avanti nella sua Montefredane, con la Proloco che presiede, il Premio di
Cultura “Oreste Giordano”, volto a valorizzare eminenti personalità del mondo
giornalistico, della poesia, della scrittura, dell’arte e della scienza.
Carol Guarascio
Carol Guarascio è nata nel 1976 a Catanzaro.
Laureata in lettere classiche a Perugia, ha svolto la professione di archivista
storico in provincia di Pisa e ora insegna italiano e latino in un liceo di
Campobasso dove vive dal 2004.
Ha pubblicato la raccolta di poesie “Il
cassetto dei foulard” (Talos Edizioni, 2015) e il romanzo per le scuole “Il
diario di Sulpicia” (Cosmo Iannone Editore, 2017). Nel novembre 2019 ha
pubblicato la raccolta “Fiori scompagni in acqua cruda” con RPlibri.
Gestisce il blog OPIFICIO ROSSELLI insieme a
Luciano Mastrocola.
Ha una rubrica sul periodico della Fondazione
Molise Cultura “Quarta dimensione”.
Ksenja Laginja
Ksenja Laginja, nata a Genova nel 1981, vive e
lavora a Roma dove alterna alla sua attività letteraria una ricerca sull’illustrazione
sci-fi/weird. Nel 2005 esordisce con la sua prima silloge poetica Smokers die younger per Annexia Edizioni.
Finalista al Premio Ossi di Seppia (XX edizione) nel 2015 pubblica Praticare la notte per Ladolfi Editore e
nel 2016 vince la partecipazione all'antologia Zenit Poesia vol.2 edito da La
Vita Felice. Co-organizza Poême
électronique, una rassegna di poesia e musica elettronica, e collabora con
Kipple Officina Libraria in qualità di grafica e responsabile della
comunicazione. Suoi testi sono presenti su antologie, blog e riviste
letterarie.
Rita Pacilio
Rita Pacilio (Benevento 1963) è poeta,
scrittrice, sociologa, mediatrice familiare, si occupa di poesia, di critica
letteraria, di metateatro, di saggistica, di letteratura per l’infanzia e di
vocal jazz. Direttrice del marchio Editoriale RPlibri, è Presidente
dell’Associazione Arte e Saperi. Ha ideato e coordina il Festival della Poesia
nella Cortesia di San Giorgio del Sannio.
Sue recenti pubblicazioni di poesia: Gli imperfetti sono gente bizzarra, Quel grido raggrumato, Il suono per obbedienza, Prima di andare, Al polso porto catene, La
venatura della viola.
Per la narrativa: Non camminare scalzo, L’amore
casomai.
Pubblicazioni di letteratura per l’infanzia: La principessa con i baffi,Cantami una filastrocca, La favola dell’Abete, La vecchina brutta e cattiva.
È stata tradotta in greco, in romeno, in
francese, in arabo, in inglese, in spagnolo, in catalano, in georgiano, in
napoletano.
Antonio Spagnuolo
Antonio Spagnuolo (Napoli 1931), medico di
professione, è poeta, critico letterario, scrittore e autore di testi teatrali.
Fra le sue numerose pubblicazioni, le più recenti sono: Canzoniere dell’assenza, Kairós 2018, Istanti o frenesie, Punto a capo 2018, Polveri nell’ombra, Oedipus 2019. È citato da A. Asor Rosa nei
volumi Dizionario della letteratura italiana del Novecento e Letteratura
italiana (Einaudi). Ha fondato e diretto la collana “L’assedio della poesia”,
dal 1991 al 2006. Nel 2013 gli è stato conferito il 1° premio per la sezione
Libro Edito alla XI Edizione del Concorso Nazionale di Poesia "Città di
Sant'Anastasia". Nel 2014, al “Camaiore”, gli è stato attribuito il premio
speciale della giuria e, nel 2017, al premio “Città di Conza”, gli è stato
consegnato il Lauro d’Oro alla carriera. Nel 2019 è insignito a Roma del
“Premio per l’eccellenza”. Presente in numerose mostre di poesia visiva
nazionali e internazionali, inserito in molte antologie, collabora a periodici
e riviste di varia cultura e attualmente dirige la collana “Le parole della
Sybilla” per l’editore Kairós, e in rete la rassegna “Poetrydream”. Presiede la
Giuria del premio “L’assedio della poesia 2020”.
Raffaele Urraro
Raffaele Urraro è nato a San Giuseppe Vesuviano
(Napoli), dove tuttora vive ed opera. È poeta, scrittore, saggista, critico
letterario. Dopo aver insegnato italiano e latino nei Licei, ora si dedica
esclusivamente al lavoro letterario.
Ha pubblicato numerosi libri di poesia, tra i
quali, ultimamente, Ero il ragazzo scalzo
nel cortile, Marcus Edizioni, Napoli 2011; La parola incolpevole, Marcus Edizioni, Napoli 2014; Bereshit -In principio, Marcus Edizioni,
Napoli, 2017.
Tra le pubblicazioni di saggistica ricordiamo La fabbrica della parola - Studi di
poetologia, Manni Editore, 2011; Giacomo
Leopardi: le donne, gli amori, Olschki Editore, Firenze, 2008; Questa maledetta vita - Il romanzo
autobiografico di Giacomo Leopardi, Olschki Editore, Firenze, 2015; Le forme della poesia - Saggi critici,
La Vita felice, Milano, 2015.
Ha pubblicato inoltre opere di cultura popolare
e, in collaborazione con Giuseppe Casillo, molte antologie di classici latini
per il triennio delle Scuole Superiori (Loffredo, Napoli) e la Storia della
Letteratura Latina (Bulgarini, Firenze).
Veruska
Vertuani
Nata a Velletri, da sempre risiede ad Aprilia
(Lt).
Dal 2010 partecipa a concorsi letterari
nazionali e internazionali, ottenendo molti riconoscimenti e la pubblicazione
gratuita di tre sillogi poetiche: Frammenti
di Crisalide, Ossa di Nuvole e
nel 2019 Il tempo degli amuleti.
Nel giugno del 2015 è stata insignita della
Medaglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri al Concorso Letterario
Internazionale San Maurelio di Ferrara.
Giurata in concorsi letterari, collabora con
associazioni culturali nella creazione di eventi e reading poetici.
Vanina
Zaccaria
Vanina Zaccaria vive e lavora a Napoli. La sua
attività si è costantemente divisa tra il percorso artistico-letterario e
l’impegno nel campo della ricerca storico-sociale. Laureata in Servizio Sociale
con una tesi di ricerca sul contributo etnografico dell’antropologo Ernesto de
Martino, attualmente è presiedente della Fondazione Lermontov per la quale ha
curato l’allestimento del Premio Internazionale Lermontov e la divulgazione dei
volumi della Biblioteca Lermontov. Ha collaborato con il giornale in lingua
italiana e russa Sussurri e Grida,
curando rubriche di letteratura e geopolitica. Studiosa della cultura ellenica,
ha collaborato con la Comunità Ellenica di Napoli e Campania per la discussione
e divulgazione di saggi storico-politici; attualmente cura, assieme alla
corrispondente da Atene Sofia Skleida, la rubrica La rivelazione greca per la rivista di cultura poetica e letteraria
Menabò (Terra d’Ulivi edizioni). In
ambito artistico si è dedicata al teatro, sia portando in scena spettacoli come
attrice, sia collaborando come direttore artistico per diverse associazioni
culturali attive sul territorio. In ambito letterario si segnalano: la
pubblicazione di poesie per le antologie poetiche Ifigenia siamo noi (Scuderi Editrice, 2014), Mare Nostro Quotidiano (Scuderi Editrice, 2018); la partecipazione
come membro della giuria per la sezione speciale “autori esteri” del Concorso
Nazionale di poesia Città di Sant’Anastasia nel 2013, 2018 e 2019.