Introduzione
Se noi non possiamo andare alla
poesia, allora la poesia verrà da noi. Così, più o meno, affermavo
nell'introduzione al volume precedente. Ovvero, in un periodo in cui è
necessario mantenersi isolati quanto più è possibile, per evitare il
diffondersi del contagio, è normale che le attività culturali, o almeno quelle
che presuppongono una frequentazione di luoghi chiusi come librerie,
biblioteche, teatri, musei, cinema e altre sedi di incontri specifici, vengano
penalizzate. È pur vero che l'arte e la cultura in genere possono praticarsi
anche attraverso l'uso dei mezzi telematici, o almeno questi possono sopperire
in parte allo svolgimento effettivo di queste attività, ma tutto il contorno ne viene meno; e per contorno intendo il piacere di
incontrare gli amici, di fare una pausa con un caffè al bar della libreria tra
una presentazione e l'altra, oppure semplicemente di sfogliare qualche libro
prima o dopo l'evento, oppure ancora di continuare l'incontro con una pizza a
fine serata; o concedersi una serata al teatro, gustando lo spettacolo dal
vivo, con tutti e cinque i sensi, e non semplicemente guardandolo sullo schermo
di un computer, in modo asettico e distaccato. Il contorno, dunque, ci manca. Ed è proprio questo contorno la parte migliore della
creatività; creatività che si esplica, sì, a vantaggio di noi stessi, ma che
per una gratificazione piena e completa deve essere, soprattutto, offerta al
prossimo, agli altri, deve essere messa a disposizione, la si deve condividere,
deve diventare osmotica.
Ora, non è possibile praticare
l'arte implicando anche tutti questi contorni.
Dobbiamo rimanere isolati l'uno dall'altro, lontani fisicamente, non possiamo
metterci tutti insieme, uno accanto all'altro, in una saletta di libreria o in
un teatro o in un cinema, non possiamo scambiarci battute immediate, sorridere,
fare riflessioni e commenti seduta stante, non possiamo neanche avvertire quel
senso di appartenenza a quel mondo, a quella particolare parte del mondo
artistico al quale sappiamo di essere legati, per coincidenze di scopi e di
finalità, per amore e dedizione nei confronti di attitudini, impegni e studi
attinenti alla grande e variegata sfera della cultura, in particolare della
letteratura e della poesia.
Se non possiamo frequentare
pienamente questo mondo, dicevo, con tutte le sue pertinenze, chiamiamole così,
che non sono affatto secondarie, allora non possiamo fare altro che aspettarci
che sia l'arte a venire a noi. Così, anche la poesia può venire fino a ciascuno
di noi. Certo, sempre in modo asciutto e distaccato, ma di meglio, per il
momento, non possiamo fare. La poesia è qui a disposizione di ognuno di noi, di
tutti. Starà a noi cultori, ampliare questi versi leggendoli, stimolando in
contemporanea, oltre la vista, anche gli altri sensi: fingendo (ma non
proprio!) di stare tutti insieme in libreria, mentre ascoltiamo la voce
armoniosa dei dieci poeti che fanno parte di questo quinto volume
dell'Antologia poetica virtuale. Che, a questo punto, facendo un piccolo sforzo
di amore e di rispetto, potremo dire che di virtuale c'è solo la pagina, il
resto è viva realtà creativa.
Giuseppe
Vetromile
_____________________________________________________________
SALVATORE CONTESSINI
Roma ha tra le sue Voci poetiche
più significative Salvatore Contessini, certamente per la sua dedizione e per
il suo serio impegno nella costante ricerca dei motivi ispiratori della sua
poetica, la quale si fonda essenzialmente sul costante interrogarsi sul senso
della quotidiana esistenza, dando comunque molta importanza all'essenzialità
delle cose e alla genuinità e armonicità sorprendente dei sensi e delle arti.
Collaboratore editoriale, ha egli stesso pubblicato diverse raccolte di poesie
con Case Editrici importanti, curando inoltre alcune antologie poetiche.
(Testi inediti)
Memories
Tutto è iniziato al mare
in una radiazione di lanterna
tutto nel mare torna
inclusa la durevole fortezza.
Anche la luna del tramonto
stende filacce tinte d’argento,
l’intimo inchiostro di salmastro
indossa scelta di serata in nero.
Le chiocciole di scale scese
appaiono salite da guidare
immagini di superfici popolose
che vegliano le polluzioni al fondo.
Passata l’ora retta dal sogno
risultano nei vicoli di notte
i taciturni selci scardinati
da misere tempeste di parole
***
S.T.
Conosco la fatica del badile
e l’apertura alare del volteggio
sopra le nuvole che giocano
a inseguirsi, oltre le coltri a nembi
che coprono le case
là dove il vento passa
per non lasciare traccia.
***
Quadro
due: estetica del silenzio
(L’universo
assente. Quattro quarti in memoria di Luciano Cilio, musicista)
Parole non ancora nate, spingono all’uscita
dal nulla del rumore che accade all’esistenza, ma non al
suono.
Cercano minuta percezione che scaturisce dal silenzio.
Melodiche trasformazioni di foniche materie
tra gli equilibri estesi di frequenze sconosciute
e le sonorità perdute carenti di attenzione.
Ascolta con che voce esprime il cuore
la pulsazione acustica mancante
o l’emissione sottesa al movimento
che genera la rotazione del pianeta.
Sono composizioni di musiche ancestrali
che servono la ricezione di ciò che tace
messaggi di una genesi sonora
incaricati di trasporto esplorativo.
Quella che senti non è tonante assenza
solo dilatazione muta dell’universo assente.
***
Gitano
L’aria sospesa dal silenzio urbano
fluttuava nell’assolo di violino
capace di accerchiare i miei pensieri
per farne tremolii turbati.
Riflessi d’occhi d’ossidiana
danzavano col nudo dell’archetto
per imbracciare di balcanici motivi
i piedi scalzi ed il sorriso
con presagiti riverberi dell’oro.
***
Zingara
All’angolo la fisarmonica
truccata di sapienti
balcanici commenti,
tirava reti all’aria
e commozioni di nature
fuori dai confini
capaci di corrompere
nel cielo
le nubi divorziate
dalla pioggia
intense labbra
avvolte da sorrisi.
Poetessa romagnola, Tania Di
Malta è una importante esponente del Realismo Terminale, una linea poetica
impostata da Guido Oldani che si contraddistingue essenzialmente per la
peculiarità della struttura che pone maggiormente l'accento sugli oggetti di
tutti i giorni anziché sulla natura. Ha all'attivo due pubblicazioni di poesie
che si sono distinte in importanti concorsi letterari. Le poesie che vengono
proposte qui di seguito, aderiscono pienamente al Movimento del Realismo
Terminale.
In
memoria di Helin Bolek
Lo
spray
Quando lo scavo sostituisce la forma
negando il pieno della bellezza
inutile come una gabbia stretta
su un sorriso di confetti scheggiati
Il freddo è uno spray di azoto liquido
colpisce le falangi a metà
e lo sguardo che pian piano si spegne
è una candela munita di volontà.
***
Identikit
Io sono la mia casa,
la mia barca, il mio timone
sono il fioretto, a volte la scure
sono l'acciaio della mia schiena.
Sono la foto di me bambina
sono le Kessler in alternanza
Maria Goretti e Casanova
Papillon e la sua prigione.
Non parlatemi di rossetto
ne di teste pettinate
ho il sorriso di mia mamma
timido, buono e sfortunato.
***
Il
copione
Credo (forse) che l’amore
sia la scusa di un rimpianto
canovaccio di copioni,
luminarie da natale.
L’ego è il parente povero
un taccuino di credenziali
una fame di eterno pane
che spara sempre al fornaio.
E’ l’eros l’infinito
Il varco di congiunzione
fra l’anarchia del sogno
e la tagliola della norma
Raffaela Fazio, aretina ma
residente a Roma, è soprattutto poetessa ma anche esperta traduttrice e
interprete. Ha un'intensa attività letteraria, che svolge con dedizione e
professionalità. Ha pubblicato diversi libri di poesia. Una acuta
consapevolezza del tempo quale dimensione dolorosa ma ineluttabile, permea la
maggior parte del discorso poetico di Raffaela Fazio, così come pure la ricerca
di un'affermazione dei sensi nel rutilante mondo della quotidianità.
Ascoltiamola in questi testi che seguono.
Viviamo
e vogliamo narrarci.
Ma si sfa ogni racconto
nel dirsi:
non c’è filo, né trama.
Solo esiste
uno stare nel mondo
(sia sul fondo
che sul pelo dell’acqua).
Solo questo ci basti
e ci prema:
abitare chi siamo.
(Da L’ultimo quarto
del giorno, La Vita Felice, 2018)
***
Le mani intrecciate
mio amore
tentiamo il passaggio
dalla febbre notturna
al coraggio
ma intatti
ricadiamo nel sonno
sotto le palpebre
un’onda
una stessa luce di luci
come acqua che tiene
due relitti sul fondo.
(Da L’ultimo quarto
del giorno, La Vita Felice, 2018)
***
Si staccano da soli
i volti dal silenzio
le spighe dal calore
ormai superfluo
i fiumi da altri fiumi
verso il mare
e il bene che fa male
dal suo male?
Oppure è con fatica
che tutto si trasforma
che il greto rende al ciottolo
il suo peso,
si asciuga
il moto dispendioso
e il giorno salva un’eco
un poco più di vita?
(Da L’ultimo quarto
del giorno, La Vita Felice, 2018)
***
Dopo millenni
ancora sabbia, ancora vetro:
cerchiamo il metro, la giusta misura
come se al centro
non fosse il desiderio
la strozzatura
che inverte il tempo
e irrisolto lo rinnova.
(Da A grandezza
naturale. 2008-2018, Arcipelago Itaca, 2020)
***
Emigrati
Compiuto è il passo
verso un di là, un altrove
che sempre resta tale.
E più lodiamo (a ragion veduta)
il salto, il tanto
il ricco corredo
più si aggruma incongrua la voglia
del grembo primordiale
di un sapore piccolo e abissale, natio.
Di avere ancora un Dio.
(Da A grandezza
naturale. 2008-2018, Arcipelago Itaca, 2020)
***
Postulato
Nel tempo, dici, non c’è usura.
Dici che il tempo neppure esiste.
Ma di una cosa sono sicura:
noi siamo vivi, fatti di tempo
e il tempo è fatto a nostra misura.
(Da A grandezza
naturale. 2008-2018, Arcipelago Itaca, 2020)
Una poesia complessa e di ampio
respiro, quella di Annamaria Ferramosca, romana ma di origini salentine. La sua
attività professionale le ha permesso di ampliare il suo dettato poetico traendo
spunti e significazioni dal lessico scientifico, con una resa di rara efficacia,
sonorità ed eleganza stilistica. Una scrittura espansa, che anche in altre
lingue, come l'inglese, riesce a mantenere e a donare le medesime vibrazioni
emotive (ad esempio in Other Signs, Other
Circles - Selected Poems 1990-2008).
bionanostrutture
avrò anch’io, come il geco nelle
zampette
in qualche
area inesplorata del cervello del cuore
sterminati
minimi bioappigli
angstrom
capaci di
sorreggere
il tuo
peso sfrontato di bastione
ti
sostengo
urtando
urlando contro il cielo
mio masso
di Stonehenge
col
tatuaggio del nome tuo ripetuto
in
finissime impronte
- come
sulla foglia di loto -
sul mio petto
(da Other
Signs, Other Circles - Selected Poems 1990-2009, Chelsea Editions, New
York, Series Contemporary Italian Poets in Translation, 2009)
***
di
voce attesa
una specie di lamento sottile
un gemito piccolo di gioia
come un timbro distorto per l’iridescenza delle acque
è la voce embrionale che attraversa la bolla salina
risuona nelle vene alla madre
e preme e le canta la sua elementare infanzia
chiede di sfolgorare in concerto nel giorno
dell’uscita luminosa
quando
il minuscolo corpo verrà adagiato
sull’addomepianeta
che riconosce
l’emissione di onde alla madre si compie
per distacco di corone vocali sottili come aureole
e lei interpreta e trema e costruisce
un paesaggio di case-alberi-strade
divinazione al primo cammino
lei avvia un’assertiva preghiera
salute prima poi bellezza e buona sorte ex aequo
tutto accadrà dovrà accadere
per volontà - rito - destino
o solo
per un
in-cantamento
(da Canti della
prossimità, silloge in "La Poesia Anima Mundi", Edizioni
Puntacapo, 2011)
***
urti
gentili
mi manca la
lingua mi manca
quella timidezza di vocali aperte
di zeta dolce nel
grazie
un incurvarsi della voce in gola
come a piegarla fossero le pietre
salentine del ricordo o forse
una malinconia residua della nascita
ingorgo che resiste
allo sperpero del vivere
furore dei cieli di una volta
grida bianche dei dolmen che insistono
nel vedere il mattino sorgere
sulle rovine
ogni volta
qualunque sia l’inclinazione della luce
mi manca quella
strana paura
prima di ogni viaggio
come un sottile rifiuto della distanza
come di albero che impone alle radici
un limite
all’espandersi e si concentra
sulla cura dei frutti
pure amo
tutto questo calpestio di genti nella città
l’impasto lento di animelingue
il rompersi dei meridiani
l’inarcarsi dei ponti per
urti
gentili
questo annodarci annodando
i cesti della fiducia con antiche dita
(da Ciclica,
Edizioni La Vita Felice, collana Le Voci Italiane, Milano, 2014)
***
ora
che mostro viso e braccia aperte
s’accendono i corpi le voci
più libero il pianto più intense le carezze
apro armadi nel petto e
vado per salti
dimentico zaino zavorra
virgole punti de-finizioni
tanto so che l’altrove
mi tiene d’occhio e
dorme la mia bambina delle meraviglie
ancora irrubata dal mondo
intatta nel suo pianeta
cosa devo farci io con questo spudorato pianeta
cosa devo farci con il terribile che infuria
con le solite frasi il solito sgomento
con quella spes ultima illusione
cosa devo farci pure con la poesia
tanto so che la nave
sta trascinando al largo
nel muto acquario dove ci ritroviamo
come all’origine
nudi
finalmente originali miseramente
splendidi nel nulla
(da Andare per salti,
Arcipelago Itaca Edizioni, collana Mari Interni, Osimo, 2017)
Un linguaggio e una struttura
poetica del tutto originale contraddistinguono la scrittura in versi di Bruno
Galluccio, valente poeta napoletano, dedito all'attività letteraria da diversi
anni, anche in veste di ideatore e organizzatore di rassegne importanti, come
ad esempio i tantissimi incontri presso la storica Libreria Treves ed
attualmente presso il Caffè Letterario Il
tempo del vino e delle rose, insieme alla poetessa Rosanna Bazzano. La
fisica e la matematica, di cui ha amplissima conoscenza per essere stati i rami
dei suoi impegni lavorativi, costituiscono la fonte essenziale della sua
creatività poetica, mutuando da quelle scienze termini e contenuti del suo
dettato.
il gelo bruca
i residui della notte nostra
il sogno sfrangiato sul bordo
dell’essere ancora vivi
tra poco è l’alba
noi siamo la nostra attesa
la ferita della vetrata non aperta
il rimorso che accomuna
l’aprire e il non aprire
minima gemi come acqua
tu ormai nel costato del sonno
deposta la tua parte di attesa
hai varcato il millimetro dell’abbandono
e io veglio anche
per il tuo lembo di indicibile
mentre la luce massacra l’ombra
sul lato rovescio del pensiero
(da Verticali,
Einaudi, 2009)
***
quando dicevo suono
intendevo dire piuttosto la fine del suono
quando in sé ricade
e ciascuno nella sua separazione lo vede
tramutarsi in mancanza
e si esercita allora in sottrazioni
e ammette i limiti del corpo
ma quando dicevo vento
intendevo davvero il vento
con tutto il nero e le rotazioni che conduce
e pure intendevo il segno polare
capace di versare sguardi nel cielo improvviso
con la domanda ancora incompleta
ai piedi di alture incavate
(da Verticali,
Einaudi, 2009)
***
il vuoto sempre un enigma e un mito
abitante con orrore delle prime
domande infantili sull’universo
quando uscire dalla casa è pensiero
e l’oltre era segnato
dall’incubo dell’abbandono
e quel vuoto sembrava proprio
lì fuori di casa in agguato
un agguato lontano e incombente
un allontanarsi da cieco
o muoversi senza ragione
abbandonando i punti cardinali
oggi sappiamo che il vuoto non esiste
ci sono ovunque fluttuazioni quantistiche
ovunque perturbazioni di campo
che fanno apparire fotoni o materia
perché anche qui lo zero
è una funzione fantasma
un valore esatto che non si può raggiungere
(da La misura dello
zero, Einaudi, 2015)
***
circuiti
elettrici
finalmente a via Mezzocannone sedici
si saliva attraverso l'integrità di ombre e di luci tagliate
la polvere e le confidenze sussurrate dai legni
poteva essere una borgesiana promessa
di archivi e di specchi su dimensioni trascorse
ma nella grande sala inaspettatamente chiara
del laboratorio di fisica
sui tavoli apparivano le lancette inquiete degli strumenti
le onde sinusoidi di verde degli oscilloscopi
e sulle basi forate come di Lego infantili
cominciavamo a inserire in combinazioni diverse
condensatori e resistenze
per vedere come l'essere
in serie o in parallelo cambia le intensità
delle correnti elettriche agli estremi
e per esercizio di fuga
ci si chiedeva se anche le anime
(nel condensare e resistere)
si sommino o sommino i propri inversi
a seconda che si diramino dallo stesso nodo
oppure nascano una dalla fine dell'altra
(inedito)
Claudia Iandolo è poetessa
irpina molto apprezzata in ambito nazionale e con una lunga militanza poetica e
letteraria alle spalle; critico letterario di prim'ordine, organizza e conduce
incontri e presentazioni di libri. Ha all'attivo molte pubblicazioni di
raccolte poetiche con importanti Case editrici. La sua linea poetica è
caratterizzata da un forte senso di giustizia e di verità, a volte espresso con
velata ironia e amarezza, di fronte a situazioni sociali precarie e scabrose;
ma sempre con un taglio lirico originale, pregevole e coinvolgente.
Certifico la mia esistenza in vita e in morte
Sesso cultura e religione
Monogama nei fine settimana
Poligama poliandrica etero e mono
Dichiaro in cattiva e buona fede
D’essere nata a in e da ma non per
Produco documento della mia cultura
Lingua nazione stato ma non d’animo
Patente identità passaporto assicurazione
Iban codici bancomat tessere a punti
Indirizzo domicilio provvisori e traballanti
Di essere mittente e destinataria
Di lettere bollette petizioni informazioni pubblicità
Dichiaro sotto nessuna responsabilità
Di non riconoscere sempre le mie foto
Di essere inabile al successo e alle guerre
Perfino condominiali per non dire domestiche
Di parlare ai gatti che spesso mi rispondono
Certifico inoltre dichiaro infine
Di esistere senza ombra di dubbio per me e me stessa
Anche quando ogni documento sarà scaduto
Ed è l’unico miracolo che mi aspetto.
In fede.
***
i fotoni liberi
e come te imprendibili
lo spin del tuo respiro
mentre sorridi in bilico
da una foto
spettinata
ad Alexanderplatze
l’orologio del tempo del mondo
è un’inutile necessità
non lo sanno in turisti
che t’incontrano
mentre parli con Juergen
ed ordini una birra
si deve essere morti
al qui ed ora
e viaggiare di possibilità.
(da Sororità,
Edizioni LietoColle, 2014)
***
Mi chiamo Mahayla e
sono in fondo al mare
Sono io Samia
tempesta leggera d’Africa
Malala è il mio nome e si scrive con l’acqua
Ed eccolo il mare più profondo del pozzo che annega la luna
Più lungo della strada che finisce all’inferno
Quando la risacca riporta le storie sono ancora Mahayla
La donna che non s’incontra
E Samia che correva Malala che legge
Perché torna indietro il tempo e si riavvolge
Ogni nome ha il destino di un giorno
E nessuno conta le notti.
***
Ora, è la tua pelle (la pelle che non trovo)
In quest’amore fermo
Duro alla staccionata.
Sogno, per fortuna (o per disgrazia)
Gli universi che respirano di noi
In parentesi l’ultimo sguardo
Il domani definitivo
Penso, per disgrazia (o per fortuna)
Che è più forte la vita
Che avrai tracce di me
sulla pelle (la pelle che non trovo).
(inedito)
***
Nota
Le poesie Certifico la
mia esistenza e Mi chiamo Mahayla
sono state pubblicate in "Anonymus"
di Ariele D'Ambrosio e musicate rispettivamente da Mario Cesa e Gianni
Mantice.
Attivissima poetessa romana,
Iolanda La Carrubba ha talenti creativi in diversi ambiti artistici, tra i
quali spicca senz'altro la sua competenza e bravura come videomaker. Attenta
osservatrice, percorre una linea poetica attenta alle contraddizioni di una
società fortemente omologata, riuscendo con versi rapidi e sagaci a trarne gli
aspetti più originali, che poi sovente pone alla base dei suoi interessanti
filmati.
Silenzi
Le cose
fatte di vita cambiano,
e cambiano così
senza preavviso.
Passano altre vie
antiche, con fatti
di tutto quanto
appartiene agli altri.
Solcano sorrisi
le cose che cambiano,
e varcano gli anni
lontani dai bambini
spensierati nei parchi
e con il futuro,
ancora negli occhi.
Si tingono di ombre
le cose che
attraversano giorni,
mondi, volti, nomi
all’orizzonte
di terre promesse...
infrante,
le cose incompiute
si fermano,
senza peso apparente
si nutrono di elemento
coltivato nelle leggende
dei popoli.
Neutrali rimangono
nelle guerre
le cose che cambiano
nel silenzio
delle ore cadute
una dopo l’altra,
restandosi tuttavia accanto.
Ore e cose si siedono
al centro esatto
di una storia minuta,
fatta di mattini
e campagne, di monti
dipinti dai silenzi
delle cose che cambiano.
***
Di
lunedì
Si posa su ogni luogo o cosa,
lasciando odori al suo passare.
Se ne sta lì tra
le abitudini serene,
le inquietudini assopite,
tra tutto quello
che si sa di non sapere.
É impaziente, dunque
passa per i polmoni,
attraversa lo stomaco,
invade le arterie,
esplode nelle tempie,
e a quel punto...
non c’è più niente,
sulla lista delle cose da fare.
Fatto l’alba, mangiato sabbia
visto il sangue
mescolarsi a quello degli altri,
nuotato nel mare in burrasca,
confuso paura con paranoia
salvato il mondo...
almeno quello in miniatura
che sta tra le quattro mura
di una casa stanca,
ma tutto sommato felice,
nella sua malinconia d’estate.
La depressione è fatta così
di cose piccole e infantili
di panico e voglia di urlare
e poi di colpo scompare
e ricomincia sempre...
di lunedì.
***
Nella casa
di Alda
Quando nel ritornare a casa
Alda,
tu riordinavi la mente,
gli odori acri e tristi
di una vita malfatta
tradita, contorta.
Alda,
quando ritornavi a casa,
silente e ferita, lottavi
tu donna triste e ferrea
madre malata,
figlia attesa.
Quando,
nel ritornare a casa Alda,
fingevi sorrisi,
scrivevi sui muri,
urlavi di non arrendersi.
Alda,
tu tornavi, partivi, sognavi…
soffrivi, e suonavi
note scordate,
per le ombre del tuo passato.
Nella casa di Alda adesso,
piangono lacrime d'inchiostro,
restano follie d'amore,
dormono i fogli…
nudi, bianchi.
***
Di
notte segni
[a due voci]
Ha fatto notte in piazza…
[batuffoli ed occhiaie
con vetro in vena]
veniva di notte in piazza…
[mangiando algoritmi
postumi di sbronza zen]
cantava note in piazza…
[in ascolto mostri
e lacci corti]
gridava amore in piazza…
[pezzi di zucchero
cuore emostatico]
cercava sogni in piazza…
[voci a senso unico
gente e rivoluzione].
In piazza ha fatto notte,
gridava amore,
cantava note in piazza,
cercava sogni.
[batuffoli ed occhiaie
con vetro in vena
mangiando algoritmi
postumi di sbronza zen
in ascolto mostri
e lacci corti
pezzi di zucchero
cuore emostatico
voci a senso unico
gente e rivoluzione].
In piazza ha fatto notte,
gridava amore,
in piazza veniva di notte,
cercava sogni…
in piazza tra le ombre
di notte
segni
[segni]!
***
Prodotti
BIO da SuperMarket: Il pomodoro
Oh pomodoro
pomodoro mio,
passionalmente rosso,
saporosamente intenso.
Oh pomodoro pieno,
al sapore di ferro
e vento e civiltà.
Oh pomodoro,
pomodoro Rio
grande, Ribelle,
Principe borghese.
Oh pomodoro,
pomodoro BIO,
intensivamente coltivato,
cresci divorando terre,
sterminando boschi,
indossando il sangue...
di chi ti coltiva.
***
PienaMente
Sollevarsi dal torpore del freddo,
rinunciare alle coccole apatiche
della mente assente,
che lentamente mente,
per timore di sbagliare.
Arrestare l’assenza del silenzio,
sbadigliare a bocca piena di niente
e ridere della nevrosi collettiva,
accettando di farne parte, pienamente!
Valente poetessa napoletana,
Marisa Papa Ruggiero svolge la sua attività letteraria eccellendo anche in
ambito artistico e impegnandosi da anni e con grande competenza e
professionalità. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie e anche di narrativa.
Il suo stile poetico richiama sovente la libertà e la luminosa evanescenza
della sua arte pittorica, ampliandosi dalla storia terrena fino agli orizzonti
celesti. Una lirica armoniosa, come il componimento che segue.
Io, il
Gladiatore
(testo inedito, comparso sulla Rivista online Carteggi Letterari)
L’arena a quest’ora è
inondata di stelle
ma dietro le sbarre vedo la
notte cadere
dentro il mio corpo! Io,
l’amato da tutte le folle,
io, l’Atteso, sarò
il trofeo designato da
offrire
al sovrano il giorno della
vittoria:
sarà la belva più possente
a segnare
del mio fato la svolta
nell’arena fradicia di
stragi
in questa gloriosa piega
dell’universo
che fu il faro del mondo!
A me è dato conoscerlo,
io lo conosco
quell’urlo vivo esploso in
ogni vena,
io lo conosco nella carne
cos’è lo strazio che
smembra e squarta
cos’è la morte!
Tu inginocchiati! Dal tuo colle
olimpico
se ci sei inginocchiati!
A te racconto cos’è la
grandezza di un uomo
e lo racconto a te che
oscenamente ti allunghi
sulle gradinate di questo
stadio circolare,
tu, bestia immonda che dal
mio
sangue ti nutri e ti
riproduci!
Dove sono i Lari miei
tutelari,
le tentatrici ninfe, gli
erbari sacri?
Su questo giaciglio sento
il gelo dell’abbandono in
ogni osso
come un lungo grido
sott’acqua
che nessuno sente.
La cetra della mia donna è
da tempo muta ...
sulla mia sorte lei, la
Cantatrice,
ne strappò le corde e si
recise la gola,
ma ancora morde alle tempie
il suo canto
tra queste sbarre come
lapilli infuocati.
Altra strage ora si
appresta,
lascivamente striscia dai
vicoli l’orgia del sangue
e sale oscura dalle
fondamenta,
si dà olio ai carri da guerra,
si affilano le armi,
guerrieri baciano le spose,
non sanno
che il mostro viene da
dentro, romperà selvaggio
gli argini ed è cieco
furore e caos.
Io domani
oltrepasserò gli interi
stadi della carne...
Sì, le stelle hanno già
inondato l’arena,
servirò d’immagine al
coraggio di molti e sarò
in una sola volta tutti i
miei rami spezzati e rinati,
ogni albero nato da me e
ogni mia morte. Io sono
il seme futuro che lotta
divenendo
orma e memoria, divenendo
fiato e furore
divenendo corpo
che finalmente recinterà il
niente che contiene,
il nulla che aspetta me per
compiersi,
la cui sostanza ha una
fondazione immortale.
Nessun dio
nessun dio potrà mai
potrà più
intervenire!
Poetessa nata a Ragusa ma
residente da anni a Montesarchio, in provincia di Benevento, Angela Ragusa
oltre a dedicarsi all'attività letteraria con grande impegno, svolge anche un meritorio
e intenso lavoro di promozione artistica e culturale sul territorio, in
particolare nell'ambito del complesso museale archeologico del Sannio Caudino,
dove è custodito il prezioso cratere di Assteas. La sua poesia è intrisa di un
elevato e caldo lirismo che richiama i temi classici e l'atmosfera mediterranea
della sua Sicilia.
Nel
sommerso dei silenzi
Nel sommerso dei silenzi sono fremiti
ai rami, di un vento che urla e rincorre
i perimetri lesti di mura abbandonate.
Scrostate le pareti come pelle cadente
si eclissano i sorrisi d’un tempo,
sulle soglie di usci a parlare di futuro.
Resto così, nell’incavo di uno spuntone,
camuffata da roccia. Trasuda il tempo,
mi imbevo di caos, i picchi di gioia,
l’iperbole di un sogno. Dura l’esistenza
quasi ti ammazza, sul precipizio dei discorsi,
Tra le punta delle dita scorre.
È la vittoria del creato mentre avvolge su di sé
particelle di uomini senza scampo.
*
Quei rami che si fan strada, a sbucare
dalla corteccia indurita dell’inverno.
Si allungano, prima sottili poi prendon forza
a lasciarsi baciare da nuova primavera.
Così si estendono i giorni, nel caos previsto
perché tutto è un indovinello, un lanciare dadi
da mani presuntuosamente improvvide.
Incauto anche esser certi di decidere.
Su di noi il velo del destino - soffio nascosto -
a cancellare ogni parvenza di certezza.
*
In moto perpetuo, flusso di sangue
stupita al divenir del mio cammino,
tante volte ho invocato al cielo
le certezze di strade giuste da imboccare.
Ma nulla resta al sicuro dei pensieri
Nulla smette di essere mistero in questa vita
che avvolge come pelle al corpo suo.
E lentamente si fa storia ciò che resta,
nei ricordi di un diario quotidiano
a rivoltare nelle pagine ancor bianche
fogli di un futuro che ci aspetta.
Senza fretta, inesorabile.
*
Riflessi di un giorno
che s' aprono agli occhi.
Le voci dai muri si espandono
Ricomincia il pensiero a farsi
sostanza e tornan le croci, invisibili,
piantate sui cuori ancor sonnolenti.
L’Alba sa come di inizio,
speranza rinnovata e dai vetri
riappare quel mondo, lo stesso di ieri.
Stesse le strade ma diverso
può essere il cammino se a spingere
i passi saranno quei sogni notturni
a comparire ancora tra pieghe allineate,
rette parallele che cercano il vero.
*
E adesso è ancora vento.
Li dentro al mio cuore.
Si agitano rumorosi i pensieri
affastellati in un finto ordine
a capirne la provenienza.
Faccio fatica a reggerne il peso.
Sono gli anni che si aggiungono
e non è malinconia se resto
con labbra serrate e senza dire
È consapevolezza di un altro giorno,
morente, qui tra queste righe,
mentre scrivo a trovare rifugio
sognando non so più che cosa.
Poeta e critico letterario di
grande talento, Salvatore Violante ha inciso profondamente la sua forte,
genuina e graffiante penna nelle vicende letterarie di questi ultimi decenni.
Di Terzigno, cittadina del vesuviano in cui dimora, ha ereditato lo stesso
potenziale magmatico del vicino Vesuvio, trasfondendolo nei suoi versi severi,
a volte anche ironici, ma che si rifanno al ritmo e all'autentica musicalità di
un territorio ricco di antiche tradizioni popolari e contadine. Una poesia
scevra da inutili sovrastrutture e che va diritta al punto, a volte quasi un
poesia di denuncia.
(Da La meccanica delle
pietre nere, CFR Edizioni, Piateda, Sondrio, 2013)
Pensateci!
Ci pensate? C’è l’aria, si respira
e c’è la luce che si può vedere,
il sole scalda, il bosco ci consola
e il mare, pensa tu, che cosa è il mare.
L’acqua ci parla, plin-toc, plin-tocchète
ride cerchiando i sassi e si distende.
E questo eterno è uguale, si ripete,
come tuorlo che il chiaro d’alba attende
o il frutto in terra marcio nell’alcova,
dov’è il germoglio che la luce fora.
Pensate, in queste terre abbruciacchiate
una pineta, stringe un suo segreto
nelle sue pietre, nelle sue vallate
nei suoi silenzi come fa il giardino
che dà l’accesso al mondo di un bambino.
Gines rastrella qui le sue chincaglie
E le trasforma in fiori-cespi e scaglie.
***
Là dove il
monte
Là dove il monte appisola e il sonno è assai leggero
cova la calda cenere fiamme di dispiacere
una pineta placida si allunga stralunata
davanti a un golfo apatico lucente e inamidato.
Ginès s’affaccia, un’estasi, e la terrazza è mitica,
nera, la pietra, lavica, profonde le sue dita,
dal bosco a stento un fremito, le fantasie di vita,
e la distanza scarica un lumeggio da mito.
Il mare sotto spolvera tra Capri e Rovigliano
un nastro sole liquido di un rosso fuori mano
Graziella porge languida il seno esagerato
al figlio ancora piccolo che strilla a perdifiato.
Tutto qui scorre liquido: il sole dilatato,
il cielo, un cielo biblico, il vuoto, stramazzato,
Ginès stiracchia tenero un fiore, gli arti suoi,
occhieggia rosso carico, la valeriana fiore.
Intorno tutto morbido, il verde, i toni, il cuore,
l’argento, bruma magica, solleva ed accalora,
come un amplesso estatico, quel senso mai tradito
sale dal fondo e provoca un lumeggiar di vita.
***
Tramonti
Ma quando l’ora tarda e il sole sfora
e butta sangue il mare e si colora
cade la terra fiacca, disturbata
dal suo silenzio ed è solo allora
che dal vulcano spunta la figura
di un candido folletto ballerino
pallido, grave, lieve di bambino.
Avanza tra i lapilli ciondolando
con le corone sue staccando fiori
che si fan tristi quando sono fuori.
Gines è il nome e dona percezione
del vivere, fatica è condizione.
***
Gines
Io son Gines e voglio farmi fiore
che cresce stretto in cespi sopra il cuore
ritratto e scalpellato da Vulcano
della mia madre terra, la passione
chiara da fuoco, sono radiazione
di vita e morte, minimo tepore.
Io traccio il segno a quello che non c’è
E cerco quanto posso per il the.
***
Ginestre
Petali sparsi di ginestra in fiore
che sopra nere la montagna veste
terre scheggiate, lampi di celeste
d’ anima
ed occhio mio di questo giorno
che affiora dalla notte, una burrasca
che accende il sole, fino al sole-amore
e scalda i corpi-cose e i corpi-cuore.
Fiori-passione, vesuviani fiori
dardi, speranze, faticosi umori?
***
Il cane gioca
con il suo barattolo
1 tempo
Il cane gioca con il suo barattolo
e sembra serio il cane.
Gravido il vuoto
e la stagnola e il gioco e la campagna.
Il fiore no,
perché imbelletta il giorno.
Il serio cane infine, alla partenza
leva la zampa a schizzo
Non ha rimorsi o scosse
e la stagnola
a stento suona.
Aprile scoppia
senza una ragione.
2 tempo
L’ho visto oggi,
era impiccato al ramo
alla quercia sovrana
spaccata da uno strano vento
da queste parti,
un vento malsano, violento
un vento indecente.
Da tempo doveva sventolare
stirato bene e ben conservato.
L’ho visto ch’ ero a spolverare
i settanta quasi di anni,
all’aria infiorata e giovane di fine marzo,
tra noccioli e vigneti e gialli prati.
Ho incontrato il ramo spezzato e
il cane mummificato.
Ed ho pianto il compagno:
passeggiate fino a fine sentiero.
Si accoccolava beato dove
la giovane dalla pelle ambrata
offriva sole e sorriso slacciato.
Non sembrava poi così male.
3 tempo
Ho immaginato l’inferno
dell’uomo affamato. Cieco e
come la quercia
disanimato.
Ho lungamente tremato.
NOTE
SUGLI AUTORI
Salvatore
Contessini
Salvatore Contessini è nato a
Roma nel 1953. Collabora da oltre quindici anni con case editrici e ha ideato
numerose iniziative e progetti editoriali.
Suoi testi sono inseriti in
diverse antologie e riviste e ha ricevuto importanti riconoscimenti a Premi.
Al suo attivo sette
pubblicazioni di poesia e la curatela di cinque antologie poetiche.
Tania
Di Malta
Tania Di Malta vive in Emilia
Romagna. Le sue poesie sono state pubblicate in varie antologie. Nel 2014 è
risultata finalista al Premio Mogol e nel 2015 ha ottenuto la Menzione speciale
al Premio Quasimodo. Nel 2016 è stata finalista nel Premio Internazionale "Antonia
Pozzi". La sua prima raccolta di poesie è Aquiloni sul mare nella notte, CTL Editore, 2016. Menzione speciale
al Premio Città di Sant’Anastasia 2017 e vincitrice del premio della Critica al
Premio Internazionale Clemente Rebora. Nel 2018 ha pubblicato la seconda
silloge dal titolo Addio ai Girasoli,
CTL Editore. Ha pubblicato novelle
satiriche in Sifaperbenedizione e nell’Antisociale. Vincitrice ex aequo del "Federiciano"
nel 2018. Dal 2017 è un esponente del
movimento poetico Realismo Terminale creato da Guido Oldani.
Raffaela
Fazio
Raffaela Fazio, nata ad Arezzo nel 1971,
risiede a Roma dove lavora come traduttrice. Ha trascorso dieci anni in vari
paesi europei, laureandosi in lingue e politiche europee all’Università di Grenoble,
e specializzandosi presso la Scuola di Interpreti e Traduttori di Ginevra.
Rientrata in Italia, ha conseguito un diploma in scienze religiose e un master
in beni culturali presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. È
autrice di vari libri di poesia. Tra gli ultimi: L’arte di cadere (Biblioteca
dei Leoni, 2015); Ti slegherai le trecce (Coazinzola Press,
2017); L’ultimo quarto del giorno (La Vita Felice, 2018); Midbar
(Raffaelli Editore, 2019); Tropaion (Puntocapo Editrice,
2020); A grandezza naturale. 2008 - 2018 (Arcipelago Itaca,
2020). Si è inoltre occupata della traduzione di Rainer Maria Rilke, le cui
poesie d’amore sono state raccolte in Silenzio e Tempesta (Marco
Saya Edizioni, 2019).
Annamaria
Ferramosca
Annamaria Ferramosca, di origine
salentina, vive a Roma, dove ha lavorato come docente e ricercatrice nel campo
scientifico, ricoprendo al contempo l’incarico di cultrice di Letteratura
Italiana per alcuni anni presso l’Università RomaTre. Ha all’attivo collaborazioni
e contributi creativi e critici con varie riviste nazionali e internazionali, e
in rete con noti siti italiani di poesia. Fa parte della redazione del portale poesia2punto0,
dove è stata ideatrice e curatrice della rubrica Poesia Condivisa. È Ambasciatrice
di Sound Poetry Library (mappa mondiale delle voci poetiche) per Italia e
Puglia.
Ha pubblicato in poesia: Andare per salti, Arcipelago Itaca
(Premio Arcipelago Itaca, rosa Premio Elio Pagliarani, finalista al Premio
Guido Gozzano e al Premio Europa in Versi); Other
Signs, Other Circles - Selected Poems 1990-2008 , volume antologico di percorso edito da Chelsea Editions di New
York per la collana Poeti Italiani Contemporanei Tradotti, a cura di Anamaría
Crowe Serrano e Riccardo Duranti (Premio Città di Cattolica); Curve di livello, Marsilio (Premio
Astrolabio, finalista ai Premi: Camaiore, LericiPea, Giovanni Pascoli, Lorenzo
Montano); Trittici - Il segno e la parola,
DotcomPress; Ciclica, La Vita Felice;
Paso Doble, coautrice Anamaría Crowe
Serrano, Empiria; "La Poesia Anima Mundi", contenente la silloge Canti della prossimità, Puntoacapo; Porte/Doors, Edizioni del Leone (Premio
Internazionale Forum-Den Haag); Il
versante vero, Fermenti (Premio Opera Prima Aldo Contini Bonacossi). Ha
curato la versione poetica italiana del libro antologico del poeta rumeno
Gheorghe Vidican 3D - Poesie 2003-2013,
CFR (Premio Accademia di Romania per la traduzione). Sue poesie appaiono in
numerose antologie e volumi collettanei e sono state tradotte in inglese,
rumeno, greco, tedesco, spagnolo, arabo.
Ampio materiale critico e bibliografico
è presente nel sito www.annamariaferramosca.it
Bruno
Galluccio
Bruno Galluccio è nato a Napoli
dove tuttora vive. Laureato in fisica, ha lavorato in campo tecnologico
occupandosi di telecomunicazioni e di sistemi spaziali satellitari in progetti
di cooperazione europea per la European Space Agency. Ha pubblicato il suo
libro d'esordio in poesia Verticali con
Einaudi nel 2009; nel 2015, sempre con Einaudi, ha pubblicato La misura dello zero. Ha diretto la
collana di poesia straniera della casa editrice Heimat. Collabora con il
musicista jazz Antonio Raia in una performance di interazione tra poesia e
musica. Con l’artista Lino Fiorito ha realizzato il volume d’arte Carte di imbarco (Edizioni Il
laboratorio) contenente disegni e testi. A Napoli coordina, insieme alla
poetessa Rosanna Bazzano, la rassegna “La poesia al tempo del vino e delle
rose”. Ha scritto testi poetici inseriti nel catalogo di mostre di artisti
napoletani.
Claudia
Iandolo
Claudia Iandolo, nata a Milano
per caso, laureata in lettere classiche, insegna italiano e latino nei
licei. Ha pubblicato per il teatro Rossa luna di Novembre e altri (Grafic Way, Avellino, 1995); per
la poesia Aegre (Elio Sellino
Editore, Avellino, 2004)), Alia
(Tracce, Pescara, 2012), silloge finalista al premio Città di Penne; Sororità (LietoColle, 2014), premio Scriveredonna
2013 per l’inedito. Saggistica per il Centro di Ricerca Guido Dorso di
Avellino. Ha inoltre pubblicato i romanzi Il
paese bianco di Isidora vecchia (Mephite, Avellino, 2005); Qualcuno Distratto (Palomar, Bari ,2007).
È autrice del testo Marinai di terraferma, musica di
Gianvincenzo Cresta, (Stradivarius, Milano, 2007). È apparsa sulle riviste L’Indice, L’Area di Broca, Zeta, Interpretare, Gradiva, Poliscritture, America Oggi, Nazione Indiana, Poetarum Silvae,
identitainsorgenti ecc., e con un
saggio su Beckett nel collettaneo Il
silenzio del diritto (SEI edizioni). È presente in varie antologie tra cui Ti bacio in bocca- antologia di poesia erotica al femminile
(Edizioni LietoColle), Poeti per
l’Abruzzo (Tracce edizioni), Lingua di terra e di luna (Robin
edizioni), Anonymus a cura di Ariele D’Ambrosio. Suoi testi sono
stati letti nel Programma “Musicaeparole” condotto da Tony Esposito per Radio
Bruxelles.
Iolanda
La Carrubba
Iolanda La Carrubba è nata nel
1978 a Roma dove vive. Autrice, videomaker e poeta, è presente con recensioni,
poesie e racconti brevi su diverse riviste e antologie, tra le quali: Isola dei poeti a cura di Roberto
Piperno e Francesca Farina ed. 2008-2009, Poeti
per il giorno della memoria ed. Il Pitigliani 2013, Folivum Artecom onlus 2013, Luci
del contemporaneo 2012, Le reti di
Dedalus rivista online, I fiori del
male 2014, Teorema del corpo – Donne
scrivono l’eros a cura di Dona Amati ed. Fusibilia 2015, Il sole nero di Auschwitz a cura di
Francesca Farina 2019, Insoliti Livelli
di Salute AA.VV. ed. EscaMontage 2020, Diario
in coronavirus con grani di scrittura 4° a cura della FUIS 2020. Nel 2018 ha
partecipato al progetto di Giovanna Iorio Poetry
Sound Library. Nel 2008 viene pubblicata la poesia Tibet nell'antologia AA.VV. (ed. Quaderni di Scrivere 5) tradotta
per Lama Geshe Gedun Tharchin. Nel 2008 hapubblicato Zucchero Semolato, una raccolta di racconti brevi con prefazione di
Vito Riviello, ed. Il Filo. Del 2011 è la sua prima raccolta poetica, Sottovuoto dal 1995 al 2011, con prefazione
di Plinio Perilli, ediz. Zona, con la quale vince la 4° sezione Poesia Realista
del Premio Nazionale Leandro Polverini. Nel 2013 fonda l’associazione culturale
EscaMontage con la quale cura incontri tra arte, poesia, musica e film. Nel
2015 gira il suo primo cortometraggio in 16 mm per il contest video Cinema
Inventato, da un’idea del regista Aureliano Amadei. Attualmente impegnata nella
realizzazione del suo nuovo documentario sulla sindrome Fibromialgica.
Marisa
Papa Ruggiero
Vive a Napoli. È poeta,
pittrice, scrittrice, con qualche incursione nella critica letteraria. Studi di
formazione artistica compiuti a Milano e a Napoli dove si è laureata alle Belle
Arti. Docente per molti anni nei Licei statali. Inizia il suo percorso di
scrittura creativa alla fine degli anni '80 affiancandolo all'attività
pittorica. Ha pubblicato una dozzina di libri di poesia, tra i quali i più
recenti: Di volo e di lava, Jochanaan, Un
intenso venire, Se questo è il gioco. Ha inoltre pubblicato testi in prosa e alcune edizioni d'arte. Ha
pubblicato il romanzo Oltre la linea
gialla, Edizioni Divina follia. Promotrice culturale, le sono attribuiti
diversi premi e segnalazioni di merito. Letture sceniche dei suoi testi hanno
avuto luogo in siti archeologici in Campania e in Sicilia. Collabora con interventi creativi e critici in riviste, in
rassegne d'arte, in siti web. È tra i fondatori della rivista letteraria Levania.
Angela
Ragusa
Angela Ragusa è nata a Catania
nel 1961. Sposata, vive da 32 anni a Montesarchio, in provincia di Benevento. Attiva
da oltre 20 anni nel campo culturale, ha ricevuto continue segnalazioni per la
sua scrittura. Premiata ai primi posti a più concorsi sia poetici che letterari,
fa parte di varie associazioni con finalità filantropiche, come l’ "InnerWheel",
restando inoltre attiva nel volontariato facendo parte dell’ Associazione artistico-culturale
“Sentinelle della Torre”.
Viene spesso chiamata a
declamare le sue poesie presso circoli culturali e molte delle sue liriche si trovano
inserite in cataloghi artistici o riviste letterarie. Membro di giuria in vari
concorsi letterari, organizza inoltre eventi culturali e reading poetici con
grande successo, come il "Poetry Caudium". La sua opera prima è il
libro Rendimi altare, edito da LietoColle,
che ha conseguito due premi nella sezione libro edito. Altra silloge pubblicata
è Inverso Ritorno, con
ScuderiEditrice. È presente, anche con poesie in vernacolo, in varie antologie
poetiche, tra cui la collana Poeti e Poesie Edizioni Pagine, e la recente antologia
“Mare nostro quotidiano”, Scuderi Editrice, Avellino, curata dal poeta Giuseppe
Vetromile, con note critiche di Melania Panico e postfazione di Rita Pacilio.
Salvatore
Violante
Poeta e critico, vive a Terzigno (NA). Ha scritto in
versi: Moti e terremoti (L’Arzanà - il
Piombino 1984); Punto e a capo
(Marcus Ed. 2007); Sulle tracce dell’uomo
(Marcus ed. 2009); La meccanica delle
pietre nere (CFR Ed. 2013); Itinerari
di versi diversi - 1970-2014 (Pagine 2014); Enchanted Anguish (Gradiva
Publications 2017) Premio Autori Italiani 2017; Gente per strada (Aletti ed. 2018); La ballata del tempo a ritroso (IL LABORATORIO/le edizioni 2019); I giri d’angolo di Salvatore Violante (Totem
Roma 2014); titolano la monografia critica della filologa triestina Angela
Giassi sulla sua poesia. Ha tradotto
e introdotto per CFR,2015,” Pour une
île à venir” poème di Benoît Conort (Gallimard 1988); ha curato e introdotto
per Interlinea, I racconti del Mattino
di Sebastiano Vassalli. È in cantiere la traduzione del saggio di Stanislas
Breton sull’opera di Rubina Giorgi, ecc.
Nessun commento:
Posta un commento