Le Antologie Poetiche Virtuali sono curate da Giuseppe Vetromile. Ogni Volume comprende 10 Autori, liberamente selezionati ed invitati dal curatore. Sono previsti volumi dedicati a particolari ambiti poetici (poesia emergente, poesia dialettale, ecc.). Le copertine sono elaborate e realizzate da Ksenja Laginja.

lunedì 13 marzo 2023

VOLUME XXXIX

 


Introduzione

 

Chiacchierando con un amico in merito all’uso attuale della tecnologia, e al rapporto di questa con la creatività dell’uomo, la sua interazione con gli apparati meccanici e cibernetici più o meno evoluti e che ne determinano potenzialità ed efficienza, il discorso si è poi incentrato sulla cosiddetta Intelligenza Artificiale. È così emersa la possibilità che una macchina, sofisticatissima, possa essere in grado di elaborare e creare opere d’arte, lavori che esulano dall’ordinarietà come sovrapporre o spostare oggetti, eseguire operazioni programmate e ripetitive, risolvere quesiti e problemi e altre incombenze lavorative in ambito industriale (calcolatori scientifici, robot antropomorfi, macchinari automatizzati, ecc.). Potrà, allora, un macchinario cibernetico, al di là di questi movimenti e di questa operatività programmata, uscire fuori da questo loop ripetitivo, per una volta, e “fare” qualcosa di suo, di indipendente dal lavoro assegnatoli? Certamente no. Un robot esegue semplicemente il programma di lavoro che gli è stato immesso, e lo farà sempre così, all’infinito, obbedendo ad un ciclo che non potrà interrompersi se non per un guasto, per usura di qualche componente meccanico o per l’arresto eseguito esternamente.

Può darsi che una macchina dotata di un programma particolare possa elaborare e produrre, in modo del tutto casuale, una scrittura che sembri avere un senso logico. Così come, analogamente, una persona che si metta a battere a caso i tasti di una macchina per scrivere (oggetto antiquato ormai, ma che rende bene l’idea), potrà alla fine comporre una storia con un minimo di senso logico. Questo è anche possibile, ma per le leggi della probabilità, dovranno trascorrere milioni di anni affinché la combinazione di tasti pigiati dia il risultato sperato.

Ora, tornando al discorso di prima, sarà mai possibile che un’intelligenza artificiale possa divenire “poeta”? Data la veloce evoluzione tecnologica in questo campo, non lo escluderei, e stimolando opportunamente il “ciber-poeta” ne potrebbe sortire un buon componimento seduta stante. Senza dover aspettare tutti quei milioni d’anni affinché si concretizzi la giusta combinazione: sarà il prodotto di una elaborazione autonoma e immediata. Ma in ogni caso sarà sempre il prodotto di una macchina, la quale, molto difficilmente (e molto improbabilmente), potrà decidere autonomamente, “accendendosi” un mattino ed “incamerando” segnali provenienti dall’alba (colori, profumi, arie, ecc.), di mettersi a scrivere versi!

E comunque in quei versi, per quanto tecnicamente ben costruiti, aderenti ai canoni poetici più alti, non potranno mai costituire una “poesia”: mancherà quella luce, quella sottolineatura, quella sfumatura e quel calore particolare che è prerogativa solo di un essere umano.

Oppure no?

Dati i tempi, e considerati i precipizi in cui l’umanità sta via via cadendo, perdendo ogni aspetto, ogni connotazione morale, civile, etica e culturale, riducendosi all’osso (nel vero senso della parola) della sua meschinità, forse un’intelligenza artificiale, pur senza “anima”, sarà migliore dell’uomo in tanti ambiti, e persino in quello artistico e creativo!

Ma per il momento, cerchiamo di rimanere “uomini”, entusiasti creativi sempre alla ricerca del bene e del bello, per se stessi e per gli altri. Un’utopia, questa, che almeno nell’arte, e in poesia, si può perseguire. Rimaniamo umani finché sarà possibile. E scrivere e condividere la poesia è segnale che ancora lo siamo.

Ringrazio perciò i dieci Autori di questo Volume, che con i loro versi dimostrano di avere un cuore e un an’anima, al di là di una buona e sostanziosa conoscenza della materia poetica, il che ci conforta molto, perché questi poeti sono consapevoli che i “mulini al vento” della società odierna vanno comunque affrontati e contrastati. E non con le macchine che creano sofisticati algoritmi letterari, bensì con la forza delle parole poetiche.

Giuseppe Vetromile

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                              TERESA ANNA BICCAI (Marina Minet)


La delicatezza dei ricordi venati da una nostalgia che non è rimpianto ma luce e anima vibrante per i giorni attuali, è caratteristica pregevole che ritroviamo nei versi di Teresa Anna Biccai, in arte Marisa Minet, affermata poetessa di origini sarde e autrice di numerose sillogi e romanzi. C’è dunque una memoria di luoghi e di volti, in questi suoi versi così lirici e intensi, ma la sua sensibilità d’animo la induce a scrivere anche testi che denunciano la generica malvagità dell’uomo, nelle guerre e nei conflitti di ogni tipo, un rammarico per aver smarrito le lampade, le quali avrebbero potuto mostrarci che, veramente, ogni uomo è uguale all’altro (“tua madre è anche la nostra”…)

 

Se mai c’è stato

 

Se mai c’è stato un giorno in cui non mi eri accanto

Signore, io non lo ricordo

vi erano stanze allora, arse come grembi nei deserti

e giare di lacrime arginate come albe di novembre

quando il giorno tarda ad affacciare

 

L’inverno scuoteva per sentenza

gelandosi al vissuto sotto i marmi       

e scialli capovolti vestivano le sedie per i lutti

sbiadendosi al saluto

in calca fra i bisbigli in processione

 

Io non lo ricordo quando tu non c’eri

e se lo ricordo mi aggrappo a un rifiuto

a un verbo senza frutto, d’amara mietitura

e ai torti che reclamano le strade da padroni

scavandole d’orgoglio e di altre morti 

 

Il tempo si fermava, presagio in un binario

le porte chiuse offese, l’impazienza

e il varco d’ogni fronte strappava un passo in meno

davanti al volto cieco della meta

estranea a quella grazia mai fuggente   

 

Se è vero che la Croce racchiude il tuo segreto

accordami un frammento che dia sopportazione

e lasciami così, senza conforto, incerta nella luce

e vigile alle tenebre pungenti        

finché questa memoria mi abbandoni

 

 

***

 

 

Guerre e lampade  

 

(Poesia per l’Ucraina)

 

Abbiamo smarrito le lampade

le palpebre si affiancano alle ombre.

I venti gonfiano le voci che zittiamo

e cadono le tappe sui passi troppo stanchi.

Guardare il cielo non basta

anche le siepi fioriscono lamenti

e le cortecce sfrangiano piovendo

l’unica pazienza che rimane

di noi qui in piedi, scialuppe di preghiera

dimenticate al fronte

 

Guarda, noi ti somigliamo

curiamo le genziane dentro al vaso

per chi non è più a casa.

Tua madre è anche la nostra

il grembo che ti ha avvolto ci accompagna

scaldando i nostri morti nell’ultimo cammino.

I salmi nella testa risuonano fedeli

e vivono di te, sotto la croce

come spighe da mischiare all’acqua

in un abbandono che dispiace

 

 

***

 

Preghiera

 

Prima che sia giorno devo finire una preghiera

pesare le parole una per una e darle in mano a Dio

come richiesta altissima

 

Devo finirla senza nessuna boria

con tutta l’umiltà che posso offrire  

limandola in bellezza come un salmo

perché sia già un ascolto

 

Forse devo includere il mio amore

chi è solo, i viaggi dei bambini  

chi ha steso i panni al buio e non potrà tornare presto a casa

perché l’amore è un’arte che sa spartire il tempo

curando in ogni cosa il suo valore

 

Difficile è comporla e farci entrare tutti

senza trascurare chi ha bisogno   

difficile ignorare quel perdono

per chi dopo la guerra ha colto un fiore

pensando di curarlo anche domani 

difficile è dirla di nascosto

sapere che il silenzio è della croce

 

(dalla raccolta inedita Pianure d’obbedienza)

 

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                                    FERNANDA FERRARESSO


Si svela con ispirata grazia poetica la visione del mondo di Fernanda Ferraresso, importante voce letteraria originaria di Padova, con esperienze internazionali. Il suo è un flusso ordinato di versi intercalati da brevi brani in prosa, che pure hanno la loro liricità in quanto si distendono eleganti e incisivi, e dove l’uso della punteggiatura è ridotto al minimo se non porprio inesistente per dar posto ad una urgenza del dire che si fa stentorea, impellente, incontenibile. È la constatazione amara delle condizioni nefaste in cui versa l’attuale umanità, descritta con abbondanza di simboli e allusioni. La centralità del suo discorso poetico è l’uomo, la cui immagine si fonde in uno specchio mostrandogli la sua assoluta solitudine in un universo fatto di illusioni e di processi ineluttabili.


Forse deve essere davvero disperata la mia ricerca di una parola, sonora, anche se tragica, o spietata ma corpo, la cui densità sia un coltello che taglia e fiorisce nel segno un fiore di sangue, autentico.

 .

sarà così lì dappertutto

un silenzio incorrotto?

oppure anche là sotto

corruttibile e pedante

continuo un rumore di terriccio smosso

per raspature d’unghie e becchettate senza fine

grandine passi  tuoni di radici

stuoli di scrosci lombrichi talpe vortici di corpi

anche là

dappertutto

un movimento involucro senza quiete

senza fine una guerriglia ostinata

per sopravvivere

.

in India dicono che chi arriva è la persona giusta e nessuno arriva per caso nella nostra vita. Ognuno ha un motivo per essere con noi e ogni relazione serve a formarci, per cui tutto quanto succede capita per un motivo preciso, anche se non sappiamo coglierne subito il senso e capita in quel momento preciso. Tutto è una tempistica precisa e tutto si configura in un quadro d’unione che a poco a poco affiora senza esclusione di nulla, compreso ciò che finisce. Ogni dettaglio si coagula dinamicamente attorno alla nostra vita, ogni esperienza ci matura. Inutile cercare di tornare indietro. Lasciare andare, come una goccia nel mare o la neve sotto il sole. Tutto si condensa e si sposta, meglio, ci sposta in quel percorso in cui l’impossibile costantemente ci interroga e il dubbio è il passo con cui ci muoviamo, traslocando dentro noi stessi.

.

mulinelli di gioia nei sentieri praticabili

delle voci tra secche ripide onde

dove ogni pensiero è visione

e senza fatica si può

saltare scavalcare scalando quell’io di sasso

i muri del sesso di rupi il chiasso

dove la bestia gioia si aggrappa e il tuo cielo afferra

con un morso ti spalanca dalla schiena con una sola unghia

svuota i tuoi pesi spezza il tuo nome e chiama cielo

tutto quanto sei

mosca e serpente volpe e balena del lupo la pelliccia

e leone e iena farfalla e rosa verde e ramarro legno che brucia

il bianco succo del fico il dente di uno squalo la suola del piede di una lumaca e ancora

una rossa melagrana di occhi

tutti tutti tutti gli occhi del cosmo

e le stelle mature che non abbiamo colto

cadute nell’orto di ogni desiderio

esausto un fuco di fuoco che svergina il mondo

e di vertigine ci imbozzola nello scavo di una terra incolta

tra i palmeti delle mani alzate di innumerevoli neonati

tutti i secondi

passati tra recinti di agi e ossa rotte di disgraziati

in sentieri inediti fino all’isola dell’incanto

finalmente vivi non più cerimonia di rovine

 

 

 

***

 

 

Le ore

si alzano da un letto di stami

mentre l’alba spiuma i sogni

sconvolge la mia terra un piccolo fremito

una candela accesa

al centro del petto un battere profondo

un canto che dice alla morte

aspetta ancora aspetta non è

il momento il passaggio è ancora altro

e piano adagio dietro la finestra

vedo strade di uomini

che calpestano i lieviti del mondo

e non pane preparano ma strazio

e guerra dispensano con feroce crudeltà

là dove sta il giorno

tutto si spegne

lo specchio fonde la figura immobile

di un essere solo

che dopo molto tempo ancora

sogna di non essere fragile

un minuscolo frammento

polverizzato nel tempo

e ovunque segna disegna incrinando lo specchio

di illusioni e assenze che in cuore lo disperdono

e si fa buio l’occhio

e sopra il letto un tetto si abbassa

sicuro dorme l’uomo mentre più scuro

il cosmo gli scrive sulla bocca l’ora improrogabile

mentre di nuovo le ore discendono

indossano le stelle e poesie fioriscono

notturne fino allo spiumare del sogno

che mai si conclude

 

 (da A L A T O, raccolta inedita)

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                                               MARIA GIUSTI


È una poesia della memoria, quella di Maria Giusti, da Venafro, in provincia di Isernia, stimata autrice di varie sillogi che si sono anche ben classificate in alcuni importanti concorsi nazionali. Nelle due liriche dedicate al padre (in memoriam) e alla madre, traspare un velato sentimento di rimpianto, e il desiderio pressante di rievocare le loro figure dal silenzio dei luoghi ma anche dalle cose minime e abituali della quotidianità. La fragilità dell’esistenza è un tema che affronta con una scrittura poetica decisa e amara, nella consapevolezza che siamo la più grande menzogna, in un mondo devastato dalle ipocrisie e dalle falsità.

 

Ogni volta torni

                     a mio padre in memoriam

 

Voltai le spalle al mondo

e rimasi ad ascoltare il silenzio del tuo vuoto

di quegli occhi che non ebbero mai a dire

dei passi che non ebbi avuto il tempo

di ri-vedere

di quelle parole che oggi hanno un senso

e di quello sguardo quando,

prendendoti il volto tra le mani,

ti dissi “ti voglio bene” poi… il caos.

Ed ora le pietre tacciono,

sebbene, come ombra della sera appari,

e sento di nuovo il fruscio dei tuoi passi

il felpato rumore ritmico del tuo bastone

e da me torni ed io da te vengo.

 

(da Assenzio, 96 Rue de-La-Fontaine Edizioni)

 

 

***

 

Follia

 

Smarrita nel buio della mia mente

sento il desiderio folle di restarvi.

 

(da Assenzio, 96 Rue de-La-Fontaine Edizioni)

 

***

 

 

Poeta  III

 

Siamo petali di pietra

cuciti sugli orli dell’anima

lavoriamo il fango

e costruiamo altari di miele.

Ci incolliamo le labbra di giorno

e di notte ci diamo in pasto alla luna.

Siamo balie di noi stessi

con le lacrime dipingiamo versi

e al cielo consegniamo i nostri occhi velati.

Siamo mietitori d’incenso

e raccogliamo carne arsa.

 

Siamo la più grande menzogna.

 

(da Assenzio, 96 Rue de-La-Fontaine Edizioni)

 

***

 

 

A mia madre

 

Ancora come fosse carne

mi assale il tuo profumo…

riconosco il tuo sapore.

Un po’ di te dentro di me

e fuori di me tu sei.

Tra le cose, dietro la parete

dentro la terra;

in fondo alle scale, tu sei.

Nella viola selvatica

seguiti ad esistere e mi basti.

 

(da Assenzio, 96 Rue de-La-Fontaine Edizioni)

 

 

 

***

 

 

Plasma

 

Vado carponi per confondermi nella folla.

Scendo sotto i fianchi delle strade e annaspo

tra il sapore del catrame e i flutti del petrolio.

Sono plasma che si solidifica al suolo e tra le crepe,

dentro la terra, mette radici. Ho occhi solo

nel buio e il sorriso che si intercetta sul mio volto

è la smorfia di dolore che il sole ostenta prima

che chiami la notte ad alleviare il dolore del giorno.

 

(Inedito)

 

***

 

 

Ho corso

 

Ho corso a lungo senza arrivare mai alla meta

e ho riposto le particelle solide dei miei pensieri

                                                      in uno scrigno

tra le primavere e le piogge d'autunno, 

                                 sotto il sole sudato in estate. 

Ho corso a lungo per percepire lo scroscio dell'acqua

e l'ho afferrata come si afferra il corpo di un figlio

ed ho pianto mischiando al dolce il salato.

Ho creduto in quell'istante che la morte non esiste, 

che solo il vento può scuotere le fronde e

imprigionare il tempo nei colori del cielo quando

prima di assopirsi si veste degli istanti

                                              più sensuali dell'esistere.

Sarò tra tutte le sfumature la più impalpabile 

e non avrò mai il sapore del mare quando alla sera

si riempie di sé e affoga in un incantevole pianto,

sotto l'ultimo volo che serra nella bocca

                                                      il pasto tanto atteso. 

                           

                                              nota: 17/06/2021 ore 01.10 a. m. 

 

(Inedito)

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                                               ELISA MALVONI


C’è una sottile e divertente vena provocatoria, nei versi di Elisa Malvoni, da Busto Arsizio. Attenta alle minime cose, la poetessa osserva la realtà circostante tentando di ri-strutturarla attraverso il suo fare poesia, attingendo appunto dalla materia quotidiana, come un vocabolario nel cassetto ed anche, con una bella ed originalissima espressione, utilizzando le leggi dell’universo. In questo sentimento di ricostruzione di una realtà evidentemente fratumata e alienata, l’autrice centralizza l’importanza della parola poetica, al di là di ogni caratteristica aggettivante e ipocrita differenziazione.


Da Recanati

 

È troppo facile affacciarsi

e farsi ispirare

da quel collage di Belpaese

che scarta le periferie di Milano

o le industrie di Varese.

 

Nei territori del Po

è fortunata la scrittrice

che ha una stanza tutta per sé

dove stiparvi derrate immaginarie

come materie prime d'importazione

per le sue poesie o un memoriale.

 

***

 

 

Come una bambina che fa sul serio

 

Sono seria come una bambina

mentre prova a fare la scrittrice.

 

Ho preso un quadernetto a righe,

gli occhiali e diverse matite,

ho una scrivania tutta mia,

la luce sopra, il cassetto sotto,

lì dentro un vocabolario fine

e alcune leggi dell'universo.

 

Gioco a ricomporre con quel poco

le parole della cosmogonia.

 

 

***

 

Asceta Profeta Poeta

 

Se la presentiamo come poesia "in rosa"

sarà un'altra neonata paonazza

che strilla da sotto il soffitto di cristallo.

Se la presentiamo come poesia "al femminile"

resterà in un libello,

si leggerà ancora meno,

sarà tipo...

la poesia di un uomo,

ma che pesa di meno.

 

Oggi qui ragioniamo di poesia

quale rivelazione di Asceta, Profeta e Poeta

uniti in un sabba triangolare di rime.

 

Siano questi i titoli di chi possiede la verità

e nessun genere.

 

 

***

 

 

 

Praticare nell'inettitudine

 

Ho visto

psicanalisti sfumare nelle loro sigarette

contabili polverizzare il mese al sette

fotografi farsi foto fuori fuoco

architetti abitare fra i cartoni del trasloco

parrucchiere stropicciate e scolorite

manager perire allo stress famigliare

pasticceri proteici asciugarsi in palestra

ritratti di santi dall'espressione brutale

nutrizionisti divorare brioche al bar dell'ospedale

cuochi ingollare un panino per fame.

 

Ci sono anch'io

che ancora sto a rubare

con gli occhi tra le righe degli altri.

 

Continuiamo a praticare

proprio quello che non sappiamo fare.

 

 

***

 

 

Poeti semiti

 

In ogni libreria c'è un ghetto.

Degli scaffali è il più stretto.

Lo abitiamo noi romanzieri rimpiccioliti,

ci stringiamo come diminutivi.

 

Della letteratura siamo i semiti.

 

 

 

***

 

Poeti lombrichi

 

Nulla di più improbabile di un poeta

che largheggi con la propria opera.

Piuttosto la nasconde nel sottotesto

col piglio brutale dell'anacoreta.

 

Della scrittura siamo i lombrichi.

 

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                                          SERENA MANSUETO


È una ricerca dell’essenzialità delle cose, il nucleo centrale della poetica di Serena Mansueto, autrice di Bisceglie, nota e apprezzata in ambito nazionale per la sua cospicua attività letteraria. L’intento poetico è quello di dare un senso all’esistenza partendo dalle esperienze vissute, anche negative, ricomponendo e ristrutturando i processi e la storia personale e umana di ciascuno: serve la fioritura del fallimento, e cioè l’aver sperimentato gli errori e le disfatte per poter risalire la china. Ma nonostante ciò, c’è la consapevolezza della fine: con versi che si snodano lungo un percorso riflessivo denso di metafore e allusioni, l’autrice depone un amaro accento sul definitivo dolore di ogni uomo: abbandonarsi alla carità della terra e sperare negli affetti, gli unici che potranno in qualche modo recare il ricordo di noi



Qualcuno prima o poi ci insegnerà la caduta

dei timori, come tenere dritto il presente

saper abitare in un cerchio preciso, al di fuori

dagli errori. Ma tutta la vita è una scena nell’atto reciso

serve la fioritura del fallimento, avere cura

di camminare nella tessitura continua del tempo, finire

l’opera rimasticata per rimanere ancora vivi

dall’altro lato delle suole – sempre pieni di sabotaggi –

 

 

***

 

Il silenzio è cosa colta ma una forza

ti rimanda, il becco dell’orgoglio che punge

la notte come un lampione tiene stretta

la luce e tu che dondoli sulle mie gambe

imprimi la fronte rossa nell’albume di nebbia.

Si accetta la rabbia balena come fosse

l’eparina nella pancia, è lei il disordine

la desiderata freschezza dei veleni.

 

 

***

 

 

I saluti

 

La sospensione appanna i vetri, poco dopo

riconosco una sentinella pigra della nostalgia

sei appena andato via – hai lasciato

nel petto una bustina rossa piena di saluti.

 

Vita lenta l’adesivo sulla cassetta delle Poste

vuota come la neve, come questi treni di fuochi infelici

ai lati dei doveri. Si spiega senza occhi la partenza

si perde la durezza tra le mani.

 

Da bambina durante i saluti la guardavo affacciata

al pianerottolo. Ad ogni piano l’amore più alto

i suoi sorrisi un atrio sul mare. Anche lei nella corrente

del tempo, allontanata la riscalda la memoria.

 

 

***

 

Curare il sorriso tra il vento secco


sollevo cespugli plastiche voci, un pacifista ha stirato
un volo dalle tue labbra.


Sotto il cornicione ti trova
anche la pioggia e senza avere la parte
diventi il frutto della luna ampolla in aria.

Improvvisamente ogni nostra onda attaccata

ai muri, le vene distillate
sui lampi delle auto

                   incontrarsi nelle code degli occhi.

 

Ho raccolto il tuo rifugio smisurato di frasi
avevi tutto con te:

ti accompagnava la domanda del bacio

e quel non sapere

cosa esiste dopo

 

 

***

 

Una sola parola resta in piedi nella mente

è l’attesa delle mani, il gesto simile

all’aria dentro le volontà eluse. 

 

Da morta ti presenterò il conto di ogni

probabilità mai accaduta.

 

(Qualcosa proverà ad allineare la certezza

del respiro sul cornicione la caduta. Poi

la fatica di mettere corone di alloro sulla speranza

ogni giorno

l’accontentarsi di ogni ora

sarà un premio incompreso…)

 

Si mostrerà la monotonia del nero. Ma

il mio compimento è adesso

e non ho trovato la forza di manovrare

ogni scelta, anch’io sono scomparsa ai doveri.

 

Alla fine, senza peso

non farò altro che la più piccola parte del dono:

lasciarmi.

A disperdere tutto – nella carità della terra –

ci penseranno gli affetti.

 

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                                             SERENA ROSSI


Cercami nella tempesta: un forte desiderio di riunire cose ed affetti, progetti ed itinerari, in un luogo che possa essere casa: ma una casa non luogo, una metafora di centralità che contribuisca a tenere insieme questa nostra povera umanità frammentata, dispersa, sfrangiata. La linea poetica di Serena Rossi, poetessa ed artista milanese, si evidenzia in questi versi, che peraltro sono anche fresche pennellate di contingente realtà, una realtà che si mostra a spizzichi, qua e là, come una folla di tanti uomini ma ben nascosti l’uno all’altro. E sono dunque versi precisi, distaccati, con pause significative tra una pronuncia e l’altra, aderenti all’idea del distacco. La speranza di una nuova aurora riscatta questo senso di perdita e di abbandono.


Cercami nella tempesta

Quando smarrisci il senso disperato.

 

Essere casa.

 

Nella notte dove le acque

Permeano l’esistenza ascolta il mio grido.

Di lacerante sconfitta.

 

Non ti presentare solo.

 

Siamo in tanti ma ben nascosti

E aspettiamo che germogli una nuova aurora.

Dipinta.

 

 

***

 

 

Galoppo come un matto

Manto assassino

Sudore acre e sputo

A terra

 

Datteri nella mia auto

Da raccogliere

Uno a uno

 

Non conosce giustizia

Il marocchino.

 

 

***

 

Occhi miei dolci

Covo di tanta tristezza.

Affacciati anche tu.

Devo poter vedere i rami

spogli d’inverno.

Inferno

 

 

***

 

 

Indago l’assoluto

Assolutamente assunto

Senza assunzione.

Presunzione di ragazza

Matta di casa.

 

 

 

***

 

 

Succose note a testo

Tintinnano nella mente

Vuoto a perdere come

D’estate sotto il sole senza sale

 

Siamo limacciose rive dove

Annaspano i visi dei migranti

Nasi appiccicati a captare il nuovo odore.

 

Nuova terra da amare come tua.

Partecipata.

 

 

***

 

 

Luna stanca

Luna impigliata nella pigrizia degli altri

Ti riconosco nei drink bevuti a tarda notte a Brera

Ti riconosco quando mi sveglio e ho solo pezzi in testa di sogno

 

Luna a pezzi

Luna stanca

Sono io sono la stessa persona

Ti chiedo scusa non ti ho mai creduta

 

Luna sola

Luna malinconica

Ti chiedo in prestito la luce fioca.

 

 

 

***

 

 

 

Pensieri asfittici di una vita moderna.

Senza destino.

Infinito disteso il grido del mondo.

Ambiente malato che richiama il nostro malore.

Remoto.

Diffuso urlo disperso nel suono.

Andando all’indietro.

Io sono.

 

***

 

La mia pelle

Santuario essudato di tanti

 

Gli occhi che l’hanno adorata

La lingua che l’ha leccata

 

Fiore reciso presto in giornata.

 

Domanda affollata di storia

Contemporaneamente. Diffusa.

 

 

 

***

 

 

Rimasugli

 

Come cenere che cade

Rimane il nostro risveglio

Vigili di una nuova coscienza

Come queste soffici nuvole

Sulle montagne non tremano.

 

Certezze di una nuova esistenza

Cinquant’anni non sono macchia

Ma vita. Essenza di verbena antica soglia.

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                                        GIUSEPPE SETTANNI


Al passo con i tempi, tempi frammentati, seghettati, incapsulati in sfere di solipsismo se non di egoismo, procede il dettato poetico di Giuseppe Settanni, da Fano, autore prolifico e impegnato in campo letterario. Come si può evidenziare dai brani che qui propone, inediti, i versi sono lapidari, limpidi e taglienti, essenziali nel loro susseguirsi in lampi improvvisi, e il concetto viene posto in evidenza immediata, senza l’ausilio di altre aggettivazioni. Si intravede nelle pause e nelle proposizioni sincopate un acuto senso di amarezza e di ironia nel constatare l’impossibilità di ritrovare le nostre antiche radici di umanità e di socialità, la nostra dignità esistenziale, in questa realtà frettolosa e sciatta.


straripare

prima della vendemmia.

gli argini. le alture. la pioggia

corrodeva.

tra i sassi c’era poco

da calpestare.

non abbiamo avuto spazio. non abbiamo più

legami.

da milioni di secoli

qualcuno si diverte a non

farci arrivare alle radici.

 

 

***

 

una scheggia. che

stringe. non

necessaria. se non

per te.

ci appoggiamo. l’eterno

credo che sia misero.

e da bambino

temevo che l’orizzonte

non fosse abbastanza.

un errore. un inutile spreco

di bellezza.

 

 

***

 

trovare subito un luogo

dove ambientare la storia. vecchia

anima malata.

se qualcuno mi ascolta

racconto i dettagli.

non si affaccia nessuno. allora

vado. metto tutto a posto

e muoio.

con le rughe in ordine.

 

 

***

 

usi una grafia indecifrabile. vuoi mantenerti

un terreno di semina che allontani

i predatori.

ti presenti consapevolmente avulsa. dalla

voce genericamente insicura.

ho provato sulle mani il tuo

desiderio di apparire come un pugno di

granito. pressoché indeformabile.

questa sera aspettami nella tana

di cristallo. io colmerò la voragine

con le mie fessure.

 

 

***

 

scandisce male.

ci mettono poca pazienza

con lui. è

attento. recepisce.

ha somatizzato i dissidi. si

difende non esaudendo.

ha la testa altrove.

le prime lettere.

è contento di afferrare.

partecipa. con rigore.

abbassare la voce. e

abbracciarlo. in poco tempo

diventerebbe un indovino.

 

 

***

 

sei il posto migliore

in cui vivere

anche quando

si allontanano gli abbracci

e non trovi più

le orme sulla riva.

 

(testi inediti)

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                                              ANGELA SPOTO


Una limpida schiettezza caratterizza la poetica della siciliana Angela Spoto, autrice che si è distinta in molti concorsi letterari di rilevanza nazionale. Il suo è un procedere suadente e riflessivo, in cui la centralità del discorso è posta nell’autenticità del sentimento in una realtà offuscata dalla solitudine e dall’abbandono: “sei il silenzio di tutte le cose che ho amato…”. Ma per Angela Spoto è importante e fondamentale anche la parola poetica, per la sua potenzalità e capacità di “dare scandalo”, nel senso di affermare verità e libertà a volte scomode e imbarazzanti, in un mondo pervaso da ipocrisie e da superficialità come quello attuale.


Il cerchio ampio

nell’acqua del lago:

è tua la mano

che getta il sasso

che cerca il contatto:

 

sei il silenzio di tutte le cose che ho amato

e che non mi hanno mai ricambiato.

 

 

***

 

 

completi

non saremo mai completi:

lasciami il piacere di una narrativa personale

una bandiera con cui tornare a protestare

una voce che non finisca nel viale sociale:

 

barbaricamente professo ancora

la libertà di parola sopra ogni parola:

un’opinione eretica – piccola bastarda ermetica –

 

barbaricamente affollo di sillabe

il portone sfondato di questa nazione

– provinciale patria picocellula erotica – .

 

Piove.

Diamo scandalo con le parole.

 

 

***

 

 

Confido ancora nella poesia

avantieindietro

nel caffè del primo mattino

(e nella barista bionda del primo caffè)

nel rosario di mia madre a tutte le ore

nelle tradizioni antiche che non so ricordare

 

Confido ancora nel mio paese

indietrotutta

negli stati generali di ignoranza

nel miracolo della democrazia

nello stato alterato di conoscenza

nei mulini a vento della democrazia

nella nazione sottosopra

nella speranza

del sottosopra.

 

Confido ancora nella parola

– più la sporco e più mi piace –

la violenza prospera dove non si professa verbo:

l’onda non si ferma in corsa

e in discesa non ci si può arrestare:

– mi senti?  –

la mia lingua si muove

nella bocca del mondo.

 

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                                            DAVIDE TOFFOLI


È ricca di echi montaliani, la poesia di Davide Toffoli, romano, docente di lettere e autore molto impegnato in campo letterario. Notevole è anche il suo apporto nella critica, come si evince dal recente suo lavoro di ricerca su David Maria Turoldo. La sua poesia ha dunque forti accenti umani e naturali, sviluppandosi in una narrazione armoniosa in cui l’altro è indotto ad osservare e ad ammirare la realtà naturale che lo avvolge e lo permea per intero: “Oggi la senti la luna sui lotti / premere sulle case…”. L’eleganza dei versi si accompagna alle visioni che vengono evocate, nel pieno rispetto dei ritmi e delle cadenze.


Oggi…

 

Oggi la senti la luna sui lotti

premere sulle case col suo volto

acceso nella sua luce distante,

oltre una scomoda tacita voce

che si fa specchio, si fa passo e si fa

aria rotta dal vento e dalle scosse.

Vedi le mosse, le storie mai nate

o inventate dalle nostre timide

menti di madre o di padre o di amante…

 

Senti un suono incostante, nelle notti,

vibrare sulle cose e su ogni viso

(umano e pagano) raccolto in preghiera.

Tocchi con gli occhi lo specchio del cielo

e, mentre ti scopri figlio, rivivi

le tracce del suo passaggio e assapori,

nell’attesa di una quotidiana morte, 

lo spicchio di vita che hai avuto in sorte.

 

 

***

 

 

 

PHERUX

 

 

I

 

L’ho scoperta osservando i tuoi gesti

la differenza tra scale e ascensori.

Dal modo di girare semplice

persino lo zucchero nel caffè,

dall’amabile danza immobile dei passi,

dal silenzio attento che si taglia a fette

sulle strade da fare…

 

C’è più classe nascosta

dentro un punto di domanda

che dietro ogni risposta.

 

Come in sogno, tra gli innesti di melo

e il legno di chitarre, di sculture e colori,

saremo davvero in tanti…

 

Un’aquila non può volare

sul cimitero degli elefanti.

 

 

 

II

 

In silenzio sai assaporare il legno,

sceglierne la consistenza e i colori,

abbinando un noce al palissandro

sai disegnare tracce invisibili

di quasi metafisiche tele.

 

Ma la materia è sostanza fragile,

muta le forme e risuona,

ti asseconda nell’aria

in vibrazioni e contrasti.

 

Tra le tue mani

transiti imprevedibili

traducono l’anima.

Trasformano rami in gioielli; mentre

tramano e volano, ad anello,

tra fiori di legno, giovanissimi colibrì.

 

 

III

 

Lungo i sentieri dell’Abruzzo rude

in garofano e sasso s’aggroviglia l’amore.

 

Sotto Rocca Calascio è roccia muta

fiorita di erbe e infinita

sopra a un mare verde

di balze e di prati.

 

Vedere i tuoi occhi è sentirli addosso

come invito a restare guerrieri nudi.

Resistere senza terrestri scorciatoie.

 

Vedere i tuoi occhi è leggere

i prati-stella di questa terra…

Ed è stata tutta una guerra d’unghie

su pareti di fango e di roccia

vederti andare comsumandoti

come legno o come foglia

su un sentiero di montagna.

 

Vedere i tuoi occhi è riconoscere il passo…

Il titano che combatte donando

energia potenziale e libero ardore.

 

Lungo i sentieri dell’Abruzzo rude

in garofano e sasso s’aggroviglia l’amore…

 

 

                   IV

 

Impareremo ad ascoltare l’aria

ed il vento in questi corridoi chiusi

che trasudano attesa e sussurrano

strade e finestre di resurrezione

in queste classi impigrite e annoiate.

 

Continueremo a sporcarci le mani,

a restare negli angoli imprevisti,

a disegnare parole imperfette.

Vivendo, le tratteremo coi guanti,

perché c’è differenza tra “allagare”

e “allargare” le menti con un seme.

 

Perché “parlare” e “fare” camminano

assieme soltanto di rado e solo

saltando sulle spalle dei giganti.

 

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                                          LAURA TOMMARELLO


Vivere è anche questo incerto permanere, afferma in una sua poesia Laura Tommarello, valente autrice romana, affermatasi in diversi e importanti concorsi letterari. La sua è dunque una poetica che segue la linea del dubbio, pur con leggere venature di speranza, di fronte a visioni aperte e luminose della natura. Ed è lei stessa, con anima e corpo, che si immedesima nel quadro naturale della realtà osservata e desiderata, ponendosi al centro di essa, lasciandosi avviluppare e permeare da tutte le sue forme e vitalità che vi aleggiano: “Sono forse coda d’erba / tra pietre scabre / tuffate tra le rugose zolle”.

 

Le colline

(A Cesare Pavese)

 

Sulle colline della tua infanzia

ci sono ombre invisibili ai tramonti

echi di voci spente nel dolore

che il tempo custodisce, immoto.

Il viaggio è stato lungo

il fardello del rimpianto

un macigno

che affonda la speranza

nel buio di una notte eterna.

Eppure su queste terre tornerà

il conforto dell’alba

e fioriranno le primule nei fossi

voci nuove si leveranno

dal gorgo dell’oblio

quando ogni volto

ritroverà consistenza

al lume del ricordo.

Ci sono al mondo occhi che riconoscono

il tepore delle lacrime

e mani che sanno regalare

la calda carezza di un perdono.

 

 

 

***

 

Lungo il confine

 

Inseguo i voli degli esotici

verde cangiante 

mimetici

di fronda in fronda

mentre più in alto

bastimenti alati

sondano il profondo

alle infinite mete dell’azzurro.

Vana è la cattura dell’istante.

Il volo vanisce senza lasciare segno

né traccia nel silenzio intorno.

 

Abitanti di mondi contigui

lungo il confine aneliamo

sfiorarci le piume

ma a noi, terrestri creature

sfugge il perché del perpetuo

migrare di ramo in ramo

alle pendici del tramonto.

 

(da Derive e Rêverie, ed. Vintage e Derivati, Roma, 2021)

 

 

***

 

Forse sono fuoco

linfa tremebonda

che fugge nel pino e nel cipresso

linea che taglia l’orizzonte

e nella valle d’ombra versa

ceneri di una vita spesa

a tener alta la fronte

correre più veloce

dell’onta della sorte.

Sono forse coda d’erba

tra pietre scabre

tuffate tra le rugose zolle

dove la lingua della serpe

soffia e cambia pelle

nel guazzo vespertino

siero dell’aspide che guizza

dagli anfratti a sorprenderti la vena

forse una falena

con l’ala stropicciata

un sasso che inciampi sulla strada.

Lacrima caduta dalla pina

che rotola

rotola

giù dalla collina.

Tela di ragno tesa in balìa del vento

cicala che spande al cielo il suo tormento.

 

 

***

 

 

L’indifferenza mi tiene in equilibrio

sospende desideri

impazziti di vita.

La combustione silenziosa

mi consuma

assottiglia il midollo

liquefa una volontà

indecisa.

Non oggi una moneta

pagherà l’espatrio

perenne lasciapassare

per l’ignoto.

Vivere è anche questo

incerto permanere.

 

(inediti)

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Tangente all’infinito

 

Noi proprio in mezzo al cerchio delle cose

ci conviene ritracciare tangenti all’infinito

con una mano di cielo trasparente - o diafano -

quanto basta a indicare tutto e niente

: l’andare zigzagando non serve

oppure di lato come i granchi

senza un posto fisso sullo scoglio

o circumnavigare l’avventura del giorno qualunque

portandosi appresso sciami di stelle

o piccole lanterne

 

Una via di fuga per sempre

oltre i ricircoli e i ritorni

se il punto non è più qui in mezzo

 

mai ci troverà la fine del cammino

spezzettati di qua e di là o incerti

 

richiusi e stabiliti

fissi ormai nella terra

 

 

(da Percorsi alternativi, Marcus Edizioni, 2013)

 Giuseppe Vetromile

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NOTE SUGLI AUTORI

 

 

Teresa Anna Biccai (Marisa Minet)

Teresa Anna Biccai, in arte Marisa Minet, nasce in Sardegna. Ha pubblicato le seguenti monografie poetiche: Le frontiere dell’anima (Liberodiscrivere edizioni, 2006); Il pasto di legno (Poetilandia, 2009) disponibile su Lulu; l’e-book So di mio padre, me (Clepsydra Edizioni, 2010); Onorano il castigo (Associazione Culturale LucaniArt, 2012); il racconto breve Lo stile di Van Van Gogh (Associazione Culturale LucaniArt, 2014); le sillogi poetiche Delle madri (Edizioni L’Arca Felice, 2015) e Scritti d’inverno (a cura del premio Città di Taranto, 2017). Fra le altre pubblicazioni ricordiamo i romanzi collettivi al femminile ESTemporanea (Liberodiscrivere edizioni, 2005) e Malta Femmina (Ed. Zona, 2009). Il racconto-poema Metamorfosi nascoste è apparso nell’antologia Unanimemente a cura di Gabriella Gianfelici e Loretta Sebastianelli (Ed. Zona 2011).

 

Fernanda Ferraresso

Nata a Padova, laureata in architettura presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Ha all’attivo numerose pubblicazioni di poesia, recensioni in diverse testate nazionali, traduzioni di autrici e autori inglesi, americani, iraniani e afgani dall’inglese e dallo spagnolo. Molti dei suoi testi hanno tematiche relative a problemi e temi sociali, l’immigrazione, la coercizione della libertà, l’inquinamento e lo sperpero di risorse, l’abuso, la violenza sulle donne, ma non mancano quelli visionari e onirici in cui la natura e il paesaggio sono i soggetti preferiti. Molti i critici che si sono dedicati all’analisi delle sue raccolte. Numerosi suoi testi sono presenti in rete in molti siti che si occupano di letteratura e d’arte. Collabora alla collana Parole di cristallo per Terra d’ulivi Edizioni.

È curatrice del sito online Cartesensibili (https://cartesensibili.wordpress.com/).

 

Maria Giusti

Maria Giusti, poetessa e scrittrice, dopo aver lavorato per diversi anni nel settore del turismo e del marketing, lavora ora nel settore sanitario strettamente a contatto con utenti con disturbi mentali. Decide per questo di specializzarsi e di iniziare un percorso di Educatore Mindfulness.

Pubblica la sua prima opera nel 2010: E poi la luce (Edizioni Eva). Seguono le opere

E immensamente respiro il mare (Aletti Editore 2012), Nelle Tenui ali del tempo (Edizioni Eva 2013), il Poema breve E se così fosse (Convivio Editore 2016) opera vincitrice al “Premio Pietro Carrera” e premiata in altri Concorsi letterari, Nazionali ed Internazionali, tra questi il “Sigillo di Dante” che le conferisce il “Il Premio Lunigiana” Società Dante Alighieri di La Spezia.

La sua ultima pubblicazione, Assenzio (96, Rue de-La-Fontaine Edizioni) risale al 2019. Molti suoi scritti sono presenti in Antologie di Premi Nazionali e Internazionali. Al momento è impegnata in laboratori di scrittura creativa, laboratori di poesia e di lettura e lavora alle sue due ultime raccolte di poesie.

 

Elisa Malvoni

Elisa Malvoni è nata a Busto Arsizio (VA) nel 1985. Ha iniziato a scrivere i primi versi negli anni delle scuole medie, ha poi ripreso lo studio e la scrittura della poesia nel 2018. Ha vinto il concorso “Il Mistero delle Cose”, organizzato dalla casa editrice Temperino Rosso, con la silloge poetica Generazione, pubblicata nel 2019.

Sue poesie sono state premiate e inserite in oltre 30 antologie, nelle riviste letterarie Ellin Selae e L’irrequieto, nei quotidiani “La Repubblica” e “Buonasera Taranto”, e in alcuni blog letterari. Sue poesie sono state tradotte in spagnolo da Antonio Nazzaro. A febbraio 2022 ha pubblicato con Bette Edizioni la silloge poetica C’è un sacco di spazio sul fondo, che, ancora inedita, aveva ricevuto menzione di merito al concorso “Francesco Scaramuzza 2021”.

Cura il profilo Instagram elisa_malvoni, nel quale condivide i suoi scritti.

 

Serena Mansueto

Serena Mansueto è nata nel 1987 e vive a Bisceglie, in Puglia. È laureata all’Università degli Studi di Bari in Scienze del Servizio sociale. Ha esordito con la sua prima raccolta di poesia Travestimenti, edita da Eretica Edizioni (2020). Ha ricevuto il premio speciale Prof. Vincenzo Cicoria per la creatività e l’originalità espositiva, in occasione del concorso-mostra nazionale di poesia “La Stradina dei Poeti”, con un suo inedito.

È stata inclusa nell’antologia della nuovissima poesia pugliese I cieli della Preistoria, edita da Marco Saya Edizioni e suoi inediti sono stati pubblicati nella rivista cartacea Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea di Raffaelli Editore.

Per la prosa ha esordito con un suo racconto nell’antologia C’era una nota in Puglia (Besa Editore, 2021). Un suo racconto breve è stato incluso nella raccolta Cartoline dalla Puglia (AA.VV., Perrone Editore, 2023).

Attualmente è redattrice per Laboratori Poesia. Scrive recensioni per riviste cartacee e lit-blog.

 

Serena Rossi

Serena Rossi nasce a Milano nel 1972. Nel 1999 si laurea in Farmacia. Segue svariati corsi di arti visive, dal 2002 espone sue opere in mostre italiane ed internazionali e alcune di esse fanno parte di collezioni private e pubbliche come il museo a cielo aperto di Camo e la collezione della BPL. Nel 2012 pubblica la silloge Nel divenire calmo dell’infinito ed. Caosfera, e viene inserita in diverse antologie e collane di poesia. Nel 2016 pubblica 5 poesie ed. Ilrobotadorabile in serie limitata e l’e-book Ho chiesto al mare di piangere. Nel 2017 esce Non ci sono solo eroi Ed. NullaDie e l’edizione limitata Lamine ed. ilrobotadorabile. Nel 2018 esce Noi non siamo ed. NullaDie, nel 2019 5 poesie ed. limitata ilrobotadorabile e nel 2020 pubblica la silloge Disegno papaveri rossi ed. NullaDie, Confinamento ed. limitata ilrobotadorabile e Dodici confinamenti ed. abrigliasciolta. Nel 2021 pubblica come curatore ed uno dei sette autori Voci dal confinamento ed. NullaDie, Non serve la paura ed. NullaDie ed è presente nell’Ebook in lingua inglese And Magazine del Dottor Kousik Sastri e nella rivista indiana Taj Mahal review del Dottor Santosh Kumar. Collabora con diverse testate letterarie in rete e dal 2022 fa parte della redazione milanese della rivista culturale online Il pensiero mediterraneo. Nel 2022 fonda il Concorso letterario e artistico Internazionale “Vivi la realtà” e pubblica la raccolta poetica Spazi edizione Cosmopoli in italiano e rumeno a cura di Eliza Macadan. Negli anni riceve diversi premi di poesia in Concorsi letterari italiani ed internazionali.    

Nel 2020 segue un corso di Poesia ad alta voce con Simone Savogin presso “Mille gru Monza”. Nel settembre e nell’ottobre 2020 -2021 e 2022 Giorgio P. Lodetti la intervista per la Libreria Bocca in Galleria Vittorio Emanuele a Milano.  

 

Giuseppe Settanni

Giuseppe Settanni, avvocato e docente universitario, è nato a San Giovanni Rotondo (FG) nel 1981 e vive a Fano (PU). Con Edizioni Ensemble ha pubblicato le raccolte poetiche Blu (2019) e Affreschi strappati (2022). Nel corso degli anni le sue poesie hanno ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui i premi Ossi di seppia, Ariodante Marianni, Mons. A.F. Pecci, Besio 1860, Roberta Perillo (al concorso Ciò che Caino non sa) e Tratturo Magno. Suoi testi sono pubblicati sui più importanti siti e blog italiani di poesia, come Poesia del nostro tempo, Poetarum silva, La poesia e lo spirito, L’altrove, Inverso, l’Angolo Poesia del quotidiano La Repubblica, La presenza di Erato, Limina mundi, Margutte e l’Angolo degli Inediti di Stampa 2009.

 

Angela Spoto

Angela Spoto è un’autrice siciliana, nata ad Agrigento nel 1986. Dopo la formazione classica si è laureata in ingegneria all’Università di Palermo. È presente in varie antologie e in ambito letterario ha ricevuto numerosi premi e rinoscimenti nazionali, tra questi: terzo Premio Silloge “Transiti Poetici” (2022), semifinalista al Premio Letterario Etnabook IV edizione (2022), Premio Speciale della Giuria in qualità di “Autrice segnalata” al Premio Nazionale di Poesia Inedita “Ossi di seppia” (2019); Premio Regionale di Poesia in Lingua Siciliana “Giuseppe Serroy” III edizione (2017); Premio Nazionale “Alessio Di Giovanni” XVIII edizione, sezione racconti con “Fuori Campo” (2015); pubblicazione della lirica “Sono miele” nell’antologia Teorema del corpo edita da FusibiliaLibri (2015); Premio Nazionale “Alessio Di Giovanni”, sezione racconti con “La mattanza” (2014); finalista al concorso letterario “Il tuo racconto per Malgrado Tutto - Edizione 2013” con il racconto Bolero Mediterraneo, pubblicato nell’antologia del premio (2013).

 

Davide Toffoli

Davide Toffoli (Roma, 1973) è docente di Lettere. Collabora con varie riviste di settore. In poesia ha pubblicato: Invisibili come sassi (Urso, 2014), Ogni foto che resta… Camminatori e camminamenti (Urso, 2015) e L’infinito ronzio (Controluna, 2018). È tra gli autori del suggestivo Il libro degli allievi. Per Biancamaria Frabotta (Bulzoni, 2016). Ha pubblicato il saggio Il caso Turoldo. Liturgia e poesia di un uomo (Ladolfi, 2021), un aggiornamento della propria tesi di Laurea in Lettere Moderne discussa per la cattedra di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea di Bancamaria Frabotta all’università La Sapienza di Roma. Sostenitore convinto di ogni forma di “creattività” resistente, è stato l’ideatore dell’innovativo progetto di integrazione scolastica “La scuola a casa di Riky” (premiato in Italia e studiato anche all’estero come esempio di innovazione didattica) che ha accompagnato al diploma di Maturità Scientifica e alla Laurea in Lettere l’alunno Riccardo Massimini. Opera per la diffusione della poesia e del dialogo, nella periferia romana, con “Percorsi di ricerca e lettura attiva”. È nel gruppo di redazione della rivista di poesia AVAMPOSTO.

 

Laura Tommarello

Laura Tommarello nasce a Roma dove si laurea  in Lettere presso l'Università degli Studi "La Sapienza”, dedicandosi in seguito all’insegnamento di Discipline Letterarie presso le scuole superiori.

Partecipa ai concorsi letterari dal 2019 ottenendo lusinghieri successi.

La sua prima raccolta poetica, Nascosta, (Edizioni Daimon 2020), ha ottenuto la Menzione speciale alla II edizione del Premio Letterario al Femminile “Le Parole di Lavinia” indetto dal Centro Studi Femininum Ingenium di Pomezia ed è stata selezionata alla XIV edizione del  Premio Nazionale Alberoandronico, Roma.

Suoi testi sono stati pubblicati su riviste letterarie  e in varie antologie poetiche in formato cartaceo ed e-book.

Ha partecipato al poemetto collettivo in terza rima Gabbia no (Progetto cultura 2020), al poema collettivo in ottave Amicizia Virale (Progetto cultura 2021) e al poema collettivo in canzoni libere leopardiane La Nave di Amleto (Progetto cultura 2023).

Ѐ autrice di una raccolta di favole illustrate, Le Avventure del Calessino Magico (Editore Vintage e Derivati 2020).

Nel 2021 pubblica la silloge poetica Derive e Rêverie (Vintage e Derivati, Roma) che si classifica al primo posto nella sezione silloge edita alla  III edizione del Premio Letterario al Femminile “Le Parole di Lavinia”. La poesia Lungo il confine, contenuta nella stessa raccolta, ottiene una menzione d’onore  per la sezione poesia natura alla VIII edizione del premio letterario Le Ragunanze di Roma (2022).

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                                                             13 marzo 2023

 

Presentazione in diretta video del 36° Volume

VOLUME XXXII - Vol. Spec. Nuove Voci del Ventunesimo, 2a parte

VOLUME SPECIALE "I SEE BELLAGIO FROM MY TERRACE"

VOLUME XXVI - PERCORSI DIALETTALI SICILIANI DI INIZIO MILLENNIO

Volume antologico J'Nan Argana nr. 2

Transiti Poetici incontra il GAP

Volume Speciale dedicato alla Primavera

Transiti Poetici incontra Voci dal Mondo

Il video della presentazione del Volume Transiti Poetici incontra Voci dal Mondo