Le Antologie Poetiche Virtuali sono curate da Giuseppe Vetromile. Ogni Volume comprende 10 Autori, liberamente selezionati ed invitati dal curatore. Sono previsti volumi dedicati a particolari ambiti poetici (poesia emergente, poesia dialettale, ecc.). Le copertine sono elaborate e realizzate da Ksenja Laginja.

sabato 11 novembre 2023

VOLUME XLII

 


Introduzione

 

 

In un mondo sempre più lacerato e dilaniato da conflitti crudelissimi in varie parti del globo ma prevalentemente concentrati nell’Europa dell’Est e nel Medio Oriente; in un mondo dove, parallelamente, il pensiero e il comportamento di ognuno di noi è continuamente e fortemente condizionato da modelli omologanti e da nuovi valori che si contrappongono nettamente a quelli sacri e fondamentali di una volta; in un mondo in cui, per necessità, si è portati a curare il necessario per sé stessi e non per gli altri, ingigantendo egoismi, nazionalismi, diffidenze e odii razziali; in un mondo dove tutto sembra un film da guardare tranquillamente mentre si pranza o si cena, e le scene più macabre e orribili, come le uccisioni di bambini e le violenze sulle donne, scorrono davanti ai nostri occhi nella più grande indifferenza; in un mondo che viaggia, forse, verso il baratro della propria imminente estinzione: l’arte, e tra queste la poesia, che ruolo, che significato, che utilità può avere? Domanda da cento milioni, e forse, anzi sicuramente, superflua, retorica.

La verità è che da quando esiste l’uomo su questa terra, le civiltà che questo essere ha creato hanno sempre avuto vita più o meno breve, beninteso nel calendario infinitamente lungo della creazione. Civiltà che sono nate, si sono sviluppate e poi sono scomparse, in tutti gli angoli del mondo, dall’India alla Mesopotamia, dall’Egitto ai Greci, ai Romani, e dai Maja agli Aztechi e agli Inca. Corsi e ricorsi storici, diceva bene Giambattista Vico.

E naturalmente ognuna di queste civiltà ha tessuto in sé e su di sé l’abito meraviglioso dell’arte, e nelle più recenti anche la poesia, la musica, la pittura, la scultura, il teatro. Riferendoci più propriamente alla poesia, direi che ogni epoca, ogni civiltà ha avuto i suoi grandi poeti e la sua grande poesia. Poesia che sicuramente rifletteva i valori, le idee, i costumi, la vita di quei tempi, di quelle civiltà.

Ma oggi? Possiamo dire che anche oggigiorno la poesia, in generale, sia lo “specchio dei tempi”? Direi di sì, perché inevitabilmente l’arte, e quindi la poesia, raccoglie e interpreta continuamente i messaggi provenienti dalla realtà, li utilizza per indicare e magari anche denunciare lo stato delle cose, cercando in ogni modo di costruire una nuova etica, o magari di ricostruire una sorta di civiltà perduta: così si fa avanti la poesia civile, la poesia sulle tematiche della pace, della violenza sulle donne, ma anche quella del disappunto e della perdita di un senso dell’esistenza in un mondo caotico e frastornato dove l’io è ormai ridotto a soggetto quasi inesistente.

Ma il ruolo della poesia rimane indispensabilmente quello di aprire porte dentro l’umanità e vederci chiaro, o almeno tentare di vedere, con coraggio e ostinazione, la verità della propria natura essenziale.

Non so se gli undici autori (stavolta sono 11) di questo volume la pensano nello stesso modo. Di sicuro la loro poesia non è artificio ma sincero e importante contributo alla cultura letteraria attuale: ce n’è ancora grande bisogno, perché non si perda definitivamente il desiderio e la forza di mettere a frutto la propria creatività, perché non degradi ancora di più nella mera materialità questa nostra martoriata umanità. Li ringrazio di cuore per questa luce di speranza e di amore che hanno voluto accendere nelle nostre buie stanze.

 

 

Giuseppe Vetromile

 

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                                                           CAROLA ALLEMANDI


La caratteristica principale che connota il dire poetico di Carola Allemandi, valente autrice torinese, è proprio il cogliere, da esperta fotografa quale essa è, anche, i paesaggi di una realtà circostante pervasa da un senso di distacco e di abbandono, dove l’umanità cerca di individuare le strade migliori per il raggiungimento di uno stato di grazia, attraverso un cammino di redenzione tra le rovine e i disfacimenti che, metaforicamente, sgretolano l’attuale società. Si tratta qui di una ricerca continua del vero senso dell’esistenza, una volta epurate le ossidazioni e gli stereotipi di un mondo falso e ipocrita. La ricerca di una nuova luce, nell’andare e per raggiungerla: “Arrivare significa / una macchia che si allarga negli occhi, / venirne a conoscenza, lì trovare  / casa, restare una giornata intera. / La strada verso. / Noi imboccandola”.

 

Si spegneva sopra i tetti un termine

rimosso e mai più riavuto, là dove

sbatteva le sue ali un animale.

Sulle scale il mondo ci guardava: i suoi

eredi ormai del tutto consapevoli,

noi, tra la strada e il bosco, cercando

tra i disordini di risparmiarci,

due righe per capire dove siamo

sul terreno. Arrivare significa

una macchia che si allarga negli occhi,

venirne a conoscenza, lì trovare

casa, restare una giornata intera.

La strada verso. Noi imboccandola.

 

 

***

 

L’altra città chiamava a sé i vivi

più lontani, quelli che non sapeva

essersi persi già da tempo: il vero

sbaglio era cercarli tra le strade

che loro soltanto conoscevano.

Noi pure vivevamo nel risveglio

l’unico motivo che ci portasse

altrove, verso i luoghi del presente:

la pianura, il suo venire a noi, tutto

il tempo speso per attraversarla.

 

 

***

 

Una chiarezza contornava il lago

dopo la salita; l’acqua ferma

nelle ore prolungava il battito

continuo del viandante sull’attimo

di terra che vedeva. Niente di ciò

che stava sulla riva poteva

esistere altrove. L’inganno era

la strada del ritorno, unico segno

del passaggio, il suo presente uguale.

 

 

***

 

Era questa stanza aperta, segreta

ombra tra le correnti a decadere

di nascosto. Il profilo come apparso

dileguava, aveva in sé quanto tutti

chiamano da tempo. Essere là ancora,

nel compiersi in segreto degli eventi,

nel discorso serale dei caduti,

nel tanto chiaro di quei volti che

tornati a noi si fingono rinati.

 

 

***

 

Il corpo visto apparire tra le acque

si formava come ombra frammentaria,

un’altra creatura naturale

da distinguere dal resto. Bastava

seguirne il passo che, fluttuante, sempre

si perdeva tra le argille di terre

troppo secche, cancellate per metà.

Si sfaceva guardandola, lei viva,

e come materiale nell’assenza,

nel ricordo generato. Vagava,

parte sola di un più segreto altrove,

come l’eco persa d’ognuno vaga.

 

 

***

 

Il termine era fissato per andare

a ritrovare gli spazi che, ora pieni,

mantenevano il segreto di tutti

coloro che li oltrepassavano: lì

il piede era aiutato a proseguire,

le bestie erano mute. Fermandosi,

si vedevano le forme nel poco

sole che filtrava farsi un’unica

figura da seguire. Il suo messaggio

era la direzione necessaria

a non perdersi, così spesso chiara.

 

(Testi inediti)

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                                                             MARZIA BADALONI

Marzia Badaloni, romana, attua una poesia riflessiva molto profonda, soffermandosi su ideali di libertà che soltanto tramite l’arte e la poesia è possibile perseguire. Ed è significativo l’accostamento che lei compie tra le parole (poetiche) e i meccanismi della mente, laddove questi vengono carezzati come se fossero petali di fiori delicati. E delicata e soave è la sua stessa poesia, specialmente quando inneggia, appunto, all’atto creativo che è insito in essa. Nei suoi versi, caldi e armoniosi, si evince una tendenza a ricostruire la realtà fidando nella libertà e nell’amore.


L’intensità

 

Come petali, le parole

carezzano la mente.

I dendriti massaggiati

dal timbro della tua voce,

attivano i neuroni,

rilassando le connessioni.

 

Son parole comuni

articoli, verbi, nomi

l’hai trasformate.

 

Rendendole nuove e sconosciute.

Esse si sono lasciate andare

come l’amante

che vorremmo avere accanto.

 

***

 

L’azione creativa

 

Snodavo i pensieri

come fossero matasse

nella ricerca affannosa delle idee.

Ma l’atto creativo

impastato nei pigmenti ad olio

incantava

dell’amplesso dalla mano alla tela.

Le immagini

mi rendevano libera

e schiudevo me stessa

tra il giallo e rosso

passando attraverso i blu.

Carne che si fa viva

sul piano inclinato

supporto ideale

come l’alcova per gli amanti.

È l’amore che vince

nell’atto sublime con il gesto ispirato.

 


***

 

Vibrazioni

 

Come le foglie

sui rami

che si agitano al vento.

Così io reagisco

quando la somma dell’emozioni,

si moltiplicano

elevando lo stato creativo.

 

***

 

Giuramento

 

Debbo smetterla

di farmi del male

avviluppandomi

nella spirale perversa

del dolore,

per ciò che gli occhi vedono

e il cuore sente.

Come se fosse

l’opera del mio agire

il male che corrompe

il mondo.

Ma…

Affonderò le mani

nel sangue

nelle carni

fino a quando

l’urlo squarcerà

il silenzio.

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                                                                DONATO DI POCE


È una poesia graffiante ed ironica, quella di Donato Di Poce, nativo di Sora nel frusinate ma residente da anni a Milano. A volte la poesia assume anche questo ruolo particolare, apparentemente scherzoso, ma pregno di quelle verità nascoste che tutti, forse, conosciamo generalmente, ma che per quieto vivere o anche per abitudine e persino per comodità, sottovalutiamo o tralasciamo del tutto. Verità che la poesia può (e forse deve) tranquillamente indicare e suggerire, e Donato Di Poce non se ne sottrae, utilizzando persino la forma dell’acrostico.


ARTCHITETTURA

 

Artchitettura è forse

Ritrovare un respiro d’Arte Totale

Tra le rovine del tempo

Costruire nidi di luce

Habitat a misura d’Uomo

Incastrare idee e progetti

Tra le ferite della Storia

E uno spazio funzionale

Tra verticalità e orizzontalità

Tra vortici di pura bellezza

Umane case di vetro sul mare

Riprogettando città radiose

Anime e strutture meravigliose.

 

Milano, 1/05/2023

 

***

 

 

ERETICI & I(R)REGOLARI

                                 a Mauro Rea

 

Irregolari come le foglie gialle sugli alberi

E i funghi nascosti nell’erba.

Irregolari come le api innamorate

Che ronzano intorno ai fiori.

Irregolari come comete

Che indicano la via dell’infinito.

Irregolari come scintille di fuoco

Che accendono altri fuochi.

Irregolari come parole nuove

Nascoste nei silenzi scritti dei poeti.

Irregolari come pazzi innamorati della vita

Senza sapere cosa sarà la vita.

Irregolari come poeti eretici

Che accendono la notte con un respiro.

Irregolari come lacrime clandestine

Che inondano il Mediterraneo.

Irregolari come eretici

Che scrivono l’indicibile.

Irregolari come artisti

Che creano visioni mai viste.

Irregolari che cercano e trovano la bellezza

Nell’abbraccio solidale del mondo.

Irregolari come uomini che regalano un sorriso

Attraversando il male di vivere.

 

Milano 17/09/2023

                                   

 

***

 

 

EX POETI

 

Quelli che giocano a scacchi per spaventare i critici

Quelli che hanno pubblicato almeno 10 libri di poesie

Quelli che non hanno mai pubblicato un libro

Quelli che leggono Artaud, Giordano Bruno e Pasolini

Quelli che collezionano Taccuini D’Artista

Quelli che amano visitare gli Atelier degli Artisti

Quelli che scrivono poesismi e denigrammi

Quelli che di notte potano la loro glicine mentale

Quelli che ascoltano il silenzio creativo

Quelli che scrivono con gli occhi

Quelli che fotografano sogni strappati sui muri

Quelli che cercano la bellezza nonostante il dolore del mondo

Quelli che studiano Il Rinascimento e L’Architettura

Quelli che camminano con il mare in tasca

Quelli come noi che vivono, amano, sopravvivono

E scrivono ex poesie all’insaputa dei poeti.

 

             Donato Di Poce (ex poeta)

 

Milano, 15/06/2023

 

 

***

 

 

SCRIVERE

 

Mi sottraggo a questo sfarfallio

Di mediocri senza ritegno,

Mi sottraggo agli abissi della ragione.

 

Voglio sottolineare l'importanza degli opposti

La bellezza dei muri e dei perché.

 

Domani sarò vento e neve

Sarò cenere e fuoco

Sarò solo una ferita di futuro

Un silenzio sbocciato per caso

Tra le crepe della scrittura.

 

Scrivere è solo un orizzonte di possibilità

Un ponte di umanità

Tra due solitudini.

 

Milano 13/02/2023

 

(dalla raccolta inedita Diario di un ex poeta)

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                                                              GIUDITTA GIULIANO


Di Giuditta Giuliano, giovane autrice di Cerignola, abbiamo già avuto modo di parlare in Transiti Poetici a proposito della sua interessante silloge Il sangue illuminato, edita recentemente da RPlibri di Rita Pacilio. Riconfermiamo quindi innanzitutto la sua freschezza e originalità del dire poetico, sobrio ed essenziale. Nei brani che seguono, proposti dall’autrice, è evidente l’accostamento del suo dettato alla realtà spasmodica e trafelata dell’esistenza, la ricerca di un riferimento immediato e stabile in cui il corpo (o umanità) possa svincolarsi in qualche modo dalla tirannia del tempo (“Il corpo esige una pace sottile”…). Il linguaggio e lo stile aderiscono pienamente al vortice esistenziale dell’odierna società, denunciandone parallelamente, con accurata parodia, la negatività.


Il corpo si tiene

sveglio,

tra le sue parti

comunica

pulsa

esige una

pace sottile.

Dalla cabina di

comando

tutto ok;

le ore pomeridiane

passano indenni.

Oggi non esiste

il tempo

dell’attesa,

tutto è Qui

come abbaglio

in una stanza

tersa,

mai abitata.

 

***

 

L’uomo è ghirlanda

lieve,

assenza

prona ad

accogliere.

 

È l’ora del respiro,

ora.

L’estate finisce

con uno sparo

a salve.

 

[La mia fede scavalca

di mille

e mille passi

il firmamento.]

 

 

***

 

 

Qui

 

dilaga

il secondo

 

non c’è assenza

né limite,

il bianco è eroso

fino al suo

 

Nulla.

 

L’infinito lavora

per sottrazione

 

(da Il sangue illuminato, RPlibri Ediz., 2023)

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                                                  LUCREZIA LOMBARDO


L’aretina Lucrezia Lombardo è una voce poetica di notevole importanza e spessore, avendo tra l’altro già pubblicato diverse raccolte con editori importanti e dedicandosi con impegno e competenza in collaborazioni editoriali e curatele di antologie. Qui propone una selezione di brani editi e inediti in cui sembra emergere, essenzialmente, un sentimento di velata malinconia nei riguardi di una realtà in cui è preminente l’abbandono e la solitudine: temi ben raffigurati nei versi che parlano dell’autunno e di un’epoca passata dove la semplicità e la genuinità della vita era forse più gradevole (“I bambini avevano calzoni corti e le bretelle”…). Ma nei versi l’autrice non effonde né rimpianto né tantomeno biasimo, piuttosto emergono elementi positivi nonostante tutto (“c’è vita persino nelle arricciate carte”…), in una visione ottimistica e romantica della vita.


Autunno rosso

 

Vorticano alla maniera del mare

le foglie.

Le lacrime d’oro degli alberi

cospargono il selciato.

È un mattino in cui preme

un richiamo di nubi:

fuggono come stormi impazienti

verso il blu profondo

dei monti.

È un mattino

in cui c’è vita persino nelle arricciate carte

abbandonate distrattamente

da mani d’uomo.

È un giorno in cui

restano indietro le preoccupazioni

e le parole spiegate svaporano al vento.

 

Resto desiderando il rossorre

che tinga anche me della pace

d’autunno,

della pace del nuovo che risorge

dalla spoglia corteccia

dei pioppi cittadini.

 

(da L’errore della luce, Ensemble, 2022)

 

 

***

 

Un quartiere a sud

 

Nel cuore dei quartieri popolari

i panni stesi

sventolavano sulla strada.

I bambini avevano i calzoni

corti e le bretelle.

La partenza,

la tristezza d’aver perduto il mare.

Era un addio.

 

Il giorno da allora durava di meno,

faceva buio presto

sul volto delle persone.

 

(da La venditrice di menta, Progetto Cultura, 2023)

 

 

 

***

 

 

Il gelo d’inverno

 

Formiche

mimiamo un’esistenza

illudendoci d’una gioia fragile

come ali di farfalla.

 

Abbiamo amato quegli anni

che il tempo ha divorato,

porto addosso la colpa

di non aver compreso

ch’è il cuore

una vetrata su cui s’infrange la luce

proiettando sagome incerte

sui terreni vaghi

che i piedi calpestano

indistintamente.

 

Continua a brillare

il gelo d’una maestosità infinita

che non conosce

quel perduto rider di niente

e ignora l’ormai lontano

non sapere

che fuggirà il giorno.

 

(da La venditrice di menta, Progetto Cultura, 2023)

 

 

***

 

 

Il volto nascosto della vita

 

Dalle pareti ho sbirciato

il risplendere riflesso dei mattini:

erano le cose accese

prima ancora che la vista si posasse

sul loro spessore.

 

(Inedito)

 

 

***

 

 

Polline di terra

 

Nella fermezza del topazio,

oltre l’inganno dell’aria,

nei riflessi di cristallo della luce,

oltre l’intreccio di rami della boscaglia,

laddove etruschi eressero i loro templi,

si denudano le cose in uno sprazzo

ch’è il tempo del loro istante,

come il mattino che filtra dalle tende

e s’insinua mistico

a reinnescare la realtà.

È questo tenue tocco di vento

che lucida la pelle

l’incertezza della vita,

il suo essere un polline di terra,

un lampo.

 

(da L’errore della luce, Ensemble, 2022)

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                                                      GIORGIA MONTI


È una poesia viva e immediata, quella di Giorgia Monti, di Forlì, poetessa e performer. Nei brani che qui di seguito propone si nota subito, infatti, il suo dettato asciutto, quasi sbrigativo, ma essenziale, che incide in profondità con descrizioni / riflessioni epigrammatiche apparentemente slegate l’una dall’altra, ma che in realtà descrive un mondo nascosto dalla “normale” e monotona realtà sociale quotidiana, facendo risaltare particolari minuti ed emozioni semplici ma significative nella loro autenticità: “La macina in pietra / è coperta dal legno / La farina colora ragnatele / di bianco”, e anche: “Gli occhi gli si bagnano / quando parla del gatto”. I versi si susseguono perentori lungo una catena di immagini e situazioni che rifulgono nella assoluta essenzialità e spigolosità contrastanti dei temi.

 

1.

 

La terza sarà per l’acqua

si è detto

 

Il calicanto stenta

il fiore non odora

 

Gli anemoni nei boschi

spariti

 

Il giglio selvatico

non si trova

 

Ilario di notte

tiene il gatto in casa

 

Di notte

i lupi si fanno le ossa

 

Una fiammata rossa

sistemerà ogni cosa

 

 

2.

 

Ilario ha una camicia a scacchi

blu e rossi

 

L'aria di inizio febbraio

stesa sulla collina

verde di grano

 

La macina in pietra

è coperta dal legno

La farina colora ragnatele

di bianco

 

Lui muove i sacchi

pesa pacchetti esatti

I conti li fa con la penna

nella mano che sembra

una roccia

 

Gli occhi gli si bagnano

quando parla del gatto

 

 

3.

 

La casa aveva le foglie

Molte foglie aveva la casa

Le lenzuola di ortica buona

La carne solo nel piatto

sempre meno

sempre meno

Schiacciavi le patate nel latte

Credevi alle gelate notturne

I piedi bagnati dentro le scarpe

Nella tasca del nonno morto

le caramelle

 

 

4.

 

La bambina abbandonata

non vuole morire

Chi ha scordato la bambina?

I piedi la portano sempre al fiume

Al fiume i sassi sono spinta migliore

 

La bambina abbandonata

non trattiene le piume

Chi ha spogliato la bambina?

Le braccia nel bosco si allacciano ai fusti

Nel bosco i fusti sono il padre maggiore

 

Ha due voci la bambina

Chi ha tradito?

Chi ha tradito la bambina?

 

La bambina di notte

increspa le labbra

È sola la bambina

non piange

non sogna

Si fissa con la notte

 

(Inediti)

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                                                     LAURA PIERDICCHI


Come molti poeti, anche la veneta Laura Pierdicchi rivolge le sue maggiori attenzioni ai grandi interrogativi della vita, del creato e dell’esistenza. Autrice di numerose pubblicazioni e tradotta anche in altre lingue, collaboratrice attiva di diverse riviste letterarie, Laura Pierdicchi ha dunque sviluppato questa grande sensibilità nei confronti della realtà e soprattutto per i lati e i processi più misteriosi e nello stesso tempo grandiosi che essa ci mostra, quotidianamente e lungo il percorso della sua evoluzione (“Durante il tempo con occhio minuzioso / ho seguito e raccolto ogni dettaglio / per capire i movimenti – il flusso del reale”…). Questi messaggi arcani dal mondo si traducono in forma poetica di grande efficacia in Laura Pierdicchi, la quale con versi che sembrano cantare le meraviglie del creato, non si ferma dinanzi all’inspiegabile, bensì avvia una ricerca approfondita nel cuore di sé e delle cose, riuscendo ad oltrepassare con la sua nuova vista astrale, l’immanenza della materia.

 

Durante il tempo con occhio minuzioso

ho seguito e raccolto ogni dettaglio

per capire i movimenti – il flusso del reale

la complessità dei giochi e interscambi –

ho osservato e registrato il trasformarsi

nel succedersi degli eventi – nelle infinite

probabilità di variazioni – nella pluralità

del possibile e del voluto. Ho sviluppato

a poco a poco una vista astrale – ho toccato

l’impalpabile nel variegato mondo delle cose.

L’acqua intanto riduceva il calore

del battito troppo acceso e tra le mani

a volte solo briciole di pietra. Ho imparato

a leggere il ritmo del fluire nell’infinito

intrigo del sistema – ma dall’inizio

a tutt’ora balbetto di fronte allo sgorgare

del mistero – alla fuga delle ombre

al clamore delle loro danze scatenate.

 

 

***

 

 

Fuori è silenzio – insolito silenzio.

I motori spenti o lasciati

per assaggiare di nuovo la terra

nel suo respiro d’ottobre

neanche il pino

si muove – nemmeno un fruscio

invece in me scalpitio

di pensieri lungo il labirinto

della persa memoria.

In questa calma

il contrasto si accende

(battito di chiodi sulle pareti –

rivolta dei ricordi sotterrati

per fingere di non avere ricordi).

 

 

***

 

La  pioggia sulla finestra obliqua

batte incessante e si riflette

(ira di Colui che ci costringe

al guscio di lumaca) – l’angoscia

s’infiltra tra il sentito

(disastri ripetuti trasmessi e ripetuti)

 

la sera con  le mani alte implora

ogni tanto scivola – pulisce il vetro

mi dice ”guarda”. Io vedo fradicio

il fogliame appeso – impiccato

e tutto trema

sotto la fioca luce del lampione…

 

 

***

 

Aprile – un giorno che lava

le consuete polveri sottili (una breve tregua

per l’affanno costante della terra)

un giorno che si sposa al brivido

lungo di gennaio nella pazzia

ormai accertata del nuovo tempo

                                 e lei

col suo troppo peso sprofonda sul divano –

con i troppi anni s’ingarbuglia

e sbaglia a volte il fatto e l’emozione

(come la terra anche lei in affanno)

 

ma a volte per una speciale grazia

                                lei sente

e nella pazzia dell’abbandono

si scioglie nell’abbraccio astrale

del suo uomo in reale contatto.

 

Bevo il tuo fiato

come assetato ai piedi di una fonte

d’acqua sorgiva. Il tuo essere in me

serpeggia e si diffonde.

 

(da Il tempo diviso, Cierre grafica, Verona)

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                                                     LUCA PIZZOLITTO


Anche Luca Pizzolitto, valente e impegnato poeta torinese, ama seguire una linea poetica essenziale, asciutta e diretta. Una sintesi estrema di concetti e riflessioni, espressi prevalentemente con testi brevi, quasi epigrammatici, conduce il lettore a immergersi in un mondo stretto e parzializzato, metafora di una realtà sociale chiusa in sé stessa, egocentrica e desolata. Il poeta ascolta il mondo e soprattutto studia l’influenza che questo esercita sulla propria sensibilità, anima, coscienza, cuore… Così Luca Pizzolitto, attento e sensibile osservatore, riesce con la sua poesia ad offrire brani aderenti a questa realtà, riflessi verosimili di una quotidianità spicciola e approssimativa. In tutto questo, lui, come poeta ma soprattutto come uomo, cerca un riferimento sicuro, un punto fermo, un recupero di autenticità: “La follia del sonno / disfare le stanze in cui / abbiamo vissuto / - ho cercato casa, riparo nel vento”…


Le mani strette sotto
il cuscino, il niente
che segue l'amore.

Cadi, dio inatteso, cadi
in puro sguardo visione

ciò che amato muore,
non resta.

*

Luglio qui si attende
nelle crepe.

Scrivere è il mio
secondo esilio.

 

*

Tradito e perso l’istante
esatto del fuoco
ombra rubata al sole

la follia del sonno
disfare le stanze in cui
abbiamo vissuto

– ho cercato casa, riparo nel vento.

 

*

Separate
 acque al deserto
                            della mia sete

le esequie del mare la noia il gesto il perdono

la parola taciuta, il nostro manto di rovi

(in questo inverno, tutti gli inverni)

 

*

Spina di cardo
bianco costato
folle perdono
del sangue

         - mio padre
         è cieco,
         traccia la via
         solo col canto

 

*


Il piatto vuoto, sul tavolo, in cucina.
Il solco degli occhi, di ogni tua attesa.

Sapere il tempo, distruggere il fuoco.

*

Custodite, dici, custodite
del ventre la piaga, il caldo
respiro dei sassi, i corpi
separati così vicini al morire.

Le vuote stanze di Dio
misurati spazi in rumorosa

quiete.

 

*

 

Ciuffi di parietaria,
insetti morti, lo stelo
del cardo fiorito
nel sonno.

Cade vita dagli occhi
arde la fossa
- l'inatteso risorto.

 

 

*

Manto di spine
lacera il verbo

volto d'antica
inumana bellezza

- Dio -

ha sempre sete
chi rimane.

 

***

 

Un cielo caduto
l'ultima pietra sul viso
vieni dal vento, dal grido
schiacciato in gola

questa distanza da me,
da tutte le cose.


*

Chi getta il tuo nome nell'abisso
per trenta denari?
Chi dorme durante la veglia?
Chi stringe i polsi e ti spinge
in catene?

Si spegne il canto
perdono e rovina -
gocce di sangue
dal volto di Dio -


Nessuno torna innocente
da questo Getsemani,
nessuno è mai stato
fedele davvero.

 

*

Inquieto stare dei corpi,
sacre albe di luce

bicchieri vuoti

trasfigura l'attesa,
l'umano tormento
in danza.

 

(da Getsemani, peQuod, 2023)

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                                               GIOVANNA SECONDULFO


In Giovanna Secondulfo, di origini vesuviane ma residente a Milano per motivi di lavoro, traspare in modo evidente un sentimento di libertà e di apertura nei confronti del mondo, il che si traduce in una poesia luminosa e romantica, seppure, a volte, non manchi qualche velo di scherzosa ironia. Autrice di diverse significative raccolte poetiche, delle quali qui di seguito propone alcuni brani, la sua maggiore impronta poetica si conferma in Cenere e ciliegie, di recente pubblicazione, dove è preminente la memoria dei luoghi natii, e qui i suoi versi esprimono in modo altamente lirico il suo profondo senso di nostalgia, che non è rimpianto, bensì alimento prezioso con cui nutrire il viaggio esistenziale.

 

Io e la luna

 

Se tu mi parlassi

potrei capire

i tuoi lunghi periodi

di solitudine, senza stelle

e le tue continue e altalenanti magie.

Se tu ascoltassi i miei sospiri

da quelle rive remote

di notte,

quando sdegnosa

velata da nubi

a stento ti lasci vedere,

potresti capire

i lenti sentieri

che l’amore percorre nel mio cuore

e i continui feroci abbandoni.

Se in inverno restassi

di più a farmi compagnia,

potresti consolare il freddo

delle mie paure.

Se io nei giorni tiepidi di primavera

ti contemplassi più a lungo,

potrei avere in dono maggiori

ispirazioni.

Se, se...

È inutile farci promesse,

siamo da sempre

due note bugiarde!

 

(da Angoli di vita, InEdition editrice)

 

 

***

 

Poesia

 

Non chiedermi parole,

gesti e arguzie

che non passino di qua.

La vita è un passo discinto

su una via di ciottoli e fiori.

Oggi è un fiore di primavera, domani chissà.

Irresistibile vortice,

corrente impetuosa,

lampi stellati,

zefiri e zagare

e bassa marea,

tutto in te trova pace,

varco e luce,

come me.

 

(da A.A.V.V., Poesia Italiana. Libro rosso, Ivvi editore)

 

 

***

 

Libertà

 

Dimmi che non è più tempo di stare,

di sostare su questo sentire

che poco non pesa.

Annodàti i fili del tempo,

indugio.

 

La rete mi stringe.

Dimmi che è questo il tempo

per levare le vele

e affidarle libere al vento.

 

Vado,

il passo ha fretta,

la vita che resta

non aspetta.

 

(da Il colore delle parole, Poeti in circolo, Jack Edizioni)

 

 

***

 

Cenere e ciliegie

 

Sono nata laggiù, terra feconda,

d'estate rovente,

rose rosse con il capo all'ingiù,

femmina pure.

Di nocciole e uva sapida l'aria,

ai piedi di un monte arrabbiato,

sbuffi di fumo e lanci di pietre.

Sono nata da acqua di sale,

scale e scogli di gelati al caffè

e passi di piedi lungo una via

che di meta di vita il sapore ora ha.

E canti, corse di cielo,

foglie secche e angoli di muro in preghiera

di futuro che adesso c'è.

Sono nata laggiù

da una terra in festa,

magia di luci,

oca grigia in un recinto,

ventre di vacca,

trubbea rossa di ciliegie

e arance amare.

Sono nata su un fianco di terra precaria,

dove le mani stringono i sogni

e hanno braccia lunghe di umanità.

 

(da Cenere e ciliegie, Daimon Edizioni)

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                                                   ASSUNTA SPEDICATO


La poesia di Assunta Spedicato, autrice di notevole spessore, nativa di Bisceglie, si mostra robusta nella sua architettura, radiosa e lirica, a tratti romantica, nei contenuti, laddove principalmente riflette su agognate aperture verso orizzonti celesti, metafora di limpidezza e autenticità del senso dell’esistenza. Non è un estraniarsi dalla realtà quotidiana, soffocata da problemi esistenziali ed economici che ne minano l’impeto vitale, è piuttosto un canto d’amore che libera il proprio cuore, e quello del lettore, suggerendo possibilità di innalzarsi dai detriti ancora in caldo di questa nostra martoriata società. Questo desiderio di elevarsi, recuperando il dono della particella, è comunque maggiormente sublime se condiviso in granelli d’amore con chi ci è accanto.


Granelli d’amore

 

Ho atteso che la notte mi srotolasse

per scortare parole d’oltre cielo

e sentire drenata la mia ombra

al soffice librare di una stella

 

tra i buchi neri del sonno rarefatto

immaginavo malcapitate traiettorie

svanire risucchiate coi detriti ancora in caldo

poi bruciare, e alimentare la luce d’altri giorni

 

potessi staccarmi dalle ossa

recuperare il dono della particella

e fluttuare a riscrivere nel sangue

il gene di piastrine in espansione

 

sapessi levitare con le maree

a premiare il sacrificio della luna

e guadagnare il perdono dei pianeti,

il canto unitario delle costellazioni

 

e se a desiderare con lo sguardo

ci fossi tu dall’altra parte

darei scrittura nella notte

all’improvvisazione di una scia

 

e non sarebbe vago il senso

di questo nostro umano frantumare

notti e giorni, rocce intere

in granelli d’amore nell’oblio del deserto.

 

 

***

 

Convivenze

 

C’è un segno di resa

nelle cose rotte che non si vanno ad aggiustare

e si lasciano andare, con l’attitudine a guardarle

come se ci si specchiasse

con riflesso affezionato, inclini ad accettarsi

così come si resta, usati ed abusati

come se nel riconoscersi fosse insita la via,

il mezzo a spartire un raggio di clemenza.

 

Forse sarà umana l’idea di riciclarsi

l’ingegno a concepirsi altro. Va detto

che non è facile sul tardi,

quando le pieghe sulla pelle son scavate,

pensare di rimediare al meglio

gettando via gli schemi.

 

Se pure fossi io traguardo di alterna prospettiva

per prima dovrei pensare a far pronte anime e persone

abituarle, somministrando congedi graduali

perché c’è un vizio di possesso, persino nel più caro

che attenta la pazienza e la reclama all’infinito

e non ammette gli si cambino i rapporti

anche quando sono rotti

e non c’è verso di aggiustarli.

 

 

***

 

Noi lacrime del mondo

 

Nacqui lacrima, in un atto d’amore

del cielo verso il mare,

sul letto sfatto dal vento

tra le ombre che travagliavano la notte

e un rigurgito di luce, per nutrire

la speranza col taglio d’un giorno nuovo.

 

Crebbi densa, col talento delle nuvole

dimorando tra sorelle, nell’aria delle vette

incurante della sete di pianura

che pian piano vestiva di deserto

l’anima dei luoghi e della gente

venuta meno alle grazie del cielo.

 

Fui lacrima, e poi subito riflesso

prodiga nel togliere luce al senso

nel trascurare d’istruire trasparenze.

Fui rio corrotto nel gorgo d’una smania

dalla foce ingrata e le onde intinte nella rabbia

a indurre il mare contro il cielo.

 

Nacqui lacrima in una notte chiara, di sogni cadenti

e mentre il buio mi reinventava desiderio, evaporai

ogni ambizione, per incoscienza dei miei occhi

troppo piccoli per contenere il mare, così impauriti

da non reggere l’infinito, e perdersi

come un detrito nello sguardo del tempo.

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                                                       DARIO STANCA


Ricca di immagini e di paesaggi agresti è la poesia di Dario Stanca, di origini salentine ma residente nel torinese. È una poesia che richiama, sotto certi aspetti, quella di un Vittorio Bodini o anche di un Rocco Scotellaro o di un Leonardo Sinisgalli, poeti che hanno cantato l’epopea meridionale, il lavoro contadino e l’asprezza meravigliosa dei campi e dei paesi; poeti di cui purtroppo non si parla mai abbastanza. Ma qui il nostro Dario Stanca ripropone questo grande tema meridionale e più specificatamente salentino, con versi brevi e asciutti, essenziali e precisi come pietre lavorate. Si sente la fatica, in questi versi, è palpabile come la polvere, il sole, l’arsura tutt’intorno. Poesia che, grazie anche alle continue assonanze, svela lo scorrere del tempo, delle stagioni, in un universo che rimane fermo, sospeso in sé stesso.


Riposa anche l’aria

nell’arsura d’agosto.

Deposto è il giorno.

 

Fermo/sospeso è il tempo.

 

Il salice tace

sulle basole

addormentate

e il corbezzolo

incanta d’ombra

le vie che scendono

ostinate

fino al mare.

 

Sulle porte deformate

hanno in bocca tabacco

i vecchi del paese,

e bestemmiano di fatiche,

delle loro tante rese.

 

 

***

 

 

Dove riposerà

questo tempo domani?

Quest’ora che ci attraversa

impaziente?

Smarrimenti

di memorie minaccia,

di braccia, volti, parole,

di lantane allineate

nel fuoco dell’estate,

del lauro

che sparava al cielo

il suo profumo

(e noi a guardare

seduti sopra il muro).

Dove riposerà

il nostro tempo domani?

Ci rivedrà ancora

come serpi al sole

mani nelle mani?

 

 

***

 

Acqua di pioggia

bagna l’estate,

e sui vuoti tavolini

rimpianta resta.

 

Dove sarà la salamandra

che attendeva

nel sole?

 

Fanno nido

nei miei occhi

voci di bambini,

felicità rincorrono

nell’aria di tempesta.

 

 

***

 

 

Più non ti riflette

lo specchio del tempo.

Ne miri appena i contorni,

estraniato

nell’istante del vivere.

 

Il passato insegue,

non concluso.

 

Tu ascolti frastornato

il monologo dei giorni.

 

Tu, illuso.

 

 

***

 

Sono grumi di sudore

le parole dei poeti.

Visioni e inganni

che scaldano memorie

o lontani inverni muti.

 

Hanno nomi di uccelli,

musica di foglie secche,

colore di biondi capelli.

 

A stento, sul foglio, trattenuti.

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Tu dunque sortilegio d’amore, incanto e meraviglia.

Anima del mio corpo intrisa d’echi e di libagioni,

verrai qui ad Itaca subendo il naufragio dei miti,

la tua preziosa Penelope sarà pronta di tessuto

fatto e rifatto mille volte con la pazienza della

morte. Alle tue calcagna la ricchezza e i monili,

i tritacarne e l’immondizia di pensieri corrotti.

O tu, blasfemo navigatore di rotte alternative,

o tu, nocchiero inguaiato dal salario d’un

venditore di mete surreali, lì, oltre l’oceano

dei senzadio, spavaldi per mestiere e per

l’uso di rottami di valore scarso:

 

Verrai qui di sicuro, a capofitto sui profumi

del banchetto, pronto già per te o figliuol prodigo,

che hai trascinato vangeli di dolore fino al porto,

digiuno e senza più interessi: verrai qui alla vita!

 

Al giro concluso tornerai con l’alambicco

tra le mani, profusa ogni ricerca tra le pietre

e gli scogli colmi di sirene ammaliatrici: di te

resterà traccia nei libri mai scritti di una storia

familiare, il volto pallido e smorto atteso

dalla sposa in gran daffare, sul pianerottolo

spiaggia di casa tua, di ritorno dall’ufficio.

 

(da Ritratti in lavorazione, Edizioni del Calatino, 2011)

 

Giuseppe Vetromile

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NOTE SUGLI AUTORI

 

 

Carola Allemandi

 Carola Allemandi, nata a Torino nel 1997, è fotografa e autrice.

Nel 2022 pubblica la sua prima silloge poetica, Sembrava il Sole, per “Edizioni Progetto Cultura” di Roma nella collana “Le Gemme”, curata da Cinzia Marulli.

Nel 2023 vince il primo premio nella sezione “Opera prima femminile” del Premio letterario “I Murazzi” di Torino.

Alcune sue poesie sono state tradotte in spagnolo sulla rivista cilena “Revista Altazor” per la rubrica curata da Cinzia Marulli “Nuova poesia italiana”.

Alcune sue poesie sono state pubblicate su blog letterari online come “Poesia del nostro tempo”, “Poetarum Silva”, “Avamposto Poesia”, "Parola Poesia", e sulla rivista cartacea “Articoli Liberi”.

Tra il 2022 e il 2023 ha avuto modo di presentare la sua prima silloge e altri inediti in varie occasioni, tra cui in un evento dedicato alla libreria Binaria (Torino), durante il festival Bookcity di Milano, alla maratona poetica “Bologna in Lettere” e al ciclo di appuntamenti “Incontri con la Poesia” tenuti presso la galleria Weber&Weber di Torino.

Scrive di fotografia per testate come “Doppiozero”, “Snaporaz”, “Siamomine” e “La Scaletta”. Cura l’editoriale di fotografia “Il contatto degli occhi col reale” per la rivista “Torino Magazine” e la rubrica “Pellicole di Poesia” per il blog online “ParolaPoesia”.

 

Marzia Badaloni

Marzia Badaloni, nata a Roma nel 1952, ha frequentato l’Istituto Professionale di Grafica nei vecchi studi di Dino De Laurentis, successivamente Tecnico dei sevizi sociali e studi triennali di grafologia e rieducazione alla disgrafia. Lavora nel campo della rieducazione dei portatori d’handicap. È Direttore di una rivista didattica. Partecipa a concorsi letterari con lusinghieri risultati: nel 1993 ha vinto il Premio internazionale “Orsa maggiore e minore”. Nel 2008 ha ottenuto il terzo posto al Premio “Valle Aniene”.

Ha aderito ad una delle prime associazioni ecologiche, “Kronos 1991”, nel tentativo di restituire le Ville Romane all’opinione pubblica. Scrive testi teatrali, uno dei quali, Sam, viene messo in scena utilizzando le musiche di K.Schulz. Attualmente è impegnata nella scrittura di altri testi teatrali e di poesia.

 

Donato Di Poce

Donato Di Poce ama definirsi autoironicamente “un ex poeta che gioca a scacchi per spaventare i critici”. Nato a Sora (Fr) nel 1958, è residente dal 1982 a Milano. Poeta, critico d’Arte, scrittore di poesismi, fotografo, studioso del Rinascimento e dell’Architettura Contemporanea. Artista poliedrico, innovativo ed ironico, dotato di grande umanità, e CreAttività.

Ha al suo attivo oltre 45 libri pubblicati (tradotti anche in Inglese, Arabo, Rumeno, Esperanto e Spagnolo), 20 ebook e 40 libri d’arte “Pulcinoelefante”. Dal 1998 è teorico, promotore e collezionista di Taccuini d’Artista. Ha realizzato ©L’Archivio Internazionale di TACCUINI D’ARTISTA e Poetry Box di Donato Di Poce, progetto espositivo itinerante. Vedi siti Internet:

https://www.wikipoesia.it/wiki/Donato_Di_Poce; www.donatodipoce.net; donatodipoce.blogspot.com; www.taccuinidartista.it;  www.creactivitybranding.it

 

Giuditta Giuliano 

Giuditta Giuliano (Cerignola, 1995), dopo aver conseguito la laurea cum laude in Filologia Moderna, vince un dottorato di ricerca in Pedagogia e attualmente vive a Bari. Alcune sue poesie tratte da Il sangue illuminato (RPliri, 2023), sua raccolta d’esordio, sono risultate finaliste in vari concorsi come il “Bukowski”, il “Martelive” e il Premio “Inedito – Colline di Torino”.

 

Lucrezia Lombardo

Lucrezia Lombardo nasce ad Arezzo nel 1987. Dopo la maturità classica si laurea in Scienze filosofiche a Firenze con il massimo dei voti, lavora quindi come curatrice, autrice di testi d’arte contemporanea e come giornalista. Attualmente scrive per alcune riviste letterarie internazionali; insegna Storia e Filosofia presso un liceo e collabora con vari atenei privati come docente di Storia della filosofia contemporanea. Oltre ad aver ricevuto importanti premi e riconoscimenti letterari, ha pubblicato il saggio L’Alunno (Divergenze, 2019)le raccolte poetiche La Visita (L'Erudita, Giulio Perrone, 2017), La Nevicata (Il Seme Bianco, Castelvecchi, 2017), Solitudine di esistenze (L'Erudita, Giulio Perrone, 2018), Paradosso della ricompensa (Eretica, 2018), Apologia della sorte (Transeuropa, 2019), In un metro quadro (Nulla Die, 2020), Amor Mundi (Eretica, 2021), Cercando il mezzogiorno (Helicon, 2021), L'errore della luce (Ensemble 2022), La venditrice di menta (Progetto cultura editore 2023); le raccolte di racconti Scusate, ma devo andare (Porto Seguro, 2020) e Un karma distratto (Porto Seguro 2021), il romanzo Kinder (Augh!, 2021).

Ha curato la silloge Elegia Ambrosiana (Divergenze, 2021) con lo scrittore Raul Montanari e ha pubblicato i saggi Due saggi dirompenti. La Repubblica delle occasioni risolutive e il processo coscienziale (Divergenze 2022), e Una vita di lampo (Eretica 2023).

 

Giorgia Monti

Poeta e performer, Giorgia Monti è nata nel 1968 a Forlì, città in cui vive.

È autrice di Che razza di mondo (Cicorivolta Edizioni, 2012); dei testi dell’ep Tra acqua e acqua (Fuzz Studio Recording, 2016) e La balena (Cicorivolta Edizioni, 2020).

Finalista nel 2018 al Premio Claudia Ruggeri a cura di Versante Ripido in collaborazione con Terra d’ulivi edizioni.

Prima classificata al Premio Bologna in Lettere 2019, sezione poesie singole inedite e segnalata nel 2021 per la medesima sezione.

Prima classificata al Premio nazionale Terra di Virgilio 2020, sezione “Vita di scienza e d’arte”, riceve menzione speciale nel 2021.

Sue poesie compaiono in antologie, blog e riviste anche tradotte in inglese, rumeno e spagnolo.

È cofondatrice, insieme a Serena Piccoli, dell’Associazione Culturale Lestordite per la diffusione della poesia, la parità di genere e contro ogni forma di discriminazione.

Sempre insieme a Serena Piccoli è ideatrice e direttrice del Festival Internazionale di Poesia e Arti Sorelle e curatrice della rubrica di poesia contemporanea “Verso l’Italia” sulla rivista di cultura rumena “Tribuna”. 

Dal 2021 è membro della redazione di Versante Ripido e dal 2023 entra nel direttivo come Vicepresidente.

Attualmente sta lavorando al suo terzo libro.

 

Laura Pierdicchi

Laura Pierdicchi è nata a Venezia e vive a Mestre. Ha pubblicato quattordici volumi di poesia e un libro di racconti. Cura recensioni e articoli per riviste e quotidiani con argomenti di letteratura e di cultura varia. È inserita nell’antologia tradotta in lingua romena Echi d’acqua, curata da Ştefan Damian e in quella tradotta in lingua spagnola Venezianamente a cura di Nadia Consolani Quiñones. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti ed è presente in più repertori e antologie di poesia contemporanea. Alcune riviste straniere, come le spagnole Caleta, Por Ejempio, Puente chico, Revistatlntica e la rumena Steaua, hanno dedicato servizi sulla sua poetica, con pubblicazione di diverse liriche. Anche nella rivista Vernice appare un ampio servizio sulla sua attività. È componente di giuria in concorsi letterari e svolge intensa attività pubblica di partecipazione a manifestazioni culturali. Sue poesie sono state tradotte in tedesco e presentate da Helmut Meter al Musil Archiv di Klagenfurt, in occasione del cinquantenario dalla morte di Alfred Musil, e pubblicate in I nascosti colori della vita. Ha ricevuto la nomina di redattrice della Rivista “Vernice” della Genesi Editrice di Torino. Di lei si sono interessati molti critici e scrittori. Tra i più noti: Cajani, Cara, Civitareale, Della Corte, Ferri, Giudici, Grasso, Magrelli, Majellaro, Pazzi, Pent, Piccari, Rebellato, Risi, Ruffilli, Scrignoli, Squarotti, Troisio, Zanzotto, ecc. È presente nei siti “Italian-poetry.org” e “Genesi.org”. Nel sito “Literary.it” è inserita la sua completa attività poetica.

 

Luca Pizzolitto

Luca Pizzolitto nasce a Torino il 12 febbraio 1980, città dove attualmente vive e lavora come educatore professionale. Da più di vent'anni si interessa e si occupa di poesia.

Tra i suoi libri figurano: Dove non sono mai stato (Campanotto), Il tempo fertile della solitudine (Campanotto), Tornando a casa (Puntoacapo).

Con la Casa editrice “peQuod” ha pubblicato, nella collana Rive: La ragione della polvere (2020), Crocevia dei cammini (2022), Getsemani (2023, prefazione di Roberto Deidier).

Nel 2023, è stato inserito all'interno dell'antologia Nord i poeti, vol. II, edita da Macabor.
Da fine 2021 dirige la collana di poesia Portosepolto, sempre per conto della casa editrice peQuod.

È ideatore e redattore del blog poetico Bottega Portosepolto”.

Cura la rubrica Discreto sguardo per la rivista online “Poesia del nostro tempo” e Polaroid - istantanee di poesia per “FaraPoesia”. Collabora con il blog letterario L’Estroverso.

 

Giovanna Secondulfo

Giovanna Secondulfo ha origini vesuviane, ma vive a Milano, dove insegna lettere. Impegnata in numerose iniziative culturali e sociali, è da sempre appassionata di scrittura. Collabora con diverse case editrici ed ha contribuito alla realizzazione di diverse raccolte antologiche, come Rosso con Ivvi Edizioni e la più recente silloge Il colore delle parole con Jack Edizioni. Premiata più volte in concorsi letterari, è autrice delle  sillogi poetiche Angoli di vita, edita da InEdition e Cenere e ciliegie edita dalla Daimon Edizioni. È stata insignita del premio Sorellanza 2021 dalla prestigiosa associazione “My Emotion Life”, con cui collabora alla realizzazione di incontri poetici nel programma settimanale “Pillole di Umanità”. Giurata in diversi e noti premi poetici, è il presidente del premio poetico “Benvenuta Sorellanza”.

 

Assunta Spedicato

Nata a Bisceglie, Assunta Spedicato ha conseguito il diploma di maturità tecnica finanziandosi col suo stesso lavoro, in quanto orfana di padre dall'età di 14 anni. Nonostante l'ambiente familiare ostile, coltiva segretamente la passione per la poesia, fino a trovare consensi grazie alla partecipazione a premi letterari nazionali. Diversi i riconoscimenti conseguiti finora. Nel 2017 ha pubblicato la sua seconda raccolta poetica Ubriaco di vita i miei giorni in qualità di vincitrice del 1° Premio alla terza edizione del Premio Letterario Nazionale Casinò di Sanremo "Antonio Semeria". Dal 2018 è coordinatrice del Premio Letterario Internazionale Napoli Cultural Classic, giunto alla XVIIª edizione. Ha fatto parte del Comitato Editoriale Libri nel Borgo Antico, festival letterario organizzato dall’Associazione Borgo Antico di Bisceglie e collabora in qualità di giurata in diversi premi, tra questi il Concorso “Trieste… Invito alla Poesia” indetto dall’Associazione Poesia e Solidarietà di Trieste.

 

Dario Stanca

Dario Stanca, nato nel 1973, si laurea presso l’Università del Salento in Filosofia, con una tesi su Carlo Michelstaedter.

Ha curato il volume Anacleto Verrecchia, Meglio un demonio che un cretino (El doctor sax).

Per la poesia, ha scritto una prefazione al volume di Giorgio Gramolini, Vita breve.

Appassionato lettore di aforismi, ha firmato la postfazione di Per un piccolo ordine di grandezza, dell’aforista Amedeo Ansaldi.

Ha inoltre curato per “Il foglio clandestino”, aperiodico ad apparizione aleatoria, n.88/89, una raccolta di aforismi con nota critica sullo scrittore e saggista Antonio Castronuovo.

Di origini salentine, vive e lavora in provincia di Torino.

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                                                   10 novembre 2023

 

Presentazione in diretta video del 36° Volume

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