Introduzione
In un
mondo sempre più lacerato e dilaniato da conflitti crudelissimi in varie parti
del globo ma prevalentemente concentrati nell’Europa dell’Est e nel Medio
Oriente; in un mondo dove, parallelamente, il pensiero e il comportamento di
ognuno di noi è continuamente e fortemente condizionato da modelli omologanti e
da nuovi valori che si contrappongono nettamente a quelli sacri e fondamentali
di una volta; in un mondo in cui, per necessità, si è portati a curare il
necessario per sé stessi e non per gli altri, ingigantendo egoismi,
nazionalismi, diffidenze e odii razziali; in un mondo dove tutto sembra un film
da guardare tranquillamente mentre si pranza o si cena, e le scene più macabre
e orribili, come le uccisioni di bambini e le violenze sulle donne, scorrono
davanti ai nostri occhi nella più grande indifferenza; in un mondo che viaggia,
forse, verso il baratro della propria imminente estinzione: l’arte, e tra
queste la poesia, che ruolo, che significato, che utilità può avere? Domanda da
cento milioni, e forse, anzi sicuramente, superflua, retorica.
La verità
è che da quando esiste l’uomo su questa terra, le civiltà che questo essere ha
creato hanno sempre avuto vita più o meno breve, beninteso nel calendario
infinitamente lungo della creazione. Civiltà che sono nate, si sono sviluppate
e poi sono scomparse, in tutti gli angoli del mondo, dall’India alla
Mesopotamia, dall’Egitto ai Greci, ai Romani, e dai Maja agli Aztechi e agli
Inca. Corsi e ricorsi storici, diceva bene Giambattista Vico.
E
naturalmente ognuna di queste civiltà ha tessuto in sé e su di sé l’abito
meraviglioso dell’arte, e nelle più recenti anche la poesia, la musica, la
pittura, la scultura, il teatro. Riferendoci più propriamente alla poesia,
direi che ogni epoca, ogni civiltà ha avuto i suoi grandi poeti e la sua grande
poesia. Poesia che sicuramente rifletteva i valori, le idee, i costumi, la vita
di quei tempi, di quelle civiltà.
Ma oggi?
Possiamo dire che anche oggigiorno la poesia, in generale, sia lo “specchio dei
tempi”? Direi di sì, perché inevitabilmente l’arte, e quindi la poesia,
raccoglie e interpreta continuamente i messaggi provenienti dalla realtà, li
utilizza per indicare e magari anche denunciare lo stato delle cose, cercando
in ogni modo di costruire una nuova etica, o magari di ricostruire una sorta di
civiltà perduta: così si fa avanti la poesia civile, la poesia sulle tematiche
della pace, della violenza sulle donne, ma anche quella del disappunto e della
perdita di un senso dell’esistenza in un mondo caotico e frastornato dove l’io
è ormai ridotto a soggetto quasi inesistente.
Ma il
ruolo della poesia rimane indispensabilmente quello di aprire porte dentro
l’umanità e vederci chiaro, o almeno tentare di vedere, con coraggio e
ostinazione, la verità della propria natura essenziale.
Non so se
gli undici autori (stavolta sono 11) di questo volume la pensano nello stesso
modo. Di sicuro la loro poesia non è artificio ma sincero e importante
contributo alla cultura letteraria attuale: ce n’è ancora grande bisogno,
perché non si perda definitivamente il desiderio e la forza di mettere a frutto
la propria creatività, perché non degradi ancora di più nella mera materialità
questa nostra martoriata umanità. Li ringrazio di cuore per questa luce di speranza
e di amore che hanno voluto accendere nelle nostre buie stanze.
Giuseppe
Vetromile
CAROLA ALLEMANDI
La caratteristica principale che connota il dire poetico di Carola
Allemandi, valente autrice torinese, è proprio il cogliere, da esperta
fotografa quale essa è, anche, i paesaggi di una realtà circostante pervasa da
un senso di distacco e di abbandono, dove l’umanità cerca di individuare le
strade migliori per il raggiungimento di uno stato di grazia, attraverso un
cammino di redenzione tra le rovine e i disfacimenti che, metaforicamente,
sgretolano l’attuale società. Si tratta qui di una ricerca continua del vero
senso dell’esistenza, una volta epurate le ossidazioni e gli stereotipi di un
mondo falso e ipocrita. La ricerca di una nuova luce, nell’andare e per
raggiungerla: “Arrivare significa / una
macchia che si allarga negli occhi, / venirne a conoscenza, lì trovare / casa, restare una giornata intera. / La
strada verso. / Noi imboccandola”.
Si spegneva sopra i tetti un termine
rimosso e mai
più riavuto, là dove
sbatteva le
sue ali un animale.
Sulle scale
il mondo ci guardava: i suoi
eredi ormai
del tutto consapevoli,
noi, tra la
strada e il bosco, cercando
tra i
disordini di risparmiarci,
due righe per
capire dove siamo
sul terreno.
Arrivare significa
una macchia
che si allarga negli occhi,
venirne a
conoscenza, lì trovare
casa, restare
una giornata intera.
La strada
verso. Noi imboccandola.
***
L’altra città
chiamava a sé i vivi
più lontani,
quelli che non sapeva
essersi persi
già da tempo: il vero
sbaglio era
cercarli tra le strade
che loro
soltanto conoscevano.
Noi pure
vivevamo nel risveglio
l’unico
motivo che ci portasse
altrove,
verso i luoghi del presente:
la pianura,
il suo venire a noi, tutto
il tempo
speso per attraversarla.
***
Una chiarezza
contornava il lago
dopo la
salita; l’acqua ferma
nelle ore
prolungava il battito
continuo del
viandante sull’attimo
di terra che
vedeva. Niente di ciò
che stava
sulla riva poteva
esistere
altrove. L’inganno era
la strada del
ritorno, unico segno
del
passaggio, il suo presente uguale.
***
Era questa
stanza aperta, segreta
ombra tra le
correnti a decadere
di nascosto.
Il profilo come apparso
dileguava,
aveva in sé quanto tutti
chiamano da
tempo. Essere là ancora,
nel compiersi
in segreto degli eventi,
nel discorso
serale dei caduti,
nel tanto
chiaro di quei volti che
tornati a noi
si fingono rinati.
***
Il corpo
visto apparire tra le acque
si formava
come ombra frammentaria,
un’altra
creatura naturale
da
distinguere dal resto. Bastava
seguirne il
passo che, fluttuante, sempre
si perdeva
tra le argille di terre
troppo
secche, cancellate per metà.
Si sfaceva
guardandola, lei viva,
e come
materiale nell’assenza,
nel ricordo
generato. Vagava,
parte sola di
un più segreto altrove,
come l’eco
persa d’ognuno vaga.
***
Il termine
era fissato per andare
a ritrovare
gli spazi che, ora pieni,
mantenevano
il segreto di tutti
coloro che li
oltrepassavano: lì
il piede era
aiutato a proseguire,
le bestie
erano mute. Fermandosi,
si vedevano
le forme nel poco
sole che
filtrava farsi un’unica
figura da
seguire. Il suo messaggio
era la
direzione necessaria
a non
perdersi, così spesso chiara.
(Testi inediti)
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MARZIA BADALONI
Marzia Badaloni, romana, attua una poesia riflessiva molto profonda,
soffermandosi su ideali di libertà che soltanto tramite l’arte e la poesia è
possibile perseguire. Ed è significativo l’accostamento che lei compie tra le
parole (poetiche) e i meccanismi della mente, laddove questi vengono carezzati come se fossero petali di
fiori delicati. E delicata e soave è la sua stessa poesia, specialmente quando
inneggia, appunto, all’atto creativo che è insito in essa. Nei suoi versi,
caldi e armoniosi, si evince una tendenza a ricostruire la realtà fidando nella
libertà e nell’amore.
L’intensità
Come
petali, le parole
carezzano
la mente.
I
dendriti massaggiati
dal
timbro della tua voce,
attivano
i neuroni,
rilassando
le connessioni.
Son
parole comuni
articoli,
verbi, nomi
l’hai
trasformate.
Rendendole
nuove e sconosciute.
Esse
si sono lasciate andare
come
l’amante
che
vorremmo avere accanto.
***
L’azione creativa
Snodavo
i pensieri
come
fossero matasse
nella
ricerca affannosa delle idee.
Ma
l’atto creativo
impastato
nei pigmenti ad olio
incantava
dell’amplesso
dalla mano alla tela.
Le
immagini
mi
rendevano libera
e
schiudevo me stessa
tra
il giallo e rosso
passando
attraverso i blu.
Carne
che si fa viva
sul
piano inclinato
supporto
ideale
come
l’alcova per gli amanti.
È
l’amore che vince
nell’atto
sublime con il gesto ispirato.
***
Vibrazioni
Come
le foglie
sui
rami
che
si agitano al vento.
Così
io reagisco
quando
la somma dell’emozioni,
si
moltiplicano
elevando
lo stato creativo.
***
Giuramento
Debbo
smetterla
di
farmi del male
avviluppandomi
nella
spirale perversa
del
dolore,
per
ciò che gli occhi vedono
e
il cuore sente.
Come
se fosse
l’opera
del mio agire
il
male che corrompe
il
mondo.
Ma…
Affonderò
le mani
nel
sangue
nelle
carni
fino
a quando
l’urlo
squarcerà
il
silenzio.
DONATO DI POCE
È una poesia graffiante ed ironica, quella di Donato Di Poce, nativo di
Sora nel frusinate ma residente da anni a Milano. A volte la poesia assume
anche questo ruolo particolare, apparentemente scherzoso, ma pregno di quelle
verità nascoste che tutti, forse, conosciamo generalmente, ma che per quieto
vivere o anche per abitudine e persino per comodità, sottovalutiamo o
tralasciamo del tutto. Verità che la poesia può (e forse deve) tranquillamente
indicare e suggerire, e Donato Di Poce non se ne sottrae, utilizzando persino
la forma dell’acrostico.
ARTCHITETTURA
Artchitettura
è forse
Ritrovare
un respiro d’Arte Totale
Tra
le rovine del tempo
Costruire
nidi di luce
Habitat
a misura d’Uomo
Incastrare
idee e progetti
Tra
le ferite della Storia
E
uno spazio funzionale
Tra
verticalità e orizzontalità
Tra
vortici di pura bellezza
Umane
case di vetro sul mare
Riprogettando
città radiose
Anime
e strutture meravigliose.
Milano, 1/05/2023
***
ERETICI & I(R)REGOLARI
a Mauro Rea
Irregolari come le foglie gialle sugli
alberi
E i funghi nascosti nell’erba.
Irregolari come le api innamorate
Che ronzano intorno ai fiori.
Irregolari come comete
Che indicano la via dell’infinito.
Irregolari come scintille di fuoco
Che accendono altri fuochi.
Irregolari come parole nuove
Nascoste nei silenzi scritti dei poeti.
Irregolari come pazzi innamorati della
vita
Senza sapere cosa sarà la vita.
Irregolari come poeti eretici
Che accendono la notte con un respiro.
Irregolari come lacrime clandestine
Che inondano il Mediterraneo.
Irregolari come eretici
Che scrivono l’indicibile.
Irregolari come artisti
Che creano visioni mai viste.
Irregolari che cercano e trovano la
bellezza
Nell’abbraccio solidale del mondo.
Irregolari come uomini che regalano un
sorriso
Attraversando il male di vivere.
Milano
17/09/2023
***
EX POETI
Quelli che giocano a scacchi per
spaventare i critici
Quelli che hanno pubblicato almeno 10
libri di poesie
Quelli che non hanno mai pubblicato un
libro
Quelli che leggono Artaud, Giordano
Bruno e Pasolini
Quelli che collezionano Taccuini
D’Artista
Quelli che amano visitare gli Atelier
degli Artisti
Quelli che scrivono poesismi e
denigrammi
Quelli che di notte potano la loro
glicine mentale
Quelli che ascoltano il silenzio
creativo
Quelli che scrivono con gli occhi
Quelli che fotografano sogni strappati
sui muri
Quelli che cercano la bellezza
nonostante il dolore del mondo
Quelli che studiano Il Rinascimento e
L’Architettura
Quelli che camminano con il mare in
tasca
Quelli come noi che vivono, amano,
sopravvivono
E scrivono ex poesie all’insaputa dei
poeti.
Donato Di Poce (ex poeta)
Milano,
15/06/2023
***
SCRIVERE
Mi sottraggo
a questo sfarfallio
Di mediocri
senza ritegno,
Mi sottraggo
agli abissi della ragione.
Voglio
sottolineare l'importanza degli opposti
La bellezza
dei muri e dei perché.
Domani sarò
vento e neve
Sarò cenere e
fuoco
Sarò solo una
ferita di futuro
Un silenzio
sbocciato per caso
Tra le crepe
della scrittura.
Scrivere è
solo un orizzonte di possibilità
Un ponte di
umanità
Tra due
solitudini.
Milano 13/02/2023
(dalla
raccolta inedita Diario di un ex poeta)
Di
Giuditta Giuliano, giovane autrice di Cerignola, abbiamo già avuto modo di
parlare in Transiti Poetici a proposito della sua interessante silloge Il sangue illuminato, edita recentemente
da RPlibri di Rita Pacilio. Riconfermiamo quindi innanzitutto la sua freschezza
e originalità del dire poetico, sobrio ed essenziale. Nei brani che seguono,
proposti dall’autrice, è evidente l’accostamento del suo dettato alla realtà
spasmodica e trafelata dell’esistenza, la ricerca di un riferimento immediato e
stabile in cui il corpo (o umanità) possa svincolarsi in qualche modo dalla
tirannia del tempo (“Il corpo esige una
pace sottile”…). Il linguaggio e lo stile aderiscono pienamente al vortice
esistenziale dell’odierna società, denunciandone parallelamente, con accurata
parodia, la negatività.
Il corpo
si tiene
sveglio,
tra le sue
parti
comunica
pulsa
esige una
pace
sottile.
Dalla
cabina di
comando
tutto ok;
le ore
pomeridiane
passano
indenni.
Oggi non
esiste
il tempo
dell’attesa,
tutto è
Qui
come
abbaglio
in una
stanza
tersa,
mai
abitata.
***
L’uomo è
ghirlanda
lieve,
assenza
prona ad
accogliere.
È l’ora
del respiro,
ora.
L’estate
finisce
con uno
sparo
a salve.
[La mia
fede scavalca
di mille
e mille
passi
il firmamento.]
***
Qui
dilaga
il secondo
non c’è
assenza
né limite,
il bianco
è eroso
fino al
suo
Nulla.
L’infinito
lavora
per
sottrazione
(da Il
sangue illuminato, RPlibri Ediz., 2023)
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LUCREZIA LOMBARDO
L’aretina
Lucrezia Lombardo è una voce poetica di notevole importanza e spessore, avendo
tra l’altro già pubblicato diverse raccolte con editori importanti e
dedicandosi con impegno e competenza in collaborazioni editoriali e curatele di
antologie. Qui propone una selezione di brani editi e inediti in cui sembra
emergere, essenzialmente, un sentimento di velata malinconia nei riguardi di
una realtà in cui è preminente l’abbandono e la solitudine: temi ben
raffigurati nei versi che parlano dell’autunno e di un’epoca passata dove la
semplicità e la genuinità della vita era forse più gradevole (“I bambini avevano calzoni corti e le
bretelle”…). Ma nei versi l’autrice non effonde né rimpianto né tantomeno
biasimo, piuttosto emergono elementi positivi nonostante tutto (“c’è vita persino
nelle arricciate carte”…), in una visione
ottimistica e romantica della vita.
Autunno rosso
Vorticano alla
maniera del mare
le foglie.
Le lacrime d’oro degli alberi
cospargono il
selciato.
È un mattino in cui
preme
un richiamo di nubi:
fuggono come stormi
impazienti
verso il blu
profondo
dei monti.
È un mattino
in cui c’è vita
persino nelle arricciate carte
abbandonate
distrattamente
da mani d’uomo.
È un giorno in cui
restano indietro le
preoccupazioni
e le parole spiegate
svaporano al vento.
Resto desiderando il
rossorre
che tinga anche me
della pace
d’autunno,
della pace del nuovo
che risorge
dalla spoglia
corteccia
dei pioppi
cittadini.
(da L’errore della luce, Ensemble, 2022)
***
Un quartiere a sud
Nel cuore
dei quartieri popolari
i panni
stesi
sventolavano
sulla strada.
I bambini
avevano i calzoni
corti e le
bretelle.
La
partenza,
la
tristezza d’aver perduto il mare.
Era un
addio.
Il giorno
da allora durava di meno,
faceva
buio presto
sul volto
delle persone.
(da La venditrice di menta, Progetto Cultura,
2023)
***
Il gelo d’inverno
Formiche
mimiamo
un’esistenza
illudendoci
d’una gioia fragile
come ali
di farfalla.
Abbiamo
amato quegli anni
che il
tempo ha divorato,
porto
addosso la colpa
di non
aver compreso
ch’è il
cuore
una
vetrata su cui s’infrange la luce
proiettando
sagome incerte
sui
terreni vaghi
che i
piedi calpestano
indistintamente.
Continua a
brillare
il gelo
d’una maestosità infinita
che non
conosce
quel
perduto rider di niente
e ignora
l’ormai lontano
non sapere
che
fuggirà il giorno.
(da La venditrice di menta, Progetto Cultura,
2023)
***
Il volto nascosto della vita
Dalle pareti ho
sbirciato
il risplendere
riflesso dei mattini:
erano le cose accese
prima ancora che la
vista si posasse
sul loro spessore.
(Inedito)
***
Polline di terra
Nella fermezza del
topazio,
oltre l’inganno
dell’aria,
nei riflessi di
cristallo della luce,
oltre l’intreccio di
rami della boscaglia,
laddove etruschi
eressero i loro templi,
si denudano le cose
in uno sprazzo
ch’è il tempo del
loro istante,
come il mattino che
filtra dalle tende
e s’insinua mistico
a reinnescare la
realtà.
È questo tenue tocco
di vento
che lucida la pelle
l’incertezza della
vita,
il suo essere un
polline di terra,
un lampo.
(da L’errore della luce, Ensemble, 2022)
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GIORGIA MONTI
È una
poesia viva e immediata, quella di Giorgia Monti, di Forlì, poetessa e
performer. Nei brani che qui di seguito propone si nota subito, infatti, il suo
dettato asciutto, quasi sbrigativo, ma essenziale, che incide in profondità con
descrizioni / riflessioni epigrammatiche apparentemente slegate l’una
dall’altra, ma che in realtà descrive un mondo nascosto dalla “normale” e
monotona realtà sociale quotidiana, facendo risaltare particolari minuti ed
emozioni semplici ma significative nella loro autenticità: “La macina in pietra / è coperta dal legno /
La farina colora ragnatele / di bianco”, e anche: “Gli occhi gli si bagnano / quando parla del gatto”. I versi si
susseguono perentori lungo una catena di immagini e situazioni che rifulgono
nella assoluta essenzialità e spigolosità contrastanti dei temi.
1.
La terza sarà per l’acqua
si è detto
Il calicanto stenta
il fiore non odora
Gli anemoni nei boschi
spariti
Il giglio selvatico
non si trova
Ilario di notte
tiene il gatto in casa
Di notte
i lupi si fanno le ossa
Una fiammata rossa
sistemerà ogni cosa
2.
Ilario ha una camicia a scacchi
blu e rossi
L'aria di inizio febbraio
stesa sulla collina
verde di grano
La macina in pietra
è coperta dal legno
La farina colora ragnatele
di bianco
Lui muove i sacchi
pesa pacchetti esatti
I conti li fa con la penna
nella mano che sembra
una roccia
Gli occhi gli si bagnano
quando parla del gatto
3.
La casa aveva le foglie
Molte foglie aveva la casa
Le lenzuola di ortica buona
La carne solo nel piatto
sempre meno
sempre meno
Schiacciavi le patate nel latte
Credevi alle gelate
notturne
I piedi bagnati dentro le
scarpe
Nella tasca del nonno morto
le caramelle
4.
La bambina abbandonata
non vuole morire
Chi ha scordato la
bambina?
I piedi la portano sempre al fiume
Al fiume i sassi sono spinta migliore
La bambina abbandonata
non trattiene le piume
Chi ha spogliato la
bambina?
Le braccia nel bosco si allacciano ai fusti
Nel bosco i fusti sono il padre maggiore
Ha due voci la bambina
Chi ha tradito?
Chi ha tradito la
bambina?
La bambina di notte
increspa le labbra
È sola la bambina
non piange
non sogna
Si fissa con la notte
(Inediti)
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LAURA PIERDICCHI
Come
molti poeti, anche la veneta Laura Pierdicchi rivolge le sue maggiori
attenzioni ai grandi interrogativi della vita, del creato e dell’esistenza.
Autrice di numerose pubblicazioni e tradotta anche in altre lingue,
collaboratrice attiva di diverse riviste letterarie, Laura Pierdicchi ha dunque
sviluppato questa grande sensibilità nei confronti della realtà e soprattutto
per i lati e i processi più misteriosi e nello stesso tempo grandiosi che essa
ci mostra, quotidianamente e lungo il percorso della sua evoluzione (“Durante il tempo con occhio minuzioso / ho
seguito e raccolto ogni dettaglio / per capire i movimenti – il flusso del
reale”…). Questi messaggi arcani dal mondo si traducono in forma poetica di
grande efficacia in Laura Pierdicchi, la quale con versi che sembrano cantare
le meraviglie del creato, non si ferma dinanzi all’inspiegabile, bensì avvia
una ricerca approfondita nel cuore di sé e delle cose, riuscendo ad
oltrepassare con la sua nuova vista
astrale, l’immanenza della materia.
Durante il tempo con occhio minuzioso
ho seguito
e raccolto ogni dettaglio
per capire
i movimenti – il flusso del reale
la
complessità dei giochi e interscambi –
ho
osservato e registrato il trasformarsi
nel
succedersi degli eventi – nelle infinite
probabilità
di variazioni – nella pluralità
del
possibile e del voluto. Ho sviluppato
a poco a
poco una vista astrale – ho toccato
l’impalpabile
nel variegato mondo delle cose.
L’acqua
intanto riduceva il calore
del
battito troppo acceso e tra le mani
a volte
solo briciole di pietra. Ho imparato
a leggere
il ritmo del fluire nell’infinito
intrigo
del sistema – ma dall’inizio
a tutt’ora
balbetto di fronte allo sgorgare
del
mistero – alla fuga delle ombre
al clamore
delle loro danze scatenate.
***
Fuori è
silenzio – insolito silenzio.
I motori
spenti o lasciati
per
assaggiare di nuovo la terra
nel suo
respiro d’ottobre
neanche
il pino
si muove –
nemmeno un fruscio
invece in
me scalpitio
di
pensieri lungo il labirinto
della
persa memoria.
In
questa calma
il
contrasto si accende
(battito
di chiodi sulle pareti –
rivolta
dei ricordi sotterrati
per
fingere di non avere ricordi).
***
La pioggia sulla finestra obliqua
batte
incessante e si riflette
(ira di
Colui che ci costringe
al guscio
di lumaca) – l’angoscia
s’infiltra
tra il sentito
(disastri
ripetuti trasmessi e ripetuti)
la sera
con le mani alte implora
ogni tanto
scivola – pulisce il vetro
mi dice
”guarda”. Io vedo fradicio
il
fogliame appeso – impiccato
e tutto
trema
sotto la
fioca luce del lampione…
***
Aprile
– un giorno che lava
le
consuete polveri sottili (una breve tregua
per
l’affanno costante della terra)
un
giorno che si sposa al brivido
lungo
di gennaio nella pazzia
ormai
accertata del nuovo tempo
e lei
col
suo troppo peso sprofonda sul divano –
con
i troppi anni s’ingarbuglia
e
sbaglia a volte il fatto e l’emozione
(come la
terra anche lei in affanno)
ma a volte
per una speciale grazia
lei sente
e nella
pazzia dell’abbandono
si
scioglie nell’abbraccio astrale
del suo
uomo in reale contatto.
Bevo il
tuo fiato
come
assetato ai piedi di una fonte
d’acqua
sorgiva. Il tuo essere in me
serpeggia
e si diffonde.
(da Il tempo diviso, Cierre grafica, Verona)
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LUCA PIZZOLITTO
Anche Luca Pizzolitto, valente e impegnato poeta torinese, ama seguire una linea poetica essenziale, asciutta e diretta. Una sintesi estrema di concetti e riflessioni, espressi prevalentemente con testi brevi, quasi epigrammatici, conduce il lettore a immergersi in un mondo stretto e parzializzato, metafora di una realtà sociale chiusa in sé stessa, egocentrica e desolata. Il poeta ascolta il mondo e soprattutto studia l’influenza che questo esercita sulla propria sensibilità, anima, coscienza, cuore… Così Luca Pizzolitto, attento e sensibile osservatore, riesce con la sua poesia ad offrire brani aderenti a questa realtà, riflessi verosimili di una quotidianità spicciola e approssimativa. In tutto questo, lui, come poeta ma soprattutto come uomo, cerca un riferimento sicuro, un punto fermo, un recupero di autenticità: “La follia del sonno / disfare le stanze in cui / abbiamo vissuto / - ho cercato casa, riparo nel vento”…
Le mani strette sotto
il cuscino, il niente
che segue l'amore.
Cadi, dio inatteso, cadi
in puro sguardo visione
ciò che amato muore,
non resta.
*
Luglio qui si attende
nelle crepe.
Scrivere è il mio
secondo esilio.
*
Tradito e perso l’istante
esatto del fuoco
ombra rubata al sole
la follia del sonno
disfare le stanze in cui
abbiamo vissuto
– ho cercato casa, riparo nel vento.
*
Separate
acque al deserto
della mia sete
le esequie del mare la noia il gesto il perdono
la parola taciuta, il nostro manto di rovi
(in questo inverno, tutti gli inverni)
*
Spina di cardo
bianco costato
folle perdono
del sangue
-
mio padre
è cieco,
traccia la via
solo col canto
*
Il piatto vuoto, sul tavolo, in cucina.
Il solco degli occhi, di ogni tua attesa.
Sapere il tempo, distruggere il fuoco.
*
Custodite, dici, custodite
del ventre la piaga, il caldo
respiro dei sassi, i corpi
separati così vicini al morire.
Le vuote stanze di Dio
misurati spazi in rumorosa
quiete.
*
Ciuffi di parietaria,
insetti morti, lo stelo
del cardo fiorito
nel sonno.
Cade vita dagli occhi
arde la fossa
- l'inatteso risorto.
*
Manto di spine
lacera il verbo
volto d'antica
inumana bellezza
- Dio -
ha sempre sete
chi rimane.
***
Un cielo caduto
l'ultima pietra sul viso
vieni dal vento, dal grido
schiacciato in gola
questa distanza da me,
da tutte le cose.
*
Chi getta il tuo nome nell'abisso
per trenta denari?
Chi dorme durante la veglia?
Chi stringe i polsi e ti spinge
in catene?
Si spegne il canto
perdono e rovina -
gocce di sangue
dal volto di Dio -
Nessuno torna innocente
da questo Getsemani,
nessuno è mai stato
fedele davvero.
*
Inquieto stare dei corpi,
sacre albe di luce
bicchieri vuoti
trasfigura l'attesa,
l'umano tormento
in danza.
(da Getsemani,
peQuod, 2023)
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GIOVANNA SECONDULFO
In
Giovanna Secondulfo, di origini vesuviane ma residente a Milano per motivi di
lavoro, traspare in modo evidente un sentimento di libertà e di apertura nei
confronti del mondo, il che si traduce in una poesia luminosa e romantica,
seppure, a volte, non manchi qualche velo di scherzosa ironia. Autrice di
diverse significative raccolte poetiche, delle quali qui di seguito propone
alcuni brani, la sua maggiore impronta poetica si conferma in Cenere e ciliegie, di recente
pubblicazione, dove è preminente la memoria dei luoghi natii, e qui i suoi
versi esprimono in modo altamente lirico il suo profondo senso di nostalgia,
che non è rimpianto, bensì alimento prezioso con cui nutrire il viaggio
esistenziale.
Io e la luna
Se tu mi
parlassi
potrei
capire
i tuoi
lunghi periodi
di
solitudine, senza stelle
e le tue
continue e altalenanti magie.
Se tu
ascoltassi i miei sospiri
da quelle
rive remote
di notte,
quando
sdegnosa
velata da
nubi
a stento
ti lasci vedere,
potresti
capire
i lenti
sentieri
che
l’amore percorre nel mio cuore
e i
continui feroci abbandoni.
Se in
inverno restassi
di più a
farmi compagnia,
potresti
consolare il freddo
delle mie
paure.
Se io nei
giorni tiepidi di primavera
ti
contemplassi più a lungo,
potrei
avere in dono maggiori
ispirazioni.
Se, se...
È inutile
farci promesse,
siamo da
sempre
due note
bugiarde!
(da Angoli di vita, InEdition editrice)
***
Poesia
Non
chiedermi parole,
gesti
e arguzie
che
non passino di qua.
La
vita è un passo discinto
su
una via di ciottoli e fiori.
Oggi
è un fiore di primavera, domani chissà.
Irresistibile
vortice,
corrente
impetuosa,
lampi
stellati,
zefiri
e zagare
e
bassa marea,
tutto
in te trova pace,
varco
e luce,
come
me.
(da
A.A.V.V., Poesia Italiana. Libro rosso,
Ivvi editore)
***
Libertà
Dimmi
che non è più tempo di stare,
di
sostare su questo sentire
che
poco non pesa.
Annodàti
i fili del tempo,
indugio.
La
rete mi stringe.
Dimmi
che è questo il tempo
per
levare le vele
e
affidarle libere al vento.
Vado,
il
passo ha fretta,
la
vita che resta
non
aspetta.
(da
Il colore delle parole, Poeti in circolo,
Jack Edizioni)
***
Cenere
e ciliegie
Sono nata laggiù, terra feconda,
d'estate rovente,
rose rosse con il capo all'ingiù,
femmina pure.
Di nocciole e uva sapida l'aria,
ai piedi di un monte arrabbiato,
sbuffi di fumo e lanci di pietre.
Sono nata da acqua di sale,
scale e scogli di gelati al caffè
e passi di piedi lungo una via
che di meta di vita il sapore ora ha.
E canti, corse di cielo,
foglie secche e angoli di muro in preghiera
di futuro che adesso c'è.
Sono nata laggiù
da una terra in festa,
magia di luci,
oca grigia in un recinto,
ventre di vacca,
trubbea rossa di ciliegie
e arance amare.
Sono nata su un fianco di terra precaria,
dove le mani stringono i sogni
e hanno braccia lunghe di umanità.
(da Cenere e
ciliegie, Daimon Edizioni)
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ASSUNTA SPEDICATO
La poesia di Assunta Spedicato, autrice
di notevole spessore, nativa di Bisceglie, si mostra robusta nella sua architettura,
radiosa e lirica, a tratti romantica, nei contenuti, laddove principalmente
riflette su agognate aperture verso orizzonti celesti, metafora di limpidezza e
autenticità del senso dell’esistenza. Non è un estraniarsi dalla realtà
quotidiana, soffocata da problemi esistenziali ed economici che ne minano
l’impeto vitale, è piuttosto un canto d’amore che libera il proprio cuore, e
quello del lettore, suggerendo possibilità di innalzarsi dai detriti ancora in caldo di questa nostra martoriata società.
Questo desiderio di elevarsi, recuperando il dono della particella, è comunque maggiormente sublime se condiviso
in granelli d’amore con chi ci è
accanto.
Granelli d’amore
Ho atteso che la notte mi srotolasse
per scortare parole d’oltre cielo
e sentire drenata la mia ombra
al soffice librare di una stella
tra i buchi neri del sonno rarefatto
immaginavo malcapitate traiettorie
svanire risucchiate coi detriti ancora in caldo
poi bruciare, e alimentare la luce d’altri giorni
potessi staccarmi dalle ossa
recuperare il dono della particella
e fluttuare a riscrivere nel sangue
il gene di piastrine in espansione
sapessi levitare con le maree
a premiare il sacrificio della luna
e guadagnare il perdono dei pianeti,
il canto unitario delle costellazioni
e se a desiderare con lo sguardo
ci fossi tu dall’altra parte
darei scrittura nella notte
all’improvvisazione di una scia
e non sarebbe vago il senso
di questo nostro umano frantumare
notti e giorni, rocce intere
in granelli d’amore nell’oblio del deserto.
***
Convivenze
C’è un segno di resa
nelle cose rotte che non si vanno ad aggiustare
e si lasciano andare, con l’attitudine a guardarle
come se ci si specchiasse
con riflesso affezionato, inclini ad accettarsi
così come si resta, usati ed abusati
come se nel riconoscersi fosse insita la via,
il mezzo a spartire un raggio di clemenza.
Forse sarà umana l’idea di riciclarsi
l’ingegno a concepirsi altro. Va detto
che non è facile sul tardi,
quando le pieghe sulla pelle son scavate,
pensare di rimediare al meglio
gettando via gli schemi.
Se pure fossi io traguardo di alterna prospettiva
per prima dovrei pensare a far pronte anime e persone
abituarle, somministrando congedi graduali
perché c’è un vizio di possesso, persino nel più caro
che attenta la pazienza e la reclama all’infinito
e non ammette gli si cambino i rapporti
anche quando sono rotti
e non c’è verso di aggiustarli.
***
Noi lacrime del mondo
Nacqui
lacrima, in un atto d’amore
del
cielo verso il mare,
sul
letto sfatto dal vento
tra le
ombre che travagliavano la notte
e un
rigurgito di luce, per nutrire
la
speranza col taglio d’un giorno nuovo.
Crebbi
densa, col talento delle nuvole
dimorando
tra sorelle, nell’aria delle vette
incurante
della sete di pianura
che
pian piano vestiva di deserto
l’anima
dei luoghi e della gente
venuta
meno alle grazie del cielo.
Fui
lacrima, e poi subito riflesso
prodiga
nel togliere luce al senso
nel
trascurare d’istruire trasparenze.
Fui rio
corrotto nel gorgo d’una smania
dalla
foce ingrata e le onde intinte nella rabbia
a
indurre il mare contro il cielo.
Nacqui
lacrima in una notte chiara, di sogni cadenti
e
mentre il buio mi reinventava desiderio, evaporai
ogni
ambizione, per incoscienza dei miei occhi
troppo
piccoli per contenere il mare, così impauriti
da non
reggere l’infinito, e perdersi
come un
detrito nello sguardo del tempo.
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DARIO STANCA
Ricca di immagini e di paesaggi agresti è la poesia di Dario Stanca, di origini salentine ma residente nel torinese. È una poesia che richiama, sotto certi aspetti, quella di un Vittorio Bodini o anche di un Rocco Scotellaro o di un Leonardo Sinisgalli, poeti che hanno cantato l’epopea meridionale, il lavoro contadino e l’asprezza meravigliosa dei campi e dei paesi; poeti di cui purtroppo non si parla mai abbastanza. Ma qui il nostro Dario Stanca ripropone questo grande tema meridionale e più specificatamente salentino, con versi brevi e asciutti, essenziali e precisi come pietre lavorate. Si sente la fatica, in questi versi, è palpabile come la polvere, il sole, l’arsura tutt’intorno. Poesia che, grazie anche alle continue assonanze, svela lo scorrere del tempo, delle stagioni, in un universo che rimane fermo, sospeso in sé stesso.
Riposa
anche l’aria
nell’arsura
d’agosto.
Deposto
è il giorno.
Fermo/sospeso
è il tempo.
Il
salice tace
sulle
basole
addormentate
e
il corbezzolo
incanta
d’ombra
le
vie che scendono
ostinate
fino
al mare.
Sulle
porte deformate
hanno
in bocca tabacco
i
vecchi del paese,
e
bestemmiano di fatiche,
delle
loro tante rese.
***
Dove
riposerà
questo
tempo domani?
Quest’ora
che ci attraversa
impaziente?
Smarrimenti
di
memorie minaccia,
di
braccia, volti, parole,
di
lantane allineate
nel
fuoco dell’estate,
del
lauro
che
sparava al cielo
il
suo profumo
(e
noi a guardare
seduti
sopra il muro).
Dove
riposerà
il
nostro tempo domani?
Ci
rivedrà ancora
come
serpi al sole
mani
nelle mani?
***
Acqua
di pioggia
bagna
l’estate,
e
sui vuoti tavolini
rimpianta
resta.
Dove
sarà la salamandra
che
attendeva
nel
sole?
Fanno
nido
nei
miei occhi
voci
di bambini,
felicità
rincorrono
nell’aria
di tempesta.
***
Più
non ti riflette
lo
specchio del tempo.
Ne
miri appena i contorni,
estraniato
nell’istante
del vivere.
Il
passato insegue,
non
concluso.
Tu
ascolti frastornato
il
monologo dei giorni.
Tu,
illuso.
***
Sono
grumi di sudore
le
parole dei poeti.
Visioni
e inganni
che
scaldano memorie
o
lontani inverni muti.
Hanno
nomi di uccelli,
musica
di foglie secche,
colore
di biondi capelli.
A
stento, sul foglio, trattenuti.
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Tu
dunque sortilegio d’amore, incanto e meraviglia.
Anima
del mio corpo intrisa d’echi e di libagioni,
verrai
qui ad Itaca subendo il naufragio dei miti,
fatto
e rifatto mille volte con la pazienza della
morte.
Alle tue calcagna la ricchezza e i monili,
i
tritacarne e l’immondizia di pensieri corrotti.
O
tu, blasfemo navigatore di rotte alternative,
o
tu, nocchiero inguaiato dal salario d’un
venditore
di mete surreali, lì, oltre l’oceano
dei
senzadio, spavaldi per mestiere e per
l’uso
di rottami di valore scarso:
Verrai
qui di sicuro, a capofitto sui profumi
del
banchetto, pronto già per te o figliuol prodigo,
che
hai trascinato vangeli di dolore fino al porto,
digiuno
e senza più interessi: verrai qui alla vita!
Al
giro concluso tornerai con l’alambicco
tra
le mani, profusa ogni ricerca tra le pietre
e
gli scogli colmi di sirene ammaliatrici: di te
resterà
traccia nei libri mai scritti di una storia
familiare,
il volto pallido e smorto atteso
dalla
sposa in gran daffare, sul pianerottolo
spiaggia
di casa tua, di ritorno dall’ufficio.
(da
Ritratti in lavorazione, Edizioni del
Calatino, 2011)
Giuseppe Vetromile
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NOTE SUGLI
AUTORI
Carola
Allemandi
Carola Allemandi, nata a Torino nel 1997, è fotografa e autrice.
Nel 2022
pubblica la sua prima silloge poetica, Sembrava
il Sole, per “Edizioni Progetto Cultura” di Roma nella collana “Le Gemme”,
curata da Cinzia Marulli.
Nel 2023
vince il primo premio nella sezione “Opera prima femminile” del Premio
letterario “I Murazzi” di Torino.
Alcune sue
poesie sono state tradotte in spagnolo sulla rivista cilena “Revista Altazor”
per la rubrica curata da Cinzia Marulli “Nuova poesia italiana”.
Alcune sue
poesie sono state pubblicate su blog letterari online come “Poesia del nostro tempo”,
“Poetarum Silva”, “Avamposto Poesia”, "Parola Poesia", e sulla
rivista cartacea “Articoli Liberi”.
Tra il
2022 e il 2023 ha avuto modo di presentare la sua prima silloge e altri inediti
in varie occasioni, tra cui in un evento dedicato alla libreria Binaria
(Torino), durante il festival Bookcity di Milano, alla maratona poetica
“Bologna in Lettere” e al ciclo di appuntamenti “Incontri con la Poesia” tenuti
presso la galleria Weber&Weber di Torino.
Scrive di
fotografia per testate come “Doppiozero”, “Snaporaz”, “Siamomine” e “La
Scaletta”. Cura l’editoriale di fotografia “Il contatto degli occhi col reale”
per la rivista “Torino Magazine” e la rubrica “Pellicole di Poesia” per il blog
online “ParolaPoesia”.
Marzia Badaloni, nata a Roma nel 1952, ha frequentato l’Istituto Professionale di Grafica nei vecchi studi di Dino De Laurentis, successivamente Tecnico dei sevizi sociali e studi triennali di grafologia e rieducazione alla disgrafia. Lavora nel campo della rieducazione dei portatori d’handicap. È Direttore di una rivista didattica. Partecipa a concorsi letterari con lusinghieri risultati: nel 1993 ha vinto il Premio internazionale “Orsa maggiore e minore”. Nel 2008 ha ottenuto il terzo posto al Premio “Valle Aniene”.
Ha aderito
ad una delle prime associazioni ecologiche, “Kronos
Donato Di Poce
Donato Di Poce ama definirsi autoironicamente “un ex poeta che gioca a scacchi per spaventare i critici”. Nato a Sora (Fr) nel 1958, è residente dal 1982 a Milano. Poeta, critico d’Arte, scrittore di poesismi, fotografo, studioso del Rinascimento e dell’Architettura Contemporanea. Artista poliedrico, innovativo ed ironico, dotato di grande umanità, e CreAttività.
Ha al suo
attivo oltre 45 libri pubblicati (tradotti anche in Inglese, Arabo, Rumeno,
Esperanto e Spagnolo), 20 ebook e 40 libri d’arte “Pulcinoelefante”. Dal 1998 è
teorico, promotore e collezionista di Taccuini d’Artista. Ha realizzato ©L’Archivio Internazionale di TACCUINI
D’ARTISTA e Poetry Box di Donato Di Poce, progetto espositivo
itinerante. Vedi siti Internet:
https://www.wikipoesia.it/wiki/Donato_Di_Poce; www.donatodipoce.net;
donatodipoce.blogspot.com; www.taccuinidartista.it; www.creactivitybranding.it
Giuditta Giuliano
Giuditta Giuliano (Cerignola, 1995), dopo aver conseguito la laurea cum laude in Filologia Moderna, vince un dottorato di ricerca in Pedagogia e attualmente vive a Bari. Alcune sue poesie tratte da Il sangue illuminato (RPliri, 2023), sua raccolta d’esordio, sono risultate finaliste in vari concorsi come il “Bukowski”, il “Martelive” e il Premio “Inedito – Colline di Torino”.
Lucrezia Lombardo
Lucrezia
Lombardo nasce ad Arezzo nel 1987. Dopo la maturità classica si laurea in
Scienze filosofiche a Firenze con il massimo dei voti, lavora quindi come
curatrice, autrice di testi d’arte contemporanea e come giornalista. Attualmente
scrive per alcune riviste letterarie internazionali; insegna Storia e Filosofia
presso un liceo e collabora con vari atenei privati come docente di Storia
della filosofia contemporanea. Oltre ad aver ricevuto importanti premi e
riconoscimenti letterari, ha pubblicato il saggio L’Alunno (Divergenze,
2019), le raccolte poetiche La Visita (L'Erudita,
Giulio Perrone, 2017), La Nevicata (Il Seme Bianco,
Castelvecchi, 2017), Solitudine di esistenze (L'Erudita, Giulio
Perrone, 2018), Paradosso della ricompensa (Eretica, 2018),
Apologia della sorte (Transeuropa, 2019), In un metro quadro (Nulla
Die, 2020), Amor Mundi (Eretica, 2021), Cercando il
mezzogiorno (Helicon, 2021), L'errore della luce (Ensemble
2022), La venditrice di menta (Progetto cultura editore 2023);
le raccolte di racconti Scusate, ma devo andare (Porto Seguro,
2020) e Un karma distratto (Porto Seguro 2021), il
romanzo Kinder (Augh!, 2021).
Ha
curato la silloge Elegia Ambrosiana
(Divergenze, 2021) con lo scrittore Raul Montanari e ha pubblicato i saggi Due saggi dirompenti. La Repubblica delle
occasioni risolutive e il processo coscienziale (Divergenze 2022), e Una vita di lampo (Eretica 2023).
Giorgia Monti
Poeta e performer, Giorgia Monti è nata nel 1968 a Forlì, città in cui vive.
È autrice
di Che razza di mondo (Cicorivolta
Edizioni, 2012); dei testi dell’ep Tra
acqua e acqua (Fuzz Studio Recording, 2016) e La balena (Cicorivolta Edizioni, 2020).
Finalista
nel 2018 al Premio Claudia Ruggeri a cura di Versante Ripido in collaborazione
con Terra d’ulivi edizioni.
Prima
classificata al Premio Bologna in Lettere 2019, sezione poesie singole inedite
e segnalata nel 2021 per la medesima sezione.
Prima
classificata al Premio nazionale Terra di Virgilio 2020, sezione “Vita di
scienza e d’arte”, riceve menzione speciale nel 2021.
Sue poesie
compaiono in antologie, blog e riviste anche tradotte in inglese, rumeno e
spagnolo.
È
cofondatrice, insieme a Serena Piccoli, dell’Associazione Culturale Lestordite
per la diffusione della poesia, la parità di genere e contro ogni forma di
discriminazione.
Sempre
insieme a Serena Piccoli è ideatrice e direttrice del Festival Internazionale
di Poesia e Arti Sorelle e curatrice della rubrica di poesia contemporanea
“Verso l’Italia” sulla rivista di cultura rumena “Tribuna”.
Dal 2021 è
membro della redazione di Versante Ripido e dal 2023 entra nel direttivo come
Vicepresidente.
Attualmente
sta lavorando al suo terzo libro.
Laura Pierdicchi
Laura Pierdicchi è nata a Venezia e vive a Mestre. Ha pubblicato quattordici volumi di poesia e un libro di racconti. Cura recensioni e articoli per riviste e quotidiani con argomenti di letteratura e di cultura varia. È inserita nell’antologia tradotta in lingua romena Echi d’acqua, curata da Ştefan Damian e in quella tradotta in lingua spagnola Venezianamente a cura di Nadia Consolani Quiñones. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti ed è presente in più repertori e antologie di poesia contemporanea. Alcune riviste straniere, come le spagnole Caleta, Por Ejempio, Puente chico, Revistatlάntica e la rumena Steaua, hanno dedicato servizi sulla sua poetica, con pubblicazione di diverse liriche. Anche nella rivista Vernice appare un ampio servizio sulla sua attività. È componente di giuria in concorsi letterari e svolge intensa attività pubblica di partecipazione a manifestazioni culturali. Sue poesie sono state tradotte in tedesco e presentate da Helmut Meter al Musil Archiv di Klagenfurt, in occasione del cinquantenario dalla morte di Alfred Musil, e pubblicate in I nascosti colori della vita. Ha ricevuto la nomina di redattrice della Rivista “Vernice” della Genesi Editrice di Torino. Di lei si sono interessati molti critici e scrittori. Tra i più noti: Cajani, Cara, Civitareale, Della Corte, Ferri, Giudici, Grasso, Magrelli, Majellaro, Pazzi, Pent, Piccari, Rebellato, Risi, Ruffilli, Scrignoli, Squarotti, Troisio, Zanzotto, ecc. È presente nei siti “Italian-poetry.org” e “Genesi.org”. Nel sito “Literary.it” è inserita la sua completa attività poetica.
Luca Pizzolitto
Luca Pizzolitto nasce a Torino il 12 febbraio 1980, città dove attualmente vive e lavora come educatore professionale. Da più di vent'anni si interessa e si occupa di poesia.
Tra
i suoi libri figurano: Dove non sono mai stato
(Campanotto), Il tempo fertile della solitudine (Campanotto), Tornando
a casa (Puntoacapo).
Con la Casa
editrice “peQuod” ha pubblicato, nella collana Rive: La ragione della polvere (2020), Crocevia
dei cammini (2022),
Getsemani (2023, prefazione di Roberto Deidier).
Nel
2023, è stato inserito all'interno dell'antologia Nord i poeti, vol.
II, edita da Macabor.
Da fine 2021 dirige la collana di poesia Portosepolto,
sempre per conto della casa editrice peQuod.
È ideatore
e redattore del blog poetico “Bottega Portosepolto”.
Cura la
rubrica Discreto sguardo per la
rivista online “Poesia del nostro tempo” e Polaroid -
istantanee di poesia per “FaraPoesia”. Collabora con il blog letterario
L’Estroverso.
Giovanna Secondulfo
Giovanna Secondulfo ha origini vesuviane, ma vive a Milano, dove insegna lettere. Impegnata in numerose iniziative culturali e sociali, è da sempre appassionata di scrittura. Collabora con diverse case editrici ed ha contribuito alla realizzazione di diverse raccolte antologiche, come Rosso con Ivvi Edizioni e la più recente silloge Il colore delle parole con Jack Edizioni. Premiata più volte in concorsi letterari, è autrice delle sillogi poetiche Angoli di vita, edita da InEdition e Cenere e ciliegie edita dalla Daimon Edizioni. È stata insignita del premio Sorellanza 2021 dalla prestigiosa associazione “My Emotion Life”, con cui collabora alla realizzazione di incontri poetici nel programma settimanale “Pillole di Umanità”. Giurata in diversi e noti premi poetici, è il presidente del premio poetico “Benvenuta Sorellanza”.
Assunta Spedicato
Nata a Bisceglie, Assunta Spedicato ha conseguito il diploma di maturità tecnica finanziandosi col suo stesso lavoro, in quanto orfana di padre dall'età di 14 anni. Nonostante l'ambiente familiare ostile, coltiva segretamente la passione per la poesia, fino a trovare consensi grazie alla partecipazione a premi letterari nazionali. Diversi i riconoscimenti conseguiti finora. Nel 2017 ha pubblicato la sua seconda raccolta poetica Ubriaco di vita i miei giorni in qualità di vincitrice del 1° Premio alla terza edizione del Premio Letterario Nazionale Casinò di Sanremo "Antonio Semeria". Dal 2018 è coordinatrice del Premio Letterario Internazionale Napoli Cultural Classic, giunto alla XVIIª edizione. Ha fatto parte del Comitato Editoriale Libri nel Borgo Antico, festival letterario organizzato dall’Associazione Borgo Antico di Bisceglie e collabora in qualità di giurata in diversi premi, tra questi il Concorso “Trieste… Invito alla Poesia” indetto dall’Associazione Poesia e Solidarietà di Trieste.
Dario Stanca
Dario Stanca, nato nel 1973, si laurea presso l’Università del Salento in Filosofia, con una tesi su Carlo Michelstaedter.
Ha curato il volume Anacleto Verrecchia, Meglio un demonio che un cretino (El doctor
sax).
Per la poesia, ha scritto una prefazione al
volume di Giorgio Gramolini, Vita breve.
Appassionato lettore di aforismi, ha firmato la
postfazione di Per un piccolo ordine di grandezza,
dell’aforista Amedeo Ansaldi.
Ha inoltre curato per “Il foglio clandestino”,
aperiodico ad apparizione aleatoria, n.88/89, una raccolta di aforismi con nota
critica sullo scrittore e saggista Antonio Castronuovo.
Di origini salentine, vive e lavora in provincia
di Torino.
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10 novembre 2023