Le Antologie Poetiche Virtuali sono curate da Giuseppe Vetromile. Ogni Volume comprende 10 Autori, liberamente selezionati ed invitati dal curatore. Sono previsti volumi dedicati a particolari ambiti poetici (poesia emergente, poesia dialettale, ecc.). Le copertine sono elaborate e realizzate da Ksenja Laginja.

martedì 21 dicembre 2021

VOLUME XXXI

 


Introduzione

 

Chiudendo questo trentunesimo volume dell’ormai inesauribile progetto antologico virtuale iniziato quasi due anni fa, mi rendo conto che mancano pochi giorni al Natale, una ricorrenza importantissima, che interessa la sfera religiosa, ma anche sociale e storica di tantissima parte del mondo, anche se, in base a criteri alquanto discutibili, con l’idea di voler rispettare i credi e le tradizioni anche non cristiane, sembra sia stata proposta in Europa l’abolizione di augurare “Buon Natale” sostituendolo con un semplice e meno altisonante “buone feste”.

Ora, al di là di più o meno folli e stravaganti tentativi di ricomporre un’umanità in netto e progressivo disfacimento, per quanto riguarda i valori storici e le ricchezze umane, artistiche e sentimentali, spirituali perfino, radicati in millenni di civiltà nel suo arduo progredire fino ai giorni nostri (e ora si torna indietro?...), una riflessione, come sempre accade, a ridosso di questa santa ricorrenza diventa necessaria e opportuna.

Quest’atmosfera di beatitudine, di gentilezza, di pazienza, di tolleranza e di benevolenza che ci prende tutti a poco a poco, con l’approssimarsi del Natale, inspiegabilmente e quasi automaticamente, è davvero una nostra innata capacità di “trasformarci” nel cuore e nell’anima, una volta tanto, per scoprirci tutti uguali, tutti miseri mortali bisognosi di calore, di affetto, di fratellanza e di amore universale? O non è piuttosto la manifestazione meccanica e quindi ipocrita di una società dedita per lo più all’immagine, alla falsità e all’opacità di comportamenti usuali e omologati, instradati da falsi idoli e chimere splendenti di luci in superficie ma che hanno il buio più tetro al loro interno?

Che senso ha, per noi, oggi, il Natale?

È vero che l’umanità vive e procede, da millenni, basandosi anche su abissali contrasti tra luci e ombre, tra megalomanie e genialità, tra passioni e idiosincrasie, tra pace e guerre, tra odio e amore, tra bene e male. E forse questi divari si sono centuplicati proprio in quest’epoca che stiamo vivendo, così disarticolata, da tutti i punti di vista: non c’è verità vera né falsità falsa, tutto sembra un amalgama di chiaroscuri, tutto sembra possibile e nello stesso tempo opinabile. E la nostra capacità critica viene ostacolata dalla massa di informazioni, anche contrastanti, che quotidianamente ci raggiungono anche in modo subdolo e subliminale.

Il Natale può essere un riferimento. Era, un riferimento. Nel senso che ci indicava, e tuttora potrebbe indicarci, una possibile rinascita, o proposito di rinnovamento, nel corpo e nello spirito, prendendo a riferimento la più classica e sacra delle ri-nascite: quella del Cristo. Ma è solo un modello, un riferimento eccelso, appunto, che ha nutrito per secoli le nostre radici filosofiche e spirituali occidentali, e quindi di gran parte della moderna civiltà. Perché sminuire o cancellare del tutto questo riferimento?

Direi di lasciar stare, di ignorare le indicazioni fuorvianti e spiazzanti di una società che ipocritamente cerca di essere progredita e civile. Guardiamo bene in noi stessi, invece, e, fermandoci un attimo, interrompendo per un attimo il flusso scellerato di un sopravvivere senza scopi e senza sogni, meditiamo sul “nostro ombelico”, guardiamoci fisso nei nostri stessi occhi, ascoltiamoci nelle profondità del nostro essere. Ritroveremo quella scintilla di vita autentica, che cova ancora, nonostante tutto, sotto la cenere della mediocrità e del qualunquismo, della meccanicità esistenziale che ci rende uno fotocopia dell’altro, a discapito della nostra originalità e singolarità che, sempre, urla la propria libertà e creatività da millenni a questa parte.

Perciò la Poesia, perciò l’arte. Poesia è Natività, è l’atto del nascituro, poesia è rivenire al mondo, è riscoprirlo, è ricostruirlo.

Per questo, finché avrò vita, festeggerò il Natale, il mio Natale. Come anche i dieci autori di questo trentunesimo volume, che ringrazio per avermi affidato i loro versi. Anche loro festeggiano così la sacralità del Natale, sotto ogni punto di vista. E gli auguri che rivolgo da qui a tutti, di buon Natale, sono genuini e sinceri, forti e rassicuranti. Auguri a tutti, di cuore!

 Giuseppe Vetromile

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                                                            GUGLIELMO APRILE


Napoletano ma residente da tempo a Verona, Guglielmo Aprile è stimato poeta con all’attivo diverse pubblicazioni. Nei versi che qui propone, tratti dalla raccolta edita
Sinfonia del mare, emerge un desiderio di infinitudine, come solo la vastità del mare riesce a far immaginare. Nel centro di questo universo di pace e di maestosa, solenne visione, l’uomo pone la propria essenza, ampliando la sua ragion d’essere fino ai limiti del mondo, e ritrovando così quella continua ri-nascita, o rinnovamento di sé, che possa redimerlo dalle negatività e dalla materialità della vita. Le immagini vivide e colorite del mondo marino di Aprile si susseguono in armonia con il dettato, dolce e amorevole, proprio come una sinfonia.


Battesimo

La baia, con il suo profilo curvo,
scava una culla
sospesa tra nuvole ed onde:
nel suo profondo grembo
io mi corico, e piano
disteso su di un fianco, prendo sonno
su questa spiaggia, embrione
delle galassie, e il mio corpo consegno
alla sabbia, alla sua carezza calda
che mi battezza a una seconda nascita
più vera e pura; mi fa oggi il mare,
non di carne, da madre.

 

*** 


La pagina rombante

Infaticabile mare, trascrive
con la mano febbrile della spuma
la sua biografia sconosciuta
sul quaderno sgualcito delle rive,

amanuense cosmico; e conosce
di ogni passata tempesta
le mai narrate gesta
e ne serba il ricordo nella voce;

e anch’io, suo copista fedele,
ripeto in sogno, sotto dettatura,
le parole che ha inciso sulla stele
delle onde, nella sua lingua oscura.


***


Poseidon

Non c’era che il mare, in origine,
non ci sarà che il mare, quando il fuoco
avrà divorato i suoi figli
e cancellato anche le orme dei giorni;

lui solo dura: lui invariato, identico
a se stesso permane,
mentre le forme labili trascorrono
come spuma sulla sua superficie.


***


A lungo il mare, sentilo, delira…

La sua è una prole sterminata eppure
di nessuno dei suoi figli si cura,
il suo è un amore freddo, impersonale.

Non sa che sia il tempo
eppure è del tempo il gemello,
come il tempo distrugge e crea per gioco;

non sa che siano la pietà o il rancore;
non conosce legami
per nessuna delle cose mortali.

Libero, non esiste che per correre
ma una meta non ha, non ha risposte
e il suo urlo dilaga per gli spazi

e dilapida tutta la sua forza
senza risparmio, la furia che gonfia
di schiuma le sue vene, inesauribile.


***

Dormiveglia

Nel dormiveglia, sento spesso il mare:
il suo respiro calmo,
regolare, il suo polso
che batte lento, senza sforzo, a un ritmo
possente, sempre uguale,
da quando letti di granito accolsero
le sue gigantesche ossa;
e la sua voce sento
lambirmi quasi il cuscino, il suo canto
che al sicuro mi scorta
nel sonno, ninna nanna
il cui suono fa il mondo
tornare bambino; e il suo corpo
sento, anche se lontano,
che si gonfia e che si contrae, qui accanto
a me, lo sento respirare piano.


***


Tutto da lui parte, tutto ritorna

Grembo del mondo e di ogni cosa al mondo
sia soggetta alla legge
delle onde, alla ruota
della metamorfosi senza fine;

tutto parte da lui, e a lui ritorna:
porta che ogni esistenza
prima in un verso poi in quello contrario
attraversa senza voltarsi indietro;

non riconosce limiti
di tempo e spazio, il suo abbraccio circonda
tutte le terre emerse, e in ogni punto

del suo anello di fuoco
l’inizio e la fine si toccano
la veglia e il sonno, la maschera e il volto.

(Testi tratti da Sinfonia del mare, Il Convivio, 2021)

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                                                          LOREDANA BORGHETTO



Anche in Loredana Borghetto, come nei versi di Guglielmo Aprile riportati più sopra, sembra emergere un desiderio di vastità, spesso associato alle distese marine. L’ego-isola della Borghetto è infatti un’oasi di verità, di genuinità e di pura essenzialità, pronta ad accogliere i naufraghi provenienti da un mondo in rovina e denaturalizzato: “quando approderai alla mia isola / bagnata da tutti i mari vissuti / al confine tra fuga e ricerca / ascolteremo voci lente di vele e remi / e rumori bui di chiglie prigioniere / di fondali infidi”. La sua poesia si erge a roccaforte di schiettezza, contro ogni tipo di ipocrisia e di egoismo, come giustamente ogni buon poeta cerca di attuare. E sono versi determinati, propositivi, di evidente alto lirismo.

 

Autunno

mi spoglio in autunno di stanche cortecce
tra foglie sfinite nascondo aneliti
di vita in attesa di rinascere
gemma in primavera
fra lo splendore di forsizie
e l’innocenza di margherite e viole


***


Quando approderai alla mia isola

quando approderai alla mia isola
bagnata da tutti i mari vissuti
al confine tra fuga e ricerca
ascolteremo voci lente di vele e remi
e rumori bui di chiglie prigioniere
di fondali infidi

quando sbarcherai sulla mia isola
al confine tra miraggio e realtà
scriveremo parole nuove
su profili di terre lontane
colmeremo i vuoti svuotando il mare
con secchielli di bimbo

quando approderai alla mia isola
conteremo le onde che a riva
sfioriscono in fragili cristalli di luce
tra echi sfibrati di battiti
che si spengono nella risacca
fra conchiglie sfarinate

poi ci sarà silenzio e pace in quest’isola
bagnata da tutti i nostri mari


***


Perché…

… continuiamo a raccontarti fiabe
bugiarde dove le principesse
sono sempre belle e i principi
generosi, dove vivono solo
fate buone e i baci spezzano
malvagi incantesimi
dove tutti vivono felici e contenti
e mentre ti dipingiamo banchetti
imbanditi canti e danze
non guardiamo i tuoi occhi
vuoti d’infanzia che chiedono
“Perché non ci sono giochi per me…”


***


Divinità cadute

noi portatori sani di pandemie
abbiamo colonizzato distrutto
creato a misura dei nostri appetiti
abbiamo bruciato avvelenato
soppresso clonato esistenze

ora che un nulla invisibile
si beffa di noi,
divinità cadute,
ora che il navigatore satellitare
non ci sa indicare la meta
con affanno cerchiamo una baia
dove fermarci a ricucire le nostre vite
dove accogliere naufraghi di altre tempeste
dove ascoltare il pianto della terra


***


Sono

Sono
calco di anni passati in attesa di te
polvere di verità sollevata e dissolta
pensieri rappresi in un’anima
nascosta nella tasca d’un vecchio vestito

Sono
colori che stingono sul volto
mentre gli occhi inseguono ombre
di giorni lontani rinchiusi
in valigie pronte per il viaggio


***

In questa terra sfinita

in questo cozzare di mondi
coltivo la mia incolore felicità
percorrendo aspri sentieri,
dipingo miracoli di salvezza
con tinte così spente
che non illuminano speranze
mentre annaspo in livide paludi
increspate appena da onde
brevi di umanità

cerco un sole
che mi ustioni il cuore
in questa terra sfinita


(testi inediti)

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                                                                  ELENA CATTANEO



Nata a Milano ma residente a Bergamo, Elena Cattaneo è nota e apprezzata nel mondo poetico per varie pubblicazioni e per essersi distinta in importanti concorsi letterari quali “Bologna in Lettere”, il “Premio Montano” e “Europa in Versi”. La sua poesia ha un carattere di perentorietà, ma ha anche un alto valore allusivo. I brani con pochi versi evidenziano questa struttura immediata, lancinante, che riesce a penetrare nell’intimo del lettore. Non c’è morbidezza, nel senso che la verità e la schiettezza del dire poetico trovano alvei emotivi pronti a far rifluire le emozioni, senza eccessivi giri di parole, ma con la giusta allusione. Il tema della morte, nel padre come nell’umanità, è trattato con coraggioso equilibrio emotivo, e con consapevole fatalismo (l'ape che si perde / nel fiore dell'aglio / sa dell'inganno e non arretra).



I

non mi sono accorta della malattia
era quello il timore
l'angolo liso del lino

per ogni perdita
i lembi combaciavano nei giorni

nelle notti guarivo


***


II

i ricordi sono il lato liscio
quello sotto l'ordito dopo
non lo tocchiamo più
resta il punto spesso
l'intoppo di un filo
un taglio netto
i perché in una scatola
a portata di forbici


***


III

e non importa se non sei entrato
guardavi da lontano e capivi
la fine di quelle che intingono le trecce
nell'oro facile dell'abbandono

dove hai marcato tu la soglia
l'angelo della morte ha girato gli occhi
e ti ho pensato nella notte
bello di barba folta e dolce di cinismo
così lieve su di me
così paterno ed irreale

gli anni si chiudono nel cerchio saldo
ti darei una parola
una ghiotta allegoria

guardiamoci da lontano
io poco figlia
tu mai padre


***

IV

l'ape che si perde
nel fiore dell'aglio
sa dell'inganno e non arretra
sfiora a giorni la gemma
torna vegetale la memoria

cosa si cerca persi negli anni
quale sorriso ci rende pesanti
Illusi nel miele
gonfi di luce

(Testi inediti)

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                                                             MATTIA CATTANEO



Poeta e scrittore bergamasco, Mattia Cattaneo eccelle anche in ambito teatrale, avendo realizzato con una sua associazione diverse pieces e letture. La sua poesia però non è da meno, e lo dimostra anche nei versi che propone in questo spazio antologico. Sono spaccati, lacerti di attimi di vita, riflessioni al confine del giorno, in un fluire frettoloso e deciso, senza preamboli (e senza titolazioni); versi in cui le parole giocano con i significati e gli aggettivi che estendono il concetto oltre il tema. Un modo molto poetico per spiazzarsi, per rifuggire la normalità monotona di tutti i giorni.


una molecola stizzita
quest'alba
che coltiva un pianto di scarto
sanguina la sua criniera

nella neve
oltre lo steccato

carica di una risposta attesa
in quell'esule silenzio
afa del buono
volto magro
avevo sconnesso le tempie

sordo
tra i gigli secchi:
era giunta l'ora di non trovarmi più.


***


alle labbra
una voce di pianto
nelle ganasce della notte
tentando di dirti
le parole che avevo in testa
le ombre
erano troppo bellicose
per potersi guardare indietro
ma tu
avresti gridato lungo i corridoi
un tempo di plastica
caduto a brandelli
il bianco
non fa obiezioni.


***


lei
grandina sui vetri
nella cura dell'ora
dove l'odore del risveglio
è lo stento
della prima brina d'ottobre

il ventre
nicchia e traliccio
senza bruciori nel petto
mastica terra desolata delle tempie

a trapassarci
un sussurro di nebbia densa

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                                                                NADIA CAVALERA



Una Voce di spicco nel panorama letterario contemporaneo è senza dubbio Nadia Cavalera, artista e poetessa originaria di Galatone ma residente a Modena. Ci offre qui un gradevolissimo e interessante esempio della sua scrittura poetica, dove in un fluire di immagini colorite il gioco delle parole appare avvincente e ricorrente; il dettato coltissimo testimonia un’esperienza di studio, di ricerca e di intuito letterario, una progettualità che si origina sicuramente dalla profonda ispirazione dell’Autrice, ma che dimostra anche la sua indiscussa bravura nel saper lavorare l’espressione e la parola poetica, fino a renderla autonoma dal contesto, suono e ritmo di voce pura.


da “Vita novissima”    

Per Edoardo Sanguineti novissimo miglior fabbro

 

1

dunque d’amore di fede il nostro core avvampa (: resisti c’è solo una rampa e

tutto poi lampa nella pampa ch’azzampa) [: testimonianza dell’errore nel

l’esempio riferito (: una falsa convinzione dunque) è la sorpresa]

 

2

intra stu lakku d’un mago lago in cui ffoku m’appago e ci pago llucisce lluce

in avanti fuce dove m’adduce un monitoraggio ci sbavo mi depravo mi cavo

nell’ingranaggio in ingression pression sull’onda corta di born in breton

passando per il nuovo bonn giacché e non mi chiedere perché vuoi che ti porti

un cotillon invece del pantalon? la louchon dans le puits ici o le soleil in questo

portaghiaccio qui? (: la scienza da sola non può dimostrare che sia male godere

nell’infliggere crudeli pene)

 

3

pallottole mie frottole andate ite vibrate colpite dumdummite gl’indifferenti

penetrate solo corpi resistenti santi sine gratiis senza guanti vivificate sempre

l’esplosivo con l’implosivo corrosivo sanate indi dipoi per noi le ferite con

impiastri diastri diacalamenti e laudani (: anche in versione cani) (: l’iniziativa

fu tarpata da questo atteggiamento e una grande originalità era difficilmente

possibile)

 

4

talor’intr’inter’infratita mandria vola solo un crack alla coque di razza knock

mia fugghiazza bazza te lo regal ‘in corta pezza per la cavezza d’un drink alla

trezza (: non sapevo d’essere romantico e spesso invero criticavo duramente i

romantici mi sapevo però ellenico senza la componente orfica)

 

5

di baciar quei begl’occhi m’ha pur concess’amore che m’accesero il core con

tant’ardore forz’emp’inaudita come così trabocchi anima mia una e tria come

sei così vaga fata di baciar in kirieleison al paràclēton chi t’impiaga? (: esci

dall’osteria e paga: la freccia in ogn ‘istante è dov’è nel suo scolo è sempre fer

ma in derma sperma)

 

6

gelo sia nelle vene quando mont’altr’arene e m’incarni in corni e carmi di pene

che peno temo allo stremo premo premendo il tuo seno di pomi di rovi di ritrovi

di melo mi frillo bismillo cillo in un unico lungo sprillo e ti brillo le petit grillo

del rosso cardillo (giovin mandrillo) mentr’affogo sodo nel rogo dell’umido

tumido tuo togo (: era tutto un misterioso sandwich-board con pigiami bianchi

a bragoloni)

 

7

tes’è la lamma kriss e io volteggio alla più peggio in ferro greggio saltellanfa

nando sui tacchi spilli dei capelli con l’anchilosate mani reggo bucat’ombrelli

con la bocca lancio in sponsor gl’anelli nei cestelli pirelli (: venite venite son

tanto belli!) mentre con ambo i pie’ titilvellico il monte paraninfeo d’una muta

grigi’anatra in volo forfait e sbatto in gratto la natica d’una nuvola in desabillée

con le brache ai garre’

 

8

oggi meglio dunque me vedi miri et odi (: altrove son le rose dei priori bollo-

ri a fiori) (: dopo lo squallore del vicolo di aberdeen il ragazzo si rallegrò del

titolo e della sua abbazia e volle acquistare il carattere dei suoi antenati in segno

di riconoscenza per le loro terre)

 

9

ah lulù rispetto a quanto prima non ci credere (: si fa per la rima) nzartika pu-

re con le tue sperticate gambe strambe rott’a stozze struncunisciata in bozze e

binche cozze lasci’anz’un folco folto solco anche folclo ruspa vispa la via

smottala mulcila e fulcila e frullane nello shaker piper con catrame e bignè la

polvere porteur poi fruttata ruttala negl’occhi fissi dei robot a nastri già

confezionati marche e marchette brevettate pluriassaggiate prima d’essere al

pubblico vendute (: vince sempr’ovunque dunque il silenzio dei muti come dei

fottuti polluti cornuti) {..[..( lo stoicismo contemporaneo per origine

all’epicureismo ebbe una storia più lunga ed una minore costanza dottrinale)..]..}

 

10

sgattaiolai ancora notte dalla botte culla del primiero saluto in scorbuto e

starnuto (: ororro la sfida dell’alba calva senza malva meglio macerarsi

nell’alga marchi senza tanti carchi) l’intentio era provare ma non risicare (:

puntata max tenuta pex) e in tax uncinai tra i lai il metrò per una coincidentia

di partenza pel rinnovo di vicenza in bianca dementia (: benché il piacere non

sia il bene, cionondimeno è ingiusto ch’il virtuos’anche moroso debba soffrire

e manfrire)


11

la luce mi guarda calamita leve la pelle spilla solemme la mente la terra mi sfio

ra il monte la sente la tende s’arrende quando lenta una costa mi schiena

m’inarca mi mena l’altra mi prende stende lemme lemme m’accende il fiume

cadabra sobbra mi labbra la riva pingua sotta mi lingua il foco roco scalpita

freme mi preme di speme (: ti calo in rikalo t’inalo lulù il mio gene) (: ecce

diablo fortior me)

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                                                         LAVINIA FRATI



Da Roma la melodica voce poetica di Lavinia Frati, autrice di alcune pregevoli pubblicazioni tra cui, recentemente, La voce sognante con RPlibri. Attiva e presente anche in diverse riviste letterarie importanti, ci offre qui un valido saggio della sua scrittura poetica, dove si evince la sua propensione all’intimità della vita e dei luoghi. I versi sono intrisi di dolce malinconia, pur nella loro coloritura affettuosa e lievemente ironica. Sono immagini e stati d’animo che la poesia rende familiari e gradevoli, nonostante le problematiche celate dietro la filigrana di un verseggiare arrotondato e luminoso.



Il giardino degli Aranci di Roma

Da quel terrazzo da cui non vedi il mare
ma una distesa di palazzi antichi
guardi la città fare le prove
con l'avvenire che le sta alle porte
ed il passato eternamente al fianco.
Tutta la luce si eclissa nelle cupole
eternità che non conosce peso
se dalle bocche volano parole
                         “stai bene qui rimani
che si impigliano come arance sopra i rami. 

(da Lunario in versi, Lietocolle, 2016)

 

***

 

Monsieur Alzheimer

La vasca è un vascello in mare aperto
e lo sgabello dentro è già il tuo trono
dove governi con polso da orchestrale
le onde bianche di sapone.
La tua pelle il candore delle perle
e per questo ti insapono dolcemente
stando attenta a massaggiare il tuo bel corpo
come farebbe una mamma col bambino.
Il sapone che giaceva sul fondale
ha un improvviso guizzo da farfalla
e l'espressione che ti lascia in volto
è quel sorriso da torsolo di mela.
È la vita che si sogna solo a strappi
che si frange nelle bolle di sapone
e tu lì t’aggrappi
alle sfere colorate trasparenti
e senza volgere il volto a chi rimane
saluti con la mano e voli via
lontano.

(da Lunario in versi, Lietocolle, 2016)

 

***

L’immutabile cielo

La vita è un salto che non conosce sosta
e sempre che s’atterra
sprofondando
ma se sapessi da quanto t’aspettavo
e con me vorrei sfiorarti con le dita
scapperesti lontano
nella pioggia che gela la distanza.
Temo il vento che ordina le foglie
e fa il solletico al corpo delle rane
mentr’ io divento freccia
nell'arco delle braccia
che mi sollevano da terra
e mi proiettano lontano.
Non è qui la pena
quella da espiare
cambia dunque posizione
vai più forte
lascia che gli altri seguano la sorte.

(da I poeti contemporanei, Casa Editrice Pagine)

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                                                                  RITA IACOMINO



Intensa e articolata è l’attività letteraria di Rita Iacomino, originaria della provincia di Chieti. Autrice di numerose e pregevoli pubblicazioni, è impegnata in varie organizzazioni di eventi ed inoltre presiede importanti Premi Letterari, oltre ad essere membro di giuria in tanti altri. La sua è una poesia immediata, diretta, attenta alle minime cose dell’esistenza. C’è anche una consapevolezza di solitudine, un tentativo di superare l’ineluttabilità del creato per raggiungere la schiettezza e la verità della vita: “Come un poeta / sbatto contro l’invisibile / per toccare / un po’ di cielo”. Il che, soltanto con l’arte e con la poesia è possibile.



Formato A 4

E poi sola.

Sono un foglio nascosto
nella risma bianca.
I sogni dentro lasciano
il mondo fuori.

Come un poeta
sbatto contro l’invisibile
per toccare
un po’ di cielo.

(Da Formato A4, Ibiskos, 2012)


***

... e aspetto!

Oggi, sto seduta alla finestra,
non c’è ombra nella mia ombra
e macino l’attesa.

Sono innamorata dell’amore
e anche se la luce si consuma
continuo ad aspettare.

È sera, raccolgo il mio dolore
e vado a letto.
Il sonno è una carezza che lenisce,
il sogno porta piano i suoi messaggi.

Ti vedo da lontano,
parlo ad alta voce e impaziente
pronuncio le parole di speranza.

Amami,
solo per un istante
o come fosse per sempre.

Chiudo gli occhi e arriva l’emozione,
lentamente appoggio le mie mani
su impalpabili lenzuola
e come acqua,
mi lascio trascinare fino al mare.

(Da Sapore infinito, 2020)


***

La mano e lo specchio

È stato un sogno vissuto
da incurata sveglia
con luce chiara
e ormai velata luna.

Una strana melodia,
fatta di parole nuove,
messaggi intercettati
e antichi sentimenti.

Ma basterà un istante
a stringere la mano
che esce dallo specchio
a donare nuova linfa
al rinnovato cuore

(Inedita)



***


Notte di San Lorenzo (2019)

Resta immobile l’attesa
davanti a una lunga via,
senza nessun rumore,
senza nessuna luce.

È pesante il silenzio
che gratta fra i ricordi
alla ricerca di una fresca ombra
che lenirà il dolore.

Parole legate ai dubbi
di domande senza risposte,
giocare con il fuoco
e pensare di non bruciarsi.

Ma il tempo accompagna i desideri
e questa notte,
una stella,
cadrà solo per me.

(Inedita)


***


Una rosa rossa

Un caffè, un saluto veloce sulla via
e rosso il bocciolo appoggiato sul sedile.

Petali che contano i giorni, i mesi
e gli anni passati ad aspettare
un amore a senso unico,
il mio.

E ora, il profumo sale, perfora la mente
e mentre guido sul lungo nastro grigio,
accarezzo il fiore rosso, sospiro
e riempio gli occhi del suo colore.

Rimani,
urla la mia voce silenziosa
mentre brucia come un fuoco l’attesa.

Fa che non si spenga questo sogno,
lo stelo diventi un prato verde
e la rosa un raggio d’amore
rinnovato.

(Da Ostriche a mezzogiorno, 2016)

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                                                         FRANCESCA INNOCENZI


L’anconetana di Jesi Francesca Innocenzi è una voce poetica interessante e pregevole. Con all’attivo diverse pubblicazioni di sillogi e anche di racconti, il suo impegno in ambito letterario è notevole e apprezzato. La sua poesia è fortemente passionale, autentica e colorita. Incentrati su un dialogo in cui l’autrice si pone di fronte a un “tu” padre o compagno di vita, i suoi versi, decorati a volte da leggere sfumature erotiche, procedono con un elegante lirismo. Da non sottovalutare anche gli accenti di contenuta nostalgia, nel ricordare fasi della vita dove avevamo in uso di guardarci, con la consapevolezza di non poter più ammirare il fiorire del giardino.


Non mi assolverai, padre
io non sono mai stata incolpevole,
ho una ferita aperta tra le gambe
una piccola ferita potente

che mi rassomiglia di miele e sangue
chiara tuorlo liquame
giallo come la rabbia che mi prende
e fa’ che sia la mia dote di sposa

io che mi immergo sola in melma nera
perché il mio amato è muto per stanotte
franto come ombra in mille carni e una

non mi conforterai, padre
ho una ferita aperta tra le gambe,
me la detergo con il pianto ogni sera
fa’ che questo sale mi sia amante
franto come onda in mille forme e una.

(da Non chiedere parola, Edizioni Progetto Cultura, Roma 2019)

 

***


[il tempo anelato istante eterno]

Il tempo anelato istante eterno
è caduto come miele sul selciato

il tempo, profumo di pruneto
rifugio e scampo al tuo corpo voluto

la ferrea leggerezza che in te ho accarezzato
stasera serbo
scherzo di brezza su salice muto

(da Non chiedere parola, Edizioni Progetto Cultura, Roma 2019)


***



Mi porto un grumo giallastro
nel petto
fiore che ad ogni
conato riaffiora.
È l’avanzo estremo
di un amore mal detto
perché in ogni tempo alieno
alla parola.
Vento che affonda
in alveoli di pace
lava rafferma
a impietrire nella gola.


***



[canto dei perduti monti]

tu non lo saprai, ma io ogni giorno
aspetterò che passi sul ponte
del Sentino.
sarò la molle erba
il pesce argento
l’ombra di Santa Croce
il vento fino
[…]


***

già conosceva lo Strega
il mio destino:
arrivare intrusa
per interdetto amore
per amore ferito restare
e poi costretta da amore d’altri
ad andare

per avere in cambio
il tacito compenso
di un ben più alto amore
– le sue falde di madre
gli eremitici prati, crudezze di roccia
il fosso Artino –


***


Oltre i muri ansanti
le falde, le gole
oltre boscaglie e sentieri sghembi
sento che non è estinto
il nostro colloquio.
C'è solo un più spesso tendaggio
a coprire il vetro
dove avevamo in uso di guardarci.
Non è che un passaggio di stanza
da dove è precluso
il fiorire del giardino.
Così a volte il sole
nascosto da un faggio
sprigiona a fiotti
il bagliore vicino.

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                                                              ROSSANA NICOTRA

Riecheggia l’atmosfera ricca di colori e di sapori, l’aurea mitica della prospera Sicilia, nei versi di Rossana Nicotra, originaria appunto di questa gloriosa regione. E sembra di ritrovare il gusto quasimodeo in molti dei suoi passi e nelle immagini che la sua fresca poesia ci offre: “Di impasto buono, pupara / per Dio, di miele e di avanzi / di eroi, di sogni, la spada.” Ma è nel contempo un dettato moderno, attuale, consapevole della storia e della quotidianità di una realtà sociale complicata e ardua da vivere. Sono versi, quelli di Rossana Nicotra, che cantano la disperazione ma nello stesso tempo spronano l’umanità a cercare nuove sorgenti alle quali dissetarsi.


I

Si è perso il suono delle parole
nella solitudine dei nervi e delle ossa
che per il gusto di andarsene via
rimangono di me i resti dove non sono nata.
Di quale carne vuoi che io sia fatta
nel luogo informe?

Di impasto buono, pupara
per Dio, di miele e di avanzi
di eroi, di sogni, la spada.



II

All'audacia e al fuoco di fragilità nel ventre
ti porti da ogni lato che ti guardi.
Per natura come sempre accade

nella mente se nel profondo il sogno
scorre vivo, abiti il luogo altro

di te stesso quando ami
ed è indubbio un vento di possanza al vertice.



III

Ancora non sa cosa eravamo prima
e non sa rimodellare
questo martoriato corpo.

Perciò ti accolgo oscurità e mi fido
perchè la tua ombra dal passato
sviluppi l'umile cuore.



IV

Non so quale sacrificio o baratto
quale promessa fu fatta alla nascita

quale distanza o quale guerra
spezza il pane quotidiano

si prega ogni notte
perché sia fatta la volontà
senza patire d'insonnia

perché imperitura morte o amore di padre.

Senza rumore si compia
la mia volontà.



V

Nihàl hai trovato come dissetare?
Senza orme hai lasciato, ti cerco
negli otto volti di stella, Nihàl

quest'acqua è destinata, forse
a chi di notte in notte dispera della meta

a chi non riesce a risalire
sciolti i corpi sotto la fredda luna.



VI

Non chiedermi dove la strada ­finisce
che i piedi appoggiati all’asfalto
sono senza dimora.

Senti scorrere il canto dei padri
nelle vene?

Eppure siamo radici estirpate
sotto questo lembo di cielo.



VII

Indossi l’abito della disobbedienza
quando esci da stanze occupate
tu, imperativo alla nascita.
Quando tua madre stillava di latte
versava il tuo nome sull’uscio
varcato dalle folle di un’epoca.
Mostri il fervore ai satelliti
lanciati nell’orbita e cadono
al vigore della tua irriverenza.
Dentro al vestito di sangue
v’è la lotta di un uomo che ama
che ama e ha perduto il suo nome
per sempre.

(da Sciara tagliente, RP Libri, 2021)

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                                                              BEATRICE ZERBINI

Con toni leggermente scherzosi, ironici, Beatrice Zerbini, bolognese, propone alcuni brani tratti da sue recenti pubblicazioni. Già esperta di scrittura narrativa tragicomica, nonché autrice di testi e di recensioni varie apparse su diverse importanti riviste, la sua impronta poetica si distingue appunto per la venatura apparentemente sobria, leggera, ma che in realtà cela consistenze significative e autenticità di valori profondi che oggi sovente vengono irrisi se non addirittura scarnificati, impoveriti, come ad esempio la ricorrenza del Natale. Ponendo molta cura e attenzione nelle parole, l’autrice in questi versi attualizza dunque il disagio di una società che ha frammentato o addirittura disperso il senso di una umanità ancora in cerca della propria autentica identità: “Assomigli insomma a qualcuno / che non assomiglia a nessuno”.



Mi hai chiesto una poesia
che parlasse del Natale,
che ti piace così tanto,
ma non l’ho;

la cerco in questa casa senza facce,
fra le rose luminose con la pila,
che ho comprato dai cinesi, già frugate
nei cestoni da altre mani,
ma non c’è.

Io vorrei darti le pigne che ti aspetti,
i teatri in miniatura con la neve.

Non lo sai quanta cannella, quanto muschio,
quanti piccoli pacchetti bianchi e rossi,
ti darei,

ma il Natale non è
qui con me;
l’ho lasciato alla bambina che guardava
il disegno sul servizio
di piatti di Limoges,
svenduto al primo offerente,
l’ho soffiato via col talco nelle calze
di mia nonna,

l’ho perduto nel gonfiore delle dita
che graffiavano nel gelo i parabrezza
di una fuga,

l’ho mangiato,

a piccoli pezzetti, anno
dopo anno,
sulla tavola sfiorita.

L’ho dormito,
pregato via, dissolto
nella scusa fosse un giorno come un altro.

E ora non ho più
Natale
per la semplice poesia che tu mi chiedi, tu

che forse sei
l’unica persona che saprebbe
farmi amare anche il Natale.

(da Mezze stagioni, edito da AnimaMundi)



***


Il mio amore è un vecchio

e d’estate
esce in bicicletta al mattino presto,
con il fresco che c’è
nell’ultima speranza,
e una ancora e
poi un’altra,
prima che bruci.

E ha il fazzoletto di stoffa nel polsino,
per quando lo fai piangere;

ha le vene grosse,
la pelle fragile,
trasparente, di lividi neri
che hanno la forma,
la forza
delle tue dita,
quando accarezzano poco,
o accarezzano male.

Osserva dalla panchina dei giorni,
nel deserto di un parco,
vuoto degli amori degli altri,
i nostri giorni,
te che torni,
e i suoi graffi,
sugli avambracci,
per aver toccato le rose.

Ha il passo lento adesso,
dall’avere corso troppo,
il dolore alle anche,
per il peso di averti
scritto mille poesie
e una.

Il mio amore sta morendo,

di malattia
di vecchiaia
di dolore.

Prendilo adesso,
se lo vuoi,
perché questa
potrebbe essere l’ultima estate.

(da Mezze stagioni, edito da AnimaMundi)



***


Ti si ama come
ci fosse qualcosa
in te
di familiare e ritrovato.

Ma di più,

come nessuno e niente
altro al mondo.

Assomigli insomma a qualcuno
che non assomiglia a nessuno.

(da In comode rate. Poesie d’amore, edito da Interno Poesia)


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Lo spazio della stanza crea equivoci di epoche
mi sembra che tutto sia riposto nell’unico angolo
compreso il planisfero che roteava attorno
al mio mignolo bambino
credevo nell’unica maniera di vivere il giorno
: calarmi all’improvviso in una nuvola
e sorridere al dio benigno
senza confessare alcuna bugia o capriccio di sorta

Ma ora che la casa si è espansa oltre la città
vedo contrari richiami che mi spingono
nel vortice dell’andare sfatato
verso la certezza del punto morto inferiore

: quando il tutto si fermerà in un sol boccone di luce
e di me non resterà che un immane
silenzio di carta


(dalla sezione “Sequenze del contrario andare” in Percorsi alternativi, Marcus Edizioni, 2013)

Giuseppe Vetromile

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NOTE SUGLI AUTORI

 

Guglielmo Aprile

Guglielmo Aprile è nato a Napoli nel 1978 e attualmente vive a Verona. È stato autore di diverse raccolte di poesia, tra cui Primavera indomabile danza (2014); Calypso (2016); Il talento dell'equilibrista (2018); Farsi amica la notte (2020); Falò di carnevale (2020); Sinfonia del mare (2021). Ha inoltre collaborato con alcune riviste accademiche tramite studi critici su autori e testi della tradizione letteraria italiana.

 

Loredana Borghetto

Loredana Borghetto è nata nella Marca Gioiosa. Si è laureata in Lettere presso l'Università di Padova, vive in provincia di Belluno dove ha insegnato per molti anni in un istituto superiore del capoluogo.

Donatrice di voce presso il CILP (Centro Internazionale del Libro Parlato) di Feltre, registra testi di vario genere ad uso di non vedenti, ipovedenti e dislessici.

Le sue poesie sono state più volte segnalate e/o premiate da varie giurie. Si è classificata ai primi posti del Concorso “Libri di-versi in diversi libri” bandito dalla Casa editrice Urso, presso la quale ha pubblicato le raccolte Anch’io sento quel canto (2014), Vite in cammino (2015) e Tempi così e sincronie in volo (2020).

Nel periodo prepandemico ha seguito l’attività della Libreria Urso “a favore della circolazione della poesia in varie città d’Italia, sintonizzandosi poeticamente con i più svariati argomenti, nelle condizioni più insolite, anche per strade,  piazze”, come ha scritto l’Editore  motivando l’assegnazione della prestigiosa targa da lui ideata. Alcune sue poesie sono state tradotte in lingua polacca dalla poetessa Izabella Teresa Kostka, e pubblicate nel mensile Bezkres/Infinito (gennaio 2021). Si pregia di essere stata inclusa nell’antologia Christmas Blues curata da Tania di Malta, che raccoglie poeti realisti terminali o che sperimentano tale poetica.

 

Elena Cattaneo

Elena Cattaneo è nata a Milano nel 1971. Dopo la Laurea in Lingue e Letterature Straniere, con una tesi incentrata sul poeta inglese Charles Tomlinson, si è specializzata in studi di traduzione in Inghilterra, allo UMIST di Manchester.

Per più di vent’anni ha lavorato nel campo della musica classica; attualmente è tornata a dedicarsi all’insegnamento della lingua inglese e vive in provincia di Bergamo.

Suoi componimenti poetici sono apparsi in riviste di settore e siti web di scrittura poetica: LaboratoriPoesia, Il Segnale, Atelier On Line, Blanc de ta Nuque, la Recherche, Poetarum Silva tra gli altri. Saltuariamente collabora, scrivendo note di lettura poetica, con la rivista AlibiOnline.

Le sue ultime pubblicazioni sono Il Dolore un Verso Dopo (Puntoacapo editrice, 2016, postfazione di Ivan Fedeli) e Sopravvissuti (Prospettiva Editrice, 2015, pubblicazione premio).

È risultata finalista ai premi Bologna in Lettere 2017 ed Europa in Versi 2017, ed è stata segnalata dalla giuria al premio Rodolfo Valentino 2018 (poesia inedita) e al premio Lorenzo Montano 2019 (poesia inedita). La silloge inedita Quasi un compleanno era tra i finalisti del premio internazionale Arcipelago Itaca 2019.

Una sua poesia estratta da Tardigrada (suite zoofila a quattro voci scritta con F.Bregoli, S.Gallo e G.Isetta) è apparsa su Il Segnale, n.108, Milano, ottobre 2017.

Alcune delle sue poesie sono state scelte da Gilda Policastro per la Bottega di Poesia de la Repubblica - edizione di Roma.

 

Mattia Cattaneo

Nato a Trescore Balneario (BG) nel 1988, Mattia Cattaneo abita a San Paolo d'Argon (BG) ed è laureato in Scienze della comunicazione. Adora la montagna e la natura. Lavora come assistente educatore presso una cooperativa. Collabora con l’attore e poeta Carlo Arrigoni in varie letture teatrali sulla shoah e la liberazione d’Italia. Insieme nel 2019 hanno dato vita alla loro associazione artistico-teatrale “Architetti delle Parole” portando in scena varie letture teatrali, l'ultima dedicata a Dante e Antonio Stoppani dal titolo "Del sentimento e della natura". Ha pubblicato una trilogia poetica (ora fuori catalogo) tra il 2016 e il 2018. A Novembre 2018 viene pubblicato il suo primo romanzo storico-sentimentale E le stelle brillano ancora; l'anno successivo il secondo romanzo Dove sento il cuore e la nuova raccolta poetica Sarò Notte o forse Inverno. Collabora con l'emittente Pienneradio dove conduce una rubrica di interviste a scrittori e poeti e ha creato su Fb il progetto "Circolare Poesia" volto alla lettura e condivisione poetica.

 

Nadia Cavalera

Nadia Cavalera, nata a Galatone (Lecce), vive a Modena. Poeta, giornalista, saggista, artista del Superrealismo allegorico; col nome di Galatea, ha fondato e diretto per vent’anni, con Edoardo Sanguineti, la rivista Bollettario, quadrimestrale di scrittura e critica.

È tra i protagonisti di Terza Ondata, l’ultimo movimento d’avanguardia del Novecento. Tra i suoi libri: Amsirutuf: Enimma, Vita novissima, Ecce Femina, Brogliasso, Nottilabio, Superrealisticallegoricamente, Corso Canalchiaro 26, L’astutica ergocratica, Spoesie, Casuals (2016). Ha tradotto e curato la pubblicazione Eremita. Dialogo di Antonio Galateo.
Da anni si batte per il progetto etico-linguistico Umafeminità, quale antidoto contro la violenza dell’umanità. Primo step: l’antologia Umafeminità (2014), con la partecipazione di oltre cento poeti, fra le voci contemporanee più significative.

 

Lavinia Frati

Lavinia Frati è nata a Roma. Suoi testi sono apparsi su varie riviste poetiche, tra le quali: Poeti e Poesia, rivista internazionale n.32 e 34 del 2014, n. 44 del 2018, Direttore Elio Pecora; L'orto botanico di Monsieur Proust 2014, LaRecerche.it; e in antologie di poesia, tra cui Il segreto delle fragole, Lietocolle 2017; Enciclopedia di Poesia Contemporanea Mario Luzi, vol.7/2016, anno di edizione 2017; IPoet Lunario in versi, Lietocolle 2016. Ha pubblicato con la casa editrice “Il seme bianco/ Controluna” la sua prima opera Anidramnios - Canto a due voci, e con la casa editrice RPlibri La voce sognante.

 

Rita Iacomino

Rita Iacomino nasce a S. Vito Chietino (Ch). Nel 1966 si trasferisce a Limbiate (MB) dove vive e lavora come impiegata. Ha pubblicato: Formato A4 (Ibiskos 2012); … e mi fingo poeta  (2015); Ostriche a mezzogiorno (2016, con prefazione di Alessandro Quasimodo); Antichi sussurri (2016, racconti, prefazione di Rodolfo Vettorello); La rupe del biancospino (Di Felice 2018, romanzo, prefazione di Alessandro Quasimodo); Fritto misto (Luoghi interiori 2018, prefazione di Alessandro Quasimodo); La cavalletta con i capelli da medusa (Di Felice 2019, favole illustrate, prefazione dello psicologo psicoterapeuta Dottor Giuseppe Russo); Il segreto di L.M. (Puntoacapo 2020, poemetto, prefazione di Ivan Fedeli e postfazione di Carmelo Consoli); Fiocco Rosa (Arsenio Edizioni 2020, racconti, prefazione di Carmelo Consoli); Sapore infinito (2020, raccolta di poesie, prefazione di Rodolfo Vettorello e di cui una esposta alla  Biennale di Venezia e alla Biennale di Milano, entrambe nel 2021).

Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti e sue opere sono inserite in più antologie e raccolte.

È ideatrice e presidente del Premio Letterario Internazionale “Energia per la Vita”, promosso dal Lions Club Rho Host ed è ideatrice e presidente del Concorso Letterario Internazionale “La girandola delle Parole”, promosso da Pro Loco Limbiate, giunto al 4° anno. È inoltre giurata in vari Premi Letterari Internazionali.

 

Francesca Innocenzi

Francesca Innocenzi è nata a Jesi (Ancona). È laureata in lettere classiche e dottore di ricerca in cultura di età tardoantica. Attualmente insegna nella scuola secondaria di secondo grado. Ha pubblicato la raccolta di prose liriche Il viaggio dello scorpione (2005); la raccolta di racconti Un applauso per l’attore (2007); le sillogi poetiche Giocosamente il nulla (2007), Cerimonia del commiato (2012), Non chiedere parola (2019), Canto del vuoto cavo (2021); il saggio Il daimon in Giamblico e la demonologia greco-romana (2011); il romanzo Sole di stagione (2018). Ha diretto collane di poesia e curato alcune pubblicazioni antologiche, tra cui Versi dal silenzio. La poesia dei Rom (2007); L’identità sommersa. Antologia di poeti Rom (2010); Il rifugio dell’aria. Poeti delle Marche (2010). È redattrice del trimestrale di poesia “Il Mangiaparole”. Ha ideato e dirige il Premio letterario Paesaggio interiore.

 

Rossana Nicotra


Rossana Nicotra è nata in Sicilia, sulle pendici dell’Etna, nel 1981. Ha danzato per moltissimi anni esibendosi numerose volte al teatro Metropolitan di Catania. Vive in Piemonte ed è un’insegnante.

Ha pubblicato la silloge Sciara Tagliente per RP Libri Editore, nella collana “L’anello di Moebius” curata dal poeta Antonio Bux. La raccolta ha ottenuto recensioni positive firmate da Federico Preziosi, da Sebastiano Adernò e da Giovanni Sepe, e pubblicate nei blog Readaction Magazine e Bibbia d’Asfalto.

Rossana è stata ospite in salotti letterari, alcune sue poesie sono presenti in antologie e apparse in blog e su diverse riviste. All'estero suoi componimenti sono stati tradotti e pubblicati sulla rivista Centro Cultural Tina Modotti (Venezuela).

 

 

Beatrice Zerbini

 

Beatrice Zerbini è nata nel 1983 a Bologna, città che le ha permesso, già̀ dal 1987, di dedicarsi allo studio del ritmo e della parola, grazie al celebre coro, diretto da Mariele Ventre, di cui ha fatto parte. A otto anni, ha iniziato ad avvicinarsi alla lettura e alla scrittura di poesie.

Nel 2006 ha aperto la pagina online di racconti tragicomici e di poesie “In comode rate”, ma solo nel 2019, incoraggiata dai riconoscimenti da parte di alcuni critici, ha cercato e ottenuto la pubblicazione. In comode rate. Poesie d’amore (edito da Interno Poesia) è la sua opera prima in versi, ad oggi alla V ristampa.

Testi e recensioni della raccolta sono comparsi in importanti riviste poetiche (tra cui Poesia di Crocetti, Atelier Poesia, Centro Culturale Tina Modotti) e in trasmissioni radiofoniche e televisive (Tv7 - Rai Uno; il Sabbatico - Rai News 24; Fahrenheit - Rai Radio 3). È stata ospite di diversi festival (tra cui il PoesiaFestival 2020 e 2021, l’AlzheimerFest e il Festival Il Rumore del lutto, per citarne alcuni).

A giugno 2021 è uscito il libro Mezze Stagioni, una piccola raccolta di prose e suggestioni poetiche (per la collana Piccole Gigantesche Cose della casa editrice AnimaMundi).

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21 dicembre 2021



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