La metafora del viaggio ha sempre
interessato i poeti. Senza andare a scomodare il sommo Poeta e la celebre frase
di Ulisse «fatti non foste a viver come
bruti ma per seguir virtute e canoscenza», è innegabile che il desiderio di
acquisire nuove conoscenze, nuove emozioni, e di arricchire la propria
esperienza lungo il percorso esistenziale, sia una prerogativa dell’uomo in
quanto essere proiettato verso il futuro, prossimo o remoto che sia; si anela a
scoprire i misteri della natura, dell’universo ma anche dell’uomo stesso,
attraverso gli studi, le ipotesi, le teorie, le scoperte in tutti i campi dello
scibile: è il progresso in eterna evoluzione. Questo slancio, questa esigenza
più o meno conscia, più o meno controllata dell’uomo, di dischiudere le porte
del creato perché ci mostri, a poco a poco, le sue verità nascoste, è
particolarmente evidente nel campo artistico. Dove non ci sono strumenti
scientifici da utilizzare come chiave per aprire, o almeno socchiudere, quelle
porte oltre le quali si intuisce una realtà sempre più chiara ed evidente,
l’immaginazione, il sogno, la speranza, la luce dell’intelletto vengono in
aiuto alla creatività e sopperiscono in qualche modo, parallelamente al
progresso scientifico, all’anelito dell’uomo di squarciare sempre di più i veli
oscuri che avvolgono il nostro mondo. Il viaggio del poeta è questo itinerario
di continua acquisizione di conoscenze, materiali, fisiche, psichiche,
sentimentali, ideologiche, intellettuali, al fine di conoscere e di ri-conoscersi sempre meglio, di
ritrovare dentro di sé ma anche nel creato, un senso, o il supposto vero senso,
dell’esistenza e del creato stesso.
La poesia ci accompagna in
questo viaggio. Anzi, è proprio la poesia il
viaggio, in quanto è nello stesso tempo mezzo e fine dell'uomo-poeta. Al di
là delle tematiche, degli stili, delle forme espressive, il fare poesia, come
del resto ogni altra espressione artistica, può costituire l'attività creativa
finalizzata a ricercare, fuori e dentro di sé, il senso dell'esistenza, o
perlomeno di avvertire, di percepire se magari un senso ci sia veramente, o
ancora di dar voce ai dubbi, alle incertezze, ai disagi, ai rovelli, ma anche
alla gioia e ai sentimenti in genere. Credo che tutta questa attività di
ricerca, di tentativi di dare e di darsi delle risposte, formino l'asse
portante di ogni artista, di ogni poeta, lungo il suo percorso esistenziale: un
viaggio che lo accompagnerà per tutta la vita, fino al confine, all'ultima
stazione, dove non necessariamente troverà finalmente le fatidiche risposte, le
sospirate e agognate risoluzioni delle equazioni della vita e del creato,
equazioni che rimarranno quasi certamente sospese, irrisolte. Ma la cosa
importante è il cercare, non il trovare; il sogno, l'illusione, persino
l'utopia, la costruzione idealizzata di nuovi sistemi, di nuovi orizzonti,
nuovi progetti da seguire e da realizzare… questi saranno il motore principale
che ci muoverà lungo l'asse del tempo, e che ci darà qualche soddisfazione:
esprimerlo con l'arte, e nel nostro caso con la poesia, ci darà la forza e la
ricchezza del vivere quotidianamente non come incoscienti, ma come uomini che non possono reprimere quella
potenzialità di conoscenza in noi connaturata che li spinge costantemente oltre
le fatidiche Colonne d'Ercole.
Questo nono volume
dell'Antologia è dunque come la nave di Ulisse: i dieci poeti che vi sono a
bordo remano tutti in armonia, hanno girato la poppa a est ed ora si dirigono
verso il mondo sconosciuto, verso terre nuove da esplorare con il loro canto e
la loro pertinace, costruttiva, determinata volontà di dare un senso alle cose.
La parola poetica, in questo, è vera maestra.
Ringrazio gli Autori che hanno
voluto aderire al progetto antologico e che mi hanno dato la possibilità di
redarre questo nono volume. Buona lettura!
Giuseppe
Vetromile
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ANGELA ARGENTINO
Di origine siciliana ma
attualmente residente in Grecia, Angela Argentino è poetessa incline al forte
sentimento, di cui è pregna la sua vasta produzione; il suo canto melodico trae
spunti preziosi dai suadenti colori e profumi del Mediterraneo, nei quali
convoglia con sapienza e talento il suo dettato poetico. Il suo è un canto
intimo, familiare, velato a volte da una sottile nostalgia per la sua antica
terra natia.
Le
parole riposte
Vorrei cantarle
queste note
accalcate nella gola
le parole d'amore
che prudenti
aspettano te
perché le pronunciamo insieme.
(Da L’amore di ottobre,
ChiPiùNeArt Ediz. Roma, 2018)
***
Il
silenzio sparso
La sera attendo paziente
quella voce sottile
che sento alzarsi e cadere
tra rumori di pentole e stoviglie.
È la preghiera calma
che chiude il giorno
e ci avvicina a nuovo mattino.
Questa voce si è addossata
al mio cuore lanciato tra i venti
e non so più raccogliere
il silenzio sparso che amavo
prima di te
(Da L’amore di ottobre,
ChiPiùNeArt Ediz. Roma, 2018)
***
Di
mare e di alba
Come se il mare svaporasse nella notte
le sue parole d'acqua.
Come se il sale restasse a vegliare
l'inquieto fondo.
Come se al fine apparisse
l'eterea trama di verticale osmosi
verso un cielo di silenzio.
(Inedito)
***
L’anello
mancante
Manca un anello alla catena
che forma il mio sentire
il mio sapere
quel po’ di eredità che tutti abbiamo.
Quando e perchè
si sganciò questo anello
da una catena di
eventi
io non ricordo.
Mi lascia sospesa
nel giudizio sbagliato
nella percezione incompleta
nella paura di scelte per sempre.
Forse era analisi questo anello caduto
e mi lascia come catena accorciata
al collo della mia ingenua vita.
(Inedito)
***
Lo stormo, un attimo
Con le ali all’unisono
taglia in obliquo l’aria
lo stormo
sulla pianura bagnata.
Il cielo meridiano è grigio di luce
e il mio sguardo ha rapito
nell’attimo del volo
e racchiuso in sereno scrigno
silenzio e vita.
(Inedito)
***
Punita
alla parola non detta
Punita alla parola non detta
ti senti
da questa mano mancina
che cerca verità
e non sa a chi dirla.
(Inedito)
***
Rondini
a Noto
No, non saranno i tuoi baci
morsi dal tuo tempo giovane
e sputati
a rallentare il volo delle rondini
pazze di gioia nel cielo di Noto.
Ignare di te e di me
del rivolo di sangue acceso
e fuggevole
consegnano al cielo
l'infinità dell'essere creature.
Mi dolgo dei tuoi occhi
che non sanno cogliere in me
la gioia della rondine.
(Inedito)
***
Lefkada
Panorama di verde e di acque
silenzio di raccolta isola
voci canterine dai vicoli
piccole faccende umane
dove anch'io sono formica.
Dappertutto il saluto del ritorno
mi scalda il cuore esule
da tanto tempo.
(Inedito)
MARIA GRAZIA CALANDRONE
Quando si parla di poesia,
quella autentica e di grande spessore, certo non si possono fare distinzioni in
merito al tema, alla forma, al motivo profondo o dall'idea che la genera:
poesia è poesia senza aggiungere altri aggettivi qualificativi. E parlando
della Poesia di Maria Grazia Calandrone questo asserto può essere più che
rispondente. L'incisività, il dettaglio del particolare, la rivelazione del
profondo sé e l'indagine acuta e folgorante del mondo e della società, rendono
la sua poesia un documento artistico e letterario di particolare importanza e
significanza.
(da Giardino della
gioia, Mondadori, 2019 e 2020)
Deposto
il nome
Diceva sempre
ditele che la amo
e ditele che ho fatto tanta strada
per amarla.
Ditele che se uscivano
angeli e diavoli dalla sua bocca,
io vedevo soltanto la sua bocca.
Ditele che mi abita
per sempre.
Diteglielo, vi prego. Diceva sempre.
30
aprile 2016
***
Veglia
alla cenere
Dare l’acqua al basilico,
aggiungere una manciata di sale grosso
all’acqua di cottura
sono gesti che bastano, per ora,
a distinguerci da quello che muore.
Roma,
26 aprile 2018
***
Pasto
nudo
[…]
quando la luce pomeridiana
ti posava la mano sulle spalle
e l’alto della tua schiena luccicava quieto
come può solo la vita umana,
sul tuo corpo accadeva una piccola mancanza di grazia,
la torsione di un’ombra che pareva
sollevarsi da te come a fatica
aspettavi la sera
con spavento animale, ti esponevi al vastissimo silenzio
d’alberi e improvviso, eri sola
al mondo come la preda, sola alla luce trasparente e azzurra
della sera
che veniva a morire
nel buio fra i tuoi capelli
senza morire
***
MadreAlfa
Eri una ragazzina di campagna che si faceva bella coi
vestiti neri e gli orecchini.
Prima di te, filtravano le luci da acquario dei corridoi
dell’ospedale.
Poi, il tuo corpo sboccava dal buio e portava ogni cosa che
al mondo
c’è da sapere.
Facevi la donna di servizio nella Milano dell’immigrazione.
Quando arrivavi
a notte alta, forse ancora una volta sconfitta, chi dice
«io»
in questa poesia, percepiva di te
solo i frammenti di proprio interesse,
gli occhi lavati come gocce d’ambra e il seno illeso.
Dicevi «Un giorno saprai», oppure «Non ti preoccupare
di sapere», ma certamente il tono ti tradiva. Non so altro
che questo non sapere.
L’indagine fallisce. Sono carne
che si rigenera ogni sette anni e, senza volontà
che non sia il voler vivere di ogni singola
cellula, cancella a fondo. Incluso il pianto di una
concubina
di ventinove anni, che il mondo ha spinto in acqua. È stato
a causa della solitudine
di ogni animale, è stato allora, mentre
ti allontanavi, che ho preso la decisione (politica,
ontologica) di avere fiducia.
Guarda cos’è successo alla mia vita. Avevo la bontà degli
animali
trascinati in guerra. Tanta gente bellissima
ci ha divise. Nessuno
ha mai voluto farmi veramente male. Ma lo hanno fatto,
perché anche loro erano morti tutti
da tanto, dopo una gioia un po’ stenta, ma comunque gioia. I
benpensanti
sono armi spianate, uccidono anche i morti. Si tratta di
fascismo naturale, quella che chiamano «normalità».
Dopo che mi hanno tirata su dall’acqua del fiume mi hanno
portata a casa
su un autobus di linea, tanta fu la vergogna. Dai finestrini
ho visto
l’arsa bellezza delle mie montagne allontanarsi
come la superficie di una stella, ho conosciuto
la crudeltà del paesaggio
e la crudeltà del perdono.
Sopra i corpi trascinati in guerra
resiste una mancanza di confine, bianca
come le suole dei bambini.
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MARIA ELENA DANELLI
C'è una sospensione quasi
magica, eterea, nei componimenti di Maria Elena Danelli, poetessa di origini
milanesi, ma anche valida artista e sceneggiatrice di opere teatrali.
L'espressività a tutto tondo si dirama dunque attraverso le varie forme
artistiche e letterarie, di cui la nostra poetessa ha competenza e padronanza
eccezionali. Ogni brano è un allestimento e ogni allestimento è una poesia, intimamente
integrate nella sua persona le sue ottime qualità creative e letterarie.
(Inediti)
Dal
Diario delle Terre ~ In Calabria
Crete disseccate smosse da brezze
hanno dita di spini
che piangono-pungono
e s'avviluppano.
Chi appartiene a questi luoghi
come acciecato dalla forza del sole
accatasta cemento
su piani e piani, Babele.
Ma qui Dio non è nel cielo,
è nella terra, negli spini, nei campi.
È una parola da dissodare.
***
Dove siete andati,
chi diventati?
Dov'è il vostro occhio
cui già l'umidità non giunge
Dove la vostra luce esala
Una ragnatela vecchia
si muove alle dita del vento
Nudi o vestiti
quale espressione porterete?
Nulla vi serve
qui testimoni di ottusa forma inerte
Ciò che si riceve
è ciò che si rende
un profumo,
un cedro tagliato
che sparge per le vie
la sua essenza.
***
Una parete bianca stamattina
il sole gioca con dischi d'ombra luminosa
su cui non inchiodo ritratti.
È luce il vostro volto la vostra voce il canto
profondo degli oceani
porta tra il brusio e la risposta
mute masse-fumose presenze.
Non ostruisco.
Che sia il sole a spostare le pedine scure
vibranti acqua musicale.
Una campana lontano
e occhi addormentati nella speranza
della resurrezione.
***
Una donna fatua
urla intermittenze
arrendevole
facendosi burro
Fioca con mani svelte
dispone orologi
dai meccanismi della sua follia.
In fondo uomini e corvi
lanciano lo stesso grido.
***
Fuori dalla finestra panni lontani smuovono
case e camion iridati dal tramonto.
Penso alla flebile scrittura sul muro
come tua voce
un filo da cui si snoda argento.
Ti attendo nell'anonima camera.
Rumori che non mi appartengono
giungono da un altrove.
Arriverai nel sonno
giungerò sospesa,
un'intersezione di canneti
spade conficcate controluce.
La poesia a volte non ha bisogno
di tante parole; la poesia a volte è subitanea, immediata, e nello stesso tempo
intensa, si sublima dal foglio all'intelletto e al cuore del lettore,
provocando e stimolando le giuste e sacrosante vibrazioni emotive. Antonio
Fiori, da Sassari, ci offre questi pregevoli brani, dove l'io narrante si
immedesima, prende parte alla scena, al ricordo, alla memoria. Brevi ma corpose
riflessioni, espresse tramite un dettato poetico solido, deciso, profondo.
(Da La strada da
scegliere, Clepsydraedizioni, 2009, e-book)
La
strada da scegliere
Come ho fiducia oggi nei pochi amici rimasti
della parola, nella loro pazienza di vedette
nella dignità del canto e dei silenzi.
Sapessi, come loro, vedere i segni
ascoltare ogni voce, scegliere la strada da prendere.
M’industrio, invece, solo in apparenza
e m’illudo di resistere agli eccessi
di spirito e materia usando malamente la penna.
***
(Da In merceria,
Carlo Delfino, 2012):
Franco
Abita di fronte Franco
e talvolta si assenta
e va per esche, la sera
o chissà, per altro.
Conosce i numeri
le estrazioni, le lenze
ma non si vanta
ne dona anzi.
Hai voglia di seguirlo
quando lascia la stanza
scoprire se invoca un Santo
per profetare ricchezze
o fa una danza
lui così calmo invece.
***
(Da Nel verso ancora
da scrivere, Manni, 2018):
Non
sai dire di no
Non sai dire di no, non sai quando fermarti
cerchi ancora la mappa, lo stradario dei fatti
imbocchi i vicoli chiusi, ritorni sui passi
non sai se un santo giri i tuoi occhi o i dannati.
Non sai nemmeno se tu sia l’autore del testo
della prima quartina o di questo verso stesso
eppure sai dove sei diretto, al cuore che palpita
alla fine, all’inizio, all’inevitabile capoverso.
***
Mi
trafiggono
Mi trafiggono invisibili
dai quattro angoli del foglio
tutte le infinite rette
delle soluzioni possibili.
***
Rivederti
È sempre un'emozione rivederti
perché in te si confondono le amate
- sei unica e plurale, per questo
sei la prima donna singolare.
E meno posso averti, meno speranze
raccolgo ogni mattina, più vederti
è vampa che incendia questo sangue
- luce che illumina le stanze.
***
Ritorni
Ritorni, attesa nei giorni più lunghi
dell'ultimo giugno.
Ricordi, era via Emilio Lussu
una corta salita, e poi l'ombra del viale
dal sole scandita per noi
così allegri e diversi, Beatrice
com'era diversa l'Italia e la vita
- com'era letizia.
***
(Inediti)
Versi
unici
(tra
esercizio e visione)
*
Dai ricordi attendo ancora notizie
*
Vivo in un trascorso futuro
*
Rinasceva quando l'aria mancava
*
Geloso della sua mappa del Paradiso
*
Come se non bastasse, andava in estasi
*
Ci attendono parole senza voce
*
Sono stato dov'ero e non so dove vado
*
Combatti battaglie che nessuno vede
*
Darsi pace è una guerra continua
*
Pensava di riuscire a vincersi
*
Verrà la vita e avrà i tuoi occhi
È l'immediatezza cristallina che
caratterizza i versi di Alba Gnazi, insegnante e poetessa di grande talento. Già
la pubblicazione di due sue raccolte poetiche con Case Editrici di riguardo,
dimostra come l'impegno e la ricerca stilistica siano elementi di particolare
cura e studio nel percorso poetico della poetessa, la quale predilige un
dettato rapido e diretto, che avvolge e coinvolge emotivamente il lettore. Come nei testi che
seguono, pregevoli e sinceri.
Guarda,
dice
Guarda dice,
guarda
ma preferisco l’odore
delle suole strusciate, il grigioperla
del disappunto, una porta verso
libertà senza cauzioni, come un istante
poesia tra le ginocchia
preferisco
un fiato corto con cui accorciare il cielo
accorciare il mondo che mi strema
accorciare la distanza dal suo riflesso
così concreto
da ustionarmi la voce
Guardami, dice ancora
come ci fossimo solo noi
a scongiurare la caduta del suolo in mare
o noi a contar piedi dopo una dipartita:
come non sapesse
che non ho mai amato il coraggio di esser vivi
nei fuori onda,
a meno di avere un buon vino.
Guardami: guarda noi
E guardo, sì: guardo:
bianchissima guardo
il suo bianchissimo pieno
Guardo noi: lei
al mio posto e me
tutta intera, che
dal riflesso invocata
invoco e
Guarda, dico:
guarda.
(Da Verdemare –
Cronologia inversa di un andare, La Vita Felice Edizioni, 2018)
***
I
ragazzini abbracciano da dietro
I ragazzini abbracciano da dietro,
quando non li vedi.
Strusciano la fronte e il naso
sulla schiena, i loro capelli
solleticano il collo. Una
arriva coi suoi occhi naufraghi
nel bel mezzo del caffè, abbracciami
dice, subito, sono arrabbiata
mi devi calmare. Svento l’ira
accogliendone le ceneri.
Posano lettere sulla mano,
e devi leggerle subito o subito dopo,
devi leggerle in piedi, fuori
dalla porta dell’aula,
decifrando la cruna attraverso cui passano,
rovistando tra le urgenze e i dissapori
che li inchiodano
a una stilla della voce, a un’attesa
che gli sanguina in bocca,
tra un dente che balla
un amico che non torna
una campana
che tarda ogni giorno un minuto,
e pazienza se anche oggi all’uscita
non arriva ancora nessuno.
I ragazzini stringono in vita a strozzafiato,
e se tendi le braccia
li sfiori, fermi immobili lì dietro,
dove tu non vedi.
Giacomo Leronni, pugliese di
Gioia del Colle, docente di francese nei licei, è poeta importante in ambito
nazionale; vincitore di diversi rinomati premi letterari e autore di numerose
pubblicazioni con Case Editrici di tutto rispetto, ha una poesia improntata
alla ricerca del senso profondo dell'esistere, almeno in questo poemetto
inedito che ci propone; un dialogo assorto con se stesso, riflessioni e dubbi
sulle incertezze della vita e sul dramma della morte.
Le
ombre
(poemetto inedito)
I
Nel passo lacerato non comprendi
chi ha invitato le ombre:
la città si arresta qui
nel lampo del rifiuto, nella voce
che imita i colombi, la loro torva
insistenza. Si torna in giro
fra poco
petali assiderati nel mistero
di ciò che stringe da ogni parte
senza dire: anche questa volta
saprò come officiare
in onore della tua scomparsa.
Le ombre, che risalgono fino agli occhi.
Assediano il sonno delle piante
delle correnti: trovano ovunque
un appiglio per negare
disinvolte nel loro crimine
che le assolve e le moltiplica
prima della macerazione.
Ti attendo qui, in ordine
come i lampi che dirigono
la tempesta, senza nome apparente
non avendo dichiarato nulla
al posto della menzogna
ti attendo qui, affrettati
si vive di frenesie, di attimi
inguardabili
purché qualcuno giunga presto
col suo tradimento a liberarci.
II
E quando parleremo
dopo la morte
(perché sapremo fare anche questo)
non avremo rimpianti
non slitteremo sull’orgoglio
come uccelli che barattano il cielo
con il loro segreto
tu verrai ancora e sempre
una mano sulla tempia
stordita dai nomi
gli occhi del sigillo
e parole riposte come figli
al riparo dal vento
l’ombra a volte rischiara
muta il senso delle cose
s’infigge come un verbo nella frase
quando la sera è inesprimibile
quando avanziamo a tentoni
per sviare i morti
o sono forse tutte apparenze
lucchetti che non scattano
appelli che non approdano
chiavi affidate alla notte
che non ha cura di alcuna casa.
III
È così: ma tu dillo
sporgiti oltre la casa
incontro agli aceri
siamo tutti dispersi
in una malta d’ore
che non asseconda alcuna voce
dire è allora incontrare il buio
capitolare
raccolti i fiori negli occhi.
E insisti: nessuno ascolta
e la parola rimbalza, ti ritorna
come sguardo. Qualcosa
di simile all’esistenza
una stagione intera, un albero
che si offre per tutti
come le ombre
saldo come un’anima.
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GABRIELLA MUSETTI
Gabriella Musetti, genovese di
origine ma residente da tempo a Trieste, dove opera attivamente nella
realizzazione e diffusione di iniziative culturali di rilievo, ha una grande
esperienza in materia artistica e letteraria, avendo tra l'altro viaggiato in
molte città italiane. Ha all'attivo diverse pubblicazioni importanti ed inoltre
ha ottenuto lusinghieri riconoscimenti e primi premi per la poesia in concorsi
letterari rinomati. Ci propone qui un gradevolissimo poemetto inedito, dove
prevalgono quadri e riflessioni accurate, velati da un leggero sentimento
nostalgico e la consapevolezza del tempo che fugge inesorabilmente.
(Inediti)
Frattali
del tempo
I
leggo di un tale
di anni ventidue
che ha vinto non so quale
masterclass televisivo
il successo, i soldi, la crisi
l'assenza dal video
la depressione
- anima nera -
la rinascita attuale
ad anni ventidue
e mi domando
se il tempo è
quella stringa
che a volte percepiamo
con i suoi tempi morti
lo scorrere leggero
gli intoppi che rallentano
l'inesorabile andamento
che abbraccia per davvero
ogni storia individuale
e la contiene
II
a Noemi e Emerico
una sera a cena, a Roma
ho conosciuto
l'amore innamorato di due vecchi
lei era bella, sofisticata
nei suoi novanta e passa
con i capelli a posto
tutti argentati
- mi devo tenere in ordine -
mi ha detto sottovoce
- per lui che è più giovane -
questo bianco e grande e pacato
ottantanovenne che la guarda
come a vedere una ragazza
una sbarazzina bionda appena uscita
ridente, dall'acqua marina
questo frutto maturo di un amore
nato tardi
oltre la maturità del corpo
è vivo e tenero
come un passeretto implume
III
scoprivi vagine e boschi
rocamboleschi spazi
di ribellione
illuso di un ritorno
là dove eri partito:
vigne rubescenti
sul crinale della collina
stelle nascenti
appese sopra i pini
non fu così
chiuso al tempo a venire
rimane un fiore decomposto
IV
il luogo ideale - per me
è quello in cui è naturale
vivere da straniero
diceva Calvino
a Parigi
nell'attimo stesso
in cui pronunciava: bonjour
ormai è troppo tardi
per darne un senso compiuto
che non sia rimpianto
V
sembra di ieri
un evento di anni prima
la memoria riporta
al presente - mentendo
la figura assente
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Anita Napolitano, poetessa e scrittrice
romana, organizzatrice di grandi eventi culturali, tra i quali gli
importantissimi incontri di poesia al Teatro Marcello, nell'ambito del Festival
Musicale delle Nazioni, ha una personalità artistica aperta e poliedrica,
esprimendo il suo grande talento in modo particolare nell'ambito teatrale, come
autrice di saggi e testi teatrali, e in quello poetico, con diverse pregevoli
pubblicazioni. Il suo è essenzialmente un canto d'amore, di libertà e di forti
sentimenti, i quali non hanno limiti di nazionalità. Ha infatti qui voluto
proporci, oltre ad un testo in italiano, anche due brani tradotti in spagolo da
Elisabetta Bagli.
(Dal poema Alabanza a
la desobediencia)
Búscame
Búscame dentro de ti,
búscame en el hueco de tu pecho,
suspírame dentro.
Tropiézame en la curva del costado
donde mora el gemido.
Cuando la graciosa luna
dirija su rostro hacia la montaña
aráñame la carne...
Tu amor es más rico que la riqueza.
Será el abrazo de los corazones
para dar a luz al brote pujante.
Búscame dentro de ti
búscame en el hueco de tu pecho,
suspírame dentro,
allí donde habita la raíz .
Me pondré la túnica de algodón
y sandalias adornadas.
Voy a ser tu esclava, guerrero ofendido
me sentaré a los pies del triclinium
para honrarte...
Búscame dentro de ti,
búscame en el hueco de tu pecho,
suspírame dentro,
y ahí es donde sin que el mundo lo sepa
viviré para siempre.
***
Anima
indocile
C'è un luogo dove tutto accade,
ed è lì che ti aspetto ogni volta
dove l'azzurro mai si scolora
e il Dio ribelle talvolta si scatena.
Spira da Zante il vento
e nella fenditura dello scoglio roso
un piccolo raggio approda.
Verso l'ignoto l'anima si libera
e il canto dell'onda indocile
si fa pura melodia.
Ti aspetto lì, al solito posto,
in quel tempo convenuto
nel rubino vespro quando
il giallo si tramuta in amaranto,
e l'oleandro profumato cerca riparo,
in quel luogo incantato
dove l'alfabeto diventa muto
il pensiero del cemento si inabissa
spirito e materia si fondono in un unicum
che tende all'assoluto.
***
Pasión
de verano
En este cielo sin adornos de estrellas
dejaré que decidan los ojos
si dejar salir las lágrimas.
Nunca jamás te fustigaré
pasión culpable,
fuiste tú aquel día de verano
quien me encandiló, inclinándote para urdir la trama.
Aquel día, en que el ruiseñor
cantaba alegre
y las anémonas blancas
iluminaban el
seto, hurgaste muy bien
y robaste lo que más celosamente había custodiado,
Fuiste tú quien
me aferró entre las hileras de vides
y el canto sonoro de las cigarras.
Dulce ramera de pechos aterciopelados
y blancos muslos de muchacha,
sabré esperarte...
Encanto de los sentidos,
cada vez que quieras
soltaré mis trenzas de oro
hasta los pezones
y beberé en tu cáliz el néctar de ambrosia .
(Testi di Anita Napolitano, traduzione di Elisabetta Bagli)
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ALESSANDRA PAGANARDI
Tra le voci poetiche contemporanee
più importanti, troviamo sicuramente Alessandra Paganardi, autrice che svolge
la sua attività di docente di filosofia e di letterata fra Genova e Milano.
Collaboratrice editoriale, dirige una collana di poesia per le edizioni
Puntoacapo, ed inoltre, tra le tantissime collaborazioni, è redattrice della
nota rivista Gradiva. La sua poesia si caratterizza essenzialmente per una
profonda indagine sull'autenticità della persona, con garbati e armoniosi
inviti ad un recupero della originale identità.
L'uovo
e la goccia
Non sono solo un lembo di mia madre
quell’ ovocellula che mi somiglia
la tonda briciola di pasta madre
nel grembo cavo che mi ha reso figlia
nelle mie vene ho una goccia di padre
la gioia d'una corsa meraviglia
la staffetta d'un gioco fatto a squadre
il mare che disseta la conchiglia
maschile e femminile in ogni storia
per ricongiungerci all’altro che siamo
ogni creatura fiore ermafrodita
nel corpo torna intera la memoria
ogni volta che va gridando ti amo -
in questo ritrovarsi c’è la vita.
(pubblicato su
Gradiva, number 57, Spring 2020)
***
Il
volo
Sii gentile con l'anima che prendi
nel centro cavo della soglia scura
fatti vestale del fuoco che accendi
non impaurirti della mia paura.
Come visione rapida scoscende
e nel verso riversa la misura
tu sentirai l'immensità che scende
nel grido breve della gioia pura.
La chiamano paura di volare
ma non c'è volo senza l'infinito
- l'incendio è padre immenso del bagliore -
tu non spegnerlo mai, non riparare
quello scompiglio di trama e d’ordito
che vuol bellezza amica del terrore.
(pubblicato su
Gradiva, number 57, Spring 2020)
***
L'aquila
e il ricamo
"Non al denaro né all'amore".... e forse
se immagini qualcosa di felice
nell'anima e nel corpo senti i morsi
di un albero strappato alla radice
negli occhi muore il sogno che rincorse
quella dolce illusione ingannatrice
ti senti addosso il gorgo che distorse
lo specchio capovolto e rapì Alice
Amico mio, la gioia in un momento
accolta l'hai già persa, ma smarrita
mai più l'avrai se togli al cuore il gelo
se smetti di collezionare vento
se impari a dominare la partita
come l'aquila fa la posta al cielo.
(pubblicato su
Gradiva, number 57, Spring 2020)
***
Due
quartine da una metro quasi vuota
Che siano verticali quelle nebbie
come frange di pane sul tappeto
o siano come vele mai spiegate
nel vento d’una stringa d'occidente
questa è la vita, amore, questo siamo
nel lampo di un pensiero fuori mente
questo è l'appartenersi come un ramo
di tiglio alla sua quercia che l'attende.
(inedito)
***
Meditazione
Guardati attorno, poi trova il centro
la tua forza motrice solo tua.
Non temere che sia dove non sai.
Il corpo è vasto, non ha luoghi impuri
in ogni punto la soglia
di un tempio .
Tu trova la tua soglia solo tua
che non è scritta su nessuna mappa.
È la tua fonte di vita, accendila
e custodisci il fuoco.
Collegala al cervello, penserai.
Collegala alle mani, costruirai.
Collegala al tuo viso, splenderai.
Collegala alle orecchie, ignorerai
i discorsi malevoli e sarai
fabbro del buon silenzio.
Collegala alle gambe, correranno.
Collegala alle labbra, incanterai
con le parole mai troppe né assenti
come germogli tempestivi o luci
di una città felice.
Collegala al tuo sesso, riderai
di gioia vera.
(inedito)
Di origini salentine, la
poetessa Rosemily Paticchio è giunta alla ribalta letteraria circa un decennio
fa, distinguendosi subito per il suo talento, e comparendo meritatamente in un
volume antologico curato dal compianto Gianmario Lucini. Da allora, il suo
impegno e la sua presenza in campo letterario e poetico si sono intensificati e
affinati sempre di più. La sua linea poetica si contraddistingue per una
struttura ricca di metafore e di rimandi, arricchita da una sottile vena di ironia.
(Testi inediti da Theatròn - Sguardo inter(n)o)
Io Sono uno scettro rivolto solo a chi è scettro
a chi autogoverna il sé
se è vuoto vuoto dice
non trasfigura il raggio speculare
non travasa l’oro in quello stagno
solo un mago stravede il gocciolare
ombroso del lago
MA IO NON SONO UN MAGO
Sono Domino senza bacchettare
senza sudditi d’occulto potere
e un regno vuoto
Se è vuoto vuoto dice
solo un mago sa spianare
lo sdrucciolìo d’un accento acuto
farlo suono univoco in tono grave e tenue
Forse è un’arte l’essere in combacio
ma io non sono un artificiere
sono solo uno scettro
rivolto a chi è scettro.
Il mio stato è suddiviso in fronde
non estinte ma erranti tra le ombre
il chiaroscuro tra le foglie m’addolora
un duello di riflessi Luce/diamante
Diamante/luce
Fuoco
tenebre
Gioia indolore
I vegetali in fondo al felice campo
ai piedi le carcasse
il cui buio enormemente m’addolora
Setaccio l’aria tutto intorno
porto luci, poi ombre nell’unione
e quando giungo al punto di giunzione
nuovamente il chiaroscuro m’addolora
Uno stato costituito in fronde
rigogliose, un tempo, poi consunte
delimitato dalle aiuole
in cui cerco di urinare il territorio
ma il non luogo mi attanaglia senza forme
anche l’aria si ribella nei dintorni
Ed è labile il confine tra le foglie.
***
(Testi inediti da Labor
continuum)
Volteggiami residuo pensiero
prestami un nome che possa dare a chi mi chiede
di esser certi nell’incerta boscaglia
Se puoi anche un cognome inverso
che suoni tondo e fermo.
Prestami giunchi per le capanne
da definire sul fiume e risorse rinnovabili
perché si esaurì già ogni ricchezza
nella stagione delle nostre nascite
Dammi ancore di salvataggio
o forse non spetta a te, pensiero
né a te nome e cognome
ma all’operare del fabbro
per dovere di fabbrica artigiana
dove bocche di fumo si elevano
come colonne nel cortile d’un denso propileo.
Vorrei fare salti nei cerchi di grano
mettere le mani in faccende quotidiane
l’umile petto riversare sul pavimento rettangolare
Vorrei commemorare chi prima di me
ha fatto quel passo
si è messo così ampiamente a saltellare
e a far germogliare i chicchi di grano
Ora che una pioggia irrigua ci batte addosso piano
forse crescerà dalle fosse comuni
un nuovo corpus fatto a mano
e dall’impasto di farine integrali vedremo
un sopraggiunto fermentare.
Lo stesso sarà per i coloni, per gli artigiani.
Fatevi avanti voi che sapete i mestieri
Voi edili, voli saltimbanchi, giocolieri e fornai.
Venga qui chi sa fare i villaggi
venga chi sa restaurare i preziosi mosaici
chi sa gettare i semi a terra e coltivare.
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NOTE
SUGLI AUTORI
Angela
Argentino
Angela Argentino, siciliana di
nascita, è laureata in Lingue e Letterature straniere. Ha sempre svolto la
professione di insegnante sia in italia che in Grecia dove vive da più di 30
anni. Sposata a un medico greco, due figli, scrive da quando ha imparato a
scrivere, come dice lei, e non si è più fermata. Solo nel 2012 pubblica Ditemi!, la prima delle sue raccolte
poetiche. Nel 2017 per i tipi della Casa Editrice ChiPiùNeArt di Roma, ha
pubblicato una raccolta di racconti dal titolo Da questa parte del mare, e nel 2018, sempre con la stessa casa
editrice, ha pubblicato due sillogi poetiche in un unico volume: L’amore di ottobre e Semi di lontananza. Suoi racconti e
poesie sono apparsi in varie antologie, ottenendo premi ed interesse.
Maria
Grazia Calandrone
Maria Grazia Calandrone è
poetessa, scrittrice, giornalista, drammaturga, autrice e conduttrice Rai
(ultimo ciclo: “Da poeta a poeta”), regista per «Corriere TV» dei
videoreportage sull’accoglienza ai migranti “I volontari” e “Viaggio in una
guerra non finita”, su Sarajevo. Tiene laboratori di poesia in scuole
pubbliche, carceri, DSM. Premi Montale, Pasolini, Trivio, Europa, Dessì e
Napoli per la poesia. Ultimi libri Serie
fossile (Crocetti 2015), Gli
Scomparsi – storie da «Chi l’ha
visto?» (Pordenonelegge 2016), Il
bene morale (Crocetti 2017 e 2019), Giardino
della gioia (Mondadori 2019 e 2020), Fossils
(SurVision, Ireland 2018), Sèrie Fòssil (Edicions Aïllades, Ibiza 2019) e
l’antologia araba Questo corpo, questa
luce (Almutawassit Books, Damasco 2020). Porta in scena il videoconcerto «Corpo reale». Ha curato la rubrica di inediti
«Cantiere Poesia» per «Poesia» (Crocetti). Sue sillogi compaiono in antologie e
riviste di numerosi paesi. Sito: www.mariagraziacalandrone.it
Maria
Elena Danelli
Maria Elena Danelli, milanese, è nata ad Arco di
Trento. Si occupa di pittura e poesia, installazioni e editoria in una
casa-Laboratorio-Studio nel centro storico di un antico paese alle pendici del
SacroMonte di Varese. Scenografa teatrale laureata a Brera, ha lavorato per
quasi trent'anni alla "Scenografie Ercole Sormani", il primo
Laboratorio Scenografico nato a Milano nel 1838, collaborando con Teatri di
tutto il mondo e set cinematografici. Ha partecipato a mostre personali e
numerose collettive. L'Editore Alberto Casiraghy l'ha ospitata sulle pagine di
alcuni suoi Pulcini. E' inserita in importanti Antologie poetiche. Ha avviato
un progetto editoriale ed artistico con Gaetano Blaiotta, "GaEle
Edizioni" in Valcuvia, ora anche "Associazione GaEle". Nel 2013 e 2015 ha seguito corsi di teatro con Dario Fo, Franca
Rame e Jacopo Fo alla Libera Università di Alcatraz. Scrive sceneggiature, testi critici e brevi video. Nel 2018 è uscita la sua prima raccolta di poesie La Corte dei Miracoli per RPLibri con
prefazione di Danilo Blaiotta e un'opera di Sergio Dangelo. Suoi libri
d'artista sono stati esposti alla Braidense di Milano, all'Oratorio San
Mercurio di Palermo, a "Wunderkammern Effimere”, Spazio
microLive @Circuiti Dinamici, Milano e un suo lavoro su tela è diventato la
cover del CD "Crabs"
di D. Blaiotta e A. Succi, pubblicato da "WoW Records di F. Tazzini e F.
Pierotti" (2019).
Antonio
Fiori
Antonio Fiori è nato a Sassari,
dove vive, nel 1955. Laureato in giurisprudenza, ha lavorato come fiscalista. Si
è occupato di poesia dalla metà degli anni novanta. Nel 2004 è stato tra i
sette poeti vincitori per la silloge inedita al Premio Montale Europa. Per il
suo libro Nel verso ancora da scrivere
(Manni, 2018) ha ricevuto il riconoscimento "Per una vita in poesia"
al Premio Lorenzo Montano (XXXIII edizione). Ha inoltre pubblicato: Almeno ogni tanto (L’Officina delle
Lettere, a cura di Crocetti, 1998-1999), Sotto
mentite spoglie (Manni, 2003), La
quotidiana dose (Lietocolle, 2006), Trattare
la resa (Lietocolle, 2009), La strada
da scegliere (e-book, Clepsydraedizioni.com, 2009), In merceria (Carlo Delfino, 2012), I poeti del sogno - Piccola antologia (Inschibboleth, 2020). Suoi
testi sono apparsi su L’immaginazione,
Mathesis e Gradiva. Ha collaborato agli storici blog letterari Via delle belle donne ed Oboe sommerso, e alla rubrica
"Scaffale" del mensile Poesia.
Alba
Gnazi
Alba Gnazi è nata e risiede
nella provincia di Roma, dove svolge la professione di insegnante. Nel 2015 ha
pubblicato la sua prima raccolta poetica: Luccicanze
(Cicorivolta Edizioni).
Giacomo
Leronni
Giacomo Leronni (Gioia del
Colle, 1963) è insegnante di lingua francese nella scuola secondaria. Ha
pubblicato molti suoi testi su alcune importanti riviste del settore, italiane
e straniere. Ha vinto fra gli altri, per l’inedito, il Premio Nazionale di poesia
“LericiPea” (1998) e il Premio Nazionale Castelfiorentino (2009).
Nel 1999 è stato invitato a
partecipare, per la poesia, al convegno/laboratorio “RicercarE” di Reggio
Emilia.
In volume ha pubblicato: Polvere del bene (Manni 2008; Premio “A.
Contini Bonacossi” 2009 per l’opera prima), Le
dimore dello spirito assente (puntoacapo
2012), L’ufficio del vuoto (puntoacapo 2015) e Scrittura come ciglio (puntoacapo 2019; Premio
“Nabokov” 2019; finalista al Premio Internazionale “Gradiva” di New York 2019).
Altri suoi testi inediti
sono confluiti nelle antologie Quanti
di poesia. Nelle forme la cifra nascosta di una scrittura straordinaria, a
cura di R. Maggiani (Edizioni L’Arca Felice, 2011), Frammenti imprevisti. Antologia della poesia
italiana contemporanea, a cura di A. Spagnuolo (Kairós Edizioni, 2011) e Dentro il mutamento, a cura di M. Lenti
(Fermenti, 2011), oltre che in altri volumi collettanei.
Gabriella
Musetti
Gabriella
Musetti è nata a Genova, è vissuta in molte città italiane ed estere, ora vive
a Trieste. Organizza “Residenze Estive”,
Incontri internazionali di poesia e scrittura a Trieste e nel Friuli
Venezia Giulia. È socia della Società Italiana delle Letterate. Ha fondato,
insieme ad altre, la casa editrice Vita
Activa (www.vitaactivaeditoria.it). Collabora a riviste letterarie. È presente
in antologie critiche.
Ha scritto
libri per la scuola e curato saggi tra cui: Sconfinamenti.
Confini passaggi soglie nella scrittura delle donne (2008); Guida sentimentale di Trieste (2014), Dice Alice (2015), Oltre le parole. Scrittrici triestine del primo Novecento (2016).
In poesia ha pubblicato: Mie care, Campanotto (2002); Obliquo resta il tempo, Lietocolle
(2005); A chi di dovere, La Fenice
(2007); Beli Andjeo, Il Ramo d’Oro
(2009); Le sorelle, La vita felice
(2013); La manutenzione dei sentimenti, Samuele
Editore (2015).
Ha vinto il primo Premio Nazionale
Senigallia (2007); il terzo Premio Malattia della Vallata di Barcis (2014),
il secondo Premio Subiaco città del libro
(2015), Il Premio speciale San Vito al
Tagliamento (2017).
Anita
Napolitano
Anita Napolitano è nata a Roma,
città in cui vive e lavora. Si è laureata in Scienze umanistiche all’Università
La Sapienza con una tesi di antropologia sociale dal titolo Il rito, il teatro,
lo spettacolo. Nel 2003 ha frequentato alla Sapienza il laboratorio del Prof. e
Psichiatra Ferruccio Di Cori, Teatro spontaneo delle emozioni.
Nel 2004 ha partecipato, in
ambito universitario, al laboratorio di teatro e psichiatria a cura del Prof.
Michele Cavallo collaborando alla messa in scena di un classico rivisitato sul
tema della follia. Ha pubblicato vari libri di poesia tra cui: Il Trionfo di Galatea (Edizioni Progetto
Cultura), Fuorvianti Parvenze (Ed.
Estro-Verso, collana Equi-libri), L’Agonia dei Fiori (edizione privata).
È curatrice della collana La fenice e la tortora per le Edizioni
Progetto Cultura. Ha scritto diversi testi teatrali tra i quali ricordiamo Il sano delirio di Don Chisciotte della
Mancia, rappresentato al Teatro Anfitrione di Roma, e il monologo Beatrice Cenci la notte prima di essere
decapitata, rappresentato nella prestigiosa cornice di Castel Sant’Angelo
dall’attrice Valeria Zazzaretta, nell’Abbazia di San Salvatore Telesino (BN), e
nella Chiesa di San Francesco a Capranica.
Con il direttore artistico
Angelo Filippo Iannoni Sebastianini e la poetessa Carla De Angelis ha ideato,
organizzato e coordinato con grande successo nell' ambito del Festival Musicale
delle Nazioni lo spazio poetico al Teatro Marcello.
Alessandra
Paganardi
Alessandra
Paganardi, milanese, vive e
scrive fra Genova e Milano, dove insegna filosofia. Allieva per merito del
Collegio Ghislieri di Pavia, ha fatto parte della redazione della Mosca di Milano e pubblicato vari libri
di poesia, aforismi e saggistica. I principali: La regola
dell’orizzonte (Puntoacapo 2019, nella collana
“Ancilia” diretta da Giancarlo Pontiggia);
La
pazienza dell’inverno (Puntoacapo
2013), Breviario (Joker 2012), Tempo
reale (Joker
2008), Ospite che verrai (Joker
2005), Lo
sguardo dello stupore: lettura di cinque poeti contemporanei (Viennepierre
2005). Ha ottenuto diversi primi premi, i più recenti: “Premio speciale della
Giuria, San Terenzio” (2020), “Città di Limbiate” (2020), “Lago Gerundo”
(2019), “Arti letterarie metropoli di Torino” (2019). “Europa in versi” (2016);
“Operauno” (2013), “Alda Merini” (2013), “Astrolabio” (2009), “San Domenichino”
(2007 e 2009), “Gozzano” (2007). È stata finalista ai premi “Nabokov” e “Città
di Como”. Suoi testi critici e poetici sono usciti su riviste internazionali come
Gradiva, Poesia, Italian Poetry Review,
Forum Italicum. È presente nella redazione di Gradiva e nella giuria del premio
omonimo. Gestisce la collana di poesia
"Collezione Letteraria" per l’editrice Puntoacapo , Novi Ligure (AL). È stata
tradotta in inglese e spagnolo.
Rosemily
Paticchio
Nata nel 1975 nel Salento, dove
ha sempre vissuto conseguendo nel 2002 la Laurea in Beni Culturali, esordisce
in campo letterario nel 2012 con la pubblicazione della raccolta poetica Prima che i germi, nell’ambito del
volume antologico “Retrobottega 2” (CFR Edizioni), con saggio critico di
Gianmario Lucini. Successivamente, nello stesso anno, pubblica la plaquette di
poesie dal titolo Incipio,
accompagnate dalle opere fotografiche di Rossella Venezia, per la collana
Coincidenze di Arca Felice Edizioni, a cura di Mario Fresa. Nell’ottobre 2013
consegue il Premio Astrolabio per originalità del tema nell’ambito dell’omonimo
concorso letterario con la silloge inedita Entropie
del Sistema Astrale, i cui testi sono stati pubblicati integralmente in
ebook nel gennaio 2014 per la collana Libri liberi di LaRecherche Edizioni,
accompagnati dalle opere pittoriche dell’artista Sara Giantin. Nello stesso
anno, viene selezionata da quest’ultima casa editrice, tra gli autori
dell’antologia poetica L’Orto Botanico di
Monsieur Proust. Approfondendo la poetica femminile contemporanea pubblica,
nel 2019, un suo contributo sulla poetessa Sylvia Plath nell’antologia Rock, Rimbaud e caffè di Collettiva
Edizioni. Numerosi suoi componimenti e contributi poetici sono apparsi in varie
raccolte letterarie, tra cui i volumi antologici di concorsi indetti dagli
editori Perrone, Lietocolle, Aletti, Onirica, nonché su riviste letterarie e
litblogs. Ha pubblicato racconti sulla rivista per ragazzi “Un due tre stella”
(Lupo Editore), collaborato con artisti operanti sul territorio locale, curando
i testi creativi di mostre fotografiche e installazioni e partecipato a varie
performance poetiche. Attualmente svolge attività di bibliotecaria per
l’Istituzione Biblioteche di Roma e, saltuariamente, attività giornalistica
occupandosi soprattutto dei temi di cultura e ambiente.
Tante voci all' unisono per celebrare la poesia. Grazie, arricchisce leggervi e grazie al capitano che ha permesso questo viaggio.
RispondiEliminaRingrazio sentitamente per la cura e il lavoro certosino della pregiata Antologia "Transiti Poetici" Giuseppe Vetromile. Essere Poeta vuol dire anche questo!
RispondiEliminaAnita Napolitano
Grazie per l'accoglienza e per le parole!Molto bella anche l'introduzione sulla metafora del viaggio e la poesia che ci conduce dentro!
RispondiEliminaRosemily Paticchio