Introduzione
La poesia non può rimanere in quarantena, non
può essere rinchiusa in un contenitore ermetico e vivere in se stessa. Questo è
un periodo tragico che ci è stato forse annunciato quasi in sordina, ma che
nessuno si aspettava ci coinvolgesse in un modo così repentino e serio: ci
siamo trovati indifesi all'improvviso, da un giorno all'altro; e non soltanto
dal punto di vista fisico, materiale: le nostre abitudini, le nostre relazioni,
la nostra stessa vita, hanno dovuto subire delle modifiche. In tutto questo, anche
l'arte e la creatività ne risentono, o perlomeno ne sono condizionate. Ma,
ripeto, l'arte, la poesia, non possono essere né confinate, né compresse, né
ridimensionate. Hanno bisogno di aria e di luce, hanno bisogno di propagandarsi
in tutti i modi. Come le radici di un albero che cercano nutrimento nel terreno.
Come l'acqua del mare che s'intrufola nei minimi anfratti della scogliera. Come
gli uccelli che volano liberi nel cielo. Bisognava trovare un modo. E se l'uomo
non può andare alla poesia, sarà la poesia ad andare all'uomo, a fare da ponte,
da collegamento, da filo conduttore. Da stanza a stanza, da casa a casa, da
città a città, da nazione a nazione.
Ecco dunque l'Antologia virtuale. Virtuale ma reale, costruita con le parole
appassionate e forti degli Autori. Un modo per stare insieme, per condividere
la nostra arte letteraria, la nostra poesia. Se non possiamo incontrarci e
discuterne insieme, in una stanza, in una libreria, in una biblioteca o anche
in un luogo aperto ma comunque suscettibile di provocare contagi; se non
possiamo stare insieme uno accanto all'altro e ascoltare vicendevolmente le
nostre vibrazioni poetiche, allora ecco che il mezzo tecnologico ci viene
incontro: l'Antologia virtuale (degno surrogato di quella cartacea, complicata
a farsi in questi tempi) in formato "pdf",
che tutti potranno leggere, consultare, fare propria.
Siamo dunque giunti al terzo volume. Come per i
precedenti, la scelta da parte mia è completamente libera e su invito; nessun
impegno da parte di nessuno, se non quello di mettere a disposizione i propri
versi, le proprie proposte poetiche che, nella molteplicità e varietà di stili,
forme e contenuti, formeranno un quadro elegante, interessante, suggestivo e
stimolante di una buona porzione della poesia contemporanea riconosciuta in
ambito nazionale.
Buona lettura e buona condivisione!
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FLORIANA COPPOLA
Floriana Coppola, napoletana, è poetessa e
scrittrice molto impegnata, ma la sua creatività le ha permesso escursioni
anche in campo artistico, avendo prodotto ed esposto particolari collages in varie mostre e rassegne. Ma
è con la poesia che Floriana Coppola ha raggiunto una meritata notorietà,
grazie alla sua sensibilità e ai temi dell'emancipazione culturale e letteraria
della donna, affrontati con liriche di grande pregio. Altrettanta incisività e
aderenza al tema, si riscontrano nella sua narrativa.
(Testi
tratti da Cambio di stagione,
Edizioni Oedipus, 2017)
1.
Non ho vinto e non ho
perso
sono
fuori dal coro, fuori dai giochi
fante
e pedina sulla scacchiera del tempo
ma
io vedo: l’amore è un moto a luogo
sono
qui adesso / più giovane dell’ultimo dei
figli
più
vecchia delle pietre della casa
guardo
fuori la finestra
vedo
il re nudo, i mercanti dell’anima
respingo
l’ abbraccio, fiorisce
sulle
giunture di fuoco ogni confine
ripudio
la maschera se non quella del sogno
amo
del tepore il silenzio
la
sutura che stringe la carne
2.
Non ho vinto e non ho
perso
voglio
quel silenzio di ulivi e cedri / il mio esilio
vedo
il gioco perverso, l’inganno
un
seriale domino di carta e di specchi
ingoia
ogni cosa e mi incendio
basta
un nome e un cognome, un codice cifrato
cado
nella scatola chiusa di una condanna
persa
nella selva oscura di chi classifica, giudica
controlla
e cancella il
nome
l’uno
sull’altro, schiacciati nella cantina buia del danno
ecco
la trappola del ragno
i
lacci stretti ai polsi con bracciali rossi
seguo
il vento contrario
si blocca il muscolo nel fango
resisto
contro chi mi frega
con
la faccia buona della domenica in festa
contro
ogni abbaglio
3.
Non ho vinto e non ho
perso
non
mi hanno avuto e non mi avranno mai
rimango
fuori dal coro, raccolgo e semino
fragili
gusci d’uovo, ecco la mia voce
lontano
la tenaglia scaltra del
quartiere
ecco
il prossimo in croce
nel
nome del padre e del figlio, dello spirito santo
solo
la bellezza mi salva e il canto
la
carezza innocente sul capo
il
bacio, l’abbraccio, la fatica del campo
la
pagina scritta sul fondale del fiume
oltre ogni
falsa commedia
mi
dico: l’amore è un moto a luogo
e
io sono una cagna randagia: cado in
piedi
malgrado
ogni inciampo
conosco
la punta del pugnale dietro le spalle
sosto
nella zona d’ombra finché posso
non ho vinto e non ho
perso
ma
è solo la tua voce che resta
e
mi basta
4.
Io con altri legata in
tanti nodi
mi
alzo dalla sedia, scavo nella terra, nel
corpo
sprofondo
fino a sentire l’ossatura scritta dentro la pietra, sotto le mani
arde
la brace, sotto i pochi rami secchi
spolvero pepite, fossili e monili, semi d’oro
e di giada
strofino
con le unghie, guardo la meraviglia
svelata
conosco
la barbarie dei saperi che non sana
quel
rumore sordo di corpi ammassati e vecchi
la
calca orrenda che sgomita per le scale
ammucchia
sudore e valigie di libri innocenti
cala
la scure
e fa tagli perfetti
veloce
inesorabile mannaia sui corpi
legati, passati,
attraversati e spenti
liquida
marea di soldati senza esercito, si
muove tra le pagine
supplica
la presenza che eterna, grazia che sfugge al tempo
mai
morte le voci, spaurite nella
dimenticanza
consumate
masticate e dissolte in bolo
io con altri legata in
tanti nodi
sommersa
affogo eppure
rinasco tra i banchi di questo carcere
senza
ferri né chiavi
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BRUNO DI PIETRO
Tra i poeti napoletani più affermati,
nell'attuale panorama letterario nazionale, Bruno Di Pietro svolge una assidua
attività culturale, impegnandosi nella sua ottima scrittura ma anche
prodigandosi egregiamente per la diffusione della poesia, con interventi
critici, letture e rassegne. Molto interessanti le sue letture in video di noti
autori dell'ultimo novecento. La sua poesia riprende sovente tematiche storiche
e filosofiche del nostro mondo classico, ricondotte magistralmente alla realtà
attuale.
(
“Eleatiche” (IV) in Colpa del mare, Oedipus
Edizioni, 2002)
ma
quale origine gli vuoi trovare
a
quell’affanno che ci ha fatto soli
chi
cerca nella terra chi nei voli
il
nome il segno il modo di parlare
se
appartiene al silenzio allo sguardo
al
fruscìo dei salici in ritardo
sull’autunno
narrare il volere
di
te di noi in queste lunghe sere:
chiamarti
è la deriva degli intenti
se
non so dirti il poco né l’intero
(le
parole confessano indigenti
la
poca confidenza con il vero)
(Da
Colpa del mare, Oedipus Edizioni, 2002)
VII
Io
rifiuto la questione trita
per
cui una cosa deve avere inizio.
Ti
aspetto sul ciglio della vita
nel
luogo dove non c’è giudizio
né
perdita o profitto se le dita
indugiano
ai capelli al vizio.
Ti
aspetto ai margini nell’interstizio
nel
vento inquieto della via d’uscita
dalla
paura di cui sei l’indizio.
VIII
Colpa
del mare
del
pendolare dubbioso
tra
il frutteto in rigoglio
e
l’orgoglio della scienza.
Colpa
della tua assenza
se
il barlume di aprile
non
lucida i capelli
di
giallo di arancio
e
costringe al bilancio
al
conto del fare
e
disfare il disegno.
Colpa
dell’ingegno
che
chiude le sere
fra
poca luce
e
un pugno di olive nere.
***
(Da
Impero, Oèdipus Edizioni, 2017)
“Augusto
a Somma evoca Orazio e Mecenate”
Tutt’altro
che pallida, Quinto, è la morte.
Nulla
s’impara nella perdita dei più cari affetti
come
in quell’ostile autunno che portò via te e Gaio.
Ritroveremo
nell’Ade il sapore
delle
olive e del vino della Sabina
e
quei silenzi in cui ognuno pensava con se stesso?
Il
mio viaggio verso l’origine si ferma a Somma
non
si può vedere l’inizio prima della fine.
Sono
in quella radura del tempo e dello spazio
che
non ha sponde: non più qui non ancora altrove.
Devo
salutare le costellazioni
mentre
incoronano il vulcano.
Svanisce
la quieta maestà delle stelle
di
fronte alla minacciosa infinità priva di futuro.
Svanisce
l’erba in questi afosi giorni estivi
svaniscono
le rose prima del crepuscolo.
È
questa la notte dell’antico niente
e
persino le ali della luce sono lente
quando
non sai più se l’ora passata
è
un’ora persa o un’ora guadagnata.
Ascolta.
Il
cigolío degli scalmi
lo
sciabordío dei remi
annunciano
l’avvento del battelliere
(e
tu ne tremi)
***
“La
peste antonina”
Lago
e mare, zefiro e bufera
vento
intriso d’infezione
e
d’infinito come diaspora nefanda il
male
inspiegato insemina ogni
dove.
Questo
è il tempo della peste.
Tempo
del caos, tempo sospeso.
Vagano
nel disordine gli infetti
impera
un’inebriante uguaglianza
non
c’è più legge, non c’è più
freno.
Galeno non ha medicina per il
morbo
consiglia un’improbabile
fuga:
ma
la piaga insegue il fuggitivo
e
scava una ruga irrimediabile
nella
già debole cittadinanza.
Inutile
indagare, Lucio, di chi la
colpa
quale il pretesto dell’ira degli
Dei:
nell’inizio l’arcano ineludibile
destino,
nell’antico tanto più denso
quanto
più antica ne è l’antichità.
Vertiginosa
l’assenza di senso
se
la colpa è il nostro stesso essere.
Hai
visto l’infausto augurio
dell’uccello
che si immerge negli abissi.
Noi
siamo i viandanti dell’immondo
ma
non avevamo che la falsa scelta
fra
il morire appena generati
o
il non venire in nessun modo al
mondo.
***
(Da
Baie, Oèdipus Edizioni, 2019)
1
in
un altrove aereo o marino
forse
nell’ultimo lembo di terra
al
confine di ogni pensabile destino
ai
margini sconfinati di un deserto
nell’incerto
che inclina alla speranza
noi
ci ritroveremo
allora
sarà detta la parola giusta
quella
che fugge la noia dell’indicibile
daremo
altro nome a tutte le cose
liberi
dalla paura di morire,
esaurito
ogni dove, di esaurire ogni dire
2
si
annida
il
disincanto
fra
gli ultimi brandelli
di
stelle
3
così
ricominciammo dal pomario
il
bibliotecario acquisì i testi
gli
erboristi trovarono un mestiere
il
cerusico a curare sofferenza
dopo
secoli di assenza
la
terra diede altra notizia di sé
4
torneremo
nella
terra
dove
i fenicotteri
fanno
rosa
il
tramonto
_____________________________________________________________
FRANCESCA FARINA
Poetessa e scrittrice romana, di origini sarde,
Francesca Farina è una delle voci più importanti del panorama letterario
nazionale, per i suoi molteplici impegni di autrice, ma anche come ideatrice e
organizzatrice di eventi e di rassegne poetiche di grande spessore, come la
"Maratona dei poeti" e
"L'isola dei Poeti" all'Isola
Tiberina di Roma. La sua poesia si caratterizza per un forte richiamo ai valori
della natura, ma si connota anche per un senso profondo di umanità e di
autenticità della vita.
"Io
sono l'albero e la foglia,
sono
il frutto, il miele e l'ape
e
la nuvola e il vento e l'alto cielo,
sono
il gatto, la martora e il muschio,
sono
il coltello, il taglio e la ferita,
sono
la squadra, il cerchio ed il tamburo,
il
suono, il cadavere e la danza,
il
rigoglio, il verme, oscura terra,
zolla,
scorpione, indice, lanterna,
guaio,
detrito, scarto di illusione,
mente,
memoria, e te, mano che scrivi.
Sono
la goccia, io, e sono il lago,
acqua
perenne e pozza insanguinata,
sono
mannaia e che mi ha sferrata,
sono
mortaio e seme che ho pestato,
io
sono il pianto e chi mi ha consolato,
sono
radice, fiore, sputo, fiele
e
sono cedro, puro arco, piede,
sono
puttana e chi mi ha generato
e
sono uno rimasto senza fiato,
sono
quel fiato a lui presto fuggito,
sono
il cucciolo che si è assopito,
la
biada, il forno, il pane che ho sfornato,
io
sono l'ultimo, ramingo, smorto nato,
il
derelitto e il diseredato,
il
letto, il fianco, il sesso avvelenato
ed
il piacere, il cuore, lo starnuto,
sono
violino, sono alto liuto,
il
cameriere e il vino che ha versato,
il
commensale e il vino che ha libato,
il
panettiere e il filone che ha bruciato,
la
legna, il fuoco, l'arbusto incendiato,
il
dio, il lampo, il tuono risuonato,
il
fulmine di Giove, il fulminato."
Isole (Fiumi)
Tutti siamo istinto/desiderio,
sia all’origine, sia nel corso del tempo,
fiumi che scorriamo da torbida, nascosta
sorgente,
torrenti che tocchiamo rive paludose, anfratti,
avendo bagnato per tanto breve tratto
coste alte, melmosi stagni, foreste di
serpenti,
talvolta brucianti nel muschio della notte
- alte lingue che ingoiavano capigliature
ardenti -
e ancora – lacrime su lacrime – inondati da
tifoni tropicali,
o morenti nella secca della stagione più arida…
Anche come fuochi nasciamo da fiamme accostate,
noi deboli fosforescenze nel velluto
dell’autunno,
combustione di emoglobina ed enzimi,
- fuochi
fatui sulla polvere dei morti,
i cari silenti, membra irrigidite -
lumini lontani al largo delle Isole Incantate,
oscillazioni di braci nei papaveri del sole,
tu oro, tu tramonto e lapislazzuli
sulla fontana che brucia nell’arsura,
tu incendio, tu fuoco, fuoco, tu senza pietà
tu sublime, tu non-luogo…
E ancora fummo Montagna, la selvaggia,
percorsa da caprioli, fremente di lentischi,
asfodelante e amara, quanto amara,
come assenzio e morte,
e dolce, più del tuo miele, Montagna,
più del corbezzolo, labbra schiacciate,
premute da altre labbra, rivi come pianto,
come arterie della Terra
e querceti, polmoni per l’ossigeno,
respiro, e sughereti di sangue, di garofano
emorragia di gerani,
e valli/solchi del sesso
femminile fiorito di gigli,
da colmare del seme di gladiolo,
e colline/seni di paradiso,
scoscesi e molli nelle tenebre,
roventi di borracina
nei botri di diamante,
occhi di villaggi spenti,
occhi di città desolate,
occhi di borghi sperduti
e visi di strade, sentieri
dove ci smarrimmo,
che sfociavano su dirupi di cenere,
su calanchi d’argento
noi, creature di sangue e argomento.
__________________________________________________________
SONIA GIOVANNETTI
Altra coltissima ed apprezzata poetessa romana,
prolifica e appassionata cultrice della materia letteraria, organizzatrice di
eventi importanti e membro di giuria in premi letterari di rilevanza nazionale.
Vincitrice lei stessa di concorsi poetici di tutto rispetto, quali il Caput Gauri, si distingue per una lirica
dove predomina il senso del tempo e il senso della quotidianità dell'uomo
calato in questa realtà.
(da
Dalla parte del tempo, Genesi
Editrice, 2018)
Il tempo
Dov’è
il tempo se non nella memoria
che
tutto lega al cerchio del durante
e
l’essere fa eterno, e fin la storia
acconcia
a tratto immoto del pensante.
Dispensa,
il tempo, quella ria illusione
del
viver somigliante a un proseguire,
e
fa di sua apparenza distrazione
da
ciò che sta e ignora il divenire,
giacché
nel tempo ha dimora il vero
che
non trasmuta né conosce mete
ma
sempre torna a sé lungo un sentiero
ove
infinito il ciclo si ripete
come
in quel fato, amico del mistero,
che
porta al riapparir delle comete.
***
Il silenzio della notte
Ci
ritroviamo qui, nel punto esatto
dove
il vento urla.
L’uno
al cospetto dell’altro
puntelliamo
ombre e gettiamo pietre
su
una strada che non contempla uscita.
Di
noi, del nostro tempo, non rimane
che
questo presente muto.
Sopportiamo
il silenzio della notte
e
non s’arresta la folata tra i rovi.
Nella
penombra, nulla più cerchiamo.
Neanche
il soffio propizio. L’alito che smuove.
Eroi
senza battaglia
puntiamo
l’ago nella rete smagliata,
continuando
a tessere filo spinato.
È così
che moriamo,
ignari
- quasi - del nostro addio.
***
Il tempo nascosto della
vita
Nel
tempo in cui i semi abitano la terra,
anche
il silenzio è propizio.
Le
mandrie, dai pascoli, tornano a casa
e
gli alberi celano la loro identità.
Ma
già s’approssima una nuova estate.
Mentre
i nidi vacanti custodiranno
il
loro miraggio, si cercherà il sentiero dei fiumi.
Sarà
facile crederci.
Veglieremo,
perché nessuna vita sta a sé muta.
***
Nella corrente
Ecco
ciò che rimane:
un
fiume di parole
che
la corrente devia
a
suo piacimento.
Neanche
un paradiso
per
i poeti
che
tutto han già visto invano,
prima
di scivolare via.
_________________________________________________________
KETTI MARTINO
Ketti Martino, napoletana, è poetessa di grande
talento. Ha prodotto diversi libri di poesia con case editrici importanti,
quali La Vita Felice e Oedipus, ed inoltre organizza sul territorio cittadino
eventi ed incontri di rilievo, come la rassegna "La poesia sospesa",
in un locale al centro di Napoli. Vincitrice di importanti concorsi letterari,
il suo originale dettato poetico si fonda essenzialmente sulla memoria e sul
senso dell'esistenza. Poesie molto profonde che sorvegliano e riplasmano il
sanguinante rovello interiore.
(Da
Il ramo più preciso del tempo,
Oedipus, 2018)
La memoria è un accadere
frammentario
un ripetersi di erranze
dissezione imprecisa di arterie
modificazione arbitraria
che, fibra dopo fibra,
implode
la memoria è una gabbia
consacrata,
nidifica nel pensiero e nello
smarrimento.
È vigile e crudele
e delle parole governa tutti
gl’intarsi.
Plana su ogni corpo celeste e
come avvoltoio si sfama.
***
Avere tra le scapole pazienza,
tenero tralcio cucito sulla
pelle
essere casuale narrazione
senza condanne, senza
ribellione.
Essere congedo
riuscire a roteare
guardare ovunque.
***
Non offro più promesse
né il collo sacrificale alle
fatiche
nelle
notti rigiro tra le mani il mondo,
piccola
sfera priva di vergogna
non appartengo all’alba
non alle rive.
Sono abbozzo di maestrale,
immagine guerriera
assoluzione giovane di colpe.
Resisto per costrizione e per
azzardo.
Sono un embrione:
sono vittima di mutamenti.
***
Stavo per chiederti ancora
tempo:
le cose si compiono da sole
basterebbe un niente per
ritrovarsi
arretrare appena
farsi spuma ariosa
ammasso d’ossa
nella storia da mandare a
mente
gli anni, lo vedi, lasciano
segni sottilissimi
che, come impronte d’angelo,
rischiarano.
Noi viaggiamo stranieri sopra
al foglio.
Nel dolore asciutto sopra al
foglio:
siamo sul foglio come nella
ferita profanata.
(Testi inediti)
Non
è stato detto ancora
non
è stato detto tutto
di
ciò che è stato non è stato detto
dell’angolo
di grazia
e
dell’angolo di orrore.
Ancora
non è stato detto
dell’inferno
che matura tra la gente, nelle case
e
del raggio che trafigge il guscio
delle
fibre senza carne e degli agglomerati
spogli
in fondo alle pupille.
Oggi
non è stato detto
come
l’innesto di quel tempo
dentro
al gelo confonda le stagioni
e
come la risacca antica abbia ancora
residuo
di rumore degli antri inesplorati.
***
Poi
arrivarono le cose
e
non ci fu più posto per la parola.
Si
desiderarono gli oggetti
e
furono gli occhi, prima
le
mani, dopo
a
farsi artiglio e scrigno proibito.
Sarebbero
potuti anche marcire, gli uomini
sarebbero
potuti anche sparire
svaporare
fuori dalla storia
e
non tornare:
le
cose sarebbero rimaste lì,
ovunque,
eterne e sole
a
studiare le fughe
e
le sconfitte.
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MELANIA PANICO
Filologa, critico letterario, ma soprattutto
poetessa, Melania Panico fa parte di quella esigua schiera di giovani letterati
che ha sùbito intuito la serietà e l'impegno del fare poetico, affrontando la
materia con entusiasmo e preparazione e giungendo così a vette molto elevate,
ricevendo meritatissimi riconoscimenti e apprezzamenti non solo come autrice,
ma anche come curatrice di rassegne e di convegni letterari importanti, nonché
come redattrice e collaboratrice di rinomati Siti di poesia.
(Testi da Campionature di fragilità, La Vita Felice Ediz., 2015)
La sera si consuma
nelle vene delle mani
disfatti gli anni
su un foglio bianco
non sostiene i passi.
Potrei lasciare a casa
gli aggettivi
avere cura del silenzio
ma l’inverno
si raggomitola nel grembo
infausto senza gemiti.
Il mare dentro
ha voce frastagliata
non cantilena
ma fragile rocciosa
impavida messa
filo di pace.
Lascia poche impronte,
si dilunga pendente
nelle espressioni del niente
ha sogni trascurati
e lacrime.
***
Si sciolgono grumi di incomprensione
le campionature di fragilità
hanno seguito la ferita gravida
si prestano al pensiero feroce
alla visione campale
lo strascico delle cose rapprese
è predisposizione alla cura
ricerca dell’ala guerriera.
Il peso da dare alle cose
lo scriviamo ad
occhi aperti.
***
(Testi da Non ero preparata, La Vita Felice Ediz.,2018)
Ci siamo salutati nella casa inquieta
avevo un vestito bianco perfetto
e addosso una luce nuova
come di famiglia
ho inventato tante volte il profilo delle foglie
non erano come le descrivevi
e quando sono andata via
mi hai detto so che non ci rivedremo
che il sangue si è spezzato
poi ho raccontato ancora questa storia
a chi non era capace di ascoltare
perché il tempo non sistema le cose:
le colloca negli angoli giusti
***
Arriva il giorno, poso
tutto il delirio sul davanzale
come un cavallo, una sposa, una scusa
tutto l’andare
il delicato procedere del silenzio
conservo la nostalgia per me
qualcosa che descriva il mantenere
un telo sulle ferite, una promessa, la pace
finalmente, la nostra.
Ora misuro il tempo, le rughe di un
albero
________________________________________________________________
ANNA RUOTOLO
Come Melania Panico, anche la giovane Anna
Ruotolo ha profuso molto impegno nella poesia, e grazie al suo naturale talento
è riuscita a farsi distinguere nella grande varietà del mondo poetico nazionale
contemporaneo, per la freschezza e l'incisività dei suoi versi. Di origini
casertane, concilia lavoro e impegno poetico con grande entusiasmo e dedizione.
Una promessa, sicuramente, nel panorama attuale non solo campano, ma anche
italiano.
Venire a trovarti
Venire
a trovarti sull’incorruttibilità
delle
tue mani
un
martedì, un mercoledì
il
non-giorno della tua libertà
col
cappotto ruvido per la neve
del
mondo
un
olmo per casa alla mia macchina
posteggiata.
Entro
come una lama fra le tue cose
una
sedia, un caffè ristretto, il libro da iniziare.
C’è
l’abbraccio, la cupola che faccio
con
le dita appena nate sul dorso delle tue.
(inedito)
***
III
occhio
a occhio:
ho
un nero profondo e desolato.
Ti
ci addentri.
Sarai
dentro o fuori la palpebra
perso
nelle ciglia brevi
e
splenderai mille volte.
Troppo
poche, però, dicono.
E
raccontano che nelle mie pupille
sentirai
la
fine.
IV
bocca
a bocca:
scioglierò
la mia per gioco
nella
pagina ventuno del tuo libro
baciando
la poesia dell’anno
…
quasi
sono felice che dal tuo nome
abbia
avuto vita un segreto
e
che tu non abbia parlato
per
bene, a lungo
da
scoprirmi indaffarata
nel
termine luminescente
della
pioggia
e
il mare e il freddo
e
il gelo che - sai - non mi tormenta.
(Da
a come avvicino, Kolibris, 2010)
LINA SALVI
Lina Salvi, originaria di Torre del Greco,
svolge la sua attività lavorativa in provincia di Lecco. Poetessa molto
stimata, ha al suo attivo diverse pubblicazioni con Case Editrici importanti e
su rinomate riviste letterarie anche online.
La sua poetica verte essenzialmente su temi di ricerca interiore che possano
costituire in qualche modo esperienze e motivi di rinascita e di ri-costruzione
della società (Del Deserto). Una
lirica gradevolmente fluida, come in questi testi che seguono.
…
dalle città a nord
le finestre di terra
fameliche ululano, contro
pallidi orizzonti.
L’imposta trattiene
l’ombra , la nervatura
dei colli stremati
dai combattimenti
il loro dissenso
assurge controvento
elevate trasparenze
l’illeso, invisibile.
*
Agata
musa delle case raggrumate
allo
svolto al peso ti scuotevi
per
raccogliere avanzi di tabacco
mozzi
di sigarette
tutti
i volti, il suo nascondevano
compagini
nascondevano altri
in
insulti, calci.
La
casa dopo la sua morte
rasa
al suolo si rifiutavano
di
darle sepoltura
all’angolo
di quella strada
splende
oggi, magnifica un’insegna.
(da
Abitare L’imperfetto, La Vita Felice
Edizioni, 2007)
***
Da
Feltrinelli vado in Duomo
dove
sulla porta ci sbaraglia
quella
bella foto della Lessing,
già
li vedo i miei lettori
far
la fila a una cassa,
di
certo non per me, portare
sottobraccio
gentilmente
quei
sacchetti dei bei fratelli,
dei
Prada, e chissà
se
anche gli Alfred o le Emil, tutti
mai
lo sapranno, o la stessa Plath
che
per avere il suo bel libro
bisognava
andare fino in Inghilterra,
immaginato
di indossare orecchini,
blu
e neri, orecchini a palla
occhiali
per protezione raggi
doppio
zero, zero, cento.
(da
Dialogando con C. S., Edizioni della
Meridiana, Firenze 2011)
***
Una farfalla malvagia
si è insediata nel cervello
e resta per la sfida
mortale. Ma poi
che dico? Niente.
Onda anomala, informe
onda che avevi le parole
trascinate piano
le parole, sangue d’insetto.
*
Poi ci sono dei versi cannibali
di cui non riconosco l’origine, la forma,
che sguazzano in un assolo, che spezzano
le gambe ai sogni, terribile
se non sbaglio, lo stare sul punto a capo,
essere sul precipizio.
*
Prima o poi l’avrei saputo
dei due nomi sconosciuti, spalla a spalla,
nessuno li vedeva, l’altra faccia
del deserto, quasi un suo rovescio,
e non c’è più pena
nella terra se non nel ritornare
in una nuova forma.
(da Del
deserto, Puntoacapo Editrice, 2017)
***
(Inediti)
Imperitura notte
nell’incertezza dello sguardo
bisognerà sentire le gambe
tronchi mobili oppure opachi,
ma chi nel fascinoso buio,
vedrà un Dio inoperoso
in un mondo altro parallelo,
vedrà un buco nero.
*
Quel piccolo foro corpo dell’occhio
apre a terrori imprevedibili, spari
squarci
buchi neri di piombo la notte
fioriture cariche di trucchi,
maschere che non saprei dire
lascia quel poco
che permetta di vedere il tutto.
_____________________________________________________________
MARZIA SPINELLI
Marzia Spinelli è poetessa romana di grande
talento, incline a spazi riflessivi profondi, dai quali trae l'impeto creativo
e comunicativo attraverso liriche dolci e cadenzate. La sua ricerca è
impegnativa e quotidianamente fruttuosa, sempre vigile nell'osservare e
superare con la sua poesia gli "ostacoli", per lo più metaforici, che
sono disseminati lungo la nostra esistenza (Trincee
di nuvole e d'ombre). Nei testi inediti che seguono possiamo trovarne
conferma.
(Testi inediti)
Cade la luce
Cade
la luce ogni giorno
come
acqua di rugiada,
come
coccinella per caso cade
e
tratteggia il futuro, il domani che non sembra
di
cose antiche e doni ricevuti, ora eclissati,
per
quando sarà il momento
di
svelarsi e farlo nostro davvero
come
se fosse già tutto ordinato
sulla
trama di una foglia,
da
fare oggi perché domani ancora
resti
di tutte le increspature, dei bordi consumati,
di
minuscole faglie, il fondo verdeggiante
che
era, perché tra ieri e domani
c’è
uno spazio che immaginiamo vuoto
ma
è pieno di alti alberi caduti, è il muto parlare
con
le dure rocce scardinate, è il vento
il
gran vento senza bussola a portarci
chissà
dove si rovistano codici e formulari
per
giorni felici, molecole
e
corpuscoli da ricongiungere,
dove
vespero e aurora sanno
quando
rinascere.
***
Come rondini
odore
di giornata nelle mani
e
intorno meraviglie che annusiamo
cercando
l’essenziale: oro, argento
e
mirra per dire che ancora siamo,
farsi
ogni dì ostinati Re Magi di sé stessi
se
tutto si compie
in
divenire
che
resta nella mischia della biglia
che
rotola e sgomitola il senso delle cose
abbuia
e poi rischiara l’anima
nel
ciclo sospeso di stagioni
seguire
degli storni la ronda girondina
catturarne
la leggerezza insostenibile
oltre
la linea d’ombra figurarsi
il
volo, la trasvolata oceanica
che
l’attraversa, la fa vera questa vita.
***
Mascherina d’amore
Sotto
il peso del cielo di Roma
intravisto
avevo l’arcobaleno,
come
segno del bene a vittoria del male,
ma
già a sera coloravo di cuori alberi e fiori
l’introvabile
mascherina,
pensando
alle figlie bambine
un
pensiero semplice e puro volevo
pulito
come i loro disegni, faccette e capelli
dai
colori improbabili, una cornice di bene volevo
approdasse
a what’s app
come
culla e riparo, nel passo indietro
del
Tempo felice volevo fosse
a
scardinare la distanza forzata,
nel
cavo bianco di carta,
l’amore.
___________________________________________________________
FRANCESCO TERRACCIANO
Francesco Terracciano, in arte François
Nédel Atèrre, è poeta e critico letterario napoletano. Nella città partenopea
svolge la sua attività professionale, ma il grande talento letterario e poetico
gli permette una frequentazione assidua e competente del mondo culturale
cittadino e anche nazionale. Vincitore di premi importanti, egli stesso membro
di giuria, organizzatore e collaboratore in molte rassegne poetiche, accomuna
alla sua personalità riservata e sincera, una poetica dal carattere fortemente
fisolofico e marcatamente lirico.
Qualcosa
cheti fa girare il fianco
di
scatto mentre dormi, e qualcun altro
vicino
che ti guarda è ancora sveglio.
Sa
molto della tua temperatura
e
custodisce i tuoi graffi alle mani
i
solchi in fondo agli occhi, il petto inerme.
Ti
aggiusta le lenzuola, le riporta
dove
sei più scoperto, e tu sei andato
dentro
un’insania nuova, un altro viaggio.
Guardare
fuori da punti diversi.
Le
due di notte, l’erba sminuzzata
nell’aria.
A cosa ti sarà servito
restare
ferma, amare così tanto.
***
Sembra
un disastro, la morte di ognuno.
Poi
mettono un lenzuolo sull’asfalto
o
aprono le finestre -il letto è poca
cosa
a rifarsi. Rassettano in giro.
C’è
un’altra parte della casa, in basso
il
piccolo cellario. È in salvo, fugge
l’inutile
lavoro del rifare.
Giornate
intere, passate là sotto.
La
poca luce che entra dalle grate
vi
si rifugia, sciolta sul terreno.
***
Piove
di nuovo, di nuovo ti lascio
senza
un saluto. È che fatica a stare
in
piedi il vetro -un bicchiere da poco
se
manca il fondo. Una striscia di luce
non
salva il bene smagrito di allora,
i
gesti restano infecondi. Sono
più
tagli e solchi che lettere al vecchio
legno
del tavolo, si perde il conto.
_________________________________________________________
NOTE
SUGLI AUTORI
Floriana Coppola
Vive e lavora a Napoli. Docente di Lettere
negli istituti statali superiori, counselor specializzata in Analisi
Transazionale e Psicologia Esistenziale, perfezionata in Didattica e Cultura di
genere e in Scrittura autobiografica, fa parte della Società Italiana delle
Letterate. È presente in varie antologie. Collabora alla
rivista on line LetterateMagazine.
Le sue opere di poesia: Il trono dei mirti, ed. Melagrana onlus, 2005; Sono nata donna, Boopen Led,
2010; Mancina nello sguardo, La Vita
Felice, 2012; Femminile Singolare, Homo
Scrivens, 2016; Cambio di stagione e
altre mutazioni poetiche, Oedipus, 2017; La faglia del fuoco, Il Laboratorio, 2019.
I suoi romanzi sono: Vico Ultimo della Sorgente,
Homo scrivens, 2012; Donna Creola
e gli angeli del cortile, La Vita
Felice, 2014; Aula Voliera, Oedipus,
2019.
Bruno Di
Pietro
Bruno Di Pietro (1954) vive e lavora a Napoli
esercitando la professione forense. Ha pubblicato diverse raccolte poetiche: Colpa del mare (Oédipus, Salerno-Milano
2002); [SMS] e una quartina scostumata (Ediz. d’If, Napoli, 2002);
Futuri lillà (Ediz. d’If, Napoli, 2003);
Acque/dotti. Frammenti di Massimiano
(Bibliopolis, Napoli, 2007); Della stessa
sostanza del figlio (Evaluna, Napoli, 2008); Il fiore del Danubio (Evaluna, Napoli, 2010); Il
merlo maschio (I libri del merlo, Saviano, 2011); minuscole (IL LABORATORIO/Le edizioni, Nola, 2016); Impero (Oèdipus, Salerno-Milano, 2017); Undici distici per undici ritratti
(Levania Rivista di Poesia n° 6/2017); Colpa
del mare e altri poemetti (Oèdipus , Salerno-Milano, 2018); Baie (Oèdipus,
Salerno-Milano, 2019).
È presente in diverse antologie fra cui : Mundus. Poesia per un’etica del rifiuto (Valtrend, Napoli 2008); Accenti (Soc. Dante Alighieri, Napoli
2010); Alter ego. Poeti al MANN
(Arte’m , Napoli 2012); Errico Ruotolo,
Opere (1961-2007) (Fondazione Morra, Napoli, 2012); Polesìa (Trivio 2018, Oèdipus Edizioni).
Articoli e interventi sulle sue opere sono
presenti in riviste e blog (Nazione Indiana, Infiniti Mondi, ClanDestino,
Trasversale, Versante Ripido, Frequenze Poetiche, Atelier, Levania, Trivio,
InVerso, Menabò).
Francesca
Farina
Francesca Farina è nata in Sardegna, si è
laureata a Roma in Lettere Moderne perfezionandosi in Letteratura Italiana. Dal
1986 collabora in qualità di critico letterario alla rivista accademica Esperienze Letterarie e al sito
culturale www.italinemo.it dell’Università La Sapienza di Roma. Nel 1998
ha pubblicato il volume Framas,
“Fiamme” in sardo, Angelo Mastria Service. Nello stesso anno è risultata
finalista al “Premio Diaristico Nazionale Pieve-Banca Toscana” con i suoi diari
relativi agli “anni di piombo” 1977/78. Nel 2000 è stata segnalata al “Premio
Internazionale Eugenio Montale”, presieduto da Maria Luisa Spaziani, e nello
stesso anno ha ricevuto il secondo premio ex-aequo “Tracce” di Pescara,
presieduto da Maria Luisa Spaziani, con la sua raccolta di poesie Nature morte. Nel 2008 ha pubblicato il
volume di poesie Tragoedìa per la
Casa Editrice Zona. Nel 2009 ha vinto il “Premio Nazionale Renato Fucini” per
il Sonetto. Nel 2012 ha ottenuto il “Premio di poesia Franco Cavallo” insieme
ad altre sei poete italiane. Negli ultimi anni ha pubblicato quattro plaquettes
poetiche presso l’Editore Artista Claudio Granaroli: Fleurs, Sonetti estremi
con Tomaso Binga, Lai e Luoghi. Il suo romanzo Casa di morti è risultato finalista nel
2017 al Premio Feronia-Fiano Romano. Dal 2002 organizza ogni mese la “Maratona
dei Poeti” ed ogni anno nel mese di giugno il “Leopardi’s Day”. Tra giugno e
luglio coordina da molti anni “L’Isola dei Poeti” presso l’Isola Tiberina, a
Roma. Nel 2018 ha curato per l’Editore Bertoni di Perugia l’antologia “Roma -
Omaggio in versi”. Dal 2018 coordina la Collana di Poesia Miele per Bertoni
Editore.
Sonia
Giovannetti
Sonia
Giovannetti è poetessa, scrittrice e critica letteraria. Vive a Roma, dove è
nata nel 1963. Cura prefazioni e recensioni di libri. Scrive saggi sulla
poesia. Fa parte di molte associazioni promotrici di arte e letteratura, è
membro e Presidente di Giuria a Premi letterari. Numerose poesie, racconti e saggi sono
stati pubblicati da testate giornalistiche, Riviste e Antologie Letterarie. È collaboratrice del Blog Alla volta di Leucade di Nazario Pardini. Sul periodico
d’informazione Il Nuovo ha curato,
per quattro anni, la rubrica letteraria “In
punta di penna”, con suoi componimenti. Della sua poesia si sono occupati
illustri letterati e le sue opere hanno ottenuto il 1° premio a molteplici
Concorsi letterari Nazionali e Internazionali per la poesia, la narrativa, la
saggistica e per l’impegno sociale. Ha
ricevuto il “Premio Scriveredonna 2012” da
M. Luisa Spaziani; il premio “Per i
meriti e risultati ottenuti come scrittore e letterato” da Spoleto Festival
Art Letteratura 2014; la segnalazione come donna scrittrice all’iniziativa “Noi sì - la forza positiva delle donne
nella costruzione della società” da Roma Capitale I Municipio (2014); il Premio per la solidarietà “Terzo
Millennio” 2016; il Diploma di “Poeta
della Città ideale” dal Centro Lunigianese Di Studi
Danteschi (2017)
e il Premio Accademico (2016 e 2017)
dall’Accademia Internazionale di
Significazione Poesia e Arte Contemporanea. Le è stato conferito il Premio
assoluto “Certamen Apollinare
Poeticum 2019” dall’ Università
Pontificia Salesiana per il libro Dalla
parte del tempo e, per lo stesso, le è stato conferito il Premio assoluto
al Premio nazionale di Poesia "Caput Gauri" 2019, con menzione
sull’Albo d’Oro. Ha pubblicato di poesia:
Ho detto alla luna (Editore Aletti, 2012); Tempo vuoto (Edizioni Tracce, 2013); Un altro inverno (Kairòs Editore, 2015); Dalla parte del tempo (Genesi Editrice, 2018).
Di narrativa: Le ali della notte
(Armando Curcio Editore, 2014).
Ketti
Martino
Ketti Martino è nata a Napoli. Laureata in
Filosofia; abilitata in Psicologia Sociale. Ha insegnato nella Scuola pubblica.
Ha pubblicato le raccolte poetiche I poeti hanno unghie luride (Boopen Led,
2010), Del distacco e altre impermanenze (La Vita Felice, 2014), con la
quale ha vinto la II Edizione del “Premio Nazionale di Poesia Città di Conza
della Campania” (2016) e si è classificata al 3° Posto al “Concorso Nazionale
di Poesia Città di Sant’Anastasia” (2014); Il
ramo più preciso del tempo, (Oèdipus, 2018), opera finalista al Premio
Versante Ripido edizione 2019 e Menzione d’onore al Premio Montano edizione
2019.
È presente nella raccolta di Saggi Critici a
cura di Raffaele Urraro, Le forme della
poesia (La Vita Felice, 2015).
Ha curato con Floriana Coppola l’Antologia
Poetica La poesia è una città (Boopen
Led). Suoi testi sono presenti in Antologie Poetiche tra cui Alchimie e linguaggi di donne (Boopen
Led); Alter ego. Poeti al Mann
(ArteM); Percezione dell’invisibile
(L’Arca Felice); Ifigenia siamo noi
(Scuderi).
Per la Poesia inedita, le è stato assegnato il
Premio Letterario “L’Iguana”(2014), il Premio Speciale al Concorso di Poesia
“Città di Sant’Anastasia” (2013); il Premio letterario “Michele Sovente”(2015);
finalista al “Premio Guida Editore” edizione 2019.
Alcuni suoi testi sono stati tradotti in
spagnolo, inglese e francese e pubblicati su blog nazionali ed esteri.
Recensioni ai suoi lavori sono presenti su blog e siti letterari italiani e stranieri. Alcune opere antologiche di
narrativa in cui sono presenti suoi lavori: l’Enciclopedia
degli scrittori inesistenti (BoopenLed), Le parole del mistero. Il perturbante nel quotidiano (Neverland).
Nel 2014 ha ideato e curato, a Napoli, la
rassegna di poesia Poesia sospesa al bar.
Melania
Panico
Melania Panico (Napoli, 1985) è poeta,
filologa, critico letterario.
Alcuni suoi testi sono stati pubblicati in
antologie, tra cui Zenit, volume II
(La Vita Felice, 2016). Vincitrice del Premio di Poesia “Ambrosia”, la sua
opera prima è Campionature di fragilità
(La Vita Felice, 2015) con cui ha vinto il premio Opera Prima “Città di
Sant'Anastasia” ed è risultata finalista al premio Elena Violani Landi (2016). Campionature di fragilità è premio
speciale Alfonso Gatto 2017. Numerosi i premi per l’inedito. Cactus (Gechi edizioni, 2018) è il libro
d’arte foto-poetico scritto in collaborazione con il fotografo Matteo
Anatrella. Come critico collabora con la rivista letteraria ClanDestino, con
Laboratori Poesia e con altre testate di approfondimento culturale. Ha curato
insieme a Giuseppe Vetromile l’antologia Mare
nostro quotidiano (Scuderi, 2018). La sua ultima pubblicazione è Non ero preparata (La Vita Felice,
2018). Dirige la collana “Le lanterne” per Oèdipus Edizioni.
Anna
Ruotolo
Anna Ruotolo (1985) ha pubblicato Secondi luce (LietoColle, 2009); Dei settantaquattro modi di chiamarti
(Raffaelli, 2012); Telegrammi/Telegramas,
poesie bilingue italiano/spagnolo (Roundmidnight Edizioni, 2016). È presente in
varie antologie poetiche, tra le altre si segnala: La generazione entrante. Poeti nati negli Anni Ottanta (Ladolfi Editore,
2011) a cura di Matteo Fantuzzi e con una prefazione di Maria Grazia
Calandrone; e Lido - Poezie italiană
contemporană, antologia di poeti italiani selezionati, presentati e
tradotti in rumeno da Eliza Macadan per Editura Eikon di Bucarest.
Lina
Salvi
Lina Salvi
nasce a Torre Annunziata nel 1960, vive e lavora in provincia di Lecco.
In poesia ha pubblicato, oltre che su varie riviste letterarie, rassegne
antologiche e siti web (La Mosca di
Milano, Il Segnale, Gradiva, La Clessidra, Il Monte
Analogo), in Italia e all’estero, le seguenti raccolte: Negarsi una stella, (Dialogolibri,
Olgiate Comasco, 2003, con prefazione di Giampiero Neri); Abitare l'imperfetto (La Vita Felice Ediz. 2007, con prefazione di
G. Fantato); Socialità (Edizioni
d’if, 2007); Dialogando con C.S. (Edizioni della Meridiana, 2011, con prefazione
di Elio Pecora); Lettere dal deserto,
con un’incisione di F. Giudici, per la collana Fiori di Torchio, curata dal
Circolo Seregn De la Memoria, Seregno 2014. La sua ultima raccolta è Del Deserto (Puntoacapo Editrice, 2017).
Più volte finalista, segnalata o menzionata in premi nazionali, tra i quali il 2°
Premio Città di Umbertide, L. Montano, Città di Como, Acqui Terme, Tra Secchia
e Panaro, Mazzacurati Russo, Premio Baghetta. Ha vinto il Premio Festival delle
Arti, Donna e Poesia 2007, Sandro Penna 2010 e Astrolabio 2017 per l’inedito.
Marzia
Spinelli
Marzia Spinelli è nata a Roma; è stata tra i
fondatori e redattori della rivista Línfera
e nella redazione della rivista Fiori del
male. In passato ha collaborato ad altre riviste di arte e letteratura, tra
cui La bottega del restauro, Omero,
Frontiera, (supplemento a Gli
immediati dintorni). È presente in varie antologie edite da Zone, Pagine,
Lepisma, LietoColle, Empiria, Bertoni, nell’Antologia I Poeti e la crisi, a cura di Giovanni Dino, ed. Thule, 2015 e
nell’Archivio Storico, Evoluzione delle forme poetiche (1990-2012) a cura di
Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo, (Kairos editore, 2013); suoi testi
poetici sono stati commentati su riviste di critica quali Puntoacapo, Studi cattolici, Noi donne; alcuni sono stati tradotti
e pubblicati nella rivista romena Conta.
Ha curato rassegne di poesia presso la Federazione Unitaria Italiana Scrittori
e il Comune di Roma. Ha pubblicato: Fare
e disfare (LietoColle, 2009), Nelle
tue stanze (Progetto Cultura, collana Le Gemme, 2012), e nel 2014 l’e-book Nel cielo dell’altro un po’ più ampio (a
cura di La Recherche, Poesia condivisa 2.0.); Trincea di nuvole e d’ombre (Marco Saya, 2019).
Francesco
Terracciano
François Nédel Atèrre (pseudonimo di Francesco
Terracciano) è nato a Napoli, dove vive e lavora, nel 1967.
È redattore per il trimestrale di cultura
internazionale Menabò e co-redattore per Inverso-giornale
di poesia.
Ha pubblicato una raccolta di poesie, Phonè (1992) e un volume di racconti, Il Salice Bianco (1993), entrambi con lo
pseudonimo di Francesco Miti.
Collabora con riviste letterarie e partecipa a
progetti editoriali, rassegne e seminari.
A marzo 2018 ha presentato i suoi lavori in
Danimarca alla Biblioteca di Ordrup, nell’ambito della manifestazione
“Primavera Italiana” patrocinata dalla Dante Alighieri Copenhagen.
Una sua poesia ha vinto il primo premio al
Concorso Città di Sant’Anastasia XVI Ed.ne (NA) nel 2018.
Nello stesso anno, è tra i finalisti del
Concorso “Poesia a Napoli”- Guida Editori II Edizione, e presente
nell’antologia omonima.
Nel 2019, con Mistica del quotidiano (Terra d'Ulivi Edizioni, 2018) è I premio
per la poesia edita alla VI Edizione del Premio nazionale L’Iguana-Anna Maria
Ortese.
Sempre nel 2019, con Limite del vero (La Vita Felice Edizioni, 2019) è tra i selezionati
alla V edizione del Premio Pagliarani.
Alcune sue poesie sono state tradotte in romeno
per la rivista Poezia e per l’antologia “Mers pe sub cer”, in inglese per blog
letterari.
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