Introduzione
E siamo al
quarantunesimo volume! È come se stessi costruendo un mosaico, un ampio mosaico
poetico, i cui tasselli sono costituiti dai vari volumi che via via vado
completando. Ed è bello pensare che questi tasselli, questi volumi, si
“incastrano”, o per meglio dire si collegano l’uno all’altro senza soluzione di
continuità, fino a formare, appunto, un quadro veramente grande, quadro che non
penso minimamente di completare o di “adornare” con una cornice, per non
limitarne i contenuti: sarà un quadro senza confini, per quanto, prima o poi,
ci sarà forse un termine (perché ogni cosa a questo mondo ha un inizio e una
fine). Ma non voglio ancora pensarci! Sarà quando sarà, avverrà quando avverrà.
Per ora vado avanti, alla ricerca di altre e nuove Voci da aggiungere a questo
grande mosaico, che si estende sempre di più.
Ma vale la
pena? Raccogliere e catalogare voci poetiche in quella che è ormai diventata
una specie di enciclopedia della poesia, più che un’antologia, forse un
Archivio poetico che chiunque, appassionato, studioso, ricercatore o semplice curioso,
potrà consultare, facendosi un’idea della poesia e del modo di scrivere poesia
al giorno d’oggi, ma anche nel recente passato, avendo dedicato qualche volume
ad amici poeti che purtroppo hanno lasciato questa dimensione terrena senza
lasciare tracce profonde e significative del loro passaggio! Penso di sì, vale
la pena, perché in tal modo posso spontaneamente dare il mio contributo alla
conoscenza del mondo poetico attuale, per la massima parte nazionale, e in modo
del tutto gratuito, non essendoci altre attività collaterali a supporto come
stampa, diffusione, pubblicità. Chi vorrà attingere a questo archivio, lo potrà
fare liberamente e senza nessun vincolo economico o burocratico. La poesia è
aperta a tutti.
E di
poesia se ne parla ancora tanto, specie sui social,
nel bene e nel male. Ma forse se ne parla troppo e sovente viene banalizzata,
altre volte sopravvalutata. Spesso si fa di tutta un’erba un fascio, come si
suol dire, accettando e plaudendo elaborati in versi che hanno più il sapore
melenso della poesiola domenicale, che la potenza e l’incisività, l’originalità
di una “vera” poesia. I sentimenti sono i protagonisti principali, e poi i
panorami, con il sole e la luna e i tramonti e le albe, e poi l’amore trito e
ritrito, quello del cuore, quello del rapporto difficile, quello dell’”io per
te e tu per me per sempre”, e così via…
Noi qui
non vogliamo dare giudizi critici né tantomeno ci permettiamo di denigrare o di
mortificare coloro che scrivono versi domenicali, andando a capo quando gli
pare pensando di di aver elaborato un buon testo. Chi scrive è comunque mosso
(gneralmente!...) da esigenze interiori che (sempre generalmente!...) trovano
radici nella solarità, nella chiarità, a volte anche ingenua e superficiale,
della propria anima creativa: e questo accade naturalmente in tutte le
espressioni artistiche, nella poesia come nella pittura o nella musica… Per
carità, le intenzioni sono sempre ottime e anzi, se la pratica e la
frequentazione della poesia può servire a migliorarsi, a sentirsi più felici e
realizzati, che ben venga!
Un minimo
di selezione ci sarà comunque permesso, nel ricercare e poi invitare i vari
poeti a far parte di questo grande “mosaico”: certamente saranno considerazioni
e valutazioni personalissime, basate non soltanto sulla “carriera” e sulle
molteplici attività svolte dall’autore, ma anche su caratteristiche (anche
queste opinabili, ma comunque generalmente condivise) di incisività,
originalità e modalità espressiva.
Il viaggio dunque continua, continuerà. I dieci poeti di questo volume formeranno un altro importante e interessante tassello. Li ringrazio ancora per aver aderito a questo modesto ma, spero, utile progetto antologico.
Giuseppe
Vetromile
Chiedilo alla neve perché ci amiamo:
si scioglierà per divenir sorgente
o muterà in ghiaccio che scalfiremo.
Poi un giorno diverrà vapore
e moriremo lievi.
***
In
una vecchia firma
di un’assenza che non mente
ma ricorda l’esistenza di una mancanza.
Nero su bianco permane agli atti
un passaggio di morte obbligata
che ci offende in scala 1:100
come un progetto, studiato a tavolino.
***
Nera,
la neve
Venne la neve, d’inverno
venne in ritardo, la neve
in primavera, venne
la guerra che sapeva d’inverno
improvvisa seppe
camminare senza il senno
che trasportato dal vento
s’impiantò prima lento
ponendo radici
cercando la fonte
trovò l’insulsa ignoranza
che crebbe veloce
più del tempo,
è per questo che il nero
che venne, sapeva di neve
sapeva d’inverno.
(da
Oltre la neve, La Vita Felice, 2022)
***
Tacque la nube
irreverente al sole
scomponendosi in gocce
cadde sulla terra
ma giunse il grido
di chi cedette al verbo
della lusinga che ammanetta
la mente al corpo sciacallo
e fu così che morì
senza il nome esatto
privato di scheletro,
amorfo – quell’amore
in tenebre incustodite.
(Testo
inedito)
VINCENZO DI MARO
Di Vincenzo Di Maro, di origini napoletane ma residente da anni a Varese, riportiamo qui una breve selezione di testi poetici da lui stesso proposta. È una poesia complessa, la sua, che abbraccia molteplici temi, ma soprattutto attinge dal mistero dell’esistenza, cerca e indaga nella profondità della coscienza e della conoscenza, quel ribollire informe di dubbi e di verità antiche, rievocate e attualizzate con un dettato poetico possente e profondo, dal verso ricco e pregno di richiami simbolici. Traspare inoltre una sensazione di ineluttabilità di fronte ai processi della vita e della sua evoluzione, e il desiderio, attraverso la via poetica, di un recupero almeno di quelle essenzialità fondamentali da cui si origina il mondo: “Da un respiro profondo non si torna”, e ancora: “Pare previsto, torneremo pesci / o vermi, un liscio mistero, le pasture / in fondo al mare, / la quieta stiva dell'Apocalisse”
(Da La
costanza dell'inseguito, 2008)
Da un respiro profondo non si torna:
durano così gli anni perdonati, muta
carne
che muta, è il mutar carne
che il tempo ci richiede per sapersi.
Alludevano a questo le gerarchie degli
angeli
nel ricomporre uno strumento incerto,
stupefatta misura alla caduta.
***
(Da La
fine dell'opera, 2011)
Una
scritta sul muro
Specchiatevi, sulla città che ordisce
orologi antichissimi, e non di ore: ma gesti,
suoni umbratili, clamori, e verità nessuna
di rapporti: ma il respiro,
la fame,
il buio del corpo e il pelo sulla lingua
della bestia sbranata sul buffet
che voi accerchiate inesorabilmente,
smembrando nel silenzio mille voci
e il ricordo dell'altro, il Contendente.
Sottraeste al petto e seppelliste
tuberi che pulsando già divelgono
le vostre croci, ostruiscono le porte.
Non lontano, non fuori,
era il nemico.
***
Un
cittadino
Veduta stamattina che garriva
sotto un asse del portico.
Cristo disse “dei miti sarà il mondo”
e il suo pensiero precorreva Darwin.
Inermi dinosauri confluirono
in greti d'aria, in rondini immature.
Pare previsto, torneremo pesci
o vermi, un liscio mistero, le pasture
in fondo al mare,
la quieta stiva dell'Apocalisse
***
(Da Una
stagione nascosta, 2019)
I: ceci n’est pas la vie
*
Un umido di talpe, una figura, qui. Dove nasce, ogni ricordo trova corpo, simmetria.
Si prepara. Così ci sono piogge, l’albero della folgore fruttifica. Tutto il
corpo matura, intima appello, un nido. Che cosa elenca, il corpo, mentre cade?
Inventaria salvezza, commercio con potenze, la distanza degli occhi dal fuoco.
Poi, senza preavviso, in una sola sera un umido mortale gli cola in bocca: lui
ne diventa l’ostaggio terrestre.
Ed è pronto, si alza.
Ma è già divelto, un fiocco, cenere che s’avvita sul rovescio del tempo.
***
San Marco, 2013
(Gennaro e Giuggiú, in memoriam)
*
Me li rivedo immersi nel chiarore, le
spalle
a una canicola di pioppi, un’erosione
salmastra sulle sagome: agosto, quasi trent’anni fa,
la discussione per un guasto al motore.
Dove siete? È aprile
oggi, c’è il senso di una tregua
inconcludente, per l’acume che resta
sotto l’unghia del tempo breve.
Riapparirà la pista, come senti in una
pulsazione l’acqua cogliere il ghigno
calcinato del sale, svanirlo al largo di una morte
illusoria: là, verso Mestre e i suoi stabilimenti
la laguna un artiglio di sirene, una memoria
amniotica giú a oriente, a Marghera riversa
in un abbraccio di canali e vene.
Cosí passa la cruna la sera.
***
Natura
non facit saltus
|
“Da
questo mare si vedono le balene.”
Sí, ma in quale acqua siamo, chi
mi si rivolge: dentro quale
colloquio, dentro quale sperata
comunione, quando temo
parlino in me i già morti, i non ancora
vivi? Sognammo le balene, i loro occhi
di libellula triste, che da profondità
nutre il respiro.
Purezza. Leviatani che spiccano
scuri steli d’acqua per ergerli ai mattini.
Il promontorio, un grumo di foschia:
poi, l’iridescente fioritura
del salto. E quanto poco, al volo
colossale, all’imminente
smarrita metamorfosi.
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VINCENZA DI SCHIENA
I.
Affacciata al belvedere
sventolano fili d’erba come bandiere.
Patria ed esilio delle mie costole
sono le Murge brillanti d’aprile.
Tarda il sonno della stagione gentile
lento è l’andare, dolce il mirare.
Non c’è piglio né fortuna,
non mi resta che la luna
fissa, sicura e bruna.
Ci facciamo confidenze intorno ad un
bicchiere.
Non conta parlare
lei sa già dove voglio andare a parare.
Ora sono pronta per farmi guardare.
II.
Piove.
Tu non ci sei.
Faccio le prove
conto sette, otto, nove.
Ti nascondi non so dove.
Cerco un nuovo amore.
Piove.
Era ora di chiudere il portone.
III.
Fare il bene.
Scendere dalla cattedra per insegnare
Creare con le mani
Cercare le parole giuste
Andare a caccia della meraviglia
Nascondersi dietro le nuvole
Scoprirsi quando esce il sole
Tacere d'innanzi alle lacrime
Ridere e rotolarsi quando si sta insieme.
È la poesia di un incontro
Mettersi il rossetto di fronte allo specchio
Trovare le note giuste nella giornata
Bere un bicchiere di vino
Ripetere ti amo in segno di gratitudine
Ascoltare il proprio dolore e quello degli altri
Rovesciare le prospettive
Pregare e toccarsi
Cercare quello che non si sa e che non è ancora successo
Ritirarsi quando è necessario.
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ROSSANA JEMMA
Ritmo spezzato
Il cammino
ebbe inizio
con una forte
esplosione
Si spezzò il
ritmo
si fermò il
cuore
Li sommerse
il fragore
e tutto fu
ronzio di fondo
Accordi
stonati
nell’urna
dell’inizione
***
Il fiore carnoso di fanciulla
Il fiore
carnoso di fanciulla
offerto al
Tempo per amore
- carminio di
sangue -
- vivido come
mare -
in un deserto
verde-prato
resta serrato
ormai
Invoco per me
la Primavera
ogni anno
rinata alla vita
- pullulante
di odori -
- spavalda di
calore -
ma i petali
della corolla
son per
sempre avvizziti
E il sole -
sfacciato Re -
mi sfugge tra
le dita
***
Sembra facile morire
- un velo gelido quasi indolore -
quando si guarda la morte
da metafore lontane
Sembra basti
voltarsi un istante
- il bagliore
ultimo d’un batter d’ali -
quando non
hai tenuto
la morte
nelle mani
Sembra quasi
non faccia rumore
- quel
rantolo ultimo e grave -
che io so dal
profondo
che per
sempre rimane
***
Aria d’agosto
Una sera
d’estate
in un etra
che corrode
le vie e i
palazzi di Torino
lo rivedrò -
forse
al tavolino
del caffé San Carlo
imborghesito,
nel suo paltò
scovato a
Salisburgo
e - come
allora
gli
svolazzerò attorno
- piccola
mosca nera -
tra un bicerin e un bacio sabaudo
e lo scruterò
caduto
sui fogli a
righe
con la viola
sotto braccio.
o forse la tua aria
appena impressa in un miraggio
che in pieno agosto brucia.
***
Aspirazione
Porto in me
l’aspirazione del lago
d’essere
libero da sponde
e sconfinato
come il mare
Porto in me
l’aspirazione di esistere
laddove
l’acqua si confonde con i cieli
e la realtà
affoga dentro il sonno
Dove lo
spirito in una sorta di pace
si fa sposo
delle cose del mondo
e riesce a
vagare fino a dimenticare
(da La strada verso il canto, RPlibri
Edizioni, 2023)
***
L’indicibile
Non so che
cosa sia,
forse un
soffio nell’istante
o
un’impercettibile carezza
dell’aria -
quasi niente,
una voce
cristallina nel silenzio
come l’acqua
appena udibile
di un
ruscello in mezzo al bosco.
Non so che
cosa sia,
forse un
gesto, un ricordo,
o uno sguardo
che si scosta
e segue
distrattamente
l’eterno
rumore di un’onda.
(inedito)
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SILVIA MONTI
(da Persino semplice, Interno Libri,
2023
- sezione Betulle e
altri alberi)
Resto
seduta sulla scala
e guardo
il prato, le ombre, i rami, il noce,
le pietre,
le foglie.
Resto da
sola, seduta,
e ascolto
ad uno ad uno i rumori e le voci
e il ghiro
che viene a ricordarmi che siamo in tanti
e diversi.
Svegli, presenti
mentre la
notte comincia
e
cominciano ad accendersi domande
sottili
tra i fruscii, i muscoli del corpo
e le
cicale. E sanno dare un nome
a quel che
non conosco.
Così, mi
riconosco
sui
gradini di sasso della casa in montagna
al limite
del bosco.
***
(da Persino semplice, Interno Libri,
2023
- sezione La
domenica finalmente)
#
La
domenica lei gridava
mentre io
facevo colazione
e
srotolava tutta la sua infelicità,
senza
saperlo. Tutto quello sfogo,
l’unico
modo per ripartire
il lunedì.
O, almeno,
adesso io me lo spiego così
#
(La
domenica è un esercizio consigliato
a tutti.)
#
La
domenica finalmente
verseggiando
lentamente
#
La
domenica raccolgo tutte le cose
che hai
disseminato per la casa
e non mi
importa, anzi, sono felice
perché lo
sento
che il tuo
disordine mi tiene in equilibrio
#
La
domenica alle volte è blu cobalto,
un colore
che mi piace molto
senza
sapere precisamente qual è
***
potresti dormire.
questa notte almeno, potresti
ammassare i ricci tutti sul cuscino
e senza trattenere chiudere
gli occhi. potresti. (finalmente
dormire)
il mare luccica dal fondo
le onde nere incalzano,
ma potresti lasciarti andare,
sono sveglia.
a contare, custodire. ad aspettare.
qui. da tutti questi chilometri,
similitudini e vite non compatibili
che ci separano.
aspetto finché non dormi (potresti).
il buio è caldo e sicuro,
anche il bosco non vuole tacere.
(inedito)
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ELISA NANINI
Altro esempio di grande impegno letterario e di collaborazioni con
testate giornalistiche e con case editrici per la curatela di antologie, viene
dalla modenese Elisa Nanini. Autrice molto apprezzata, anche per i numerosi
importanti riconoscimenti ottenuti in vari concorsi letterari, Elisa Nanini ha
pubblicato nel 2020 la raccolta poetica Cosa
resta dei vetri, per i tipi di Corsiero Editore. Già in questa raccolta si
può evincere con grande evidenza una poetica che tratta prevalentemente temi
particolari, come la solitudine e la precarietà dell’esistenza. I suoi versi
scorrono fluidi su una filigrana di apparente instabilità, laddove il “vetro” è
il prodotto finale, o se vogliamo metafora, di un equilibrio fragile e
delicato, in cui l’umanità stenta a riconoscersi. C’è poi quasi un invito, una
riflessione, a considerare la realtà attraverso le minime cose e i messaggi
emotivi e sensoriali che sempre la natura offre, e che noi, distratti, spesso
ignoriamo: (“Dove
andrà il messaggio / del cielo / a curarsi il corpo ferito? Siediti / respira
lentamente…”)
Cosa resta dei vetri
Musiche immobili, scarnificate
di vacanze già respirate
sono qui, ad aspettare che mentano
il clic di un interruttore, i notturni
verdi vetri levigati dalle onde.
Ma lo senti, serio sul viso
una cartolina non destinata
una pietra lanciata troppo avanti
arresa chissà dove
tra gli odori pungenti dell’estate
che si sbriciola nella folla:
le bancarelle brillano agitate
vele incendiate
negli incroci, nelle vie incrinate
di luce in luce arenate nel vento
chiamato, scorporato
incapace di riconoscersi.
(da Cosa resta dei vetri,
Corsiero Editore, 2020)
***
Prima dell’acqua
Mette sul polso
i profumi che non conosce
l’alba d’ardesia dentro piogge
trattenute: sopra grondaie
dalla musica di cinema muto,
non arriva a riflettersi
sui tetti delle macchine,
folgora cassonetti più che pieni,
pubblicità con il finale
trasportato nell’ala dello strappo.
Dove andrà il messaggio
del cielo
a curarsi il corpo ferito? Siediti
respira lentamente,
ci sarà la spiaggia di sole impronte,
ogni granello
un po’ nascondiglio e ospedale.
Qui, la brezza è prima
dell’acqua, spia
gli attraversamenti, coltiva oggetti
a riva
spaesati coi nomi propri.
(dall’antologia Il grido della Terra,
Macabor Editore, 2023)
***
Canali
Ruggine e lilla tenue
sopra i tetti di Modena,
spacchi di maniglie e persiane
finestre per far navigare
l’odore caldo del cibo d’ottobre.
Quando non si riesce a vedere
all’improvviso
l’aria brunita dei vecchi canali
sorprende le tavole non pronte,
si alleggerisce fino all’esistenza
con le bollicine animate
dal fuoco: torna a riempire gli spazi
delle Venezie scomparse, delle cartine
che potresti creare col caffè
domani mattina, bruciando i bordi
di luce.
Campi di cuore e marmo
reggono i nomi dei nostri cartelli
senza strada, un crocicchio
che si rinnova nella voce
dopo i lampioni
di chi arriva ma non può arrivare,
una sera
dal ramo grande.
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SILVIA PATRIZIO
Smentire il bianco è la
prima raccolta poetica di Silvia Patrizio. Qui l’autrice propone alcuni brani
tratti da questo interessante libro, il cui titolo davvero singolare, ci fa
pensare già ad una presa di posizione decisa e sicura nei confronti di ogni
sillogismo fuorviante e di ogni stereotipo sociale o religioso comunemente
accettato. La poesia di Silvia Patrizio, pur essendo alla sua prima uscita in
pubblico, ha sicuramente in sé tutte le qualità e le caratteristiche di un dire
netto, senza sovrastrutture, e con un impianto efficace e coinvolgente, basato
su improvvisi spiazzamenti, metafore e allusioni. Alcuni tratti della sua
poetica appaiono ironicamente canzonatori, contro una quotidianità distratta
dalle insignificanze abitudinarie (“Il
sapore è quotidiano, del cibo annerito / sui fornelli, e un sollievo di torta
alle mele.”…). Altre volte mostra una linea di demarcazione ben precisa tra
lo stereotipo e la schiettezza, l’autenticità originale di un proprio modo di
vedere e di vivere la vita (“Io sono fatta invece / e sul
fondo la polvere / di una mattina pomeriggio / quando le pagine si imbrattano /
col pane del giorno prima…”)
(Testi tratti da Smentire il bianco, Arcipelago Itaca
Edizioni, 2023)
Il sapore è
quotidiano, del cibo annerito
sui fornelli, e un
sollievo di torta alle mele.
Non c’è altro da
prelevare all’incoscienza
tenuta nel rilievo
di una telefonata
attesa, e subito
ritratta
dalla mancanza d’aria
che si apre
appena prima di
avvistare
le pareti,
o sospettarle.
***
La persistenza della memoria
–
riordinare il ripiano dei reperti
–
esigere fedeltà dalle parole
–
avvertirsi di passaggio
coi
vestiti nelle valigie di mesi
–
interrogare i sintomi del buio
–
pensare di chiamarla la “non più mano” *
per
la definitiva cessazione funzionale
–
predire le soglie ancora da varcare
–
fermarsi al lato destro di un inganno
* I versi «pensare di chiamarla la “non più mano” / per la
definitiva cessazione funzionale» sono di Laura Liberale, Unità
stratigrafiche.
***
Il danno ha i contorni
del corpo
– lesioni ispessimento
terapia –
sorprende nomi inediti
alle cose
e li chiarisce
nel suo lessico d’aghi
che scuce le vertebre
e sceglie
una
posizione alla paura.
***
Malattia demielinizzante infiammatoria multifocale
del Sistema Nervoso Centrale.
Disturbo borderline di personalità.
Io
sono fatta invece
di
questo non scrivere giorno per giorno *
degli
inciampi del tempo
delle
crepe di verde
che
incrinano il mio nome.
Io
sono fatta invece
e
sul fondo la polvere
di
una mattina pomeriggio
quando
le pagine si imbrattano
col
pane del giorno prima…
* I versi «Io sono fatta invece / di questo non scrivere
giorno per giorno» sono di Cristina Alziati, Come non piangenti.
***
Dal
dolore si spalanca un’aurora
di
gratitudine, dice il parroco
nella
certezza del porto.
Penso
non è per tutti
l’altra
riva:
il
vocabolario di avanzi
sembra
staccarsi dall’altare –
umanità
minore
agghindata
per un’ultima cena.
Della
passione, penso
è
rimasto solo il mare.
***
Maria Maddalena
Non
potevo muovermi
senza
che il suo sguardo strofinasse
la
mia ombra. Ho deciso di seguirlo
corteggiami pensavo
confondendo
il suo volto con l’innocenza
di
dio.
Di
chi è il sacrificio
quando
non sai se restare è coraggio
o
una gioia malriposta cosa
significa
amare
se
la sua vita è tutto e la tua
un
accanto.
È
la sua guerra
ad
avermi cambiata: la violenza
di
oltrepassare la cruna
e
darmi intera al suo progetto –
c’è
un ordine, in ogni morire, che conquista. *
* Il verso «c’è un ordine, in ogni morire, che conquista» è
di Silvia Bre, Marmo.
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EVARISTO SEGHETTA ANDREOLI
“Eppure, torneremo liberi, / lievi, tra le braccia sfilacciate delle nuvole, /
sospesi ai cirri… E, se cadremo, / sarà soltanto pioggia.” In questi tre
versi tratti da un testo contenuto nella raccolta In tono minore, edita da Passigli nel 2020, troviamo forse uno dei
nuclei essenziali della poetica di Evaristo Seghetta Andreoli, letterato e
poeta di grande spessore, residente in provincia di Terni. Le sue tematiche
sono dunque prevalentemente filosofiche e riflessive, laddove il senso
dell’esistenza assume un ruolo importante lungo il percorso poetico, in
considerazioni illuminate sul tempo, sulla memoria, sulla realtà stupefacente
del creato. La constatazione della futilità del contesto materiale quotidiano
(“Siamo pieni di cose, di case. / Di niente. /
Immersi nel tangibile, / abbiamo smarrito ogni meraviglia.”) accentua questa sua
linea di pensiero tesa alla ricerca di una sostanziale verità universale.
Rossetto
Non
so perché
non
ti lasciai portar via l’oro
delle
tazzine, quelle tazzine inglesi...
Forse
perché avresti sottratto a me
lo
spessore della porcellana
e
quello delle tue labbra.
Eppure,
da tempo,
non
si usavano più,
dimenticate
in soffitta...
La
polvere aveva coperto
il
rosso dell’amore
e
la speranza.
***
Tramonti
È
per me un letto quell’amaca
pencolante
nell’orto del Vasaio.
Ora
ci trascorro ore ed ore e
non
m’importa delle ire del tuono,
sull’arcata
oculare abbasserò
la
tesa del cappello. Trenta denari
il
prezzo del contratto, trenta tramonti
colore
viola.
(da
Paradigma di esse, Passigli, 2017)
***
Stelle
Qualche
volta le stelle cadono.
Per
il resto, resistono lassù,
appese
alla parete dell’Apeiron,
pertugi
di fuoco nell’involucro universale.
Ce
ne accorgiamo
quando
sopra il mare tracciano la scia.
Il
tuffo nell’infinito è ciò che vorremmo imitare.
Sappiamo
bene che in quel mare,
sospeso
sopra gli sguardi,
nel
suo profondo,
c’è
tutto ciò che cerchiamo.
***
Noi, che proveniamo dalle
nuvole
Siamo
pieni di cose, di case.
Di
niente.
Immersi
nel tangibile,
abbiamo
smarrito ogni meraviglia.
La
metamorfosi della purezza
nella
concretezza.
Noi,
che proveniamo dalle nuvole.
Hanno
modificato la nostra mente,
il
fine, l’obiettivo.
Hanno
imposto il possesso, la proprietà.
Eppure,
torneremo liberi,
lievi,
tra le braccia sfilacciate delle nuvole,
sospesi
ai cirri… E, se cadremo,
sarà
soltanto pioggia.
(Da
In tono minore, Passigli, 2020)
***
Preghiamo
che il nostro stato di grazia
perduri
senza fine, che oltrepassi
il
confine breve dell’esistenza.
Non
è così male se ci sorprende
con
l’evento oramai inaspettato
con
la felicità data al soldato
dalla
guerra finita, abbandonato
il
fucile, ora che la vita ci offre
uno
specchio nuovo, il ritorno della
purezza,
perché la bellezza vera
penetra
nel cuore senza riserve
semplicemente
penetra.
***
Ho
innaffiato le rose gialle, il pesco
e
la siepe ormai poco verde della
mia
fantasia con acqua fresca
attinta
dal pozzo scavato nella
roccia
viva che non si sfalda. Troppa
bellezza
stordisce, non siamo pronti
per
l’impatto con l’assoluto
scivoliamo
nella strettoia della
limitatezza.
Un petalo di rosa
e
una carezza è ciò che resiste,
fragile
stelo della poesia.
(da
Il geranio sopra la cantina, Puntoacapo
Editrice, 2023)
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VALERIA SEROFILLI
Valeria Serofilli è un Nome conosciutissimo ed apprezzato in ambito
letterario nazionale, per la sua intensa attività promozionale della cultura,
per le sue numerose pubblicazioni e partecipazioni a rassegne e rubriche
letterarie e poetiche, per i tanti premi ottenuti, ma soprattutto per essere la
presidente del prestigioso Premio
Astrolabio. La sua poesia, come negli esempi che qui propone, tocca
tematiche profonde, come il senso dell’esistenza e il mistero della nostra
dipartita terrena: tema delicato e generalmente trattato in letteratura e
poesia, ma qui la Serofilli con abile maestria e utilizzando metafore colorate
ed eleganti (“Quando arriverà la
Signora // avrà i capelli biondi / e un cappello a fiori”…) espone il suo dettato
con forbita delicatezza e con un pizzico di leggera ironia. Anche il ricordo,
la memoria (“Lettera a mio padre”),
hanno un’intensità e profondità del dire poetico eccezionali, laddove il dolore
della perdita si corrobora con la consapevolezza filosofica dell’ ”eterno ritorno”.
Il
cappello a fiori
(Appointment in Samarra)
Quando arriverà la Signora
avrà i capelli biondi / e un cappello a fiori
non la solita veletta nera
Celesti
e non di fuoco gli occhi
Mi
chiederà il permesso d'entrare
o forse non me lo chiederà
e mi accarezzerà con lunghe dita affusolate
come le mie da ragazza
in guanti di trina bianca
magari francese
con anelli di pietre dure multicolori
Sfiorandomi
le ciglia / m'inviterà a seguirla
perché sa che sugli occhi / non voglio alcuna conchiglia
E
forse l'esorcizzazione / è tutta in questa lacrima.
(inedito,
15 settembre 2022)
***
Lettera a mio padre
(A più sereni cieli)
Ora che più manchi / più non manchi
e la tua memoria a quest’ora
s’intride di luce
Anche qui, tra la folla /
intossicata di vita
vocii richiami applausi
mi tieni compagnia
Più presente di quando / al mattino
ti alzavi già stanco e soffermavi
la mente / prima d’iniziare il giorno
Chissà com’è ora il tuo giorno
che non sia un’andata senza ritorno
un sonno privo di risveglio
Qui nell’aria una strana dolcezza
e non è certo tutto quel che resta
e mentre la calma acqua del Fiume
continua a incorniciare Pisa
ho in me il tuo abbraccio / astratto,
ma non per questo meno caldo
Sei tu che più non soffri / caro
o il ricordo di te / a rifiorirmi dentro
senza addio?
Ora che ti so quieto / adagiato sulla parte di me
che t’appartiene
ritorno bambina, fresca e fragile
a scrivere “padre mio, ti voglio bene”.
(Dalla raccolta Dai tempi, pubblicata all’interno del
volume appartenente alla collana “I Quaderni dell’Ussero” curata dall’Autrice,
puntoacapo
Editrice 2013)
***
Eterno
ritorno
(Omaggio a Nietzsche)
Tanta vita è passata
e me ne accorgo
solo adesso / che ne consumo
il ricordo
Dell'antico traguardo
del mai risolto
dell'ancora atteso
dell'eterno ritorno.
(Inedito,
13 luglio 2023)
***
Viaggio inverso
Quando dovremo partire
andrà pensato al lasciato,
all'operato / al già compiuto
per essere leggeri /o meglio
leggiadri
come quando siamo nati
Liberi di ricominciare
Che è l'unica cosa certa - e lo
dici
con una limpidezza che sconcerta.
(Inedito)
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DANIELA STASI
Accoglie le incertezze e i dubbi della vita, la milanese Daniela Stasi,
con una poesia dal taglio epigrammatico, incentrata appunto sui temi cruciali
dell’esistenza: “Ogni sasso che mi
componga / il cammino è, in sé, la Vita intera”; da qui trapela il nocciolo
fondamentale del suo progetto poetico, almeno nei testi che qui propone, e cioè
un comprendere, sia materialmente che spiritualmente, i “sassi”, gli ostacoli e
le difficoltà nel procedere. Si evidenzia in filigrana anche un indirizzo
religioso, anzi spirituale, nel denunciare le malvagità dell’odierna società
indicando nel contempo una possibile redenzione: “E saremo chiamati / dalle nostre figure d'incubo / a inorridire,
perdendoci / Oltre, la vita.”. E nella “parola” poetica, Daniela Stasi
pone, in fondo, questo orizzonte necessario di salvezza e di speranza.
Ogni sasso
Ogni sasso
che mi componga
il cammino è,
'in sé', la Vita intera.
Ogni sasso
che mi sostenga
è, allo
stesso tempo, partenza e meta.
Il traguardo
è ad ogni passo
***
E saremo chiamati
E saremo
chiamati
dalle nostre
figure d'incubo
a inorridire,
perdendoci
Oltre, la
vita.
A render
conto del perché
dividemmo i
fratelli:
in buoni e in
cattivi.
Come non
fosse già dentro
di noi -
diviso dal bene -
tutto il male
del mondo.
***
Il tuo quaderno di poesie
Se ti avessi
prestato
l'amorevole
attenzione, che era
dei tuoi
sogni
Mi avresti
declamato
di te le
poesie, tenute al buio
in un
quaderno, chiuso dai miei silenzi.
***
Qual è l'ancoraggio del fiato
(da Di Residui e altri Frammenti di Cosmo)
Qual è
l'ancoraggio del fiato
Che ancora mi
sceglie
di starmi nel
respiro
Perché lo
porti in giro,
rimediando
alla mia solita strada
insicura, al
fato?
Mi avvalsi
d'un tempo
incauto,
anche per sfuggirmi
Come il
frutto mai maturo
d'approssimazioni
instabili
Sperando non
t'accorgessi
mai di tanta
incuria
Ma non mi
darò mai pace
tu abbia una
ruga in più feroce
sulla fronte,
non distante dai miei
occhi.
***
Tua solida parola materica
Sono fatta ad
ogni passo,
dell'inconsistente
mutare, d'ogni parola
Che
scolorisce anche l'esserci mai stata, in una sola
Che potresti
non rispondermi più
Quando,
rarefatto, il mio tocco suonasse
alla porta
Di quel che
avvenne e - nella parola Rimane - lì rimanesse
D'assoluta
certezza, tua solida parola materica.
***
Il nodo
Se saprai
cosa dire
prima o poi
troverai
il modo, per
dirlo.
Inessenziale,
sarebbe l'opposto.
Conoscere la
materia
nel suo
disciogliersi
ma non
sapere, come fare il nodo.
***
Tra le mie dita trapassa
Nuoto e
sposto un grumo
d'umanità,
disciolta
dove l'acqua
non è più
Il confine
dell'inconsistente
tuo stare
Tra le mie
dita
trapassa, la
linea
dell'orizzonte
E dei mattini
al mare, in
cui scorre
incorrotta la
tua fonte
Dacché solo
l'io
è trascorso,
nel moto d'onda
- Non
t'accorgi? -
***
Mi svestirò da tutti gli orpelli
Mi svestirò
da tutti gli orpelli
che non siano
il mio
calmo respiro
Per offrirti,
a mani nude
d'offerte e
d'ogni altra fatica,
il solo
fiato.
Che più non
t'illuda, di poter espirare
in una parola
più limpida,
tutto il
lascito
Che fu, del
suo amore;
e di ciò che
è stato,
solamente
pensato.
(testi inediti)
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Diciamocelo
pure che non è più scritto nulla sulla pagina
[di Dio
chè
ogni cosa ha perso il suo posto nell’incastro del Creato
e
da qui all’eternità ci sarà solo una immobilità di tempo
per
ripiegarci sotto l’ala del gabbiano
o
agire contro il vento
sperando
ancora nel nostro caparbio navigare
trascinando
relitti sgangherati verso la bocca di Plutone
diciamocelo
pure che la forza del destino ha avuto il
[sopravvento
sulle
nostre vele maestre
e
ha tracciato rotte inconcludenti tra i mercati
interrompendo
i sogni al davanzale melenso
dei
nostri giorni scialbi e insapori
ognuno
ha un verso di rimpianto e di riscossa
ma
non serve la matita a disegnare albe nuove
sull’ora
che si ferma derelitta
sull’orlo
della notte
diciamocelo
pure che è ormai inutile la casa e ogni stazione
:
si sta come volatili precari sul bordo del nido
incerti
e titubanti verso il futuro
pericolosamente
gravi
ad
ogni istante della vita
(da
Il lato basso del quadrato, La Vita
Felice, 2017)
Giuseppe Vetromile
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NOTE SUGLI
AUTORI
Antonio Corona
Antonio Corona, nato a Sassari nel 1972, vive a Torino dal 2008.
Veterinario di professione, appassionato di poesia, arte e cucina, partecipa
alla fondazione dell’Associazione Culturale Vivere d’Arte di Torino, di cui è
tuttora consigliere. Solo in età adulta decide di pubblicare nel 2020 le sue
due prime sillogi poetiche I segreti del cuocore (Ensemble
Edizioni) e Ritorneremo ad essere (Albatros, Il Filo). Vincitore del
Primo Adrenalina 6.0 nella sezione poesia, pubblica nel 2021 Controfobie
con Eretica Edizioni e partecipa all’antologia poetica Dalla stessa parte –
uomini contro la violenza sulle donne (La Vita Felice). Partecipa a
numerosi concorsi nazionali ed internazionali aggiudicandosi importanti premi e
piazzamenti anche nel settore della narrativa (racconti brevi), tra cui il
primo posto al Premio Internazionale Fōrma Cultura 2022. Inserito tra i poeti
accreditati al portale WikiPoesia, è attualmente impegnato nella diffusione
della poesia attraverso il gruppo di “Vivere d’Arte-Letteratura”, il blog
letterario “Leggere Poesia” e fa parte della redazione della rivista poetica e
di critica letteraria Nuova Euterpe. Ha condotto con successo una rubrica
d’arte per l’innovativo portale web StyLise Magazine. La sua più recente
pubblicazione è Oltre la neve, La Vita Felice, 2022.
Vincenzo Di Maro
Vincenzo Di Maro è nato Calvizzano (NA) nel '69 e
vive stabilmente a Varese. Nel 2008 ha pubblicato La costanza dell'inseguito (Nuova Editrice Magenta), segnalata al
premio Bagutta e al premio San Pellegrino. La
fine dell'opera – frammenti per un coro, libro del 2011 pubblicato per
Lietocolle con una prefazione di Mario Santagostini, ottiene diffuso consenso.
Nel 2012 vince il premio Confcommercio Milano per la poesia inedita e pubblica,
con Paola Casulli, Giuseppe Vetromile e Aldo Ferraris, Mitografie. Del 2019 è Una
stagione nascosta, segnalato al premio città di Como e al Lorenzo Montano.
Di lui hanno scritto Aglieco, Guarracino, Ravizza e molti altri. Dal 2020 è
redattore del blog di poesia “Perìgeion”. Sta curando (nel 2023) un'antologia
di dodici poeti appartati e decisivi sullo scorcio del Millennio per i tipi di
Bertoni. Suoi inediti e interventi
critici appaiono in antologie, blog e periodici.
Vincenza Di Schiena
Vincenza
Di Schiena è nata ad Andria (BT) nel 1975. Vive sulla Murgia nord barese. È
laureata in Scienze dell’educazione. Dal 2006 insegna nella Scuola Pubblica. Ha
frequentato corsi di scrittura tenuti da Nicola Lagioia, Paolo Nori, Gigi
Gherzi, Milo de Angelis e Mariagrazia Calandrone. Con Nori ha pubblicato nel
2016 alcuni racconti nel Repertorio dei
pazzi della città di Andria.
Curatrice
di rassegne culturali attuate nella città di Andria, fra queste “Murgia Wave.
Suoni dalla Murgia”, “Primavera pedagogica”, “Comunità poetica”, “Germoglia
poesia”, “Fatti diVersi”. Scrive poesia ed è prossima alla pubblicazione della
prima silloge poetica.
Rossana Jemma
Rossana
Jemma vive e lavora a Parigi, ma ha sempre mantenuto un forte legame
professionale con l’Italia. Docente di francese e italiano, traduttrice e
operatrice culturale, ha tradotto e/o collaborato con diversi artisti,
drammaturghi e poeti (Ricci/Forte, Randazzo, Ceresoli, De Novellis, L. Prosa,
T.Zinna, Maffei, Badea, Pollina, ecc). In qualità di traduttrice e studiosa di
poesia, ha collaborato a molte pubblicazioni (su Caproni, Pascoli, Marinetti,
Pozzi, Buzzati, Zanzotto, Bontempelli, ecc..) e a diversi incontri culturali
sulla letteratura italiana. Ha collaborato alla pubblicazione del doppio volume
di prose e poesie inedite di G. Caproni Caproni a 100 ans, con
traduzioni di M. Rueff, R. Jemma e J.P. Ferrini (edizioni Po&sie n.
137-138) e partecipato a diverse rassegne e
festival internazionali (Les Italiens à
Paris; Festival del libro e della cultura
italiani; Canzoni & Parole,
ecc.). Nel 2021 ha ottenuto la menzione d’onore al Mediterranean Poetry Prize.
Sue poesie
sono state presentate in occasione di performance e reading poetici: Dona una parola, Bad Time Story, La terra è
casa, Le Printemps des poètes, Le matinée poetiche del Verano, e
pubblicate in diverse riviste e antologie di settore, quali
VersoLibero, Circolare poesia, Capoverso, Nova, Fare Voci, Le
città al tempo del coronavirus, Versi di Pace (ed. VdJ ), SignorNò
(ed. Pellicano Libri), I luoghi della memoria (Bertoni ed.), Lo
specchio (Bertoni ed.), Il taccuino della pace (Perrone ed.), ecc. A
maggio del 2023 è uscita la sua silloge d’esordio La strada verso il canto
(RPlibri, coll. Poesia) che ha già attirato l’attenzione di molti critici e
poeti. Ha in preparazione una nuova raccolta per il 2024.
Silvia Monti
Silvia
Monti, nata a Morbegno nel 1971, vive tra la Valtellina e la Brianza.
Ha
pubblicato diverse plaquettes e raccolte poetiche, tra cui: Più primavera che
paranoia,
Lietocolle 2006, Buoni propositi, Fuori dal coro, Mendrisio (CH) 2012, e
Persino semplice, Interno Poesia 2023.
Da
sempre alla ricerca della "parola giusta nel momento giusto", cerca
di condividere e diffondere la poesia, anche in maniera non convenzionale.
www.montiesilvia.com
Elisa Nanini
Elisa Nanini è nata e vive a Modena. Laureata in
Lettere Moderne presso l’Università di Bologna, è coinvolta in diverse
iniziative culturali e collabora con la testata giornalistica Hermes Magazine e il Poesia Festival. I suoi versi
sono stati selezionati nello spazio La bottega di Poesia de “La
Repubblica” (Bologna, maggio 2019), nell’Almanacco “Secolo
Donna 2022” (Macabor Editore 2022), nei concorsi
poetici Mosse di Seppia Cafè Vol. V (2019), Rimalmezzo (2020), In memoria di Don Carlo Lamecchi
(2021), Premio Pordenonelegge Poesia “I poeti di vent’anni”
(2021), Biennale di Poesia “Sui Muri di Lavacchio” (2021), Premio
Nazionale “Tra Secchia e Panaro” (Premio Opera Prima, 2022), Premio
Internazionale “Tra le parole e l’infinito” (Finalist Author, 2022), Premio
Internazionale “I colori dell’anima” (seconda classificata, 2022),
Premio Nazionale “Ossi di Seppia” (Gran Premio della Giuria, 2022 e 2023), Premio
Nazionale “Ossi di Seppia - Estate”(terza classificata, 2023), e nelle
riviste on line “Il Visionario”
(2021), “Spine Produzione”
(2021), “L’Altrove” (2021), “Alma Poesia” (2021), “Mosse di
Seppia” (2021), “Laboratori Poesia” (2021), “Tragico Alverman” (2021),
“Ferraraitalia” (2022), “Euterpe” (2022, n. 34) e “Poesia del nostro tempo”
(2021; 2023). Ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie Cosa
resta dei vetri (Corsiero Editore 2020), con nota critica di
Alberto Bertoni. Ha curato l’antologia Il grido della Terra (Macabor
Editore 2023), con prefazione di Bonifacio Vincenzi.
Silvia Patrizio
Silvia
Patrizio è nata a Pavia nel 1981. Diplomata al liceo classico,
dopo la prima laurea in Scienze filosofiche e il lavoro di anni in
libreria decide di addentrarsi in un nuovo cammino, questa volta lungo i
sentieri della filosofia indiana.
Consegue il
master di primo livello in “Yoga
Studies: corpo e meditazione nelle tradizioni dell’Asia” all’università
Ca’ Foscari di Venezia e la laurea magistrale in Scienze delle Religioni
all’Università di Padova. Intrecciando la pratica alla pratica dei testi,
consegue anche il diploma di insegnante di yoga.
Smentire il bianco è il suo primo libro di
poesie.
Evaristo Seghetta Andreoli
Evaristo
Seghetta Andreoli è nato a Montegabbione (TR), dove vive. Già bancario. Fa
parte di varie associazioni culturali e collabora con riviste letterarie; è
membro di numerose giurie di premi di poesia. Testi e recensioni delle sue
opere sono comparse su quotidiani e riviste letterarie, tra cui più volte su La
lettura del Corriere della Sera. Pubblicazioni: I semi del poeta (Polistampa 2013); Inquietudine da imperfezione (Passigli Editore, 2015), Premio
Firenze Mario Conti Fiorino D’Oro (2015), Premio Internazionale “Mario Luzi”
(2016/2017), Roma; Morfologia del dolore
(Interlinea Editore, 2015), Premio Tulliola-Renato Filippelli, Formia (2023); Paradigma di esse (Passigli Editore,
2017), Premio Certamen Pontificia Università di Roma (2018), Premio Città di
Sassari (2018); In tono minore
(Passigli Editore 2020), Premio Cecco d’ Ascoli (2021), Ascoli Piceno, Premio
Arturo Giovannitti (2021) Oratino, Campobasso, Premio Alda Merini Imola (2023);
Il geranio sopra la cantina (Puntoacapo
Editrice, 2023), selezione al Premio Paolo Prestigiacomo (2023).
Valeria Serofilli
Valeria Serofilli è un’importante esponente della
più recente produzione saggistica e poetica italiana (www.ilnarratore.com).
Docente di lettere, come operatrice culturale è presidente di AstrolabioCultura, del Premio Astrolabio
e degli Incontri letterari dell'Ussero, SMSBiblio e di Palazzo Blu di Pisa. È
autrice di tredici volumi di poesia nonché di critica letteraria, saggistica e
testi di prosa. È collaboratrice di riviste e curatrice del sito
personale www.valeriaserofilli.it, socia del Lions Club Pisa Host e Vice
Presidente del Comitato Nazionale per i 150 anni dalla nascita di Grazia
Deledda – WikiPoesia.
Suoi testi editi e inediti, tradotti in inglese,
arabo, francese e giapponese,
sono stati
premiati in concorsi internazionali fra cui il Fiur’lini (l’Aia, Olanda, dell’associaz. culturale Forum) e
sono stati letti e commentati all’interno delle trasmissioni radiofoniche di
Toscana Classica, Radio Alma di Bruxelles, nella rubrica culturale La Tela Sonora e Radio Città Futura, nel programma Carta Vetrata curato da Gaffi Editore di Roma. Alcune varianti
poetiche dell'autrice, richieste dal Centro di Documentazione sulla poesia
contemporanea Lorenzo Montano, sono depositate presso la Biblioteca Civica di
Verona.
Daniela Stasi
Daniela
Stasi, nata a Milano, è laureata in Architettura ad indirizzo storico-critico.
La sua attività si è svolta fino ad oggi nel mondo dell’editoria e della
comunicazione.
In qualità
di giornalista pubblicista, ha collaborato a varie testate, generaliste e di
settore.
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18 settembre 2023