Le Antologie Poetiche Virtuali sono curate da Giuseppe Vetromile. Ogni Volume comprende 10 Autori, liberamente selezionati ed invitati dal curatore. Sono previsti volumi dedicati a particolari ambiti poetici (poesia emergente, poesia dialettale, ecc.). Le copertine sono elaborate e realizzate da Ksenja Laginja.

domenica 26 luglio 2020

VOLUME XII - COMPAGNI DI VIAGGIO POETICO






Introduzione


Compagni di viaggio poetico: ho voluto così sottotitolare questo dodicesimo volume dell'antologia virtuale, progetto che iniziai qualche mese fa, proprio all'inizio delle regole restrittive resesi necessarie per contrastare l'evolversi del contagio da "Covid19", e che poi, constatatone con soddisfazione il successo e gli apprezzamenti da parte degli Autori e di tanti altri amici che si interessano di poesia, ho continuato con solerzia e tuttora proseguo, invitando a parteciparvi Nomi davvero importanti e significativi dell'attuale panorama poetico nazionale. Di tanto in tanto, mi piace dedicare un volume dell'antologia ad una particolare categoria di poeti o di modalità poetica: ho così realizzato un volume nel quale ho raccolto alcune interessanti voci poetiche emergenti, soprattutto di giovani che frequentano la poesia in modo serio e impegnativo, dimostrando già un grande talento letterario; e poi da buon napoletano non potevo mancare all'appuntamento con la poesia dialettale partenopea: nel volume X sono infatti inclusi diversi poeti che con il dialetto napoletano hanno grande dimestichezza, nonostante la scarsa attenzione e sèguito nei confronti di questo. Non si tratta di volumi "tematici", perché comunque si lascia ampia libertà di scelta agli Autori nell'esprimere i loro versi; piuttosto è un'idea - sicuramente non esaustiva - per "riunire", individuare, protagonisti di un certo modo di fare poesia: è una selezione minima, basata esclusivamente sulle mie personali conoscenze ed esperienze, e nulla toglie alla qualità e al pregio letterario di tanti altri poeti contemporanei.
In "Compagni di viaggio poetico" ho voluto quindi includere alcuni validissimi poeti, di mia lunga, lunghissima conoscenza, con i quali ho condiviso l'emozione di ricevere un premio, non solo, ma anche viaggi, soggiorni, luoghi, avventure in treno e persino in nave (indimenticabile il viaggio in traghetto da Napoli a Catania con il grande amico poeta Armando Giorgi!). Ebbi a dire, e la cosa penso sia condivisibile da tutti, che la poesia non è soltanto un'attività di studio e di ricerca personale, da svolgersi nel chiuso del proprio io creativo, seduti ad una scrivania davanti ad un taccuino o ad una tastiera di computer. Certo, è importante e assolutamente necessario che la poesia nasca e si sviluppi nella comodità e serenità dei propri ambienti di studio, come del resto accade per ogni altra attività artistica e anche professionale: non si può "lavorare", o perlomeno risulterebbe molto difficile, nel baccano e nella confusione di un ambiente variegato e distraente. Ma poi la poesia va diffusa e, possibilmente, condivisa, non tanto per un giusto e utile confronto, per un vicendevole scambio di esperienze e di progettualità diverse, quanto per una sana e direi umana disponibilità reciproca ad emozionarsi dinanzi alle parole poetiche degli altri: non una mera lettura (che pure dà i suoi frutti), bensì un vivo ascolto, un "appropriarsi" dell'altrui voce, del senso profondo di verità e di novità che ne scaturisce, persino delle vibrazioni e delle armonie che la poesia dell'altro provoca in noi. Per questo, vanno bene i "salotti letterari", dove è possibile questo scambio, questa condivisione. Beninteso, quando si tratta di Poesia autentica, al di là di ogni possibile schema o codice o struttura (ma questo è un altro discorso).
Ringrazio dunque i poeti "miei compagni di viaggio" di questo dodicesimo volume per aver aderito al mio progetto antologico: con la maggior parte di loro ho vissuto e condiviso esperienze non solo letterarie, ma anche paesaggistiche, umane, di viaggi interminabili in auto o in treno ma sempre gradevoli grazie alla loro buona compagnia. Un periodo di tempo abbastanza lungo e disseminato di incontri, cerimonie di premiazione, scambi di libri, cene succulente, pernottamenti nelle più svariate località, dal Trentino alla Sicilia. Con una forte, sana, profonda Poesia, elemento fondamentale che è stato, e lo sarà sempre, il collante umano ed emozionale che ci tiene in vita.
Buona lettura!


Giuseppe Vetromile

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                                                                  CARLA BARONI



Da Ferrara la Voce poetica di Carla Baroni giunge forte e chiara, intrisa di una grande umanità che affiora delicatamente dai suoi versi accorati e limpidi: una liricità solenne ma fluida sostiene gradevolmente i temi trattati in questi tre brani inediti che la poetessa ci propone. Carla Baroni, autrice di numerose pubblicazioni e vincitrice di tantissimi importanti concorsi letterari, è poetessa impegnata e di grande talento.


(Inediti)

Le due piante

Sì, pensavamo noi fosse giocare
lo stare uniti insieme, se fortuna
o amarità di vita fece che
fossimo fusti d'alberi selvatici
nati a poca distanza l'un dall'altro.
E poi crescemmo e fummo infin congiunti
come una cosa sola, la corteccia
sembrava non avere soluzione.
Lune e costellazioni s'inarcavano
nel tessere dei giorni, litanie
plasmava il vento in refoli d'argento.
Eden era questo o maledetto inferno
il non aver contezza delle ore
noi ebbri solo di un tempo senza tempo?
Ma io ero carrubo dai baccelli
dolci per il bestiame o per finire
il giorno di Natale nella calza
dei bimbi più piccini, tu un olmo
forte, fronzuto, prevaricatore
anche nelle radici serpeggianti.
Ti hanno tagliato e a me non resta adesso
che bruciare nel sole rimpiangendo
la tua ombra salvifica e capire:
non era gioco ma soltanto amore.


***


Il battito del cuore

Ed eravamo lì, del tutto immemori
del tempo che scorreva
al volger elissoidale delle stelle,
nemmeno forse certi dell'esistere
se il battito a tamburo in mezzo al cuore,
il nostro cuore, non avesse avuto
un' eco assai più forte d'ogni altro suono.


***

Gitano, va!

E fu d'Andalusia la danza amara
al respirare ottuso della notte.
Gitano, va! Ti aspetta la tua donna
che sta già per partire per le stelle.
Ripete la lechuza¹ il cante jondo²
tra i pioppi cipressini e ulivi argentei
mentre i cavalli d'Ecate su in alto
stan scalpitando sempre più vicino.
Gitano, va! Ti è nato un figlio, un piccolo
bambino dagli occhioni di velluto,
stesse pupille dall'ardore intenso
che han fatto del tuo cuore un gran falò.
Gitano, va! Pablito piange e ride nella culla,
Carmen le ali ha messo e vuole andare…

¹ civetta

² canto profondo

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                                                            GIOVANNI BOTTARO



Da Molino del Pallone, un ridente paesino in provincia di Bologna nel quale ha da tempo fissato la sua dimora, Giovanni Bottaro ci dona questi versi inediti con i quali riafferma la sua particolare attenzione e cura non soltanto ai temi, ispirati prevalentemente alla natura e all'uomo, ma anche per la speciale e originale modalità di scrittura, distinguibile per l'accentuazione dei toni evidenziati nei termini in corsivo, per gli spazi tra una parola e l'altra e altri segni che espandono la poesia, nella sua interezza, verso significati più ampi.


(Inediti)

In questo del mattino silenzio assorto

brezza volubile trastulla giovane
il manto dell’albicocco. Cielo bigio
d’asfalto carezza gemme trascorse
nel vento e induce al pianto   già
meditando sulla mestizia del tramonto.

È stagione distorta: la speranza è morta
vacillando l’esistenza tra miriadi di vite
spente: illacrimate salme riposano
in fosse comuni in urne ignare 
d’un’estrema lacrima affabile.

Non è temperie da riportare
sul marmo ma solo scarno diario
da vergare col gesso su friabile
ardesia dilavata da piogge.
           
Incauti  adepti dell’hic et nunc 
inermi  a sopraffare   virus
fatale  – guidati da rissosi
governanti alla cerca di seggi –
competitivi per acquisire
mercati   transitiamo
mutando  risorse  in  valute
per letizia di posteri a stare
su depauperato Pianeta
impossibilitati a scambiare
beni  esauriti   con monete
o banconote arabescate.

Nutriti di tecnologie aggiornate
gli umani futuri inaleranno
aria inquinata  coltivando
– per l’effetto serra –
terre allagate   ristrette.

E andare – dove? –
risulterà inutile.



***

Pasqua 2020

Nel silenzio irreale  tenero
refolo  scrolla lieve foglia
di mimosa   orfana
d’infiorescenza racemosa.
           
Gemme neve scoppiano
sull’albicocco e il prugno s’abbiglia
d’infantile verde vaghezza.
             
Erbe roride d’intorno vacillano.
           
Breve volo di tortora  in bilico
a bere  sull’orlo del secchio ricolmo.
Vibrante e scuro il frullo d’un passero
tamburellando  giallo becco di merlo.          

Cielo sconcerta per quiete inusuale:
pacifico azzurro non ospita cirro
né tossisce per espettorato d’aereo.
           
Respiriamo aria contagiata
da  veleno  mai incontrato
e il sangue è sguarnito
di opportune barricate.

Progresso  feroce dovrebbe
indurci a riflettere  proni
su imperativi categorici
sbaragliando politicanti
alla cerca di consensi.

Oggi dovremmo ascendere
(dopo belligeranze di secoli)
inginocchiati presso le innocenti
– e ancora tepide – d’estinti le ceneri.                      
           
In questa chiara quiete 
– davanti al Gòlgota
e al Sudario disfatto –
il Risorto ci esorta a ri-nascere


nella catarsi dell’Avello spalancato.

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                                                                   ANNA BRUNO



Residente in provincia di Napoli, Anna Bruno è poetessa, scrittrice e critico di pregio; il suo nome è legato anche all'ormai noto Premio Scriptura, da lei ideato e condotto, e con il quale seleziona lavori letterari di grande spessore, in ambito nazionale, individuando ottimi talenti anche tra i giovani e gli studenti. Molto impegnata nel campo del sociale, si prodiga tramite le sue associazioni nella diffusione della cultura letteraria sul territorio. La sua è una poesia riflessiva, sovente ispirata a temi importanti della società civile; i suoi versi sono caratterizzati da una elevata liricità e armonia di canto.


“Dal frutto si riconosce l’albero” nel mio orto
e vi rifuggo verità imbrigliate nel mito,
che più non è tempo,
e utopie tramortite nel mortaio della scienza.
Vano è il coprir con orpello il gene tranciato
che la memoria smarrisce...
In quest’era mendace che tace
il palpito del grembo ch’avvolge la vita
e i sospiri ignora della zolla ubertosa
e i sussurri della generosa polla,
ricerco la certezza del seme fecondo
ch’è memoria del mondo
e l’affido qual endice al nido
perché a lui torni ogni volta la Vita
per una storia infinita…
           
(Da La memoria del mondo, Il Tecnologo Editore, 2003)


***

Ascolto
e già tremo al fruscio delle serpi
tra gli sterpi del dialogo incolto
che in monologo rovina.
Con labbra ferite da calice sbreccato, 
rifiuto cauta l’offerta bevanda
e nell’inquinante terraglia incrinata
non sfamo la parola affamata. Ascolto,
ma tra balze scoscese che mi dirupano al mare
e intrepidi sentieri che mi svettano al cielo,
vorrei si spandesse la quiete
che a rete di sintagmi s’arresta
in quest’aria d’intricata foresta.
Odo il passo del cacciatore di frodo
che avanza guardingo
e colori di guerra dipingo sul silenzio
che si dibatte sparuto,
certo di finire venduto
tra le grinfie dell’ira repressa.
Allarga la spessa maglia
la tempesta di vento che sento
e su terreno ogni  volta stravolto
ogni volta battuto
ingaggia battaglia furiosa
per la parola inesplosa.
In difesa sovverto la resa dei conti
ed è sconcerto di sillabe infrante
nel frasario rimaneggiato e sgualcito
che confonde amor con amante.

(Da Rotola, tra le rime, la pietra, Poeti nella Società, 2006)


***

Datemi tempo,
ché tanto ce ne vuole,
per la mole di lavoro che m’attende:
riordinare il discorso che m’offende
rintracciarne il senso e la misura.
Metti in conto di rubare ore
ogni sera al giorno che muore
e ogni notte l’arsura
e poi un altro mattino
col bicchiere ricolmo di vino
a imbrattar la mia sete.
Metti in conto la parola oscura
e l’oltraggio al quotidiano viaggio
che meta più non t’assicura.
Datemi tempo e vi saprò rispondere
ché la risposta giusta sfugge alla parole usuali
dalle ali simmetriche di farfalle stanche,
bianche, sulla neve predatrice.
E ciò che la parola dice,
nella rappresaglia allo sconcerto,
certo è sterpaglia per fuoco vorace,
ma, se tace, il precipizio la divora.
Datemi tempo, a ogni ora.
Ho bisogno di parola che mi rappresenti,
carica di certezze, senza ripensamenti.


(Da L’albero che del vento s’è fatto una ragione, IOD edizioni, 2018)

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                                                                FRANCO CASADEI



Franco Casadei, da Cesena, alterna la sua attività lavorativa di medico con quella artistica e letteraria, dedicandosi alla poesia con grande impegno e con diverse pubblicazioni sempre bene accolte dalla critica specialistica e dal pubblico. Attivo anche nella promozione culturale, con i suoi  incontri "La poesia nelle case", che organizza direttamente nelle abitazioni di amici e cultori della poesia. Qui ci propone alcuni brani tratti dalla sua silloge Nostalgie, dove emergono ricordi e descrizioni di paesaggi rievocati con versi intensi ed armoniosi.


(Nostalgie)

Scene di mare

Le onde di mareggiata
bianchi lenzuoli arrotolati male,
il mare che sbava
e si torce nel suo fluttuare
infuriato, assalta la riviera
per accarezzarla poi a sera
quando si quieta nella rada.

Nelle notti d’estate la luna
somiglia a un'ostia in dormiveglia
lontane le lampare, lucciole nel mare.
E le folate di vento inumidite
arpeggiano nel porto le corde delle vele.

Il faro esplora la notte 
in tutti i suoi segreti.


***


I paesi sperduti d’Appennino

Lungo la spina dorsale dell’Italia
nei mille paesi deserti e abbandonati
riposa la nostra storia antica,
una desolazione
che ha il respiro del passato

scampoli di bellezza diroccata,
qualcosa di sacro
che riposa in quelle pietre

la magia del silenzio
di un mondo ormai scomparso,
ricordi di remote lontananze
di un retaggio che non può morire.



***

Settembre sui colli di Romagna

Le vigne cariche di grappoli
ansiose di sgravarsi,
i girasoli bruciati, il capo chino
come un esercito di soldati sbaragliati

non più nette e taglienti le ombre
sull’argilla secca delle zolle,
il sole che scalda, ma non arde
un principio d’addio
la terra esausta ansiosa di riposo

si alzano su queste colline, in volo,
ampi stormi di rondini impazzite
vanno e si posano su tetti e rami
e ancora si rialzano in cerca di una rotta,
inquiete si levano, girano e ritornano,
trasmettendo mute agli uomini un segnale.


***

L’eclissi di te

Rimani,
non lasciare l’eclissi di te
dentro al mio cuore.

Chi ti desidera è un sole
che non sa stare alla tua assenza,
ti cerca nei luoghi che hai lasciato
nei sentieri percorsi fianco a fianco.

La lontananza vanifica
ed equipara al nulla
anche le ore più fervide di vita.

Indelebile nell’anima
una traccia di ferita.


***

L’alba

L'alba sempre ti sorprende.
Manda l'aurora a dare una sbirciata
e appena ti distrai, apre il sipario
spandendo gradatamente il suo chiarore.

Amante del silenzio,
ha scelto le prime ore del mattino
quando ancora il mondo è fermo

Territorio sospeso tra il tutto e il niente,
l’alba va aspettata sul balcone,
i capelli in disordine, freschi di cuscino,
abbandonandosi alla meraviglia
per le manciate di promesse che sparpaglia.

Il mondo è apparso all'alba.
Vale la pena attenderla
come fosse la prima. Ogni volta.

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                                                               GIOVANNI CASO



Giovanni Caso, da Mercato San Severino, in provincia di Salerno, è un poeta conosciutissimo e molto apprezzato, essendosi distinto, nel corso di più di trent'anni, in diversi e rinomati concorsi letterari su tutto il territorio nazionale, dal Trentino alla Sicilia. Numerosissimi infatti sono stati i primi premi assoluti, nonché altri riconoscimenti alla sua eccezionale carriera letteraria. Ha anche pubblicato numerose raccolte poetiche. La sua poesia si distingue essenzialmente per la liricità del canto, per il ritmo e per la ricerca accurata dei termini, spaziando nei temi più vari, dal sociale alla memoria, alle tradizioni, ai valori etici e umani.



(inediti)

Per il folle diletto del cuore

Siamo tornati ai venti chiassosi
della nostra giovinezza, alle mura pagane
della prima innocenza, al profumo sgargiante
dei vini più amabili
– e passano i fiumi delle bianche memorie –
Lasciate che il tramonto
intenerisca la sera, o morti benigni,
lasciate che la brezza d’aprile
prepari una culla nella casa del sole
perché nasca un bambino.

Avevamo un viso di luce e la bocca
d’uva vermiglia e le braccia di rossi
papaveri, quando ci tuffammo
nello specchio d’acqua selvatica,
vestiti di foglie e mirtilli.
Sulle labbra rugiade di canzoni
e gli occhi socchiusi per ospitare la luna.

E oggi ci chiediamo chi bacerà
la nostra fronte, quando, sdraiati
sopra un lenzuolo di erbe salmastre,
osserveremo le porte del cielo –
e ci chiediamo se abbiamo dato alla vita
qualcosa di noi, una goccia di sangue, una lacrima
– e quando cadranno i paesaggi della terra
vedremo il semenzaio delle stelle
per il folle diletto del cuore,
per l’antica dolcezza dei muti sorrisi.


***


Poesia

La poesia si vive, non si pensa,
si vive nel tumulto della carne,
nel corpo genuflesso, nello scorrere
del sangue, nello spazio del silenzio.
Ci appartiene come la luna al cielo.

Nulla ci salva dalla solitudine
squarciata da un lucignolo di sole
se non un verso, quando viene e lascia
un’impronta di luce sulla soglia.
Sa illuminare l’ombra delle cose.

Non abbiamo che identiche parole,
un’unica conchiglia, a cui appartiene
la terra, il mare, il suono delle sillabe
racchiuse in una lacrima di sale.
Un solo verso, il giorno oltre la sera.

***


La forma delle cose

Splendono come gli occhi caldi e bruni
delle ragazze i nostri cieli estivi,
il mare insegna luce,
l’onda sprizza, scintilla
– se avessimo il profumo dei millenni,
se sentissimo posarsi sulla guancia
una farfalla nella lava del sole,
l’anima gioirebbe –
Non so come facciamo a sopportare
l’ansia, il dolore, troppe volte
ci svegliamo di notte per vedere
se gli angeli riposano con noi.
Scrosciano con la pioggia i nostri giorni

– giorni che ad altri giorni si susseguono,
inquieti e dolci, docili e ribelli –

Com’è diversa la forma delle cose,
il sasso, il seme, l’ombra, il girasole,
i tramonti che invocano uno sguardo,
il respiro d’un sogno sul guanciale
della sera –
Ha un’impronta d’argilla il nostro passo,
siamo libecci di tutte le stagioni,
siamo lanterne appese all’architrave
per far luce un istante –
A quest’età la vita è come un libro
lasciato sul poggiolo dentro casa,
nessuno più lo sfoglia,
perché non turbi il cuore l’Oltre, il Buio.

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                                                               BENITO GALILEA



Di origini calabresi, vissuto a New York per molti anni e dal 1984 residente a Roma, Benito Galilea è un Nome illustre nel panorama poetico italiano. È vincitore di numerosissimi premi letterari imprtanti, in ambito nazionale, ed ha prodotto diverse pubblicazioni di poesia, dedicandosi anche al recupero delle tradizioni dialettali della sua terra di origine. Il suo detatto poetico si contraddistingue per una lirica piana, quasi narrativa, ma profonda nei contenuti e nelle allegorie; il tema sociale e umano è prevalente nella sua ampia produzione letteraria.


Abbrivio

E così li ho visti invecchiare:
da dietro le grate della finestra
che copriva parzialmente il mare,
un brulichio di ragazzi e marinai

che ogni mattino scendeva dalle colline
per prendere possesso degli spazi
proprio davanti ai pescatori con le canne,
gli scaricatori sbucando dalle passerelle
con accanito convincimento nelle lotte.

Si sono fatti sistemare l’una accanto
all’altro nell’infinito silenzio del mattino,
tra l’ostinazione orgogliosa della gente
che reca fiori a una coppia che non ha mai
visto colori. Tutto attorno una calca invadente
che insiste per guardare il cuore di questo
re che ha amato Ginevra delle osterie,
e che per sempre ci ha lasciato
in una notte di stelle sopra il porto.

A volte, da una stradina impolverata che s’apre
su una piazzola dove vendono garofani
e spezie, sembra che arrivino due ombre
allacciate alla vita da una presa tormentata.
Muti. Fissi a guardare verso una lontananza
immutabile che il mare offre a chi segue
con intensità le piccole onde dell’estate.

Accertata la morte, al cospetto del tempo,
non possono essere se non due sogni
esattamente uguali, forse un abbrivio
che sfida l’incipit del mondo
da una povera casetta slabbrata sulla costa
dove un fuoriuscito di nascosto porta
ancora acqua ai fiori piegati dentro i vasi.


***

Migrazione
(a Joseph Tusiani)

Casa tua, impareggiabili inverni
coi libri sopra le ginocchia,
vino di porpora e canti saraceni,
noci divise con quattro compagni
sulla tavola spoglia di privilegi.
Chi non parte non sa del mare e del suo
soffio quando misura cavi di cielo forestiero:
nella notte dei senzaparola dove anche
la greggia muta dal piano s’allontana
e subito diventi qualcosa in meno del fratello
smarrito sulla soglia dell'Angelus.

Non sei più tornato per Santo Matteo
a guidare duecento capre verso il monte
e la tua voce amica ha succhiato vino e bellezze
dai nostri bicchieri uguali di silenzi.
Su questa striscia d’oceano hai cantato
i cavalli adolescenti delle nostre paure
spezzati a morte: umiliata furia di pidocchi
cocciuti che dalle banchine ha osato invadere
 i marmi di Wall Street e le toghe della Columbia.

Oggi si beve a più porti il vino della tua
terra e dall’otre a tutti una stessa vigna
dona sangue nel solco delle lontananze.
Nel suono di un viaggio senza tempo,
la panchina dei vecchi scuote le vesciche
dalle mani dell’uomo che si staglia sulla linea
del tramonto come Antonio Margariti
che di notte scendeva piano sulla sabbia
per non pagare l’acqua ai signori del mare.


***
                          
Requiem in do minore da una campana

Fu così che lo trovarono un giorno,
il cappello di tela bianca sottobraccio
mentre navigava sul fiume a occhi
aperti, steso sul fondo della notte.

Sembrava il cavaliere dei dispersi,
un fantasma che si muove silenzioso
tra filari di scarpe vuote quando vanno
sotto gli ombrelli verso il porto.

Greve di vento e labbra a conchiglia,
Giò il cantore somigliava ad un pastore
millenario, metà patriota e metà tutto quello
che può essere uno nato durante un plenilunio
di Novembre: la guerra quasi finita, i poeti
lasciati in disparte a delirare, più in là
un inizio di danze sopra statue tombali.

Era uomo d’altra terra e aspettava la sera
per bere il loro vino nel giorno ultimo
dell’anno, sedendo in piazza tra le foglie,
gli spazi della morte sfilacciati dentro.

E liberando le paure dalla sua follia,
risciacquò le ossa in una pozza d’acqua.
Accanto la clessidra che misurava il tempo:
i malati da un lato, dall’altro i vecchi
con pinnacoli di luna sopra il cuore.

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                                                              ALESSANDRO IZZI



Validissimo artista poliedrico, Alessandro Izzi, da Gaeta, esprime il suo talento creativo altrettanto bene sia in poesia, sia in narrativa e nell'ambito teatrale, collaborando inoltre con varie realtà culturali nel campo del cinema e dello spettacolo. È vincitore di diversi premi letterari importanti, tra i quali, recentemente, il Premio Bukowski. La sua poesia si distingue per le argute riflessioni sul senso del vivere quotidiano immerso in un tempo che sfugge inesorabile, e sui valori intramontabili dell'affettività e dell'amicizia. Il detatto poetico è fluido, incisivo, come nelle due liriche che qui ci propone.



Un tempo che sia mio

Ho bisogno di un tempo che sia mio
uno che non cammini a passo fermo e stretto
e che non insegua ogni possibile occidente,
un tempo che sia oasi e quiete
e mare che respira,
un tempo che ridi ai pensieri
l’ombra di passaggio delle nubi
e svuoti d’orme l’orizzonte che scolora.
Vorrei un tempo che disteso
doni spazio a ogni momento
casa di finestre
e senza porta al suo cantuccio di camino.
Un tempo generoso
con ogni tuo bisogno
aperto al vuoto
e giallo come foglia che si affida.
Un tempo in cui si asciughi ogni paura
e che non cerchi nel battito la sua unica misura.
Un tempo docile
che mi smantelli piano piano
e che mi lasci sabbia fina
ad aspettare l’onda
e l’ultimo silenzio del fondale.

(pubblicata in una precedente versione e con differente titolo in A.A.V.V. Accendi le Parole, Le Mezzelane edizioni, 2017)


***

Quasi fossi casa

Come colonna
sei paesaggio e distanza,
punta di compasso
e giro d’orizzonte.
Ti appartengono
l’indulgenza levigata dal vento
e il silenzio dello scroscio.
Chino il tuo capo di giunco
alla stagione più bionda,
ti fai corda e canestro
all’uso quotidiano,
quasi fossi casa
dove ogni stanza canta
l’attesa della luce e
la pazienza del sorriso.

(inedita)

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                                                       YULEISY CRUZ LEZCANO



Poetessa e scrittrice di origine cubana, Yuleisy Cruz Lezcano attualmente vive a Bologna, dove svolge la sua attività lavorativa integrandola con quella letteraria e poetica. Si è distinta in molti concorsi di poesia e collabora attivamente ad alcuni blog letterari. La sua poesia è fortemente caratterizzata da una venatura sentimentale e amorosa, attraverso un dire poetico luminoso, genuino nella sua purezza e armoniosità di canto.


Arcobaleni sonori

Quando ti affacci ai miei occhi
suonano arcobaleni,
si addolciscono i veleni
delle tristezze che non passano,
nel mio corpo ripassano
il cielo di mille fiori
e un inno d'amore
riempie il mio mondo,
una voce dal profondo
parla per i sentimenti
che mai hanno parlato
e il mio cuore innamorato
canta con la stessa voce
che ti bacia.


***


Fuga e silenzi

Il tuo sguardo cercai
dietro orizzonti di infiniti mari,
alba senza bussola
puntata su una stella.

Fuga di onde i tuoi silenzi,
apparente assenza di imbarcazioni,
s'afflosciavano le emozioni
tra conchiglie rotte e spiaggia di sensi.

Morte vele ai venti intensi
inchiodavano sul fondo
l'idea di isola, il sogno di fiori.

Al largo l'idea d'amore
su sbocchi di irreali spiagge
fuggiva e fuggiva.

Sparizione di ancore,
la mia casa
coperta di mare secco,
sui miraggi, ritratti di sabbia.

Lenta vagò sulla spiaggia
la barca minuta dipinta di grigio,
ero tormenta.


***

I tempi del papavero

Dura il papavero?
Solo nel prato!
Vuole ballare, innamorato,
una danza invisibile...
ticchettio di immagini,
le cose fragili
muovono il pensiero,
tacchi azzurrati sul velo
di una bocca accessibile,
rossa poesia imprevedibile,
labbra di papavero
e anima di vento,
il piccolo fiore si apre a stento
cerca nel buio la vita.

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                                                             CLAUDIA PICCINNO



 Claudia Piccinno, originaria di Lecce, oltre ad essere eccellente poetessa, vincitrice di numerosi premi, è anche conoscitrice di molte lingue e traduttrice esperta. La sua intensa attività letteraria la impegna nel campo della produzione poetica, con diverse pubblicazioni, e nella traduzione di rinomati poeti stranieri. La sua è una poesia dolce ed elevata liricamente, con tratti che riflettono una profonda considerazione dei rapporti umani, delle loro problematiche e dei loro risvolti affettivi: un dialogo con sé stessa, soprattutto, volto a definire gli aspetti genuini del complicato vivere attuale.



Sfinge di pietra

E se anche in questo momento di connessione
Tu decidessi di defilarti
io capirei.
E se io continuassi a scrivere
con penna molesta,
se a te nuocesse, mi fermerei.
Se un microbo ti trascinasse via
su altri lidi
dove non sono ammessi interlocutori,
sfinge di pietra mi murerei.
Piovono parole nuove
senza alcun senso,
a dare misura di questo vuoto
che parla sospeso
in attesa di un verso.


***

E se fosse paura
l'assurda pretesa di dare
un nome alle cose?
Non suggerirmi
la tonalità delle grinze
del vestito che dovrei indossare.
Ingessarmi in un tailleur plissé?
No grazie non fa per me.
Continuerò a luccicare di impavida follia
e mi potrai chiamare amica mia.
Oserei senza fretta
un accostamento insolito
un kimono, un sari, un kilt
è pur sempre un abito tradizionale
finché scalza e gitana,
senza veli né vincoli
senza catene o guinzagli
io me ne andrei.

***

In punta di tastiera

Mi trattengo in punta di tastiera
perché un segreto conta più
di un racconto
perché a svelarsi ci si rimette sempre

E attendo inutilmente un cenno,
un sorriso, un fluido inchiostro
che prometta un domani.
Siamo radunati dietro le quinte

di una piazza vuota
popolata di comparse inanimate
che osservano senza stupore.

Guardami, scosta le tende.

***

Esiste, io lo so

Perché ogni incontro ha il suo perché
non ci è dato sapere.
Perché una bufera ci spinse
nello stesso riparo in un giorno qualunque
non ci è dato sapere.
Mi sono interrogata respingendo
anomalo sentire
ma intermittente tornava il pensiero di te.
Esiste io lo so, un etico diaframma che ci isola
nel movimento di una mente luminosa
e di un'anima provata da antiche disillusioni.
Per quella sottile membrana ho tacitato
l'inchiostro
ma prepotente ritorna la sua forza dirompente
a seminare speranza prima che apatia
ci trascini nel buio.


***

Mi sono persa dietro la paura

Mi sono persa dietro la paura,
non una pietra miliare
a darmi il senso di marcia.
Ho atteso al crocevia
che tu tornassi indietro
candidamente
coi tuoi dubbi
e i tuoi perché.
Guardavo ai lati
della carreggiata
in cerca di un viottolo
o una scorciatoia.
Nulla mi ha condotto
al traguardo,
nessuno mi ha preso
per mano,
ogni mio passo
segue le regole
del buon cammino,
accordarsi
agli altri
come crine al violino
e attendere la vibrazione
giusta, il suono di un battito
che mi riporti a casa.

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                                                                 ADOLFO SILVETO



Da Boscotrecase, in provincia di Napoli, Adolfo Silveto è un'altra delle Voci poetiche di pregio, molto noto da anni nei circuiti dei premi letterari più apprezzati e rinomati. Soprattutto poeta, ma amante anche della scrittura in prosa, in particolare del genere fantascientifico. Per la poesia ha vinto innumerevoli premi importanti in tutta Italia. Considerevole anche la pubblicazione di varie raccolte poetiche e la partecipazione ad Antologie. Il suo dettato poetico trae la sua principale ispirazione dai temi sociali, specialmente quelli attuali, e da quelli della giustizia. Il suo verso è deciso e incisivo, chiaro e diretto, non privo di un grande respiro lirico.



Gulag (l’ispezione)

Gli occhi bianchi di neve
lanciano nel vento brani di paura,
e brillano in incognito catene
che accecano come monili falsi.

"Sto  bene… non mi lamento… il vitto è buono
e qualche volta, se mi riesce di sognare,
sono anche felice…"

La parola non detta è acido che rode,
frammento carcerato di silenzio,
e il pensiero dimentica le trappole
del cuore che alleva strani cieli.
"Sto bene signore… non ho niente da dire…
No! Non è una lacrima…è solo una goccia
di sudore, o… particella di neve, se lei crede…"

I volti scheletrici che lasciano intuire
le forme non geometriche dei teschi,
invocano il corto circuito,
il lampo pietoso che li annienti!

"Le sbarre signore? Non ci sono sbarre
a Perm 35… come lei stesso vede…
Lo dica in giro…dica la verità…"
(La temperatura è scesa ancora di tre gradi.
Si fa di ghiaccio il ghiaccio
ma non scalfisce il gelo del Gulag!)


***

Gli ultimi della classe

Gli ultimi della classe uscirono dai banchi,
raccolsero gli insulti, senza rabbia,
e gli sputi "impegnati" dei compagni.
(Gli ultimi della classe non facevano proclami,
non stringevano un’arma tra le mani,
non cercavano il nulla dalla droga).

Gli ultimi della classe 
fuggirono dai banchi della vita
portandosi dietro i loro stupidi libri,
le loro stupide vecchie culture
"strumentalizzate dal potere".
(Gli ultimi della classe non facevano scioperi
e lotte politiche e sociali,
non lanciavano bombe a torturare piazze
e la morte con l’urlo di rapina).

Gli ultimi della classe fuggirono dal mondo,
dalle città impazzite di "progresso",
le città della mafia, dei migranti
impiccati al vessillo della fame,
e dei ladri vestiti da politici,
trascinandosi dietro la parola dei padri,
l’inutile antica saggezza dei vecchi.

Oltrepassarono il mare,
raggiunsero il deserto.
Mutarono i grani di sabbia in steli d’erba
e i figli catturarono scaglie di sole
per giochi arrugginiti dal tempo.

Poiché credettero ancora
in un dio non computer,
aspettarono in eterno
ostinate verifiche al vangelo!


***

Sul lago di Bolsena

Nulla tace sul lago. Anche il silenzio.
Si accostano le ombre.
Si tengono vicine per scaldarsi.

Ma i morti hanno dimora su altre alture
confortati  da effluvi di ginestre…

E il lago sente il fiato di mio figlio,
il lago è dentro gli occhi di suo figlio
che scruta l’orizzonte e… lo  decifra…

Uccelli rari forano le nubi
e l’acqua che si muove lentamente
cullando quiete anatre impigrite
da troppa pace…

Si staccano le pagine dal libro
di tante vite per esorcizzare

le parole terribili mai scritte.

Il lago è un’armonia che quasi uccide!


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                                                                VALTER SIMONINI



Da Massa, città in cui è nato e tuttora vive, la voce di Valter Simonini, poeta e scrittore di pregio, ci giunge con le atmosfere dolci e pacate dei ricordi, delle memorie, delle nostalgiche visioni di paesaggi che fanno da contorno a stati d'animo che riflettono una profondità e autenticità di valori e di sentimenti. Autore di diversi romanzi, ha ottenuto numerosi e importanti riconoscimenti per la sua partecipazione a concorsi letterari di rilievo.



D'inverno il silenzio

D’inverno il silenzio
profuma di candido oblio
nei ricettacoli brumosi della sera,
mera malinconia
degli occhi sorridenti di ginestra,
spine di rovi ed echi
dei passi d’animali transumanti
e a mezzogiorno 
di rivoli il ricordo in arsi campi.

Vibra la calaverna
e si staccano pezzi di cielo
sui lembi dormienti,
i tremiti infiniti dell’amore;
tra gli alberi parvenze
d’arrugginiti elmi di soldati,
illusioni nel tempo perdute
e obnubilanti nenie
ci fanno scivolare dentro al sonno.


***

Nei solchi di un disco
       
Meridiano di sole in poltrona
nell’esilio di casa
e un bicchiere sul palmo, la voglia
d’antichi respiri,
visioni d’altre voci e d’altre stanze,
di un vinile nascosto tra cento;
è importante, anche solo per poco
frugare nel sacco del tempo
e ascoltare quel suono passato
nei solchi di un disco,
cadervi come l’acqua sui mulini.
Oh, padre, tu c’eri in quei giorni
degli anni cinquanta
ed io non sapevo
di aromi di caffè, d’anice schietto
e musica di jazz nel giradischi:
Lennie Tristano è qui col suo buio,
adesso come allora
e il mambo turco è un piano
che suona alla gente che balla
su scarpe d’avorio e carbone,  
mi porta nei vicoli stretti
di una broadway tutta italiana;
pomeriggio che odora d’antico
in questa calma piatta del soggiorno
ed altro non voglio
che cadere nei solchi di un disco
che suona graffiando
e poi dormire… sognare… o morire.


***

Veterani

I vecchi appisolati
sul carro arrugginito del tramonto,
biche di grano all’ultimo sole.
Il ricordo incessante
di grovigli di ferro,
odori di pioggia e deserto.
Ancora i sospiri
nelle valli del mondo
dove nessuno ha perso o vinto.
Adesso, in riva al mare
i vecchi abbracciati alla vita
se ne stanno
intanto che la morte li corteggia

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                                                                  ANGELO TAIOLI



Angelo Taioli, nativo di Mortara, vive ora a Voghera, dove svolge la sua intensa ed apprezzata attività letteraria. Vincitore di innumerevoli concorsi letterari in tutta Italia, si è sempre distinto in questi per il tono e il dettato davvero elevati della sua produzione. Ha una poesia che è fortemente ispirata ai temi sociali, del lavoro e della memoria, ma attualizzando e rivalutando i valori affettivi e il senso della giustizia, ormai così diluiti in una quotidianità poco attenta e del tutto superficiale.


 A mio padre                                                                                                                                                                                                                                                                                                   
È un’altra primavera

È un’altra primavera, e sono qui
a potare l’inverno del roseto,
a dare cielo ai giacinti piegati
in mezzo all’erba, a disturbare
al matrimonio delle api col ciliegio.

Il cane fiuta il vento, ed invisibili
presenze, e scava
ostinato ai piedi dell’alloro.
Perde sempre un poco il rubinetto…

Così, se ti scosti dall’ombra
della casa, e segui le briciole
d’acqua che sfamano
il sole nel cortile, puoi raggiungermi…

Vicino alla pelle staccata
dell’albero di San Bartolomeo,
chino a svellere i polloni
dei giorni, a bussare
a tutti i nomi della tua assenza,
a mendicare il pane
di una grazia che mi smemori.


***

Hai allargato il tempo

Hai allargato il tempo questa notte,
ed armato i denti del silenzio
- come quando avevi la tua mano
nella mia, le ginocchia serrate
contro il petto, il cordone
avvolto attorno al cuore
- quando assieme a me respiravi
l’acqua senza fretta - la fontanella
aperta sulla polena in rotta
verso una tagliola di luce.


***

Giudice: Qual è la sua professione?
Brodskij: Poeta, poeta e traduttore.
Giudice: E chi ha riconosciuto che siete poeta? Chi vi annovera tra i poeti?
Brodskij: Nessuno. (senza sfida) E chi mi annovera nel genere umano?
Giudice: Avete studiato per questo?
Brodskij: Per cosa?
Giudice: Per essere un poeta! Non avete cercato di completare l’università dove preparano…dove insegnano…
Brodskij: Non pensavo… Io non pensavo che ci si arrivasse con l’istruzione.
Giudice: E come!
Brodskij: Io penso che… (confuso) venga da Dio.

(Dal processo a Iosif Brodskij)


***

A mio padre, poeta che non sapeva scrivere.

Lo voglio vedere

Lo voglio vedere anch’io questo dio
contadino che bestemmiava
con te, di corsa dietro la biciesse.
Questo dio che lanciava
dal carro mazzetti di riso
alla furia dei trapiantini,
che portava acqua alle schiene curve
in fila a cantare…
Che appoggiava fronti di stanchezza
su caldi rumini pezzati,
e mungeva nel buio di ogni mese
cinque lire d’argento per sposarla.

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Questo dio che ha reso vergine
mia madre, e mi mette in mano papaveri
come fossero parole, e mi dice
senti? che non hanno profumo?
Ma scuotine i piccoli semi,
che rifulgano neri sulla neve
ai passeri sperduti nell’inverno.
E a chi ne accosti nebbia
di occhi, soltanto con terra
e saliva fanne stupore
di fango. Che possa di colpo
vedere, e morire d’incanto.
                  

***

Sovrastano lamenti

Sovrastano lamenti
di sirene, i colombi che tubano
inchini e piccoli colpi d’ala
- perfetti nei cerimoniali
di primavera - dalla loro casa
senza persiane, alta
sul nostro silenzio lunare.
I cani si scambiano passi
in lontananza, e raccomandazioni
a vigilare. I nidi, ogni giorno
vanno scomparendo, ad un nome
sempre nuovo di verde.
E se ci siamo stretti
più forte nei tramonti,
è stato per rinascere in quest’alba,
nell’alta festa delle rondini,
tra le lingue accese della schlumbergera,
che ha lasciato il calendario
senza fiato. E se in questo mattino
abbiamo tagliato i rami giovani
- che volevano gettarsi in cielo -
è stato perché si allarghi
l’abbraccio d’ombra dell’ulivo,
e per benedire questa domenica
delle palme del loro sacrificio,
in boccio tra le rose.

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Ancora si spiega la luce del cielo

 Il tratto di un cielo spiegato al rifugio notturno,
dopo un breve capoverso di luce, si depone
in fondo alla rapida orbita di luna e tutto
rimane come prima: incomprensibile!

Poi dilaga il vuoto sulla giostra delle attese.
Questo sentirsi privi di mani e di piedi,
ma stare in qualche modo certi, pieni
di esistenza. E non va, l’ombra della sera,
a cercarsi altri anditi riposti, oltre lo scibile
che riempie di parole vane ogni nostra gloria,
e il pianeta tutto si svuota nei millenni a venire
della nostra conservata memoria… Ma che saremo?

No: non ditemi polvere redenta, chè nulla più
è solo silenzio di carne, dietro l’indifferenza
del cosmo, seppure tangibile al di là, oltre
i nostri tatti, i nostri fiori.

Bosco intricato di mistero è la vita,
andante ognuno per mano di fortuna o caso
che non regge ad alcuna legge di materia?...

Ma ancora si spiega la luce del cielo, quaggiù,
in fondo a questo condominio, inerte
ad ogni sobbalzo mattutino, quando

è soltanto il sole a cogliere il nostro ansioso,
ennesimo respiro.

Giuseppe Vetromile

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NOTE SUGLI AUTORI


Carla Baroni

Carla Baroni, il cui cognome completo è Baroni Parmiani, è nata a Cologna Veneta in provincia di Verona. Ben presto, però, si è trasferita a Ferrara dove tuttora vive e dove ha compiuto tutti gli studi che si sono conclusi con due lauree, una in Scienze matematiche e l'altra in Giurisprudenza. Ha insegnato matematica in diverse scuole secondarie. Ha iniziato a scrivere poesie a tredici anni, ma ha cominciato a partecipare ai concorsi solo assai tardi ricevendo molti riconoscimenti sia per l'edito che per l'inedito, tra cui più volte il primo premio al “Pietro Niccolini” che consacra i letterati ferraresi. Fa parte anche dell'Italian Poetry Association che riunisce i poeti più significativi dal novecento ad oggi.
Ha pubblicato ventidue raccolte di poesia in prevalenza monotematiche su consiglio di Giuliano Manacorda che era amico di famiglia. Tra questi: Origami di stoffa (Bastogi, Foggia 2007), Rose di luce (Bastogi, Foggia 2011), Versi d'ottobre (Edizioni Confronto, Fondi, 2012), Nel firmamento acceso delle stelle (Edizioni Kolibris, Ferrara 2013), Ed ora in forma antica vo rimando (Edizioni Kolibris, Ferrara 2014), Scampoli di vita (The Writer Edizioni Ass, Marano Principato 2018), Dove Fetonte imbizzarrì i cavalli (Edizioni Stravagario, Tremensuoli di Minturno 2019), Del otoño las hojas (Benilde Ediciones, Siviglia, 2020), Un anno d'amore (Edizioni Stravagario, Tremensuoli di Minturno, 2020), La città dolente (Caramanica Editore, Scauri, 2020). Ha inoltre pubblicato una traduzione insieme alla madre Rina Buroni delle Bucoliche di Virgilio in endecasillabi (Nuovecarte, Ferrara 2018), nonché libri per l'infanzia in versi e due libri in prosa. È presente anche in varie antologie.
È stata citata nella trasmissione Farenheit di RAI 3 quale “La sensibilissima poetessa Carla Baroni è fra i tre migliori scrittori di Ferrara”.


Giovanni Bottaro

Giovanni Bottaro è nato a Granaglione (Bologna) nel 1944, ma ha vissuto gran parte della sua vita a Pisa, ove ha svolto la sua attività lavorativa presso l’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti, sia in Italia che all’estero. Ha, inoltre, pubblicato varie sillogi poetiche, tra le quali Ritratti (2019) e A doppio fil rouge (2020), uscite per i tipi della IOD di Casalnuovo di Napoli. Suoi lavori sono inseriti in numerose antologie. Nel 2000, cinquantaseienne, si è laureato in Lettere moderne, presso l’Università degli Studi di Pisa.


Anna Bruno

Anna Bruno promuove e organizza il Premio artistico letterario internazionale "Scriptura"con pubblicazione dell’Antologia e delle sillogi vincitrici. Presidente dell’Associazione “l’Aurora Cultura” di Somma Vesuviana, organizza il concorso artistico letterario “La Montagna che cresce” e opera per la crescita culturale del territorio. Numerosi i premi conseguiti in ambito letterario. Alle opere pubblicate in passato è seguita la pubblicazione, nella collana Scriptura da lei curata per la IOD Edizioni (Casalnuovo di Napoli), di quanto ha scritto nel corso di un ventennio: I fantasmi di Giulia e I salti del grillo per la narrativa;  L’albero che del vento s’è fatto una ragione per la poesia; Lo spettro, La trama irrisolta, Gli anelli della memoria, Favole alla riscossa, Il silenzio per amico, Beatrice Cercamore, Alla ricerca delle parole perdute, Il mondo di Peppino, Nonno Giocattolo e L’ago della bilancia ovvero Il lago della bilancia (narrativa per ragazzi).


Franco Casadei

Franco Casadei, medico otorinolaringoiatra, romagnolo di Cesena. 
Ha pubblicato le raccolte di liriche: I giorni ruvidi vetri (Il Ponte Vecchio, Cesena, 2003); Se non si muore (Ibiskos Risolo, Empoli, 2008); Il bianco delle vele (Raffaelli Editore, Rimini, 2012); La firma segreta (Itaca, Ravenna, 2016); Donna del mare (Mediterraneo Editrice, Caserta, 2018).
Primo classificato nei premi di poesia: Ungaretti, 2005; C.Levi, 2005; Giovane Holden, 2008; Pavese, 2013; Gozzano, 2013; Città di Caserta, 2018; Città di Pontremoli, 2019; Vitruvio 2019; Alda Merini, 2019.
Fra i primi classificati nei premi: Neruda, 2006; Baudelaire, 2008; Foscolo, 2009; Turoldo, 2011; Prevert, 2011; Manzoni, 2011; Kafka, 2012; Premio di Filosofia sez. paradossi, 2012; Quasimodo, 2018; A.Negri, 2019; Pascoli di Barga, 2019.
È fra gli ideatori de “La poesia nelle case”, proposta di modalità di divulgazione della poesia nei vari luoghi della città.


Giovanni Caso

Giovanni Caso è nato nel 1943. Laureato in giurisprudenza presso l’Università di Salerno, ha svolto la professione di Ufficiale dell’Esercito ed è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. È vincitore di primo premio in numerosi e importanti concorsi nazionali. Si ricordano: Milano Duomo, Borgognoni, Guido Gozzano, Formica nera, La Pira, San Domenichino, Molinello, Histonium, Città di Quarrata, ecc. È presente in diverse antologie. Al suo attivo annovera diciotto raccolte di poesie, tutte vincitrici di primo premio in vari concorsi. È Accademico di alcune Associazioni culturali. Nel 2010 l’Associazione Amici Insieme di Siano gli ha conferito la targa alla carriera. È stato insignito, nell’ottobre del 2010, della “Laurea Apollinari Poetica”, a cura della fondazione del Premio “Milano Streghetta”, confermata nel maggio 2013 dall’Università Pontificia Salesiana, Facoltà della Comunicazione Sociale, in Roma. Ha diretto per dieci anni la rivista di cultura enigmistica “Il Labirinto” rivolta agli esperti del settore.


Benito Galilea

Nato in Calabria nel 1944, Benito Galilea vive a Roma dal 1984, dopo 16 anni trascorsi a New York dove, assieme ad uomini di cultura e professori universitari, ha fondato il massimo Premio letterario in lingua italiana negli USA. È stato Membro della Federazione Mondiale della Stampa Italiana all'Estero, nonché redattore della "Parola del Popolo" di Chicago, una delle più qualificate Riviste politico-culturali del secolo scorso all’estero.
Incluso in antologie e riviste letterarie, studiato in alcune scuole, le sue poesie sono state tradotte in diverse lingue. Numerosi i premi letterari vinti.
Ha pubblicato 28  libri, dei quali 21 raccolte di poesie in lingua italiana, 4 raccolte di poesie in dialetto calabrese con traduzione in italiano, 3 raccolte di detti, proverbi, aforismi ecc., con varie pagine sull’emigrazione, in dialetto calabrese con traduzioni in italiano e parzialmente in inglese: circa 900 pagine e 6500 voci che costituiscono la più voluminosa raccolta a livello europeo.


Alessandro Izzi

Alessandro Izzi, Condirettore di Close-up di Roma, ha collaborato con varie riviste di cinema e spettacolo italiane e internazionali. Autore teatrale, ha scritto, tra le altre cose, La valigia dei destini incrociati e Zingari Lager (entrambi messi in scena dal Teatro Bertolt Brecht di Formia), I topi nel muro (Premio Teatro, Cinema e Shoah 2014), Perché la guerra (Premio Artigogolo 2016), Solo di Passaggio (Premio Teatro in cerca d’autore), Nel silenzio della legge (Premio Teatro Aurelio, 2020). Per il Teatro Potlach è stato consulente letterario per Angyalok a város fölött (Angeli sulla città), evento spettacolo realizzato a Budapest nell’aprile del 2016, e collaboratore alla drammaturgia per Edith Piaf: Hymn to Love, la cui prima si è svolta a marzo del 2020 in Pennsylvania, USA.
Per la narrativa ha pubblicato il romanzo Il respiro delle onde e le sillogi narrative Come seme sotto raffiche d’inverno (Giovane Holden edizioni, 2016) e L’attesa della notte (Giovane Holden, 2018). Il suo racconto I tre moschettieri è contenuto in Letteratura Italiana – Antologia del Nuovo Millennio (Helicon, 2015). Vincitore di numerosi premi letterari nazionali e internazionali, è stato recentemente insignito del Premio Bukowski per la poesia. Di imminente uscita la silloge poetica Requiem dal buio e dal frastuono.


Yuleisy Cruz Lezcano

Poetessa e scrittrice di origine cubana, nata nel marzo del 1973, emigrata in Italia dal 1992, a Bologna, dove ha conseguito le lauree in Scienze Biologiche e Laurea Magistrale in scienze infermieristiche e ostetricia. Attualmente lavora nella sanità pubblica.
Dal 2013 ha incominciato a partecipare a vari premi letterari, ottenendo lusinghieri risultati.
Ha pubblicato numerosi libri di poesia ed è presente in diverse antologie italiane e internazionali.
È stata eletta membro onorario del Festival Internazionale di Tozeur, Tunisia.
Nel 2018 è stata membro di giuria di diversi premi letterari e organizzatrice del Mini Festival della poesia al femminile nel Comune di Signa (Fi).
È collaboratrice dei blog Alessandria Today (https://alessandria.today/) e Il Giornale Letterario (https://www.ilgiornaleletterario.it/).


Claudia Piccinno

Claudia Piccinno è docente, traduttrice e autrice di numerosi libri di poesia. È direttrice per l’Europa del World Festival Poetry, ambasciatrice per l’Italia del World Institute for Peace e di Istanbul Sanat Art, e benemerita del Comune di Castel Maggiore per meriti culturali. È responsabile della rubrica poesia per la Gazzetta di Istanbul, editor per l’Europa della rivista turca Papirus, edita da Artshop; collabora con vari blog e riviste cartacee, tra cui Menabò e Il Porticciolo.
Ha pubblicato diversi libri di poesia, tra i quali: La sfinge e il pierrot (Aletti Editore, 2011); Potando l’euforbia in Transiti Diversi (Rupe Mutevole Edizioni, 2012); Tabahnha  (Il soffitto, Edizioni Majdah, 2014, edizione in serbo); Ragnatele cremisi (La Lettera Scarlatta Edizioni, 2015); Grimizna Paucina (Alma publisher in Belgrado, 2017); Ipotetico Approdo (Mediagraf edizioni, Padova 2017); Karaya Cikma Hayali (Artshop, Istanbul 2018); Pourpre toile d’araignée (Edilivre, Paris 2018). Ha inoltre pubblicato il saggio Asimov, Un volto inedito (Il cuscino di stelle edizioni, 2020) e, in lingua francese, L'abord hypothetique (Edilivre, Parigi, 2018). Ha pubblicato in turco e inglese Karaya Cikma Hayali (Artshop, Istanbul 2018); in serbo e macedone МОГУЋА ЛУКА (Alma editore, Belgrado, settembre 2018); in tedesco Magie in Staunen (Verlag Expeditionm, Hamburg 2018); in lingua araba Your voice in countersong (Goodreads 2019 U.E.A).
È co-curatrice dei volumi antologici: Volti invisibili (Africa solidarietà, 2018), Atunis Galaxi Anthology 2018 e 2019 (Albania).
Ha tradotto in lingua italiana i libri di numerosi poeti stranieri.


Adolfo Silveto

Nato a Napoli, risiede a Boscotrecase. Ex funzionario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha lavorato a Firenze (Galleria degli Uffizi), all’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, al Museo Archeologico di Napoli e alla Soprintendenza Archeologica di Pompei.
Ha pubblicato diversi volumi di poesie, tra i quali: Gli Anni dell’Ossimoro; Le Stimmate del Tempo; Nemmeno una Rabbia; Il Cuore  allo Specchio ; Il Quesito del Dio ignoto ; La Ragazza dei Quartieri Spagnoli. Ha inoltre pubblicato una raccolta di racconti e due romanzi.
Ha al suo attivo più di seicento riconoscimenti in concorsi di poesia, dei quali più della metà sono stati primi premi (Rhegium Julii; Aeclanum; Penisola Sorrentina; Raffaele Viviani; Città di Formia; Città di Porto Recanati; La Gorgone d’oro; Città di Quarrata; Città di Sant’Anastasia; Anni d’argento di Guardiagrele; Memorial Melania Rea; Premio Amicizia Restivo; Il Giardino Incantato; Il Litorale di Massa; “Va pensiero” di Parma; Tra Secchia e Panaro di Modena; Scriptura, e tanti altri. Nell’ambito di questi concorsi  ha vinto diverse volte la Medaglia del Presidente della Repubblica. È inserito in diverse prestigiose antologie.


Valter Simonini

Valter (Ermanno Maria) Simonini è nato il 17 luglio 1951 a Massa (MS), città nella quale vive tuttora. Attualmente in pensione, ha lavorato per più di trent’anni nell’industria come responsabile di Laboratorio per il controllo Qualità. È stato iscritto alla Facoltà di Lettere Moderne all’Università di Pisa per il quinquennio 1971-1976 e pur non conseguendo il diploma di laurea gli è stata comunque utile la formazione letteraria acquisita.
Ha pubblicato: nel 2006 il romanzo dal titolo La leggenda dei cavalieri apuani per Serarcangeli Editore di Roma. Nel 2010 il romanzo dal titolo Dove vola il marabù per MJM Editore di Meda (MI). Nel 2014 il primo libro di poesie dal titolo Di fossi braghi e rane addormentate per il Centro Studi Tindari Patti - Nicola Calabria Editore. Nel 2018 il romanzo dal titolo Scuola calibro ‘68 per Montag Edizioni di Tolentino.
A seguito della partecipazione a numerosi concorsi letterari, ha raggiunto moltissimi riconoscimenti sia per la poesia sia per la narrativa, come anche le medaglie di rappresentanza del Capo dello Stato (2013) e della Camera dei deputati (2016).


Angelo Taioli

Angelo Taioli è nato a Mortara nel 1960. Vive a Voghera (Pv). Ha compiuto studi scientifici ed umanistici. Svolge la sua attività lavorativa presso una istituzione scolastica della sua città. Partecipa a concorsi poetici, soprattutto come occasione d’incontro e crescita umana e culturale. Numerosi e significativi i riconoscimenti ottenuti. Sue poesie sono presenti in antologie e riviste del settore.  

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26 Luglio 2020

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Presentazione in diretta video del 36° Volume

VOLUME XXXII - Vol. Spec. Nuove Voci del Ventunesimo, 2a parte

VOLUME SPECIALE "I SEE BELLAGIO FROM MY TERRACE"

VOLUME XXVI - PERCORSI DIALETTALI SICILIANI DI INIZIO MILLENNIO

Volume antologico J'Nan Argana nr. 2

Transiti Poetici incontra il GAP

Volume Speciale dedicato alla Primavera

Transiti Poetici incontra Voci dal Mondo

Il video della presentazione del Volume Transiti Poetici incontra Voci dal Mondo