Le Antologie Poetiche Virtuali sono curate da Giuseppe Vetromile. Ogni Volume comprende 10 Autori, liberamente selezionati ed invitati dal curatore. Sono previsti volumi dedicati a particolari ambiti poetici (poesia emergente, poesia dialettale, ecc.). Le copertine sono elaborate e realizzate da Ksenja Laginja.

sabato 12 febbraio 2022

VOLUME XXXIII

Introduzione

Cosa spinge l’uomo a ideare e creare forme artistiche, utilizzando la materia a sua disposizione? Può sembrare una domanda banale, retorica, persino senza senso, dacché l’uomo, essendo un “essere intelligente”, tende ad utilizzare questa sua “dote”, unita a una buona dose di intuito, progettualità e “segreta ispirazione”, formando e ri-formando le cose a sua disposizione: con i materiali, con le note musicali, con le parole, con i gesti. In fondo l’uomo è un “creativo” e gran parte della sua esistenza la trascorre a inventarsi e a realizzare elementi esterni al suo fabbisogno materiale, per dare spazio e alimentare la sua innata tendenza artistica, che trova nell’emotività e nel suo spirito la fonte principale delle sue astrazioni. E questo, ripeto, è ovvio e banale: credo che sia normale che l’uomo, al di là dei suoi impegni sociali e lavorativi, provi a esplicare in qualche modo, generalmente, anche le sue capacità artistiche e creative. Capacità che in molti casi diventano la sua vera e propria ragion d’essere, la sua attività e il suo impegno principale durante le fasi più significative della sua esistenza.

Ma è ancora verosimile tutto ciò, in questa particolare epoca che stiamo vivendo? In questa epoca così confusa, disordinata, precaria, oscura, frammentata, sfilacciata e per la quale forse non bastano tutti i termini negativi disponibili nel vocabolario per definirla?...

Nubi oscure si stanno delineando all’orizzonte, e sono nubi di incomprensioni tra popoli, di accaparramenti delle risorse del pianeta con conseguente sciupio di ogni bene e di avvelenamenti, di egoismi tendenti a salvaguardare i propri interessi, di prevaricazioni dei forti sui più deboli, di sfruttamenti e di ingiustizie, di situazioni paradossali e di imposizioni irrazionali e discriminatorie; e sono anche nubi di pressapochismo, di ignoranza, di superficialità, di ottusità; e sono anche nubi di mestizia, di dolore, di sofferenza, di disagio esistenziale e di abbattimento dello spirito, di opacità derivanti dalle negatività che stiamo attraversando, in tutti gli ambiti, familiari, sociali, lavorativi e creativi.

Perciò: cosa spinge l’uomo a esternare il suo talento artistico? Torno alla domanda iniziale. Ora ha un senso porsela, senza ricadere nella retorica?

Parliamo di poesia. La poesia è dunque veramente e definitivamente morta?

Naturalmente parlo per me, e queste sono soltanto mie modeste impressioni e riflessioni. Ma veramente temo che, davanti a siffatta confusione globale (non saprei in che altro modo definirla, in modo esaustivamente sintetico), lo spirito poetico che fin dall’antichità ha sempre “ispirato” l’uomo, oggi sia diventato un fievole e banale soffio di vento, appena capace di instillare nel cuore e nell’intelletto dell’uomo la capacità di esprimere un valore, un bene, una luce, un’emozione, un sentimento, una bellezza.

È pur vero, d’altra parte, che l’umanità, accanto a momenti ed episodi terrificanti come guerre, olocausti e altre sciagure, ha sempre vissuto anche di momenti di altissima genialità, di atti eroici e di sacrifici estremi, dove l’uomo finalmente ha la possibilità di redimersi e di riscattarsi: in ambito scientifico, con le scoperte essenziali a migliorare la vita, in ambito tecnologico e sociale, e in ambito artistico.

Per questo non bisogna demordere. Penso sia opportuno controbattere questo senso di apatia generale, questo senso di sconforto che potrebbe contribuire al nostro ulteriore perderci nel baratro delle inconsistenze e delle banalità, nel baratro della disumanizzazione!

Poesia dunque ancora e ancora, ancora adesso, specialmente adesso!

Ed è per questo che non finirò mai di ringraziare gli amici poeti che, ormai da due anni e più, accettano di lasciare un loro valido contributo in versi in questo mio lungo e interminabile viaggio antologico. La loro Voce, compresa quella dei dieci Autori presenti in questo volume, è sicuramente uno sprone, una testimonianza e una “rappresentanza” del mondo civile, di quella parte buona e sana dell’Umanità che cerca in tutti i modi di mantenere alta e integra la propria antica immagine di amore, pace, splendore, bellezza e tante altre qualità e valori positivi che vanno scemando!


Giuseppe Vetromile

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                                                  FILOMENA BARATTO

È consapevole della potenza rigeneratrice delle radici, metaforicamente descritte in versi molto dolci, la poetessa e scrittrice Filomena Baratto, una voce molto interessante da Castellammare di Stabia, città in cui vive ed è impegnata come docente. E non solo nei versi e negli scritti di narrativa la nostra brava professoressa fa convergere le sue doti artistiche, dedicandosi fin da piccola anche alla pittura e alla musica. Un’artista a tutto tondo, dunque, che però trova anche nell’espressione poetica una vitalità e una ricchezza di immagini straordinarie, attingendo ai ricordi, alle origini, ma anche al mondo classico, delineato con grande morbidezza lirica.

 

Il mio albero

 

Sono figlia di un albero

caduto, spezzato, adagiato al suolo

che rivolge al cielo ancora i rami.

Solo una piccola radice

affonda nel terreno:

gli dà sprazzi di vita.

Un tempo è stato rigoglioso

e io ne conosco la forza,

porto in me la bellezza e lo splendore,

la stessa che mi tiene

legata a questo luogo.

Ho preso la sua linfa preziosa

e son legata a quest’albero

di cui ho visto venti e tempeste

e ho combattuto per non esserne divelta.

Sono felice di fargli da sentinella,

mi ha trasmesso la vita

e tremo per quando dovrò

staccarmene per sempre.

 

***

 

Catullo

 

Sirmione, Lesbia o Clodia,

Catullo, poeta novo.

Dopo secoli di buio,

mi ritrovo con gli amici del tuo tempo:

Cornelio, Calvo,

Cinna e Cornificio,

tutti con te qualcosa in comune.

Mi sono immersa nella tua Roma

e apprendo i tuoi drammi.

Partecipo come un’intrusa,

una figura velata

a testimoniare la tua breve vita.

Cucio le ferite del tuo cuore

che Lesbia ti procura ancora.

Non merita il tuo profondo amore

lei, così altera,

che Cicerone reputa dissoluta,

lei sfida quel che provi.

Volgi il tuo sguardo altrove,

o Catullo!

Scaccia il dardo che Cupido ti ha teso,

dona i tuoi versi ad Arianna

che conosce la sofferenza.

Lei può curare le tue ferite

dopo la cattiveria di Teseo.

Lesbia è un fuoco che muore tristemente.

Eppur nel biasimo la invidio

per aver conosciuto il tuo cuore,

il poeta più sensibile e attento

alle pieghe dell’amore.

 

(dalla raccolta Ritorno nei prati di Avigliano, edita nel 2010)

 

***

 

Disastro ferroviario

 

I binari non s’incontrano mai...

Così era... e poi lo scontro frontale.

Lamiere accartocciate con vite spezzate.

A volte il sole tramonta di mattina

quando un bimbo resta solo tra i sedili,

quando il pianto si fa unico sollievo,

quando vivi con la morte intorno,

quando anche un uomo ha paura,

quando non servono domande

a risposte

che non colmano i vuoti.

Cercarsi tra i rottami

per un sibilo, un soffio, un lamento.

Era una bella giornata,

anche il sole di conferma

tra gli ulivi di Puglia

e il treno andava sicuro.

Viaggiatori fermati dal tempo

qualcuno ha deciso la meta,

per molti non in questa terra.


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                                                                MAURO BARBETTI


Sembra voglia giocare con le parole, Mauro Barbetti, fine e arguto poeta marchigiano, ed in effetti la pacata ironia che fluisce limpida e fresca come un ruscello di montagna tra le pietre dure della realtà, è l’evidenza di una padronanza della tecnica e dell’architettura poetica, nonché dei significati, da parte del nostro Autore, il quale conferma così la sua forte e più che meritevole militanza in questo ambito letterario, con all’attivo diverse pregevoli pubblicazioni, premi considerevoli e impegni in qualità di redattore di importanti riviste letterarie e anche di traduttore.


I

 

Nel buio

all’infrarosso

azzurra è la notte

e mite se dura.

L’allarme invece è rosso

è calura

colore che si muove

nel campo visivo

freddo sudore

 

 

III

 

Ci passano davanti

in lenta sequenza

da un punto A

a un punto B

dentro mattini mirini

miserie macerie

mine e minareti

Mondi transitori

Dati sensoriali

Effetti collaterali

 

 

V

 

È la visione periferica

che salva

il guardarsi

al fianco o all’indietro

il diffidare comunque

anche del fuoco

più vicino e amico

anche del calore

del colore dell’odore

del sesso

 

 

VI

 

La visuale

dovrà essere

ad ampio raggio

ogni distanza ha

il suo dosaggio

la sua regola d’ingaggio

come rito liturgico

a salvarci la sostanza

la pelle la res extensa.

 

 

 

X

 

L’arma a darci

uno status e un logos

uno stato in luogo

definendo l'altrui moto

come di genere umano ridotto

tradotto in numero e documento

Ma una bomba 

non si definirebbe

scoppierebbe e basta

salterebbe

Nomi e corpi

resterebbero fuori

accessori

parte dei rumori

 

(dalla raccolta inedita comparsa su Poetarum Silva nel 2018)

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                                                 ELIO CATERINA


Originario di Avellino, ma residente da tempo a Modena, Elio Caterina è valente poeta e scrittore, nonché pittore, dedito alla promozione culturale con grande impegno e competenza letteraria. La sua è una poesia tendenzialmente commemorativa, che attua mirabilmente con versi dall’andamento pacato, intrisi di amorevole nostalgia per delle figure e immagini di un tempo andato ma che ancora vibrano nel cuore, con discrezione ma perentorie e urgenti, attuali. Traspare così un luminoso senso dell’esistenza, confortato proprio da quelle trascorse visioni che alimentano ancora speranza e fede nel futuro.


Ha conservato le bambole

 

Oggi è abbandonata da tutti, anche dal mondo,

una debole signora che si nutre solo di ieri.

Ha innalzato intorno palizzate e scavato fossati

per tenere le parole oltre l’ingiuria del tempo.

 

Getta ancora un ultimo sguardo al vuoto letto

e al comodino con le ingannevoli medicine.

 

Ha conservato sul comò le bambole dell’infanzia

e ha oscurato le finestre con tende spesse e scure

non vuole che il sole le ricordi le passeggiate 

con le amiche, oggi perdute. Non sa per quanto

ancora riuscirà a esiliare il suo cuore che pure

continua a battere come fosse ancora estate.

 

È tempo del pianto adesso che prega senza voce,

ed entra nella nuova notte senza musica e luminarie,

dà un ultimo sguardo alle bambole e poi si addormenta

e piano piano si allontana come una bianca nube.

 

 

***

 

Ricordo quando salivi i gradini della scuola

sorridente, oggi ti rivedo un po’ eccentrica,

vestita di rosa, abbracciata alla luna in un viale

che non tramonta mai.

 

Hai sul viso un trucco leggero

come l’ultima la neve in primavera,

tra un sorriso e un elogio ti specchi

nelle vetrine dei tanti bar ciarlieri.

 

Lo sguardo è una buia via alberata

salire e scendere i tanti gradini

non pulisce il ricordo

la nebbia sì, quella che si dirada al sole

e cancella il sapore dell’ultimo uomo.

 

Sorridi ancora

allegria finta come bugiarde sono

le carezze sulla pelle e i baci di sconosciuti.

 

Hai voglia di volare come le tante streghe

che ti hanno preceduta. Sollevarti

       dalla polvere e dal fango verso il fiume

e poi il mare dove ci vuole coraggio

e amore per veleggiare il futuro.

 

 

***

 

Il tuo distacco mi lasciò ad interrogare

il giorno.

Nulla mi rispose,

anche il vento tra i carpini si zittì.

 

Dentro di me

incominciò a nascere

l’abbandono.

 

Il tuo cammino era finito

ogni compagnia lasciata,

compreso me,

che testardamente, da figlio,

non accettavo l’assenza.

 

Il tuo distacco

mi lasciò a sopravvivere,

testimone di troppo rumore,

di fiori,

lumini e morte stagioni.

 

***

 

Natale in solitudine

 

Ritorna

a casa con le borse piene di addobbi

e lievemente sorride.

 

Oggi è Natale e lei spera che arrivi il figlio

o almeno qualche parente bussi alla porta

prima che si spengano

le luminarie.

 

Ha preparato il dolce della tradizione e i regali

da mettere accanto all’abete non ancora appassito

e poi lo spumante gelosamente conservato.

 

Ritorna

con la veste più bella e il viso truccato

come una volta e…spera

che il bussare che ode 

non sia soltanto quello del gelido vento.

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                                               ALFONSINA CATERINO


Alfonsina Caterino, poetessa originaria del casertano molto apprezzata e impegnata, si distingue subito per il suo discorso poetico apparentemente frammentato, disunito, al limite di un intelligente e coraggioso sperimentalismo concettuale. Il suo intento, come in questi versi che qui propone, è lasciar cantare e decantare le parole, le frasi, lasciarle libere di acquisire altre significanze, attorcigliandosi sui lemmi ma sempre mostrando la vitalità e la luminosità di fondo: una poesia complessa, materiale, corposa, che è, in qualche modo, anche specchio della sua umanità profondamente sensibile.


Sovrastare ingressi

 

sulla scena apre i passi

vince sulla pelle

sbalordisce la storia

i cancelli, tutte le cose e niente

insorgono corpo senza peso e

non basta il silenzio

i segreti a sconfessare il disordine

ogni istante in mano

veglia le notti congiunte

che il pavimento cosparge attriti

tra la forza rifratta

il lago negli occhi

il fiato

il prato

le righe accumulate divampano

estendono schegge e

scorniciano quadro

l’aria esplosa

.

Nascono copioni

smarriscono nei passi

il tempo senza forma vedo oltrepassare

stamane è mare la soglia avanti

elude la sostanza vermiglia

ferve il pensiero

tra grida e cieli vedo aprire

canto fuori e svolgo

nuove scritture di sassi raccolgo

lingue articolano pianeti

persuadono la rivolta provvisoria

- Così scogli rovisto

ai pozzi affido assenze e

lancette persuado a sorvolare

gli inganni in conto alla rivolta

- Poi mescolo incendi e

scene sfumano istantanee lunari

nei riflessi capovolgono

le punte amare

reagendo particelle

raspano la luce dentro

.

Rotazioni mattutine

il sapore degli istanti

ferve porto di gabbiani e tramonti

- Tutto diviene pallore sillabico

entro figure inique

aspiro carezze trapassate

- Negli squarci azzurri

inciampo il vento; fuori il corpo

rotola risvegli

trascina la luna nelle reti piene

senza appagare la meta immaginata

fumosa che stringe i giorni estremi

al pianto scisso e dirompe

come tessera in partenza ricostruisce l’anima

ora stanza rannicchiata dipinge

ignoti ed esulta

strazia il sole e provoca

- L’acqua s’oppone, schietta

nel grande brivido dispiega cimento

un tempo di mandorli in fiore

d’ante schiuse indietro

sconosciute tuttora

sovrastano ingressi offerti in coppa

in rotazioni inedite

respirano un tono sotto

felice erbario riassume, esulta

e sorpassa

suona, piange

emoziona il sogno al centro…

.

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                                                               MARIA FELICETTI



Ecco una poesia sincera, autentica, che sgorga cristallina e fresca da quell’intimità profonda che è l’animo umano, intrisa di incertezze e di dubbi ma anche di fede e di coraggio nell’affrontare i mondo e la realtà delle cose. È la voce di Maria Felicetti, tarantina ma residente da tempo nel milanese. Ci propone dunque qui dei testi poetici che confermano l’essenzialità della sua ricerca introspettiva, giungendo ad declamare: “Ho errato a lungo in cerca del mio nome, / di una traccia che fosse il mio destino, / di un verbo radicato nel mattino”. Il suo è un canto pacato e melodico che fluisce verso orizzonti di speranza e di luce.


L'istante

 

Invano ho ricercato l'essenziale,

il mistero racchiuso nell'istante,

il principio dell'attimo fatale

che scorre silenzioso o altisonante 

                    

e passa e fugge come un soffio frale,

senza preannunci, né addii, incurante

della sorte, del vuoto viscerale,

del languore che resta. Mendicante

 

di parole, di un cielo che ho smarrito,

di un bacio che redima, tremo e vivo.

Nelle vene, l'urgenza della rosa

 

e il disincanto roco se ogni cosa

scivola e non perdura, il folle abbrivo       

ad accordare presente e infinito

 

 

***

 

 Imperfezione

 

Se potessi cadere come la neve

sulle intercapedini del cuore

non temerei il peso, il tonfo

marcio della colpa, la traccia

nera dell'imperfezione.

Scivolerei nell'istante

con lo stupore dell'esordio,

il pudore di un gioco,

il riso fresco di bambini

che cascano

e ricominciano la corsa.

Se sapessi cadere come una lacrima,

sentirei che il mio passo accordato

è la misura esatta del tempo,

e l'errore una stazione necessaria,

la frazione minima

di un motivo in progressione.

Saprei rotolarmi nella filosofia

di un ginocchio sbucciato,

cavarmi dall'impaccio

della lingua in fallo,

dal comodo stallo,

non cercherei

mani pretestuose,

né l'ombra che assolve.

Stimerei oro la crepa

sul vaso sbeccato,

quel neo sul viso,

perché oltre gli scarti,

sono io.

 


***

 

Ho errato

 

Ho errato a lungo in cerca del mio nome,

di una traccia che fosse il mio destino,

di un verbo radicato nel mattino. 

Ma tra fiumi di gente senza sbocchi,         

fra gli abbagli di un idolo servile,

dentro il pozzo incrinato del mio cuore

ho trovato acqua che non dissetava.

Solo per caso ho incontrato i tuoi occhi,

e quella sete che mi assomigliava,

una ferita e un abisso gentile

a dirmi nel silenzio l'infinito

imperfetto racchiuso in un sorriso.

 


***

 

Vagare

 

Sa di assenzio la parola           

incompiuta,

relegata senza meta.

Sillabe svilite,

orfane di vento

come cerchi nell'acqua

si spengono,

immemori della sete.

Si infradicia il tempo nel languore,

dove stenta ogni volo.

E il silenzio è un rifugio troppo fragile,

un veto senza appello,

un labirinto di cuori mai nati,

di rose sfiorite

che raccolgo,

mentre conto i passi cadenzati

dell'interminabile vagare.

 

(testi inediti)

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                                             JOHANNA FINOCCHIARO


Indubbiamente, come ogni “creativo” che si rispetti, anche la torinese Johanna Finocchiaro, soprattutto lei, esprime una modalità artistica, e nella fattispecie poetica, molto spigliata, immediata, autentica e attuale: un talento creativo, il suo, che oltre ad esplicarsi anche in altri ambiti artistici, si caratterizza appunto per la scioltezza del dettato poetico, fatto di immagini e stati d’animo momentanei, a volte conditi da un leggero velo d’ironia. Il verso procede a scatti di proposizioni, legate internamente da un filo logico vivido, fortemente emotivo ma controllato e gestito con garbo melodico.

 

Dolce dormire

 

Succede che non so svegliarmi.

Non ancora.

Così aspetto.

Il soffitto s’inclina

E guardo alla gente, all’energia

Che è tutto e niente e uno soltanto

M’interrogo, dunque: ne ho coscienza?

 

Io un progetto l’avevo. Tra le crepe.

Immune a me stessa

L’ho sognato di un amore feroce ma troppo a lungo

Sonnifero.

 

Una lista d’identità tuttora addosso

Una ad una, le indosso

Come sto?

Sospira lo specchio infedele, sospira

In silenzio, ricordo qualcosa

Io un progetto ce l’ho.

È mattino e sono nuda

 

***

 

Esplosione

 

C’è la miccia

C’è la bomba

C’è una mano pronta

Basterebbe respirare

A fondo respirare

 

Gialla la scintilla

Si dovrebbe respirare

Ancora respirare

Denso il caldo fumo

 

Ma è veloce per seguirlo

Come volo di rapace

Il petto che corre in affanno

Fino alla foce

Eccola,

l’Esplosione

 

Accoglila, è pulsione

Dirigila, è passione

Falle spazio adesso

Tu sei Lei.

 

 

***

 

Su questa barca

 

Tutti su questa barca, stiamo, a navigare.

Tutti un po’ mozzi.

Mozzi mozzati ad ambo le braccia.

 

Tutti su questa topaia, a contemplare;

la linea dell’orizzonte davanti.

 

Erezioni in fila indiana, sull’attenti.

E tante le remate, imprecise ma uguali:

pareri verticali.

 

Tutti un po’ capitani.

Tutti un po’ di tutto.

Tutti un po’ di niente.

 

Coordinati dalla fatica, stiamo, a criticare.

E se pure volgesse il tempo,

senza a noi darne,

faremo del mare un ennesimo nido: non serve nuotare se puoi galleggiare.

 

Sì, via dalla barca, in acqua, di testa tuffati, di testa soldati,

che tanto sarebbe affondata.

 

Con i resti che ci concederanno,

su quei detriti smembrati dal vento,

trovare sostegno, per qualche momento,

le braccia mozzate potranno.

 

Ed ancora, daccapo, se ne costruiranno.

Di nuovo, nuove le barche su cui affonderemo e sempre le stesse che ci salveranno.

Niente timone, nessuno al comando: su questo saremo d’accordo.

 

***

 

Dillo

 

Dillo come sai fare tu.

Senza dirlo.

 

(da Clic, L’Erudita Editore, 2020)

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                                                   SILVANA LEONARDI

Al di là della pura forma scritta ricorrono sovente molti artisti e poeti, per dare una “marcia in più”, una sostanziosa e illuminata modalità espressiva che abbraccia e integra altri ambiti performativi, come la visibilità, la sonorità, la declamazione. Meritevole di grande attenzione in questo senso è la poesia di Silvana Leonardi, artista performer e poetessa romana. La sua poetica, come negli esempi che qui appresso propone, è fortemente caratterizzata da una forma visiva di particolare simmetria, che accompagna, integrandolo, il discorso contenutistico di fondo, fatto di riflessioni emotive espresse sovente con un intelligente e armonioso gioco di parole.

 Dissonanza

 

 

curiosa

e prensile

dilettante di genio

mai scontata spericolata

praticante di eros sin vergüenza

nestydatý di stupore vestita poeta dotata

di cesoie di non catartica oscenità per scardinare

le ragionevoli gabbie del buon senso

nascere a Praga par hasard

e divenire per noia

e laico crisma

artefice

dissacrante

di epocali rivolte

contro prevedibile eros

e imperscrutabili ozi letterari

in infinita reiterata ricerca della madre

dentro e fuori di te ferita primigenia

e fatale immeritata assenza

lo stigma della dissonanza

per destino scontando

l’essere differente

e sottraendoti

alla banalità

del rito

d’obbedienza

e al quotidiano cedere

al conforme e a conseguente noia

primordiale guerriera

armata di follia

e di poesia

impavida

sei stata

fino

alla fine

 

 

per Jana ern

maggio 2021

 

***

 

Inquieta L’una

 

ora

stanca

sospesa

alla tua ombra

sulla soglia del buio

nell'oscurità pensando

al cielo al sole al mare ai campi

al soffio incolore e vuoto del vento

che passa talvolta come un’ombra

spandendo sui boschi grigi

il distillato aroma

della terra

guardi

inquieta L’una

unico sogno disponibile

riflesso nelle riflettenti acque

parola oscura di un oscuro mondo

doppio del mondo e della tua ragione

di/sperata speranza e rotolante

accolta dalla sua luce come

in una trama argentata

come in un grembo

una serrata rosa

una campana

di cristallo

accoglie

oblio

 

per Nadia Campana

 

marzo 2021

 

 

***

 

 

Lasciare

 

 

sulla sabbia lasciare un'impronta leggera

come di chi solo un attimo appoggia

e solamente per dar slancio al volo

lasciando il peso dei ricordi a riva

in attesa dell'onda che accolga

nel suo percorso inverso

nel fluire del tempo

nella

flagranza

del simultaneo istante

anche il pensiero sommesso

nell’onda sovrapposta in passaggio

tra l’uno e l’altro dei mondi dal passato

al presente assurdo e incoerente e tuttavia

non privo di luminosi bagliori di dorato tramonto

 

 

settembre 2020

 

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                                                  BEATRICE MEZZONE


Possiamo individuare due linee essenziali nel discorso poetico di Beatrice Mezzone, interessante Voce poetica di origini napoletane, con all’attivo diverse pregevoli pubblicazioni, anche nel campo della didattica della lingua. La prima caratteristica è senza dubbio la sua attenta e profonda capacità di osservazione della realtà circostante, in grado di fornirle spunti poetici anche minimi (“E fa parte anche lui di me / dei miei occhi bassi, delle mie scarpe / del mio biglietto sgualcito”…). L’altra peculiarità è il riconoscersi nell’intimità e nelle immagini della sua quotidianità, in uno slancio emotivo che le riporta impressioni e ricordi familiari. Con una scrittura fluida e sobria, a volte epigrammatica.

 

 Mio

 

Questa volta sì

sei rinato in me

ho partorito con fatica le tue ossa mature

quegli occhi così fondi il naso maschio

le mani cui manca solo la parola

ti ho forgiato con l’attrito

mentre eri malleabile nel dolore

così ti ho reso simile a me

stavolta

più vicino, mio non come può esserlo un figlio

mio semplicemente, per me stessa.

 

 

*

 

edera

 

Come posso lasciare quest’edera?

Siamo pietre

Giacciono insieme i nostri cuscini.

 

(da Profilo, Tindari Ed., 2009)

 

 

***

 

 

A sweet

 

Continua a chiedere una caramella

in un treno metropolitano

in un mondo che ha fatto del superfluo

la sua bandiera.

 

Lo rivedo anche oggi,

dopo mesi che sembrano essere volati

senza peso.

 

E faccio parte anch’io di lui

della sua mano tesa, dei suoi rasta

dei suoi perché

 

E fa parte anche lui di me

dei miei occhi bassi, delle mie scarpe

del mio biglietto sgualcito.

 

(da Dagli spazi siderali, Progetto Cultura Ed., 2018)

 

 

***

 

Ho saputo di coltri amorevoli

stese sulla nuda terra per proteggerla

dai ghiacci

e di raccolti come figli

da far crescere al riparo

dagli artigli di un gelo straniero

 

Ed io

che mi faccio tana

per la tua caccia

ho ancora molto da imparare

dall’amore

 

 

*

 

luna tigre

 

luna tigre,

selvaggia nella notte

luna dente, candore feroce

luna

alleata ai transiti di Venere

ti affacci da un balcone d’aria

nera

e sorridente mi mostri

quello stupore da bambino

che ha sul viso

ogni volta che è mio

 

(da Avrei voluto darvi anche le lucciole, Progetto Cultura Ed., 2019)

 

 

***

 

 

La disciplina dell’apnea

 

I minerali persi nella corsa sono

linee di perla naufragate

sulla scia di un ritmo

 

Batte, la strada, ha margini di grazia

non smette di mostrarsi nuda

a chi non coglie i meccanismi seriali

 

Nasco per la disciplina dell’apnea:

sono antica cosmonauta in little black dress

capace di preservare riserve d’aria

dell’annata migliore.

 

 

*

 

Il cielo adamantino dell’aquila

 

La terra va smossa

con disperata, biblica certezza

logorando radici di filigrana

correndo l’alea tra le sponde

di antichi rovelli

che oggi disvelano a noi

protetti da un amuleto sciamano

il cielo adamantino dell’aquila.

 

(da e - gotica, Eretica Ed., 2020)

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                                                      FLORIANA PORTA


C’è un forte desiderio di estraneazione, anzi di astrazione, nei versi che Floriana Porta, poetessa e pittrice torinese molto apprezzata in ambito nazionale e con diverse pregevoli pubblicazioni all’attivo. La sua linea poetica, come facilmente si evince negli esempi che qui di seguito propone, si fonda infatti su una ricerca armoniosa dell’etereo, di una parola che possa riassumere davvero l’essenza del tutto, anche se nascosta tra le righe della quotidianità. Il concetto è esposto con una sintesi poetica davvero eccezionale, quasi in modo epigrammatico, fino alla perfetta concentrazione dei suoi bellissimi haiku

 

Nella trama della carta

 

infilare tra le righe

la parola aria

sulla punta della matita

sul foglio ruvido

di cui è intrisa

 

nella trama della carta

l’anima delle mie parole

troverà la luce

là dove anche le ombre

sono versi lievi

 

 

***

 

La ferita che portiamo

 

abito ogni carne,

ogni fiato

e ogni piaga

che tace

 

abito ogni poesia

nel suo farsi

 

ciò che ci rende umani

è la ferita che portiamo

 

 

***

 

L’anima è nuda

 

l’anima è nuda

ruota in un’orbita

di plasma e cartilagini

 

ad ogni sorso d’acqua

a me sembra più viva

 

(da La mia non è poesia, Aljon Editrice)

 


***

 

e poi fuggire –

l’azzurro infinito

è colmo di te

 

*

 

acque stagnanti –

la geisha la ninfea

sole nel buio

 

*

 

stelle caduche –

bianchi come la luna

i miei fantasmi

 

(haiku tratti da Il Giappone in controluce, AG Book Publishing Editore)

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                                                       ENZA SILVESTRINI


Da Napoli la Voce possente e armoniosa di Enza Silvestrini, poetessa e scrittrice di grande valore, organizzatrice di eventi, rassegne e convegni letterari importanti, anche legati ad altri eventi e ambientazioni, come ad esempio il Museo e la Biblioteca Nazionale di Napoli. È l’eco della civiltà classica che riemerge in lei con drammatizzazioni poetiche di grande pregio e impatto emotivo, ma anche la riproposta di temi molto legati al sociale, come negli esempi poetici qui proposti, dove il canto per una umanità derelitta e dolorante si fa alto e penetrante, a testimoniare gli orrori che ancora la affliggono, e tra questi soprattutto la condizione delle donne, le migrazioni e i naufragi.

 

 quando le madri ci vestivano di rosso

per affidarci alle onde senza riva

si confondevano gli indumenti col tramonto

nelle acque che arrossavano con noi

marmi dal candore violato

dal sangue dei capri

per il sacrificio d’Isacco

 

noi qui soli in teneri dondolii

come i bambini imperatori

costruiamo la tomba del futuro

 

***

 

ti depongo in una bara d’acqua

dove tutto è smemorato

senza nomi

solo una frana melodiosa di onde

 

affondare e riemergere

in un abbraccio d’alghe

venute per proteggerti

da pesci curiosi e lingue taglienti

 

ora prendi un’altra direzione

per guardare il mondo dal fondo

sotto metri di mare e sale

procedi a spire e colpi di coda

 

sei già confuso tra gli strami

naufraghi di rive lontane

 

immagino vengano dalla nostra terra

ma non so più se la mia è anche tua

e ho perso il ricordo di chi eri

se sia giusto piangere per te

 

pallido il pensiero vuole durare

nuota nella necessità del mattino

 

***

 

per il viaggio ognuno porta ciò che può

tutti i nomi di famiglia

dagli avi ai non ancora nati

ciocche capelli peli

stoffa fili sorrisi

chicchi di terra profumi

pezzi di aria nascosti negli occhi

 

nell’onda qualcuno getta sassolini

bianchi per ritrovare il ritorno

 

(da L’assedio, Ensemble 2021)

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Di certo non rimarrò

 

Tu mi dici dell’assodato Dio e non resta ora che attendere

 

Ma non rimarrò qui mia cara

inchiodate le ossa ai margini del sentiero

né avranno termine i miei passi alla dogana della morte

chiedendomi gli angeli dalle barriere

se abbia ancora sulle spalle qualche rimorso

o intenzione di rimuovere ombre a più non posso

una volta entrato nel regno di Plutone

 

Se l’ardire di un ago attratto dal nord è sancito

da regole universali

anch’io ho da precipitarmi come bussola impazzita

verso quel luogo che non si vede

ma che sta dentro il nostro occhio

sotto le palpebre

scritto da milioni di tempi andati

nel calco dei nostri destini pre-programmati

 

E dunque non mi fermerò alla garitta dell’altolà

né alla barriera delle nuvole vaghe

che indicano sempre una probabilità incerta

sopra la terrena superficie del mondo

 

(dalla sezione “Transito interrotto per Tule” in Percorsi alternativi, Marcus Edizioni, 2013)

 Giuseppe Vetromile

 

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NOTE SUGLI AUTORI

 

Filomena Baratto

Filomena Baratto, laureata in Lettere Moderne all’Università Federico II di Napoli, è docente di Scuola Primaria e vive a Castellammare di Stabia. Sin da piccola ha manifestato una spiccata propensione per l’arte, dedicandosi alla pittura e poi alla musica con lo studio del pianoforte. A queste si è aggiunta la scrittura. Nel 2010 pubblica una raccolta di liriche Ritorno nei prati di Avigliano, che la riportano al luogo natio e al rapporto col padre. Sullo stesso tema delle liriche, ma ampliando la scena e coinvolgendo altri personaggi, nel 2012 pubblica il romanzo Rosella. In seguito presenta una raccolta di racconti dal titolo Sotto le stelle d’agosto, dove si alternano storie vere ad altre di fantasia. Due anni dopo è la volta di un altro romanzo dal titolo Just Job, la storia di uomo che perde il lavoro alla soglia dei cinquant’anni e di conseguenza anche tutte le sue certezze. Nello stesso periodo esce una nuova versione del romanzo Rosella dal titolo L’albero di noce e poi, nel 2018, Nel mezzo del tempo, storia di tre donne di una stessa famiglia: tre vite a confronto. Recentemente è uscito il suo nuovo romanzo Il ragazzo venuto dal mare, storia di migranti e di accoglienza.

Cura un Blog: Il mio sole, a indirizzo letterario e su temi di attualità. Scrive per un blog  e una testata giornalistica online.

 

Mauro Barbetti

Mauro Barbetti è nato tra le colline marchigiane nel pieno del boom economico, in ritardo per vivere il ’68, ma non per subirne fascinazioni, schegge impazzite e postumi.

Alcuni suoi testi compaiono su Poetarum Silva, la Recherche.it, Poesia ultracontemporanea, Argonline e Versante Ripido.

Ha all’attivo le raccolte in versi Primizie ed altro (La scuola di Pitagora ed. 2011); Inventorio per liberandi sensi (Limina Mentis ed. 2013); Versi laici (Arcipelago Itaca ed. 2017) e Retro Schermo (Tempra ed. 2020).

Ha realizzato traduzioni di poeti di lingua inglese quali John Berryman e Keith Douglas.

Recentemente ha vinto il Premio Pagliarani con Frammenti da zone soggette a videosorveglianza.

Scrive sul magazine letterario di Arcipelago Itaca, di cui è redattore.

 

Elio Caterina

Elio Caterina è poeta, scrittore e pittore.

Lo scopo della sua ricerca è la realizzazione di opere che diano nuove emozioni a chi legge un suo libro o guarda un suo dipinto.  

Ha cominciato a scrivere e dipingere in età adolescenziale. Successivamente da sottufficiale dell’aereonautica militare, affina il suo studio scrivendo versi esistenziali.

Negli anni della maturità, tramite il lavoro da impiegato tecnico e la funzione di sindacalista, scopre un mondo nuovo di personaggi ed impressioni.

Ha partecipato a premi letterari e artistici risultando molte volte vincitore. Ha pubblicato dieci libri di poesia e sette tra romanzi e racconti.

Artisticamente le sue opere sono in collezioni pubbliche e private. Ha esposto le sue opere in mostre personali e collettive.

È socio del circolo “La Fonte di Ippocrene”. Membro di giuria in vari premi letterari e pittorici.

 

Alfonsina Caterino

Alfonsina Caterino è nata a San Cipriano d’Aversa, in provincia di Caserta, nel 1957. Ha seguito studi umanistici e linguistici ed è specializzata nell’insegnamento ai soggetti portatori del disturbo dello spettro autistico. Nel 2009 è stata tra i membri ideatori del Laboratorio Culturale-Poetico “Dante Alighieri di Napoli”. Ha pubblicato le sillogi poetiche: Come una farfalla (Ed. Il Filo Roma, 2007); Nel tempo della guardia (Ed. Società Dante Alighieri Napoli, 2011, presentato presso l’Istituto Italiano degli Studi Filosofici di Napoli); Il tempo non disperde (Ed. Frequenze Poetiche, Napoli). E i racconti: La casa di zucchero (Rivista Narrazioni, 2009); La luce sovversiva (segnalato dalla giuria della Casa Editrice Puntoacapo, ed. 2014); Ad un passo dalle lucciole (Ed. divinafollia, 2018); Il serto di viole mammole (pubblicato sulla Rivista d’Arte e Scienza “Nova”, per la monografia “Altri modi, altri mondi”, 2022). Ha pubblicato inoltre testi poetici, critici e in prosa in alcune riviste ed antologie italiane.

 

Maria Felicetti

Nata a Taranto nel 1981, vive a Buccinasco (Mi). Ha praticato tirocinio redazionale per il Corriere del Giorno, scrivendo articoli di cronaca locale. Ha frequentato il master biennale di alta formazione “Il Piacere della Scrittura” organizzato dall'Università Cattolica di Milano e il laboratorio di poesia guidato dal poeta Pietro Federico. Attualmente autrice di  racconti, fiabe, filastrocche e poesie edite su riviste ed antologie, ha partecipato a vari concorsi letterari ottenendo premi e riconoscimenti.

 

Johanna Finocchiaro

Johanna Finocchiaro è nata a Torino nel settembre 1990. Dottoressa in lingue, adora viaggiare sopra ogni cosa, con la mente ancor prima che col corpo. Spirito solare, si dedica alla creatività con entusiasmo e grinta: scrittura, musica e fotografia. Impegnata nella diffusione della Poesia, gestisce uno spazio radiofonico su ABC Radio e una rubrica settimanale sul periodico Torino Oggi. Nel 2020 ha pubblicato la sua prima silloge, Clic (L’Erudita Editore). Fa parte del gruppo lirico dei Poeti Emozionali (www.poetiemozionali.it), del Circolo delle Poetesse, oltre ad essere membro delle Associazioni Culturali Vivere d’Arte e Poesie Metropolitane.

 

Silvana Leonardi

Artista performer e poeta, Silvana Leonardi nasce a Roma, dove si laurea in Storia dell’Arte e in Filosofia.

Dopo aver trascorso alcuni anni a Monaco di Baviera e poi a Piacenza, torna a Roma dove, presso il suo studio a Trastevere, promuove manifestazioni di poesia sonora, incontri e letture e mostre di libri d’artista. Interessata da sempre all’arte e alla poesia delle donne e al rapporto tra immagine e testo nelle sue opere si sofferma sulla soglia tra visione e ombra, sull’apparire e scomparire della forma nella trama, nell’intreccio, nel ritmo. Ha partecipato a numerosi reading e la sua attività di pittrice, scultrice e performer e i suoi libri d’artista sono documentati in pubblicazioni edite da istituzioni e da privati (Anni Quaranta della Storia dell’Arte Italiana del ‘900, ed. Bora; Annuari Roma Contemporanea 1996-1998; Enciclopedia di Roma, Newton Compton Editori, Roma, 2005) ed è presente in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero e in musei e fondazioni, tra cui: Biblioteca Alessandrina dell’Università La Sapienza, Roma; Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II, Roma; Cathedral Museum of Mdina, Malta; Internationale Stiftung Mozarteum, Salzburg; Biblioteca del Sacro Convento, Assisi; Lyrik Kabinett, München; Museo MAGI, Pieve di Cento (Bologna); Archivio Libri d'Artista di Fernanda Fedi e Gino Gini, Milano; Archivio Fondazione Berardelli, Archivio di libri d’artista IBRIDIFOGLI di Antonio Baglivo; Collezione d’Arte Contemporanea ARTE&CARTE, Napoli.

 

Beatrice Mezzone

Nata a Napoli nel 1964, Beatrice Mezzone è docente a tempo indeterminato.

Insieme a due colleghe ha esordito nel mondo editoriale pubblicando un libro sulla didattica della lingua, Esplorare l’italiano, per Carocci editore (2005).

Profilo, Tindari Edizioni (2009), rieditata in versione e-book presso Amazon, è la sua prima raccolta di poesie; nello stesso periodo Maurizio Cucchi recensiva alcuni suoi testi ancora inediti per Tuttolibri de La Stampa.

Con tre sue produzioni originali è presente nel V volume dell’Enciclopedia di Poesia Contemporanea del Premio Mario Luzi (2014).   

La seconda raccolta Dagli spazi siderali è stata edita nel 2018 da Edizioni Progetto Cultura; lo stesso editore ha poi curato nel 2019 la stampa della silloge Avrei voluto darvi anche le lucciole, corredata dalle pitture dell’amica e collega S. Meloni. Con Eretica Edizioni ha dato alle stampe nel 2020 la sua ultima raccolta, e-gotica.

Ha partecipato a numerosi reading di sperimentazione poetico-artistica.

Un inedito dell’autrice è stato selezionato, commentato e pubblicato su Repubblica Roma del 05/10/19 nella rubrica La bottega della poesia curata da Gilda Policastro.   

 

Floriana Porta

Floriana Porta è nata a Torino, vive a Vinovo. Fin da piccola ha avuto la necessità di scrivere, comporre e disegnare. Si presenta con forme espressive di rara intensità e la sua opera poetica e figurativa si dispiega fra la natura e la bellezza, l’introspezione e il sogno, elementi imprescindibili della sua riflessione esistenziale. Uno stile, il suo, caratterizzato da raffinatezza, contemplazione e armonia.

Ha pubblicato libri ed ebook di poesia, haiku e dipinti. Allieva di Fernando Bibollet, Antonio Carena e Nino Aimone, ha esposto nel Torinese e nell’Astigiano le sue opere ad acquerello. Altre tecniche utilizzate dall’artista: collage e fotocomposizioni digitali.

Titoli delle sue principali pubblicazioni: Verso altri cieli (Edizioni REI, 2013), Quando sorride il mare (AG Book Publishing Editore, 2014), Dove si posa il bianco (Sillabe di Sale Editore, 2014), L’acqua non parla (Libreria Editrice Urso, 2015), Fin dentro il mattino (Fondazione Mario Luzi Editore, 2014), La mia non è poesia (Aljon Editrice, 2017), I nomi delle cose (Edizioni L’Arca Felice, 2017), In un batter d’ali (AG Book Publishing Editore, 2018), Offro respiro ai versi (La Ruota Edizioni, 2018), Il Giappone in controluce (AG Book Publishing Editore, 2020), L’infinito è in me (AG Book Publishing Editore, 2021) e Oltre gli orizzonti (Blurb, 2022).

Blog: florianaportablog.wordpress.com/

 

Enza Silvestrini

Enza Silvestrini ha pubblicato le raccolte di poesia L’assedio (Ensemble 2021); Controtempo (Oèdipus 2018) e Partenze (prefazione di Marina Giaveri, Manni 2009, premio San Vito al Tagliamento, opera prima); Qui non arriva il tuo canto (Il Laboratorio/le edizioni, 2018); i racconti nei libri d’artista Cavallo Mazzocchi (con tavole serigrafiche di Mimmo Paladino, ilfilodipartenope 2021) e Lido Mappatella (con disegni di Enrico Pulsoni, ilfilodipartenope 2012); la favola in versi Diversi amori (illustrazioni di Barbara Balbi, Iuppiter 2013); il romanzo Sulla soglia di piccole porte (postfazione di Aldo Masullo, Iuppiter 2012, sec. ed.).

Alcuni suoi testi poetici sono stati pubblicati in riviste, tra cui Nuovi Argomenti online, Trame, Colophon, Gustave (in italiano e traduzione francese).

Ha collaborato all’organizzazione di mostre di libri antichi (tra le più recenti Carte, la rappresentazione del mondo da Omero a Mercatore, Museo Archeologico Nazionale di Napoli), incontri di letteratura, letture di poesia. Ha partecipato a convegni universitari, seminari di ricerca internazionali, festival letterari (tra i quali Napoli Teatro Festival, Sezione Letteratura; Bologna in Lettere). Ha collaborato con “Poesia” e altre riviste letterarie. 

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11 febbraio 2022

Presentazione in diretta video del 36° Volume

VOLUME XXXII - Vol. Spec. Nuove Voci del Ventunesimo, 2a parte

VOLUME SPECIALE "I SEE BELLAGIO FROM MY TERRACE"

VOLUME XXVI - PERCORSI DIALETTALI SICILIANI DI INIZIO MILLENNIO

Volume antologico J'Nan Argana nr. 2

Transiti Poetici incontra il GAP

Volume Speciale dedicato alla Primavera

Transiti Poetici incontra Voci dal Mondo

Il video della presentazione del Volume Transiti Poetici incontra Voci dal Mondo