Introduzione
Cosa
spinge l’uomo a ideare e creare forme artistiche, utilizzando la materia a sua
disposizione? Può sembrare una domanda banale, retorica, persino senza senso,
dacché l’uomo, essendo un “essere intelligente”, tende ad utilizzare questa sua
“dote”, unita a una buona dose di intuito, progettualità e “segreta
ispirazione”, formando e ri-formando le cose a sua disposizione: con i
materiali, con le note musicali, con le parole, con i gesti. In fondo l’uomo è
un “creativo” e gran parte della sua esistenza la trascorre a inventarsi e a
realizzare elementi esterni al suo fabbisogno materiale, per dare spazio e
alimentare la sua innata tendenza artistica, che trova nell’emotività e nel suo
spirito la fonte principale delle sue astrazioni. E questo, ripeto, è ovvio e
banale: credo che sia normale che l’uomo, al di là dei suoi impegni sociali e
lavorativi, provi a esplicare in qualche modo, generalmente, anche le sue
capacità artistiche e creative. Capacità che in molti casi diventano la sua
vera e propria ragion d’essere, la sua attività e il suo impegno principale
durante le fasi più significative della sua esistenza.
Ma è
ancora verosimile tutto ciò, in questa particolare epoca che stiamo vivendo? In
questa epoca così confusa, disordinata, precaria, oscura, frammentata,
sfilacciata e per la quale forse non bastano tutti i termini negativi
disponibili nel vocabolario per definirla?...
Nubi
oscure si stanno delineando all’orizzonte, e sono nubi di incomprensioni tra
popoli, di accaparramenti delle risorse del pianeta con conseguente sciupio di
ogni bene e di avvelenamenti, di egoismi tendenti a salvaguardare i propri
interessi, di prevaricazioni dei forti sui più deboli, di sfruttamenti e di
ingiustizie, di situazioni paradossali e di imposizioni irrazionali e discriminatorie;
e sono anche nubi di pressapochismo, di ignoranza, di superficialità, di
ottusità; e sono anche nubi di mestizia, di dolore, di sofferenza, di disagio
esistenziale e di abbattimento dello spirito, di opacità derivanti dalle
negatività che stiamo attraversando, in tutti gli ambiti, familiari, sociali,
lavorativi e creativi.
Perciò:
cosa spinge l’uomo a esternare il suo talento artistico? Torno alla domanda
iniziale. Ora ha un senso porsela, senza ricadere nella retorica?
Parliamo
di poesia. La poesia è dunque veramente e definitivamente morta?
Naturalmente
parlo per me, e queste sono soltanto mie modeste impressioni e riflessioni. Ma
veramente temo che, davanti a siffatta confusione
globale (non saprei in che altro modo definirla, in modo esaustivamente
sintetico), lo spirito poetico che fin dall’antichità ha sempre “ispirato”
l’uomo, oggi sia diventato un fievole e banale soffio di vento, appena capace
di instillare nel cuore e nell’intelletto dell’uomo la capacità di esprimere un
valore, un bene, una luce, un’emozione, un sentimento, una bellezza.
È pur
vero, d’altra parte, che l’umanità, accanto a momenti ed episodi terrificanti
come guerre, olocausti e altre sciagure, ha sempre vissuto anche di momenti di
altissima genialità, di atti eroici e di sacrifici estremi, dove l’uomo
finalmente ha la possibilità di redimersi e di riscattarsi: in ambito
scientifico, con le scoperte essenziali a migliorare la vita, in ambito
tecnologico e sociale, e in ambito artistico.
Per questo
non bisogna demordere. Penso sia opportuno controbattere questo senso di apatia
generale, questo senso di sconforto che potrebbe contribuire al nostro
ulteriore perderci nel baratro delle inconsistenze e delle banalità, nel
baratro della disumanizzazione!
Poesia
dunque ancora e ancora, ancora adesso, specialmente adesso!
Ed è per
questo che non finirò mai di ringraziare gli amici poeti che, ormai da due anni
e più, accettano di lasciare un loro valido contributo in versi in questo mio
lungo e interminabile viaggio antologico. La loro Voce, compresa quella dei
dieci Autori presenti in questo volume, è sicuramente uno sprone, una
testimonianza e una “rappresentanza” del mondo civile, di quella parte buona e
sana dell’Umanità che cerca in tutti i modi di mantenere alta e integra la
propria antica immagine di amore, pace, splendore, bellezza e tante altre
qualità e valori positivi che vanno scemando!
Giuseppe
Vetromile
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FILOMENA BARATTO
È consapevole della potenza rigeneratrice delle radici, metaforicamente descritte in versi molto dolci, la poetessa e scrittrice Filomena Baratto, una voce molto interessante da Castellammare di Stabia, città in cui vive ed è impegnata come docente. E non solo nei versi e negli scritti di narrativa la nostra brava professoressa fa convergere le sue doti artistiche, dedicandosi fin da piccola anche alla pittura e alla musica. Un’artista a tutto tondo, dunque, che però trova anche nell’espressione poetica una vitalità e una ricchezza di immagini straordinarie, attingendo ai ricordi, alle origini, ma anche al mondo classico, delineato con grande morbidezza lirica.
Il mio albero
Sono figlia di un albero
caduto,
spezzato, adagiato al suolo
che rivolge al cielo ancora i rami.
Solo una piccola radice
affonda nel terreno:
gli dà sprazzi di vita.
Un tempo è stato rigoglioso
e io ne conosco la forza,
porto in me la bellezza e lo splendore,
la stessa che mi tiene
legata a questo luogo.
Ho preso la sua linfa preziosa
e son legata a quest’albero
di cui ho visto venti e tempeste
e ho combattuto per non esserne
divelta.
Sono felice di fargli da sentinella,
mi ha trasmesso la vita
e tremo per quando dovrò
staccarmene per sempre.
***
Catullo
Sirmione, Lesbia o Clodia,
Catullo, poeta novo.
Dopo secoli di buio,
mi ritrovo con gli amici del tuo tempo:
Cornelio, Calvo,
Cinna e Cornificio,
tutti con te qualcosa in comune.
Mi sono immersa nella tua Roma
e apprendo i tuoi drammi.
Partecipo come un’intrusa,
una figura velata
a testimoniare la tua breve vita.
Cucio le ferite del tuo cuore
che Lesbia ti procura ancora.
Non merita il tuo profondo amore
lei, così altera,
che Cicerone reputa dissoluta,
lei sfida quel che provi.
Volgi il tuo sguardo altrove,
o Catullo!
Scaccia il dardo che Cupido ti ha teso,
dona i tuoi versi ad Arianna
che conosce la sofferenza.
Lei può curare le tue ferite
dopo la cattiveria di Teseo.
Lesbia è un fuoco che muore
tristemente.
Eppur nel biasimo la invidio
per aver conosciuto il tuo cuore,
il poeta più sensibile e attento
alle pieghe dell’amore.
(dalla raccolta Ritorno nei prati di Avigliano, edita nel 2010)
***
Disastro ferroviario
I binari non s’incontrano mai...
Così era... e poi lo scontro
frontale.
Lamiere accartocciate con vite spezzate.
A volte il sole tramonta di mattina
quando un bimbo resta solo tra i
sedili,
quando il pianto si fa unico
sollievo,
quando vivi con la morte intorno,
quando anche un uomo ha paura,
quando non servono domande
a risposte
che non colmano i vuoti.
Cercarsi tra i rottami
per un sibilo, un soffio, un lamento.
Era una bella giornata,
anche il sole di conferma
tra gli ulivi di Puglia
e il treno andava sicuro.
Viaggiatori fermati dal tempo
qualcuno ha deciso la meta,
per molti non in questa terra.
I
Nel buio
all’infrarosso
azzurra è la notte
e mite se dura.
L’allarme invece è rosso
è calura
colore che si muove
nel campo visivo
freddo sudore
III
Ci passano davanti
in lenta sequenza
da un punto A
a un punto B
dentro mattini mirini
miserie macerie
mine e minareti
Mondi transitori
Dati sensoriali
Effetti collaterali
V
È la visione periferica
che salva
il guardarsi
al fianco o all’indietro
il diffidare comunque
anche del fuoco
più vicino e amico
anche del calore
del colore dell’odore
del sesso
VI
La visuale
dovrà essere
ad ampio raggio
ogni distanza ha
il suo dosaggio
la sua regola d’ingaggio
come rito liturgico
a salvarci la sostanza
la pelle la res extensa.
X
L’arma a darci
uno status e un logos
uno stato in luogo
definendo l'altrui moto
come di genere umano ridotto
tradotto in numero e documento
Ma una bomba
non si definirebbe
scoppierebbe e basta
salterebbe
Nomi e corpi
resterebbero fuori
accessori
parte dei rumori
(dalla
raccolta inedita comparsa su Poetarum Silva nel 2018)
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ELIO CATERINA
Originario di Avellino, ma residente da tempo a Modena, Elio Caterina è valente poeta e scrittore, nonché pittore, dedito alla promozione culturale con grande impegno e competenza letteraria. La sua è una poesia tendenzialmente commemorativa, che attua mirabilmente con versi dall’andamento pacato, intrisi di amorevole nostalgia per delle figure e immagini di un tempo andato ma che ancora vibrano nel cuore, con discrezione ma perentorie e urgenti, attuali. Traspare così un luminoso senso dell’esistenza, confortato proprio da quelle trascorse visioni che alimentano ancora speranza e fede nel futuro.
Ha conservato le bambole
Oggi
è abbandonata da tutti, anche dal mondo,
una
debole signora che si nutre solo di ieri.
Ha
innalzato intorno palizzate e scavato fossati
per
tenere le parole oltre l’ingiuria del tempo.
Getta
ancora un ultimo sguardo al vuoto letto
e
al comodino con le ingannevoli medicine.
Ha
conservato sul comò le bambole dell’infanzia
e
ha oscurato le finestre con tende spesse e scure
non
vuole che il sole le ricordi le passeggiate
con
le amiche, oggi perdute. Non sa per quanto
ancora
riuscirà a esiliare il suo cuore che pure
continua
a battere come fosse ancora estate.
È
tempo del pianto adesso che prega senza voce,
ed
entra nella nuova notte senza musica e luminarie,
dà
un ultimo sguardo alle bambole e poi si addormenta
e
piano piano si allontana come una bianca nube.
***
Ricordo
quando salivi i gradini della scuola
sorridente,
oggi ti rivedo un po’ eccentrica,
vestita
di rosa, abbracciata alla luna in un viale
che
non tramonta mai.
Hai sul viso un trucco leggero
come l’ultima la neve in primavera,
tra un sorriso e un elogio ti specchi
nelle vetrine dei tanti bar ciarlieri.
Lo
sguardo è una buia via alberata
salire
e scendere i tanti gradini
non
pulisce il ricordo
la
nebbia sì, quella che si dirada al sole
e
cancella il sapore dell’ultimo uomo.
allegria finta come
bugiarde sono
le carezze sulla pelle e
i baci di sconosciuti.
Hai voglia di volare come le tante streghe
che ti hanno preceduta. Sollevarti
dalla polvere e dal fango verso il fiume
e
poi il mare dove ci vuole coraggio
e
amore per veleggiare il futuro.
***
Il tuo distacco mi lasciò
ad interrogare
il giorno.
Nulla mi rispose,
anche il vento tra i
carpini si zittì.
Dentro di me
incominciò a nascere
l’abbandono.
Il tuo cammino era finito
ogni compagnia lasciata,
compreso me,
che testardamente, da
figlio,
non accettavo l’assenza.
Il tuo distacco
mi lasciò a sopravvivere,
testimone di troppo
rumore,
di fiori,
lumini e morte stagioni.
***
Natale in solitudine
Ritorna
a
casa con le borse piene di addobbi
e
lievemente sorride.
Oggi
è Natale e lei spera che arrivi il figlio
o
almeno qualche parente bussi alla porta
prima
che si spengano
le
luminarie.
Ha
preparato il dolce della tradizione e i regali
da
mettere accanto all’abete non ancora appassito
e
poi lo spumante gelosamente conservato.
Ritorna
con
la veste più bella e il viso truccato
come
una volta e…spera
che
il bussare che ode
non
sia soltanto quello del gelido vento.
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ALFONSINA CATERINO
Sovrastare
ingressi
sulla scena apre i passi
vince sulla pelle
sbalordisce la storia
i cancelli, tutte le cose e niente
insorgono corpo senza peso e
non basta il silenzio
i segreti a sconfessare il disordine
ogni istante in mano
veglia le notti congiunte
che il pavimento cosparge attriti
tra la forza rifratta
il lago negli occhi
il fiato
il prato
le righe accumulate divampano
estendono schegge e
scorniciano quadro
l’aria esplosa
.
Nascono copioni
smarriscono nei passi
il tempo senza forma vedo oltrepassare
stamane è mare la soglia avanti
elude la sostanza vermiglia
ferve il pensiero
tra grida e cieli vedo aprire
canto fuori e svolgo
nuove scritture di sassi raccolgo
lingue articolano pianeti
persuadono la rivolta provvisoria
- Così scogli rovisto
ai pozzi affido assenze e
lancette persuado a sorvolare
gli inganni in conto alla rivolta
- Poi mescolo incendi e
scene sfumano istantanee lunari
nei riflessi capovolgono
le punte amare
reagendo particelle
raspano la luce dentro
.
Rotazioni mattutine
il sapore degli istanti
ferve porto di gabbiani e tramonti
- Tutto diviene pallore sillabico
entro figure inique
aspiro carezze trapassate
- Negli squarci azzurri
inciampo il vento; fuori il corpo
rotola risvegli
trascina la luna nelle reti piene
senza appagare la meta immaginata
fumosa che stringe i giorni estremi
al pianto scisso e dirompe
come tessera in partenza ricostruisce
l’anima
ora stanza rannicchiata dipinge
ignoti ed esulta
strazia il sole e provoca
- L’acqua s’oppone, schietta
nel grande brivido dispiega cimento
un tempo di mandorli in fiore
d’ante schiuse indietro
sconosciute tuttora
sovrastano ingressi offerti in coppa
in rotazioni inedite
respirano un tono sotto
felice erbario riassume, esulta
e sorpassa
suona, piange
emoziona il sogno al centro…
.
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MARIA FELICETTI
Ecco
una poesia sincera, autentica, che sgorga cristallina e fresca da
quell’intimità profonda che è l’animo umano, intrisa di incertezze e di dubbi
ma anche di fede e di coraggio nell’affrontare i mondo e la realtà delle cose.
È la voce di Maria Felicetti, tarantina ma residente da tempo nel milanese. Ci
propone dunque qui dei testi poetici che confermano l’essenzialità della sua
ricerca introspettiva, giungendo ad declamare: “Ho errato a lungo in cerca del mio nome, / di una traccia che fosse il
mio destino, / di un verbo radicato nel mattino”. Il suo è un canto pacato
e melodico che fluisce verso orizzonti di speranza e di luce.
L'istante
Invano ho ricercato
l'essenziale,
il mistero racchiuso
nell'istante,
il principio dell'attimo
fatale
che scorre silenzioso o
altisonante
e passa e fugge come un
soffio frale,
senza preannunci, né addii,
incurante
della sorte, del vuoto
viscerale,
del languore che resta.
Mendicante
di parole, di un cielo che
ho smarrito,
di un bacio che redima,
tremo e vivo.
Nelle vene, l'urgenza della
rosa
e il disincanto roco se
ogni cosa
scivola e non perdura, il
folle abbrivo
ad accordare presente e
infinito
***
Imperfezione
Se potessi cadere come la
neve
sulle intercapedini del
cuore
non temerei il peso, il
tonfo
marcio della colpa, la
traccia
nera dell'imperfezione.
Scivolerei nell'istante
con lo stupore
dell'esordio,
il pudore di un gioco,
il riso fresco di bambini
che cascano
e ricominciano la corsa.
Se sapessi cadere come una
lacrima,
sentirei che il mio passo
accordato
è la misura esatta del tempo,
e l'errore una stazione
necessaria,
la frazione minima
di un motivo in
progressione.
Saprei rotolarmi nella
filosofia
di un ginocchio sbucciato,
cavarmi dall'impaccio
della lingua in fallo,
dal comodo stallo,
non cercherei
mani pretestuose,
né l'ombra che assolve.
Stimerei oro la crepa
sul vaso sbeccato,
quel neo sul viso,
perché oltre gli scarti,
sono io.
***
Ho errato
Ho errato a lungo in cerca
del mio nome,
di una traccia che fosse il
mio destino,
di un verbo radicato nel
mattino.
Ma tra fiumi di gente senza
sbocchi,
fra gli abbagli di un idolo
servile,
dentro il pozzo incrinato
del mio cuore
ho trovato acqua che non
dissetava.
Solo per caso ho incontrato
i tuoi occhi,
e quella sete che mi
assomigliava,
una ferita e un abisso
gentile
a dirmi nel silenzio
l'infinito
imperfetto racchiuso in un
sorriso.
***
Vagare
Sa di assenzio la
parola
incompiuta,
relegata senza meta.
Sillabe svilite,
orfane di vento
come cerchi nell'acqua
si spengono,
immemori della sete.
Si infradicia il tempo nel
languore,
dove stenta ogni volo.
E il silenzio è un rifugio
troppo fragile,
un veto senza appello,
un labirinto di cuori mai
nati,
di rose sfiorite
che raccolgo,
mentre conto i passi
cadenzati
dell'interminabile vagare.
(testi
inediti)
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JOHANNA FINOCCHIARO
Dolce dormire
Succede che non
so svegliarmi.
Non ancora.
Così aspetto.
Il soffitto
s’inclina
E guardo alla
gente, all’energia
Che è tutto e
niente e uno soltanto
M’interrogo,
dunque: ne ho coscienza?
Io un progetto
l’avevo. Tra le crepe.
Immune a me
stessa
L’ho sognato di
un amore feroce ma troppo a lungo
Sonnifero.
Una lista
d’identità tuttora addosso
Una ad una, le
indosso
Come sto?
Sospira lo
specchio infedele, sospira
In silenzio,
ricordo qualcosa
Io un progetto ce
l’ho.
È mattino e sono
nuda
***
Esplosione
C’è la miccia
C’è la bomba
C’è una mano
pronta
Basterebbe
respirare
A fondo respirare
Gialla la
scintilla
Si dovrebbe
respirare
Ancora respirare
Denso il caldo
fumo
Ma è veloce per
seguirlo
Come volo di
rapace
Il petto che
corre in affanno
Fino alla foce
Eccola,
l’Esplosione
Accoglila, è
pulsione
Dirigila, è
passione
Falle spazio
adesso
Tu sei Lei.
***
Su questa barca
Tutti
su questa barca, stiamo, a navigare.
Tutti
un po’ mozzi.
Mozzi
mozzati ad ambo le braccia.
Tutti
su questa topaia, a contemplare;
la
linea dell’orizzonte davanti.
Erezioni
in fila indiana, sull’attenti.
E
tante le remate, imprecise ma uguali:
pareri
verticali.
Tutti
un po’ capitani.
Tutti
un po’ di tutto.
Tutti
un po’ di niente.
Coordinati
dalla fatica, stiamo, a criticare.
E se
pure volgesse il tempo,
senza
a noi darne,
faremo
del mare un ennesimo nido: non serve nuotare se puoi galleggiare.
Sì,
via dalla barca, in acqua, di testa tuffati, di testa soldati,
che
tanto sarebbe affondata.
Con i
resti che ci concederanno,
su
quei detriti smembrati dal vento,
trovare
sostegno, per qualche momento,
le
braccia mozzate potranno.
Ed
ancora, daccapo, se ne costruiranno.
Di
nuovo, nuove le barche su cui affonderemo e sempre le stesse che ci salveranno.
Niente
timone, nessuno al comando: su questo saremo d’accordo.
***
Dillo
Dillo come sai
fare tu.
Senza dirlo.
(da Clic, L’Erudita Editore, 2020)
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SILVANA LEONARDI
Al di là
della pura forma scritta ricorrono sovente molti artisti e poeti, per dare una
“marcia in più”, una sostanziosa e illuminata modalità espressiva che abbraccia
e integra altri ambiti performativi, come la visibilità, la sonorità, la
declamazione. Meritevole di grande attenzione in questo senso è la poesia di
Silvana Leonardi, artista performer e poetessa romana. La sua poetica, come
negli esempi che qui appresso propone, è fortemente caratterizzata da una forma
visiva di particolare simmetria, che accompagna, integrandolo, il discorso
contenutistico di fondo, fatto di riflessioni emotive espresse sovente con un
intelligente e armonioso gioco di parole.
curiosa
e prensile
dilettante di genio
mai scontata spericolata
praticante di eros sin vergüenza
nestydatý di stupore
vestita poeta dotata
di cesoie di non
catartica oscenità per scardinare
le ragionevoli gabbie del
buon senso
nascere a Praga par hasard
e divenire per noia
e laico crisma
artefice
dissacrante
di epocali rivolte
contro prevedibile eros
e imperscrutabili ozi
letterari
in infinita reiterata
ricerca della madre
dentro e fuori di te
ferita primigenia
e fatale immeritata
assenza
lo stigma della
dissonanza
per destino scontando
l’essere differente
e sottraendoti
alla banalità
del rito
d’obbedienza
e al quotidiano cedere
al conforme e a
conseguente noia
primordiale guerriera
armata di follia
e di poesia
impavida
sei stata
fino
alla fine
per Jana Černá
maggio 2021
***
Inquieta L’una
ora
stanca
sospesa
alla tua ombra
sulla soglia del buio
nell'oscurità pensando
al cielo al sole al mare
ai campi
al soffio incolore e
vuoto del vento
che passa talvolta come
un’ombra
spandendo sui boschi
grigi
il distillato aroma
della terra
guardi
inquieta L’una
unico sogno disponibile
riflesso nelle
riflettenti acque
parola oscura di un
oscuro mondo
doppio del mondo e della
tua ragione
di/sperata speranza e
rotolante
accolta dalla sua luce
come
in una trama argentata
come in un grembo
una serrata rosa
una campana
di cristallo
accoglie
oblio
per Nadia
Campana
marzo 2021
***
Lasciare
sulla sabbia lasciare
un'impronta leggera
come di chi solo un
attimo appoggia
e solamente per dar
slancio al volo
lasciando il peso dei
ricordi a riva
in attesa dell'onda che
accolga
nel suo percorso inverso
nel fluire del tempo
nella
flagranza
del simultaneo istante
anche il pensiero
sommesso
nell’onda sovrapposta in
passaggio
tra l’uno e l’altro dei
mondi dal passato
al presente assurdo e incoerente
e tuttavia
non privo di luminosi
bagliori di dorato tramonto
settembre 2020
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BEATRICE MEZZONE
Mio
Questa volta sì
sei rinato in me
ho partorito con
fatica le tue ossa mature
quegli occhi così
fondi il naso maschio
le mani cui manca
solo la parola
ti ho forgiato
con l’attrito
mentre eri
malleabile nel dolore
così ti ho reso
simile a me
stavolta
più vicino, mio
non come può esserlo un figlio
mio
semplicemente, per me stessa.
*
edera
Come posso lasciare quest’edera?
Siamo pietre
Giacciono insieme i nostri cuscini.
(da Profilo,
Tindari Ed., 2009)
***
A
sweet
Continua
a chiedere una caramella
in
un treno metropolitano
in
un mondo che ha fatto del superfluo
la
sua bandiera.
Lo
rivedo anche oggi,
dopo
mesi che sembrano essere volati
senza
peso.
E
faccio parte anch’io di lui
della
sua mano tesa, dei suoi rasta
dei
suoi perché
E
fa parte anche lui di me
dei
miei occhi bassi, delle mie scarpe
del
mio biglietto sgualcito.
(da Dagli
spazi siderali, Progetto Cultura Ed., 2018)
***
Ho
saputo di coltri amorevoli
stese
sulla nuda terra per proteggerla
dai
ghiacci
e
di raccolti come figli
da
far crescere al riparo
dagli
artigli di un gelo straniero
Ed
io
che
mi faccio tana
per
la tua caccia
ho
ancora molto da imparare
dall’amore
*
luna
tigre
luna tigre,
selvaggia
nella notte
luna
dente, candore feroce
luna
alleata
ai transiti di Venere
ti
affacci da un balcone d’aria
nera
e
sorridente mi mostri
quello
stupore da bambino
che
ha sul viso
ogni
volta che è mio
(da Avrei
voluto darvi anche le lucciole, Progetto Cultura Ed., 2019)
***
La
disciplina dell’apnea
I
minerali persi nella corsa sono
linee
di perla naufragate
sulla
scia di un ritmo
Batte,
la strada, ha margini di grazia
non
smette di mostrarsi nuda
a
chi non coglie i meccanismi seriali
Nasco
per la disciplina dell’apnea:
sono
antica cosmonauta in little black dress
capace
di preservare riserve d’aria
dell’annata
migliore.
*
Il
cielo adamantino dell’aquila
La
terra va smossa
con
disperata, biblica certezza
logorando
radici di filigrana
correndo
l’alea tra le sponde
di
antichi rovelli
che
oggi disvelano a noi
protetti
da un amuleto sciamano
il
cielo adamantino dell’aquila.
(da e - gotica,
Eretica Ed., 2020)
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FLORIANA PORTA
Nella trama della carta
infilare
tra le righe
la
parola aria
sulla
punta della matita
sul
foglio ruvido
di
cui è intrisa
nella
trama della carta
l’anima
delle mie parole
troverà
la luce
là
dove anche le ombre
sono
versi lievi
***
La ferita che portiamo
abito
ogni carne,
ogni
fiato
e
ogni piaga
che
tace
abito
ogni poesia
nel
suo farsi
ciò
che ci rende umani
è
la ferita che portiamo
***
L’anima è nuda
l’anima
è nuda
ruota
in un’orbita
di
plasma e cartilagini
ad
ogni sorso d’acqua
a
me sembra più viva
(da
La mia non è poesia, Aljon Editrice)
***
e
poi fuggire –
l’azzurro
infinito
è
colmo di te
*
acque
stagnanti –
la
geisha la ninfea
sole
nel buio
*
stelle
caduche –
bianchi
come la luna
i
miei fantasmi
(haiku
tratti da Il Giappone in controluce,
AG Book Publishing Editore)
per
affidarci alle onde senza riva
si
confondevano gli indumenti col tramonto
nelle
acque che arrossavano con noi
marmi
dal candore violato
dal
sangue dei capri
per
il sacrificio d’Isacco
noi
qui soli in teneri dondolii
come
i bambini imperatori
costruiamo
la tomba del futuro
***
ti
depongo in una bara d’acqua
dove
tutto è smemorato
senza
nomi
solo
una frana melodiosa di onde
affondare
e riemergere
in
un abbraccio d’alghe
venute
per proteggerti
da
pesci curiosi e lingue taglienti
ora
prendi un’altra direzione
per
guardare il mondo dal fondo
sotto
metri di mare e sale
procedi
a spire e colpi di coda
sei
già confuso tra gli strami
naufraghi
di rive lontane
immagino
vengano dalla nostra terra
ma
non so più se la mia è anche tua
e
ho perso il ricordo di chi eri
se
sia giusto piangere per te
pallido
il pensiero vuole durare
nuota
nella necessità del mattino
***
per
il viaggio ognuno porta ciò che può
tutti
i nomi di famiglia
dagli
avi ai non ancora nati
ciocche
capelli peli
stoffa
fili sorrisi
chicchi
di terra profumi
pezzi
di aria nascosti negli occhi
nell’onda
qualcuno getta sassolini
bianchi
per ritrovare il ritorno
(da L’assedio, Ensemble 2021)
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Di certo non rimarrò
Tu
mi dici dell’assodato Dio e non resta ora che attendere
Ma
non rimarrò qui mia cara
inchiodate
le ossa ai margini del sentiero
né
avranno termine i miei passi alla dogana della morte
chiedendomi
gli angeli dalle barriere
se
abbia ancora sulle spalle qualche rimorso
o
intenzione di rimuovere ombre a più non posso
una
volta entrato nel regno di Plutone
Se
l’ardire di un ago attratto dal nord è sancito
da
regole universali
anch’io
ho da precipitarmi come bussola impazzita
verso
quel luogo che non si vede
ma
che sta dentro il nostro occhio
sotto
le palpebre
scritto
da milioni di tempi andati
nel
calco dei nostri destini pre-programmati
E
dunque non mi fermerò alla garitta dell’altolà
né
alla barriera delle nuvole vaghe
che
indicano sempre una probabilità incerta
sopra
la terrena superficie del mondo
(dalla
sezione “Transito interrotto per Tule” in Percorsi
alternativi, Marcus Edizioni, 2013)
Giuseppe Vetromile
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NOTE SUGLI
AUTORI
Filomena Baratto
Filomena Baratto, laureata in Lettere Moderne all’Università Federico II di Napoli, è docente di Scuola Primaria e vive a Castellammare di Stabia. Sin da piccola ha manifestato una spiccata propensione per l’arte, dedicandosi alla pittura e poi alla musica con lo studio del pianoforte. A queste si è aggiunta la scrittura. Nel 2010 pubblica una raccolta di liriche Ritorno nei prati di Avigliano, che la riportano al luogo natio e al rapporto col padre. Sullo stesso tema delle liriche, ma ampliando la scena e coinvolgendo altri personaggi, nel 2012 pubblica il romanzo Rosella. In seguito presenta una raccolta di racconti dal titolo Sotto le stelle d’agosto, dove si alternano storie vere ad altre di fantasia. Due anni dopo è la volta di un altro romanzo dal titolo Just Job, la storia di uomo che perde il lavoro alla soglia dei cinquant’anni e di conseguenza anche tutte le sue certezze. Nello stesso periodo esce una nuova versione del romanzo Rosella dal titolo L’albero di noce e poi, nel 2018, Nel mezzo del tempo, storia di tre donne di una stessa famiglia: tre vite a confronto. Recentemente è uscito il suo nuovo romanzo Il ragazzo venuto dal mare, storia di migranti e di accoglienza.
Cura un
Blog: Il mio sole, a indirizzo
letterario e su temi di attualità. Scrive per un blog e una testata giornalistica online.
Mauro Barbetti
Mauro Barbetti è nato tra le colline marchigiane nel pieno del boom economico, in ritardo per vivere il ’68, ma non per subirne fascinazioni, schegge impazzite e postumi.
Alcuni suoi testi compaiono su Poetarum Silva, la
Recherche.it, Poesia ultracontemporanea, Argonline e Versante Ripido.
Ha all’attivo le raccolte in versi Primizie ed altro (La scuola di Pitagora
ed. 2011); Inventorio per liberandi sensi
(Limina Mentis ed. 2013); Versi laici
(Arcipelago Itaca ed. 2017) e Retro
Schermo (Tempra ed. 2020).
Ha realizzato traduzioni di poeti di lingua
inglese quali John Berryman e Keith Douglas.
Recentemente ha vinto il Premio Pagliarani con Frammenti da zone soggette a
videosorveglianza.
Scrive sul magazine letterario di Arcipelago
Itaca, di cui è redattore.
Elio Caterina
Elio Caterina è poeta, scrittore e pittore.
Lo scopo della sua ricerca è la realizzazione di
opere che diano nuove emozioni a chi legge un suo libro o guarda un suo dipinto.
Ha cominciato a scrivere e dipingere in età
adolescenziale. Successivamente da sottufficiale dell’aereonautica militare,
affina il suo studio scrivendo versi esistenziali.
Negli anni della maturità, tramite il lavoro da
impiegato tecnico e la funzione di sindacalista, scopre un mondo nuovo di
personaggi ed impressioni.
Ha partecipato a premi letterari e artistici
risultando molte volte vincitore. Ha pubblicato dieci libri di poesia e sette
tra romanzi e racconti.
Artisticamente le sue opere sono in collezioni
pubbliche e private. Ha esposto le sue opere in mostre personali e collettive.
È socio del circolo “La Fonte di Ippocrene”.
Membro di giuria in vari premi letterari e pittorici.
Alfonsina Caterino
Alfonsina Caterino è nata a San Cipriano d’Aversa, in provincia di Caserta, nel 1957. Ha seguito studi umanistici e linguistici ed è specializzata nell’insegnamento ai soggetti portatori del disturbo dello spettro autistico. Nel 2009 è stata tra i membri ideatori del Laboratorio Culturale-Poetico “Dante Alighieri di Napoli”. Ha pubblicato le sillogi poetiche: Come una farfalla (Ed. Il Filo Roma, 2007); Nel tempo della guardia (Ed. Società Dante Alighieri Napoli, 2011, presentato presso l’Istituto Italiano degli Studi Filosofici di Napoli); Il tempo non disperde (Ed. Frequenze Poetiche, Napoli). E i racconti: La casa di zucchero (Rivista Narrazioni, 2009); La luce sovversiva (segnalato dalla giuria della Casa Editrice Puntoacapo, ed. 2014); Ad un passo dalle lucciole (Ed. divinafollia, 2018); Il serto di viole mammole (pubblicato sulla Rivista d’Arte e Scienza “Nova”, per la monografia “Altri modi, altri mondi”, 2022). Ha pubblicato inoltre testi poetici, critici e in prosa in alcune riviste ed antologie italiane.
Maria Felicetti
Nata a Taranto nel 1981, vive a Buccinasco (Mi). Ha praticato tirocinio redazionale per il Corriere del Giorno, scrivendo articoli di cronaca locale. Ha frequentato il master biennale di alta formazione “Il Piacere della Scrittura” organizzato dall'Università Cattolica di Milano e il laboratorio di poesia guidato dal poeta Pietro Federico. Attualmente autrice di racconti, fiabe, filastrocche e poesie edite su riviste ed antologie, ha partecipato a vari concorsi letterari ottenendo premi e riconoscimenti.
Johanna Finocchiaro
Johanna Finocchiaro è nata a Torino nel settembre 1990. Dottoressa in lingue, adora viaggiare sopra ogni cosa, con la mente ancor prima che col corpo. Spirito solare, si dedica alla creatività con entusiasmo e grinta: scrittura, musica e fotografia. Impegnata nella diffusione della Poesia, gestisce uno spazio radiofonico su ABC Radio e una rubrica settimanale sul periodico Torino Oggi. Nel 2020 ha pubblicato la sua prima silloge, Clic (L’Erudita Editore). Fa parte del gruppo lirico dei Poeti Emozionali (www.poetiemozionali.it), del Circolo delle Poetesse, oltre ad essere membro delle Associazioni Culturali Vivere d’Arte e Poesie Metropolitane.
Silvana Leonardi
Artista performer e poeta, Silvana Leonardi nasce a Roma, dove si laurea in Storia dell’Arte e in Filosofia.
Dopo aver trascorso
alcuni anni a Monaco di Baviera e poi a Piacenza, torna a Roma dove, presso il
suo studio a Trastevere, promuove manifestazioni di poesia sonora, incontri e
letture e mostre di libri d’artista. Interessata da sempre all’arte e alla poesia
delle donne e al rapporto tra immagine e testo nelle sue opere si sofferma
sulla soglia tra visione e ombra, sull’apparire e scomparire della forma nella
trama, nell’intreccio, nel ritmo. Ha partecipato a numerosi reading e la sua
attività di pittrice, scultrice e performer e i suoi libri d’artista sono
documentati in pubblicazioni edite da istituzioni e da privati (Anni Quaranta
della Storia dell’Arte Italiana del ‘900, ed. Bora; Annuari Roma Contemporanea
1996-1998; Enciclopedia di Roma, Newton Compton Editori, Roma, 2005) ed è presente in
collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero e in musei e fondazioni, tra cui: Biblioteca
Alessandrina dell’Università La Sapienza, Roma; Biblioteca Nazionale Centrale
Vittorio Emanuele II, Roma; Cathedral Museum of Mdina, Malta; Internationale
Stiftung Mozarteum, Salzburg; Biblioteca del Sacro
Convento, Assisi; Lyrik Kabinett, München; Museo MAGI, Pieve di Cento
(Bologna);
Archivio Libri d'Artista di Fernanda Fedi e Gino Gini, Milano; Archivio
Fondazione Berardelli, Archivio di libri d’artista IBRIDIFOGLI di Antonio
Baglivo; Collezione d’Arte Contemporanea ARTE&CARTE, Napoli.
Beatrice Mezzone
Nata a Napoli nel 1964, Beatrice Mezzone è docente a tempo indeterminato.
Insieme
a due colleghe ha esordito nel mondo editoriale pubblicando un libro sulla
didattica della lingua, Esplorare
l’italiano, per Carocci editore (2005).
Profilo, Tindari Edizioni (2009),
rieditata in versione e-book presso Amazon,
è la sua prima raccolta di poesie; nello stesso periodo Maurizio Cucchi
recensiva alcuni suoi testi ancora inediti per Tuttolibri de La
Stampa.
Con
tre sue produzioni originali è presente nel V volume dell’Enciclopedia di Poesia Contemporanea del Premio Mario Luzi (2014).
La
seconda raccolta Dagli spazi siderali
è stata edita nel 2018 da Edizioni Progetto Cultura; lo stesso editore ha poi
curato nel 2019 la stampa della silloge Avrei
voluto darvi anche le lucciole, corredata dalle pitture dell’amica e
collega S. Meloni. Con Eretica Edizioni ha dato alle stampe nel 2020 la sua
ultima raccolta, e-gotica.
Ha
partecipato a numerosi reading di
sperimentazione poetico-artistica.
Un
inedito dell’autrice è stato selezionato, commentato e pubblicato su Repubblica
Roma del 05/10/19 nella rubrica La bottega della poesia curata da Gilda
Policastro.
Floriana Porta
Floriana Porta è nata a Torino, vive a Vinovo. Fin da piccola ha avuto la necessità di scrivere, comporre e disegnare. Si presenta con forme espressive di rara intensità e la sua opera poetica e figurativa si dispiega fra la natura e la bellezza, l’introspezione e il sogno, elementi imprescindibili della sua riflessione esistenziale. Uno stile, il suo, caratterizzato da raffinatezza, contemplazione e armonia.
Ha pubblicato libri ed ebook di poesia, haiku e
dipinti. Allieva di Fernando Bibollet, Antonio Carena e Nino Aimone, ha esposto
nel Torinese e nell’Astigiano le sue opere ad acquerello. Altre tecniche
utilizzate dall’artista: collage e fotocomposizioni digitali.
Titoli delle sue principali pubblicazioni: Verso altri cieli (Edizioni REI, 2013), Quando sorride il mare (AG Book
Publishing Editore, 2014), Dove si posa
il bianco (Sillabe di Sale Editore, 2014), L’acqua non parla (Libreria Editrice Urso, 2015), Fin dentro il mattino (Fondazione Mario
Luzi Editore, 2014), La mia non è poesia
(Aljon Editrice, 2017), I nomi delle cose
(Edizioni L’Arca Felice, 2017), In un
batter d’ali (AG Book Publishing Editore, 2018), Offro respiro ai versi (La Ruota Edizioni, 2018), Il Giappone in controluce (AG Book
Publishing Editore, 2020), L’infinito è
in me (AG Book Publishing Editore, 2021) e Oltre gli orizzonti (Blurb, 2022).
Blog: florianaportablog.wordpress.com/
Enza Silvestrini
Enza Silvestrini ha pubblicato le raccolte di poesia L’assedio (Ensemble 2021); Controtempo (Oèdipus 2018) e Partenze (prefazione di Marina Giaveri, Manni 2009, premio San Vito al Tagliamento, opera prima); Qui non arriva il tuo canto (Il Laboratorio/le edizioni, 2018); i racconti nei libri d’artista Cavallo Mazzocchi (con tavole serigrafiche di Mimmo Paladino, ilfilodipartenope 2021) e Lido Mappatella (con disegni di Enrico Pulsoni, ilfilodipartenope 2012); la favola in versi Diversi amori (illustrazioni di Barbara Balbi, Iuppiter 2013); il romanzo Sulla soglia di piccole porte (postfazione di Aldo Masullo, Iuppiter 2012, sec. ed.).
Alcuni suoi testi poetici sono stati
pubblicati in riviste, tra cui Nuovi Argomenti online, Trame, Colophon,
Gustave (in italiano e
traduzione francese).
Ha collaborato all’organizzazione di
mostre di libri antichi (tra le più recenti Carte, la rappresentazione del
mondo da Omero a Mercatore, Museo Archeologico Nazionale di Napoli),
incontri di letteratura, letture di poesia. Ha partecipato a convegni
universitari, seminari di ricerca internazionali, festival letterari (tra i
quali Napoli Teatro Festival, Sezione Letteratura; Bologna in Lettere). Ha
collaborato con “Poesia” e altre riviste letterarie.
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11 febbraio 2022