Le Antologie Poetiche Virtuali sono curate da Giuseppe Vetromile. Ogni Volume comprende 10 Autori, liberamente selezionati ed invitati dal curatore. Sono previsti volumi dedicati a particolari ambiti poetici (poesia emergente, poesia dialettale, ecc.). Le copertine sono elaborate e realizzate da Ksenja Laginja.

martedì 26 maggio 2020

VOLUME VII



Introduzione

Ma la poesia a cosa serve? È effettivamente un prodotto inutile, come affermava Montale, o ha comunque un significato, un ruolo, nella società moderna? Non è mia intenzione andare a rivangare vecchie e forse inconcludenti retoriche o stereotipi sull'utilità o meno della poesia, sulla sua funzione nel contesto attuale, o addirittura sul dubbio se, in sostanza, la Poesia, quella con la P maiuscola tanto per intenderci, non esista più, ma che al posto suo ci sia tutta una congerie di attività poetiche più o meno egregie, portate avanti da persone più o meno competenti in materia. È una diatriba lunga e forse inutile, che può alimentare polemiche poco o niente affatto costruttive. Sta di fatto che la poesia, in genere, con o enza la P maiuscola, sta soffrendo; come stanno soffrendo tutte le arti e la cultura in genere. Sarà colpa del cosiddetto sistema sociale vigente che ci indirizza verso forme massificanti e globalizzanti di vita e di attività lavorative, inducendoci a perseguire valori prevalentemente consumistici e superficiali, dove non c'è posto (o non c'è tempo!), o almeno solo in modo blando e limitato, per la cultura, per l'approfondimento, per la completa e libera frequentazione dell'aspetto creativo di ognuno di noi, capace di renderci più "umani" e più consapevoli. O sarà colpa dell'epoca, questo inizio del ventunesimo secolo che vede l'avanzamento incontrollato delle tecnologie a discapito dell'umanità. Il digitale al posto dell'analogico. Dove per analogico intendo tutta quella gamma di filosofie, di pensieri, di emozioni, che fanno di un uomo un uomo creativo, dotato della capacità di essere (anche) un artista, al di là di ogni supposizione o velleità di primeggiare in questo campo. La società dei bit contro la società del taccuino, del glorioso blocknotes, di quando si scrivevano poesie con la matita su un semplice foglio di carta a quadretti. Non dico che la cosa sia grave, che non ci debba essere "progresso tecnologico" e che bisognerebbe restare ai tempi degli insegnamenti in aula, a tu per tu con i docenti. Ma ci è mancata la consapevolezza, ci è mancata la necessaria preparazione, il saper controllare e gestire al meglio questa improvvisa impennata tecnologica.
Ma no, la poesia non è morta. Cova sotto la cenere che l'uomo ha causato incendiando e devastando la propria casa, la propria terra. Risorgerà come Araba Fenice? Io penso di sì, e non ha importanza se possa assurgere a livelli altissimi come ad esempio nel mondo classico o anche nei secoli scorsi. L'importante non è tanto il "prodotto" ma il "produttore", e cioè che si abbia sempre la capacità di creare qualcosa, di inventare, di scrivere, di dipingere, di scolpire, di creare melodie. Non è possibile reprimere o addormentare queste prerogative dell'uomo, pur se a volte si rasenta il livello minimo, la superficialità, la banalità, quasi la sterilità.
Emozionarsi ancora, soffermarsi su un pensiero profondo, meravigliarsi del mondo che ci circonda. Avere un attimo per sé e per gli altri. Al di là di ogni bravura, di ogni competenza. È un inizio necessario. È la nostra arma contro il dilagare dell'insipienza, della stoltezza, della inumanità
Il lavoro di cesello viene subito dopo. Coltivare l'arte, e nella fattispecie la nobile poesia, per non perdere la dignità di essere umano creativo. E condividere ciò che si è creato.
Ecco dunque un altro tassello poetico da aggiungere ai precedenti. Ringrazio i dieci Autori qui inseriti per la loro disponibilità e per il dono della loro parola poetica. Buona lettura!

Giuseppe Vetromile


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                                                            PAOLA DI GENNARO




Docente di letteratura inglese, napoletana, Paola Di Gennaro attinge dalla sua esperienza professionale la quintessenza per spaziare con determinazione, talento e competenza nell'ambito poetico, anche estero, conoscendo bene realtà letterarie diverse, come l'inglese e persino il giapponese. Il suo potenziale poetico, fresco e luminoso, si amplia attraverso varie forme, dal verso libero alla prosa poetica.


(Inediti)


Blue 2020


Questa città è ora
il mondo, silente e
immensa come ogni città.
I vuoti aperti,
le urla chiuse, e
le chiese senza canti.

Adesso è sì,
soprattutto vuoto.

Vuoto mirabile
il terzo foglio di
carta carbone vecchia
che i giovani non avranno.
Questi li ritroveranno in serie,
e quegli altri, che
ne hanno diversa memoria,
continueranno ad averne
altrove.

Poi di noi non rimarrà niente,
esseri ritti rimasti in piedi
a guardar crollare in fila
tutte le cattedrali nostre
una a una, due a due,
sempre in piedi gli altri,
che fanno storia senza neanche
i pedalò. Passare le sere ferme,
chiedersi del tempo raffermo,
della memoria che sembra buona,
delle parole mezzosangue.



“Richiamato dalle ombre a essere vedente,
Dall’assenza a mostrarmi,
Senza nome né storia mi risveglio
Tra il mio corpo e il giorno”.



Abbiamo riempito gli angoli di ortensia blu e ancora sembrano vuoti che suonano di noi prima di allora E ora qui ancora anche se tristi e lisi usiamo spesso tre parole: dolce vuoto ancora Il miele odiato o la lingua liscia l’aria poca e paura di cadere ancora Ancora perché il tempo duole e sempre troppo prima o dopo rima noia e ancora noia anche del nuovo E sempre temo il non ritorno Non c’è blu che non sia tenebra e ancora giorno.


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                                                              FRANCESCO FILIA




Napoletano, docente di storia e filosofia nei licei, Francesco Filia è un validissimo esponente della poesia napoletana e nazionale contemporanea. Critico attento e apprezzato per la sua vasta esperienza in ambito letterario e poetico, è invitato a presentazioni e importanti rassegne culturali in qualità di relatore. Autore di diversi libri, ha una struttura poetica fondamentalmente ispirata a temi filosofici e all'essenzialità della vita.



(Inediti in volume)

Àsana

E poi bisogna pur ricominciare da qualcosa: dalla paura di cani al guinzaglio,
dalla screziatura della tua pupilla,
da un panorama appena accennato, da una mattina
di foschia e vita, di passi e risate finalmente
non più trattenute. Disegni la curva troppo stretta, mi dici,
un’auto ci sfiora mentre attraversiamo alla cieca, e tu
mentalmente calcoli quello che tra questi momenti potrebbe sopravvivere.
Potremmo essere la variabile impazzita in un ordine senza
più perché, l’arco teso degli arti, il ritmo corretto del respiro
ciò che per un attimo resta o più probabilmente quel
che gioiosamente svanisce.


***

Altare

Eppure le tue mani sono qualcosa al tempo stesso
di terrestre e sacro, le ho viste aggrapparsi
alla nuda fine del giorno, tendersi alle mie
in un’ipotesi di salvezza e poi lascarle andare.
Il sangue tra le dita era solo un dettaglio
un dono non dovuto a questa vita di calcinacci
e parabrezza incrinati, di precipizi e arcani.
Tremare è stato tutt’uno col vivere.
Ho costruito la nostra chiesa nel silenzio
assordante di una stanza, sul sacrificio offerto
all’enigma del tuo sorriso.

***

(Da La zona rossa, 2015)

Piazza Plebiscito - Primo Gennaio 2015

Non abbiamo avuto nulla di meglio dopo
è vero, ognuno di noi assiderato
in questo crepaccio di piazze e tempo
in un mutismo attonito, occhi
sbarrati che scrutano dal nulla.
Un rimorso, il soffio di un’altra vita
sfuggente, sfumata. L’artiglio dei giorni
che implodono uno sull’altro. Sembra vero
il brulichio di corpi nelle strade,
cataste senza nome di desideri e grida,
anche le nostre ombre, tra le infinite altre
scivolarono su questi ciottoli di pietra lavica.
Non rimarrà traccia del filo di luce
amore bellezza furore – non so
ancora come chiamarlo – che ci ha legati
l’uno negli occhi degli altri per un attimo,
per quella gioia mozzafiato. Ognuno
tradito, da se stesso e dagli altri. Ora
con devozione e calma non resta
che allargare i labbri della ferita
che ci tiene in vita, non resta
che inoltrarsi, silenti, nella resa.


***

(Da Parole per la resa, 2017)

Forse, da sempre, nient’altro che noia:
una bolla d’aria in un pomeriggio estivo
l’odore del cibo sui vestiti in un novembre
di milioni di anni fa, leggendo un libro,
ascoltando, in un loop infinito, la stessa
identica canzone, guardando il soffitto
in ogni sua minima fessura, sgomento
del tempo che divora se stesso:
lento, costante, implacabile.
Una fila di formiche passa radente
al muro, un ordine che non ha bisogno
di parole, l’accumulo perenne della
polvere sulle mensole, patina
su ogni cosa, sudario dell’eterno.


***


(Da L’ora stabilita, 2019)

Festeggio
l’anniversario
di questo
silenzio di
sillabe

e   bianco, qui, dove l’attrito dell’aria prova, di nuovo, che esisto.

*
Ascolterai
l’assenza tra il giorno
e la notte
la pausa
tra l’istante e il suo
battito
il teso sfibrarsi
di questo muto
ritorno.

*

Non è nostro
il calmo
furore
della terra
l’immenso di
lampi e silenzio
la mano
che afferra
la ringhiera e trema,
non è nostro nemmeno
questo finire.

*

Ora
la scena
è muta e non
ci dà più tregua.

*

… l’ora
dei piedi interrati
e dell’azzurro del cielo
di questa gioia
ben riposta …
l’ora stabilita.

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                                                                 GIORGIO MOIO




Il poeta è sempre alla ricerca di uno spazio originale e innovativo per esprimersi, individuando orizzonti e pianure illuminati di nuove morfologie e indovinatissime libertà artistiche e letterarie. È il caso di Giorgio Moio, poeta napoletano da tantissimi anni impegnato in questo campo, in particolare con la forma che si può definire verbovisuale, dove la poesia acquista e offre anche una dimensione visiva, che va al di là del contenuto o che comunque in esso si amplia e si integra. Giorgio Moio ci offre qui di seguito alcuni testi inediti dove però risalta maggiormente la centralità della parola poetica, con l'uso intelligente di bisticci, allitterazioni e altre figure retoriche.


(Inediti)

s’intorpidisce l’idea di un mutamento
l’acqua scorre inciampando nell’ossimoro
flette la luce nel principio di un tentativo
di mareggiata agiata dal riflesso flesso
flessoidale nel concavo dell’attesa


***

in acque agitate si fa forma il fare
corsi e ricorsi storici della memoria
nelle città dall’odore di catrame
cacche di cane per slalomisti inesperti
dirupi pìrudi tra i rùdipi
dove giacciono le proposte


***

da una sfera color cobalto non si vedono che ombre
l’occhio si danna  come si danna il cuore
quando è innamorato scorge una luce
anzi un raggio di luce che non fa tre virgola quattordici


***

è il giorno della liberazione
ma non c’è liberazione
dove l’umanità
è sostituita dal denaro
e dall’ignoranza dei potenti
un alito di resistenza
sui frontespizi del mondo
rimane a guardare
lo scorrere del giorno
sotto la sferzante calura
della lucara che racula
si scola un litro de vin
e sta tranquillo fino al matin


***

se vuoi gridare perché non gridi
se vuoi lamentarti perché non ti lamenti
se vuoi denunciare perché non denunci
se vuoi dire che schifo questa politica
perché non lo fai
se non sei un mafioso
perché ti comporti da mafioso
se non sei un drogato
perché ti fai ipnotizzare da false promesse
se sei un uomo perché ti comporti da burattino
se sei nato libero perché ti fai mettere le catene


***

un indefinibile vuoto salta dal mare come
un saltimbanco avvolge un popolo in dismissione
già avaro d’idee sull’orlo di un precipizio
dove non c’è pace non c’è riscossa se l’irregolare
è temuto e il resistere un’ombra nel buio

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                                                               GIOVANNI PERRI



Poeta napoletano rivelatosi in questo ultimo decennio, riscontrando notevoli successi e affermazioni in importanti concorsi letterari nazionali, Giovanni Perri, con all'attivo già due pregevoli pubblicazioni, mostra di possedere un ottimo talento lirico. La sua poesia è ricca di metafore e di sottintesi, prevalentemente volta a raccontare lacerti esistenziali dove a volte la crudezza della realtà è mitigata da figurazioni dolci e intuitivamente speranzose.



(Inediti)

Quello era il momento di vivere, diremo
e ce ne andremo incompiuti
nel punto dove
la più alta parola ci sfugge
e sarà ancora franando in quel tornante di umori
che impareremo ad amare ma come
ridendo di un lapsus o di una nostalgia.


***

Esserci

E quando dici – non parlare, ascolta
tieniti in questo nucleo di buie nominazioni
qui non si compie nulla, eppure
la tua lesione è uguale alla mia,
nel mio occhio sono caduti tutti i tuoi cataclismi
e l’insetto fulminato ancora si muove nell’insegna;

resta l’impronunciato vuoto:
la traccia lasciata dall’aereo
il grido del covone impennato e quest’autunno
che ripete ogni sua bruciatura.

Forse questo è il miracolo: l’azzurro che si ricompone
il volto segnato dalle spighe: un nome
così generoso da ucciderci.
Caro mio
ascolta quest’antica sciocchezza:
la sola mancanza è esserci.


***

Manovre di sopravvivenza

Il poco che abbiamo, poco e buono,
è già tutto crollato. Ed è già tanto
riuscire nell’impresa che fa
d’una costellazione un calcinaccio:
vedi, il miracolo è questo
tenere in piedi l’azzurro,
somigliare alla cosa lontana,
chiamare lo spigolo poesia,
ogni avanzo di spazio salvezza.


***

Una sera di pioggia

(da Cifrario dell’invisibile, Terra d’ulivi, 2019)

Camminava piangendo ed io non ebbi il coraggio
di chiederle perché piangesse.
Aveva i capelli della madre, l’eco delle volte affrescate:
calendula lacrima versata, colore senza colore.
Poi un giorno mi baciò ed io vidi il sentiero
di una qualunque luna
prendermi dolcemente il labbro,
non per riempire la fine di un amore
appena sbocciato sulla nuca
o per morire in un assetto di volo dietro il cuore
ma per cantare l’interno luminoso del giorno,
l’avanzo di qualcosa che trema nell’acquaio dell’alba
quando i pesci non hanno memoria
e la parola sbanda prima di aprirsi alla luce.
Così stemmo abbracciati sul ponte fino a sera
finché non ci inghiottì un portone
e fu di nuovo per fame che svenimmo.


***

Altezze

Oggi vengono i matti,
occorre legna buona
un dolce crepuscolo,
qualcuno che dica:
– buongiorno, sente anche lei il vento nella testa?
e gli alberi li vede e il fumo che sale oltre le case?
Li porterò alla torre
sul pendolo di marzo
a toccare la rondine che passa
e la pietra che grida cadendo.


***

Cinema di pomeriggio

(da Cifrario dell’invisibile, Terra d’ulivi, 2019)

Sembriamo due miracolati io e te
venuti via da chissà quale dramma
salvati con la bocca, due bambini intaccabili.
Siamo legati con la lava, una sola memoria, frusta, vetusta, bandita.
Appena un grammo di dolore ci sbilancia
e la trama ci avvolge.
Siamo noi il cinema, il buio: poltrone reclinabili
che inghiottono bottiglie, borselli, storie.

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                                                                PAOLO POLVANI



Pugliese di Molfetta, Paolo Polvani è poeta molto noto e apprezzato in ambito nazionale, non solo per la sua produzione di qualità e per i tanti concorsi letterari che lo hanno visto sul podio, ma anche per l'intensa attività di promozione culturale attraverso la rete, con importanti riviste e fanzine online come la notissima Versante ripido. La sua poesia è a volte brillante e metaforica, con veli di leggera e divertita ironia che però avvolge cuori di profonda esistenzialità umana.


(da Una fame chiara, Edizioni Terra D’ulivi, 2014)

La tua voce è un passero

La tua voce è un passero, vola
sulla credenza, indugia
sulla sedia, luogo di briciole e tramonti.

Sì, la tua voce è un passero.

Mi grattugia il cuore, spreme
il miele che può illuminare un passero.

Guardala aperta la tua voce, mostra le trame
della notte, i balconi con le tende illuminate,
i silenzi che torturano corridoi deserti.

Con la tua voce preparo una cuccia a misura dell'autunno,
mischio nuvole e ottobre, vento e malinconia,
e chicchi d'uva gialli come gialla è la tua voce.

La tua voce mi si appiccica qui, lungo
il profilo delle colline, sulla linea della nostalgia.

Nella tua voce affiorano le vecchie dita dell'arcobaleno.

Nella tua voce sonnecchia il dolore, come un gatto,
lo addomestichi nel pianto, lo inganni
coi rivoli del tuo sorriso.

Sì, la tua voce è un passero, mi tempesta qui,
col suo piccolo becco arrochito dal mare,
qui dove il cuore perlustra gli uliveti,
insegue il sogno dell'erba docile,
a perdifiato, come a perdifiato la tua voce
corre incontro alla mia fame.


***

Piccoli morsi dell’amore cannibale

Vieni, diceva con la voce intinta
nel più profondo miele, vieni che ti
sbrino il cuore, ti sciolgo
questi ghiacci eterni, ti lancio
l’autostima in orbita, in eccesso
di erezione l’ego, ti titillo
la vanità. E intanto pregustava
il sangue come un trofeo di caccia,
uno stendardo, e affilava la lama.
Perché l’amore non è faccenda
per gente sana, t’insinua l’illusione
della felicità da bere a sorsi
ma poi ti atterra, ti divora a morsi.


***

Portami a Casalecchio

Senti gattaccia, portami a Casalecchio,
alla chiusa del Reno, sulla tua Punto blu.
Ci penserà la primavera a far dimenticare
quello che meglio è dimenticare.
Guarderemo l’acqua che scorre, ti terrò la mano
stretta dentro la mia, dimenticherò
che passerai, che passerò, che ci saranno
lacrime, che ci disperderà, seminati altrove.
La primavera s’incaricherà dei sorrisi, forse
ci saranno baci, di certo parole luminose, abbracci
forti come promesse. Ci penserà la primavera.
Ma ora fermo tutto qui, prima che passi, prima
che scompaia, prima che la tua mano esca dalla mia.


***

Tenersi tra le labbra

Niente è più religioso di questo
tenersi tra le labbra
chiamarsi per nome, guardare
il luccichio di un improvviso
smarrimento, un balbettio, il
raggio di una promessa.

Rendere le orecchie aguzze come lupi
affamati, perché di questo
si tratta, di una fame chiara.

Così tu ora mi tieni tra le labbra.


***

Le nere calze

Le nere calze docili nel vento
appese al tuo balcone, al giovane tormento
appese del mio giovane cuore
a lungo a lungo spio.

M'inebrio del morbido ondeggiare
nero delle tue calze al vento,
m'inebrio del mio segreto, di tanto inadeguato
ebbro sfinimento.


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                                                             ANNIBALE RAINONE



Annibale Rainone, napoletano, è docente di materie letterarie e dottore di ricerca in italianistica e giornalista. La poesia però non è affatto un mondo parralelo nel suo percorso artistico e creativo. La sua competenza in campo letterario gli permette escursioni in diversi ambiti artistici e di critica. Si contraddistingue per una ricerca accurata della fonte di ispirazione, attingendo sovente dal mondo classico figurazioni e storie. Una lieve ironia permea molte delle sue composizioni.


(Inediti)


Il giorno prima di conoscerci


Il giorno prima di conoscerci
Il cielo era nuvoloso e la mia voce rauca. Sulla provinciale il solito rumore d’automobile
Famigliare e questo cellulare
Colato sulle linee d’una mano

Il giorno prima di conoscerci
Affondammo nella pasta dei nostri toni col preciso taglio della verità che ci vien facile dire
Che ci doniamo in forme trasparenti
Di senso (e silenzi)

Il giorno prima di conoscerci
Il mondo fioriva acqua salata
E pazienza dal suo scapolare danzava (che tu la chiamasti nerbo, accumulo di tortura ed io
Calore di bacino

Il giorno prima di conoscerci
Fu tutto l’usato quotidiano di
Libri e cartoni, una banchina
Alata, minutaglia di scontrini
Parlanti, filatelia e Napolitalia

Il giorno prima di conoscerci
Fu il giorno prevedibile in cui non ci conoscemmo e, brevi
Poco più che telegrafici, ci si telefonò per rimandare oltre a
Domani

Il giorno prima di conoscerci
Fu un giorno lungo come sai
Sono i giorni innavigabili se
Non in groppa a un granchio
Di fiume o al braccio il ramo
D'una piffera, argine e suono

Il giorno prima di conoscerci
Facemmo al solito l’amore, un po’ io e un po’ tu, un po’ insieme, un po’ come ci viene e
Non mi dicesti “sogni d’oro” stavolta
(Era il bacio della buonanotte di mia madre da bambino)
Vedi, se non lo dici, è già alle porte in assedio il munifico
Edipo

Il giorno prima di conoscerci
Da una vita che ci conosciamo


***


Nuovi endecasillabi sciolti


1        Andare a Nuova York passando oltre
La roggia artificiale delle case
Rosse infino ai tetti de’ sobborghi
Nella piana avvallata che accerchia
5        La città blindata dal vetro ferro
Dei pingui ricchi – là la piana
Obesa accattona disadorna qui
Diafani e fiorenti allampanati
Mai avviliti, briosi intatti
10      Gl’invisibili upper class di Manhattan:
Hai presente quella dipintura
Del protocapitalismo, italiana
Dove il duomo stracca in ressa tutto –
Il palazzo di città, torri ed acque –
15      Su fondo piatto (livido o colorito
Non importa) contro il cielo e tu
Prendi per moneta il monumento
Il fondo per sostanza e dici quel
Mondo intero, e così dicendo vendi
20     Inconsci a venire? eurodollari
In cornice tra Manhattan e i matti
Poveri della piana io e mio padre
Eravamo in un sogno o
Stamani non ricordo. L’immagine
25     Al mattino si sa è veritiera
Porta al centro dove più frigge
Contraddizione, dove le antitesi
Ghiacciono per opposti fiati
Il vetro: da un lato l’alone dei
30     Beni, dall’altro il nembo sformato
Dei corpi abbarcati sotto quota al
Ciglio stradale, nel borro di case
D’un’altra York, la medesima gora
Molle e grondante d’una sega al

35     Plastico introversa sotto i jeans. 

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                                                                     ENZO REGA



Figura insigne di letterato, Enzo Rega, originario di Genova ma residente da lungo tempo a Palma Campania, in provincia di Napoli, è poeta, scrittore, saggista e critico letterario di grande spessore e cultura. Autore di diversi libri di poesia, di narrativa e di saggistica, è sovente invitato a convegni e rassegne letterarie in qualità di relatore. La sua poesia, come anche in certi casi la sua prosa, si fonda essenzialmente su una ricerca estetica del sentimento e delle connotazioni dell'uomo e della società negli ambiti storici e geografici.


Irene

Una mano in soccorso
a rimettere ordine e pulizia
in questa casa
ma non ancora nel cuore
dove vola la ragazza rondine
dove nuota la ragazza delfino
una mano scura anche se non
proprio ebano
ricorderai la mia passione per
le donne di colore
ieri portatrice di pace
capelli raccolti a treccine
risata da nera
sudore d’altre terre
pudore virgineo
di giovane madre
gli occhi bassi dietro le lenti
per queste stanze si aggirava la
ragazza nigeriana

(Da Indice dei luoghi, Edizioni Laceno, 2011)

***

La memoria dell'acqua

Che sanno più i nostri corpi dell’acqua
che furono (da cui vennero)
un giorno
      prima dei giorni?
Che sanno più dell’acqua-madre,
   dell’acqua respirata
          nel ventre materno?
Che sanno più di noi
   le acque che pure lavarono
        i nostri corpi?
Il mare del lido “Rosa”
dei sei anni
     dov’è
          cos’è
                cosa sa di me?
                    Ancora?
Eppure un giorno
uno scienziato nel suo laboratorio
contro il panta rei
   dimostrò
             che, è vero, l’acqua ha memoria:
da allora ogni giorno
interrogo la goccia
che riflette il mio viso
  e le chiedo (vorrei):
del mondo
cos’è che sai?

(Da Indice dei luoghi, Edizioni Laceno, 2011)

***

Non ho capito nulla

non ho capito nulla
allora come ora
ma anche tu te ne vai
e io scrivo
nelle orme che lasci

(Da Indice dei luoghi, Edizioni Laceno, 2011)


***

Haiku dei tempi incerti


1.
Piove nelle pozze già piene
e sembra l’acqua zampilli
dal basso all’alto:
come l’inverno che
         in primavera
                          riaffaccia


2.
Il sole riaffaccia
dalla nuvola bassa, la sfrangia
 e la corolla satura d’acqua riscalda,
      rialza il capo fuori di recidivo
           inverno                    il fiore



(inedito in volume)

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                                                                 IRENE SABETTA



Irene Sabetta, di Alatri, è un'altra Voce importante del panorma poetico attuale, non solo laziale ma nazionale, laddove è evidente che la poesia e il fare poetico, è un'attività che richiede impegno, studio, esperienza, conoscenza e immersione più o meno totale in questo mare magnum fatto di parole vive. Irene Sabetta ne è consapevole e per questo il suo talento letterario, apprezzato e riconosciuto, è coinvolgente e prezioso. La sua poesia denota una grande sensibilità nei confronti della vita e del consesso civile, traendo spunti e valori di riferimento dal mondo e dalla cultura classica.


(Inediti)

Co-vidi

Opportunità ignorate di bontà immensa e irriconoscibile.
Non noi ma quelli che verranno stenderanno tappeti rossi.
Noi calpestiamo le ossa di giornate sdraiate
cercando di non svegliare la sfortuna,
passando piano da una stanza all’altra
da un canale all’altro
mentre le cose che non esistono continuano a sparire:
la paura del gesto inconsulto, l’abito sbagliato, il saluto non dato.
Adamo sarà nostro figlio e non navigherà nell’oro.
Abbiamo dormito male e sognato peggio ma il risveglio è un salto da fare.
Sentiremo i rami bussare alle finestre e apriremo la porta ai cani randagi.
I pensieri balzeranno incontro all’esperienza
come Tarzan da una liana all’altra
e sapere di non sapere ci farà felici
perché in un attimo l’incubo ci sveglierà.


***

La sfinge e il muro

La clessidra orizzontale
perde sabbia
nella piana di Giza
e la sfinge sfinita
ha dimenticato tutte le domande.
Alle porte di Tebe
Edipo si batte il petto
e rifiuta il mito di se stesso.
Dalle piramidi al muro di Berlino
lo scarabeo eterno
risale le dune del deserto
e porta in giro l’unica risposta
a forma della sua corazza.
Dono esponenziale                 
custodito nel buio dell’invisibile
formula magica
capovolta ai confini del caos
attrattore strano
di sistemi dinamici che non si evolvono
di civiltà sepolte da riesumare
di complessa materia da sintetizzare.


***


Ore 18.00

La risoluzione magnetica
registra aumento e diminuzione
e il compito di dire accende la corteccia
ma lo sforzo involontario che corruga la fronte
accompagna la necessità
ed il superfluo distruggendo insegna.
Il metodo è essenziale alla parola.
Epilessia bloccata di inalterabili funzioni
per aiutare medico e malato
ad ascoltare la voce di un neurone.
Frequenze variabili, segnali fluttuanti
dal cuore al cervello alla balaustra.


***

Light in May

Nel prato di maggio
ho trovato nascosto
un fiore sotterraneo.
Nella cripta luminosa
la luce proietta da oriente
l’immagine di un dio
che viene.
Nel libro aperto dei muri affrescati
angeli tristi
sospendono il giudizio
e ripudiano il volo.
Con le ali abbassate
il dono delle stelle nere
è nelle loro mani.
Vivremo sempre
o non vivremo affatto.
Eppure a luci spente
è  facile e sensato
scorgere nella cripta un chiarore
d’arte o di fuoco
che emana dal muro

e ci accompagna allo scoperto.

____________________________________________________________________

                                                          PATRIZIA STEFANELLI



Una Voce importante nel panorama letterario laziale e nazionale è Patrizia Stefanelli, sia per lo spessore del suo talento poetico, sia per la competenza e l'impegno profusi nell'organizzare eventi letterari rinomati, come il prestigioso Premio Mimesis, di cui è direttrice artistica. La sua poesia si connota per una profonda ricerca della dimensione umana e della memoria, con un andamento lirico di rara freschezza e icasticità.



(Inediti)


Nosce te ipsum

Flebile voce nell’aria della stanza;
non è la stessa di tanto tempo fa.

Ai quattro angoli (ancora?) grani di sale
per inquiete creature(1) che ridendo
di noi vengono, poeti della notte.
È acuto lampo il risveglio d’improvviso.
Sulle pareti chiazze di luna mobili
all’agitarsi della luce cercate.

Ci custodisce il sogno inganni o riporta
come l’ubriaca coscienza dopo il vino?

Qualcuno ha detto un nome. Ringhia un boato
dietro ai vetri, uno scroscio d’acqua percuote,
rimbalza su ogni superficie d’intorno.
Non più discerne ingegno il punto da cui
mosse, né quello cui tende, e sorda è l’arte.
Che ci soccorra il cuore di un vate o un lume!

Richiama la ragione il coro dei saggi
che è sacra corte disposta per sentenza.
Hai perso ancora e questa è la tua condanna:
Per mille giorni e mille, terrai serrate
tra le tue labbra bugie e identità.
Chiarità avrà la voce. Nosce te ipsum.

(1) janare o streghe


***

Caffè con Zeichen 2013

Veniva ciondolando nel cappotto
un po’ in ritardo al nostro appuntamento.

Nella Piazza del Popolo i gabbiani
scandivano i minuti divorandoli.

Fu antipatico, subito, quel modo
insofferente
del bavero alzato,
della sua stoffa consumata.
– Caffè? Sì. Un caffè.

Dettò presto le regole:
il bar, il tempo, due gazzose.

Pochi capelli, affanno, tenerezza,
occhiali senza stanghe in equilibrio
e gli occhi bassi
per radi versi. Come dirgli
della barca di Fiume
profuga – anch’essa – e fiera?

Tacqui
quando alzandosi chiese
tre passi indietro in pegno
e il vento secco della sera.


***

Alterata visione d’interno intorno al nulla

Al penetrare nella stanza il passo
si lascia andare, non avanza, cede
a lusinghe di luce sulla porta.
Indietreggiare è logico. E serrare pupille?
(guadagnano i contorni).

L’intuito orienta allo scaffale in alto;
a destra il mio racconto, tra Borges e Celine,
che una mano ha spostato.

Nel buio un verso obliquo:
una pagina stacca lo sguardo, agita
il fondo di un abisso.

Sono stata l’autrice di un titolo improbabile:
“Bio-logico” (lo strappo è orizzontale).
Magia delle parole, sostanza di negata
voglia di dire e dire della vita
il logico del nulla che ci resta.

Non c’è mai stato un mio racconto in alto
a destra, e non c’è Borges né Celine.
Non sono nella stanza?

***

La consegna

Chiede luce l’altare dei giusti:
si smiracola il sangue di Cristo.
Nelle chiese ristagna l’odore
delle stesse candele:
a Isfahan  per l’offerta ad un Wali,
qui per martiri chiusi alle teche.

Della vita dell’uomo,
che alla morte consegna il peccato,
resta polvere bianca e un vestito
– ed è questa fortuna –
che nel tempo a brandelli marcisce.

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                                                              PAOLA VENEZIA



Creativa a tutto tondo, Paola Venezia, di origini milanesi, spazia in vari ambiti artistici profondendo con impegno, serietà, entusiasmo e competenza il suo talento. L'arte va condivisa, e non bisogna mai tenerla in letargo: Paola Venezia ci avvolge delicatamente con la sua bellezza creativa e ci rende migliori. In poesia, ama la tradizionale ed elegante forma dell'Haiku, riflessioni luminose e profonde che adornano il nostro intelletto e il nostro cuore.


(Haiku da L'immenso è semplice, RPlibri, 2017)


Malinconia
si adagia sul letto
Notte di grilli

*
Bella la luna
Compagna apolide
di solitudini

*
Ho rose bianche
a guadarmi dal vetro
Mi farò bella

*
Un po’ di luna
entra dalla finestra
Lo so che lei sa

*
Tra gli alberi
L’alba tocco di cipria
al nuovo giorno


***

(Haiku inediti)

Un coro gospel
Il ronzio d’ api
si fa preghiera

*
Sulla lavagna
La polvere di gesso
ed una data

*
Giorno uggioso
Nella piazza solo io
ed un piccione

*
Stamani piove
Tre nuove rose gialle
se ne fregano

*
Pioggia sottile
Aiuterà la luna
a ricordare


***

(Testi poetici inediti)


L'arroganza
ha bretelle
sfilacciate
Tra pantaloni
caduti
un gatto
si addormenta
e dimentica

*

mi uggia
quest'aria
grigia
che sa
di non so
senza siepi
a dividere
pensieri
confusi
tra capelli
e cielo

*

se ci fossero parole chiare
accetterei la schiuma
quella dell’onda
che infrange il silenzio
e lava i cuori disegnati con il dito
o con il bastone

se ci fossero parole chiare
mi perderei tra loro fiduciosa
come un nido tra i rami in primavera
che ha atteso muto e senza riparo

se ci fossero parole chiare
non mi spaventerebbero i silenzi

*


Lei
Indossava
le sue storie di seta
ne riprendeva i ricami
allargava stringeva
aggiustava gli orli
qualche volta
le sbottonava
le riponeva
in un cassetto
stirate
Lei

_____________________________________________________________________

NOTE SUGLI AUTORI


Paola Di Gennaro

Paola Di Gennaro è nata a Napoli, dove insegna letteratura inglese. Ha vissuto a Londra, Tokyo e Parigi. Ha pubblicato studi critici di letteratura europea e giapponese, traduzioni e racconti. Tra le sue pubblicazioni accademiche, le monografie Walk in Progress. La ricerca dello straordinario in Bruce Chatwin (2009) e Wandering through Guilt. The Cain Archetype in the Twentieth-Century Novel (2015). Del 2010 è la sua raccolta di poesie in lingua inglese Destiny Please, apparsa nel volume Poetry Pieces of Europe e nella rivista berlinese Sand. Nel 2014 è stata finalista al concorso di poesia POPSciencePoetry. Altre poesie sono apparse in riviste, quotidiani, volumi e blog letterari. Nel 2016 è stata impegnata nel Laboratorio di poesia organizzato dalla Fondazione Premio Napoli nel carcere di Secondigliano, seguito dalla pubblicazione del volume Poeti da Secondigliano, e nel 2017 sempre per il Premio Napoli ha partecipato alla rassegna “Poeti di Napoli. I giovani leggono i classici”. Nel 2017 è uscita la sua raccolta di poesie Ancora storia (Zona contemporanea).


Francesco Filia

Francesco Filia vive a Napoli, dov’è nato nel 1973. Insegna filosofia e storia in un liceo cittadino. Si interessa prevalentemente di filosofia, poesia e critica letteraria. Sue poesie e note critiche sono presenti in numerose riviste e antologie. Ha pubblicato i poemi Il margine di una città (Il Laboratorio, 2008); La neve (Fara, 2012), vincitore e finalista di diversi premi nazionali; La zona rossa (Il Laboratorio, 2015, con prefazione di Aldo Masullo); la plaquette L’inizio rimasto (Il laboratorio, 2017) e le raccolte Parole per la resa (CartaCanta, 2017) e L’ora stabilita (Fara, 2019). È redattore di Poetarumsilva.


Giorgio Moio

Poeta (verbovisuale) nasce a Quarto (NA) nel 1959. Già redattore di Altri Termini e di Oltranza (di quest’ultima è anche tra i fondatori e si deve a lui la denominazione), già direttore editoriale delle Edizioni Riccardi, nel ’98, anno in cui inizia a partecipare a mostre collettive di poesia visuale (una sessantina fino ad oggi), fonda e dirige, per la suddetta Casa Editrice, la rivista Risvolti, cessata al 23° numero. Attulmente collabora a diverse riviste, anche come critico letterario e saggista, assiduamente al magazine on line Cinque Colonne e alla webzine Malacoda, e cura la rivista cartacea Frequenze Poetiche. Presente in volumi collettanei, antologie, cataloghi d’arte e siti web, ha curato e partecipato ad eventi culturali, convegni, letture di poesia. Nel 2020, presso lo “Spazio Arte” di Anna Boschi di Castel S. Pietro (BO), Gian Paolo Roffi ha curato e introdotto la sua prima mostra personale, Segni sparsi e dispersi. Dal 1989 ha pubblicato undici volumi di poesia, tre di prosa; uno di aforismi, due di haiku e due di saggistica.


Giovanni Perri

Giovanni Perri è nato a Napoli nel 1972. Ha conseguito la laurea in lettere moderne con una tesi in storia dell’arte medievale. Fa parte della redazione di Bibbia d'Asfalto – Poesia urbana e autostradale e di Inverso – Giornale di poesia, collabora a Menabò quadrimestrale internazionale di cultura poetica e letteraria. Nel 2017 ha pubblicato e mi domando la specie dei sogni, sua prima raccolta di poesie, per le edizioni Terra d’ulivi. Partecipa a vari concorsi letterari di rilievo nazionale vincendo nel 2013 il “Premio Rolando”; nel 2016 il premio “Le trame di Neith”; nel 2018 il premio (indetto da Guida Editore) “Poesia a Napoli”; il “Premio speciale I ponti dell’arte”; il premio “Autore del territorio” al concorso Città di Sant’Anastasia  e il “Premio speciale Città di Conza della Campania”; nel 2019 il primo premio poesia inedita al concorso “L’Iguana – Anna Maria Ortese”. È presente in diverse riviste e antologie. Alcuni suoi testi sono stati tradotti in spagnolo. Cifrario dell’invisibile del 2019 è, sempre per Terra d’Ulivi edizioni, la sua seconda raccolta di poesie.


Paolo Polvani

Paolo Polvani è nato nel 1951 a Barletta, dove vive. Ha pubblicato diversi libri di poesia, ultimi dei quali: Una fame chiara, Terra d’ulivi edizioni, 2014; Cucine abitabili, MR editori, 2014; Il mondo come un clamoroso errore, Pietre vive, 2017. È tra i fondatori e redattori della fanzine on line Versante ripido.
Alcune sue  poesie sono state tradotte in inglese, spagnolo, portoghese, romeno, giapponese.


Annibale Rainone

Annibale Rainone (Terni 1975) è docente di materie letterarie in San Giorgio a Cremano, dottore di ricerca in Italianistica e giornalista pubblicista. Tra gli altri scritti, un mannello di recensioni teatrali raccolte in Udire spari, per le Edizioni Sinestesie nel 2012, e un’antologia di componimenti in versi e in prosa titolata I baci tra i poveri, edita da La Vita Felice, quattro anni più tardi. Presso Oèdipus Edizioni è in lettura il suo ultimo lavoro, Naturae.


Enzo Rega

Enzo Rega, nato a Genova nel 1958, risiede a Palma Campania (Napoli). Ha vissuto anche a Bergamo e a Siracusa. Laureato in Filosofia a Napoli con una tesi su “Heidegger interprete di Nietzsche”, si interessa di filosofia, letteratura, cinema, critica della cultura. Ha collaborato con l’Università di Salerno e il “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Redattore di “Gradiva” (New York) e di “Levania” (Napoli), scrive per “L'Indice”, “Poesia”, “Capoverso”, “America Oggi”. Ha pubblicato di narrativa: Le albe inutili (C.E. Menna, Avellino 1980), Due volte futuro (Michelangelo 1915 Editore, Palma Campania, 2010) e La linea dei passi (Edizioni Helicon, Poppi (Arezzo), 2019; di poesia: Acroniche angolazioni (Forum, Forlì 1982), Ishtar (Scuderi, Avellino 2003) e Indice dei luoghi, Edizioni Laceno, Atripalda, (Avellino) 2011; di saggistica: Berlino e dintorni. Arte, cultura e vita nel Novecento (Edizioni Il Grappolo, S. Severino, Sa, 2001), A colloquio con i poeti (con Carlangelo Mauro, Stango Editore, Roma 2003); Il cinema come fenomeno sociale (con Pasquale Gerardo Santella, Loffredo, Napoli 2005), La coscienza dell’utopia. Vincenzio Russo, giacobino napoletano, l'arca e l'arco, Nola (Napoli) 2011; Derive mediterranee. Immagini letterarie da Napoli all’altra sponda (ivi, 2012). A partire dal 2014 ha pubblicato una serie di manuali scolastici di Scienze Umane con la Zanichelli di Bologna.


Irene Sabetta

Irene Sabetta vive ad Alatri dove insegna inglese al liceo. Le sue poesie sono presenti in diverse antologie curate da vari editori (LietoColle, Poetikanten, Aletti, Il Foglio Clandestino, Bertoni, La Recherche). Nel 2018 ha pubblicato la plaquette Inconcludendo (Ediz. Escamontage) e ha ricevuto una menzione d’onore al premio Lorenzo Montano per la prosa Sogno horror. Nel 2019 la sua raccolta inedita Nomi cose città ha ricevuto una segnalazione, sempre al Premio Montano. Suoi testi sparsi si trovano sulla rete (Poetarum Silva, Patrialetteratura, Neobar, I poeti del parco, Il giardino dei poeti, Peripli, Formafluens). Collabora con il sito Atlante delle residenze creative di Tiziana Colusso ed è presente nel volume Residenze e Resistenze creative (Ediz. Luoghi Interiori) con un saggio sullo studio di F. Bacon. Partecipa a reading e a maratone poetiche.


Patrizia Stefanelli

Laureata in DAMS, direttrice artistica del Premio Nazionale Mimesis di poesia, e del Premio Internazionale Modernità in metrica. Per il teatro ha scritto e diretto le commedie: Non scherzare con il morto; Tre tazze e una zuppiera; Qui si sana?; Il mistero di Don Giovanni; Cantando il tempo che fu e Il Braciere dell’arte. Nel 2014 ha pubblicato, con la prefazione del Prof. Nazario Pardini, la silloge Guardami, e nel 2015 Rosanero (Primo Premio al Certamen Apollinare Poeticum). È membro di giurie letterarie ed è presente in antologie di poesia e critica tra cui i preziosi volumi Il Padre e Lettura di autori contemporanei (II, III e IV) di N. Pardini, Quaderni di Salerno Letteratura a cura di F. Durante. Sue poesie sono state studiate dalla Prof.ssa Ada Boubara per il convegno Internazionale L’Italianistica del terzo millennio -Università di Skopije 2019. Ha ricevuto riconoscimenti per Meriti Culturali dal premio Thesaurus e dall’Ass. Cult. La Nuova Musa; Il Riconoscimento di Alta Onorificenza Culturale per la poesia al Festival Internazionale Comune di Letino. Ospite del Festival delle due rive - Marocco 2017 e del Festival Internazionale Salerno Letteratura 2019. Sito del Premio: http://mimesis.over-blog.com/



Paola Venezia

Paola Venezia è nata a Milano nel 1958, ma ha vissuto buona parte della sua vita in Toscana, luogo in cui ha sviluppato l’amore per ogni tipo di espressione artistica: dall’arte figurativa, alla letteratura e alla poesia, la fotografia ed altro ancora. Appassionata di arti cartarie ha partecipato con le sue opere a mostre personali e collettive, in Italia e all’estero.
Il profondo interesse per la poesia, la porta nel mondo degli Haiku e ne rimane affascinata, tanto da usarne la scrittura quotidiana come esercizio di vita. I suoi haiku sono presenti in varie pubblicazioni e raccolte.
Nel 2017 esce il suo primo libro di haiku intitolato L’immenso è semplice a cura della casa editrice RPlibri, una raccolta di haiku dedicati alla gioia e alla meraviglia, alla necessità di arrivare all’essenza delle cose.
È Arteterapeuta ad indirizzo psicodinamico. Svolge l’attività presso Centri per Disabili, e ovunque ci sia necessità di esprimersi. Arte e poesia sono per lei, in egual misura, strumenti di cura e sostegno. E sottolinea quanto l’avvicinamento alla pratica haiku sia fonte di crescita e valorizzazione per chiunque.





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