Introduzione
Ma potrà,
finalmente, la bellezza, e quindi la poesia, salvare il mondo, parafrasando
Dostoevskij? L’interrogativo, anche qui, rimarrà senza risposta, né affermativa
né negativa, lasciando a tutti gli uomini di buona volontà uno spiraglio di
speranza e di fede, sempre che la bellezza, nei termini più ampi del suo
significato, possa includere anche la poesia! E per bellezza in poesia,
intenderei qui almeno il tentativo di porgere all’umanità intera un messaggio
ottimista di fratellanza universale, di apertura al confronto fra tutte le
culture, nella solarità e nella bellezza, appunto, del creato che ci accoglie,
ci nutre e ci avvolge maternamente. E questo, naturalmente, al di là del fatto
tecnico, e cioè dello stile, della forma e del valore letterario della poesia:
guardiamo in questo caso al contenuto, che è proposta di amore e di
uguaglianza, di pace e di serena e condivisibile prosperità a tutte le
latitudini.
Utopia?
Certamente sì. La poesia, come tutte le espressioni artistiche, non salverà
certamente il mondo! Il quale andrà avanti comunque, seguirà il suo cosiddetto
destino attraversando splendori e decadenze, catastrofi e periodi di prosperità.
Anche se, considerati i tempi attuali, non sembra proprio che la nostra civiltà
globale possa avere qualche pur minima velleità di risalire la china, di avere
e di godere finalmente di qualche sprazzo di bene-essere, di illuminato
convivere universale…
Ma la
poesia continuerà anch’essa a mostrarci timidamente qualche spiraglio di
umanità. nonostante tutto, ingenuamente ma anche in modo disperatamente
caparbio, quasi fosse fluido umorale perennemente in movimento, da un’anima
all’altra, da una cultura all’altra, da un tempo all’altro. La penna del poeta
traccerà sempre nuove strade, o almeno riproporrà quelle vecchie, ben
lastricate di parole essenziali e sempre vive, le uniche forse in grado di
farci raggiungere mete, sogni e orizzonti condivisibili di buona umanità.
E dunque
per questi motivi, creiamo un legame ideale ma di forte intesa emotiva, anche
qui in questa sede antologica, per dare il nostro modestissimo contributo alla
riedificazione morale, etica e sociale di una possibile nuova umanità.
Ringrazio quindi i dieci Autori di questo volume, dieci Poeti importanti, che con il loro contributo prezioso aggiungono valore e speranza, luce e nuovi sogni a questa odierna società globale così ancora alla deriva, sotto tanti aspetti umani e culturali!
Giuseppe
Vetromile
MAURA BALDINI
Maura Baldini è una di quelle rare poetesse che riesce a sorprendere e ad entusiasmare il lettore con i suoi versi, che senz’altro si distinguono per l’evidenza della loro potenzialità espressiva e per lo stile originale e personale, il che denota una frequentazione del mondo letterario e poetico non solo alimentato da innate ispirazioni e talenti creativi, ma anche da una ricerca seria ed approfondita della tecnica di base. La Baldini dimostra inoltre una grande sensibilità nei confronti della realtà circostante, avvertendone la sofferenza in tanti ambiti sociali, e il degrado sempre più accentuato. Un dolore che si riverbera in versi asciutti e decisi: “Eravamo lì, a insanguinare la neve”.
C’è
un calco diverso nello sguardo tuo che ho inventato
pensando
di reinventare il mondo, di stralunare ogni cosa.
Sillabare
per ore nella pupilla, non certo per offrir simulacri
o
vene satolle di gesso, ma per cederti l’innocenza dell’essere
nel
qui del tempo, esposti, noi due, all’osmosi di ogni incontro,
reciso
il laccio dell’idea, animati da innominabile sentire.
***
La rosa di Kiev
Siamo
stati qui:
la
neve
un
patto di silenzio
fra
l’inizio e la fine,
a
scrivere il tempo
su
bufere di suono,
senza
occhi
senza
mani,
scomparse
le bocche
fra
denti da latte.
Siamo
stati qui
dove
la terra ci copre
dei
frutti del gelo.
Ci
siamo nascosti
tra
i fili d’erba
ma
il danno è lo specchio
della
menzogna.
Eravamo
lì
a
insanguinare la neve
a
sgelare la rosa
perdere
calore noi
per
darlo alla rosa
che
tanto muore lo stesso
del
veto di salvezza.
Un
canto di bambino
sfarfalla
sopra il fuoco:
e
in un volo siamo qui
siamo
sempre stati qui
ché
restare non ha dove –
è
il poeta che lo dice.
Ma
il tempo adesso è finito
e
ancora siamo qui:
rosso tappeto al
disgelo.
***
Si
vive e si muore di notti che abbagliano
lungo
i sentieri del cielo, sotto laghi di stelle
come
cormorani che lambiscono le rupi,
e
rose a macerare, l’acqua in rapimento tramutano.
Dovremmo
sgranare la corniola fra le dita dei fiumi.
Invece
viviamo e moriamo in un dettaglio
che
spezza, ineluttabile, l’unità del cielo.
***
Vedere
tutto
quando
nel fuoco
la
pelle trema
e
gli angeli
nelle
mani
ardono
l’amigdala.
Vedere
tutto
Quando
il corpo-tempio
è
ormai disabitato.
E
chiedersi allora
dove
ripara l’anima
che
svelta scompare
in
un soffio
e
dice:
bevetene
ancora
di
questa bellezza,
lasciate
il dolore
alle
ossa –
e
non raccogliete
la
polvere che vi faceva –
è
ora, nella dissoluzione,
che
ogni cosa l’invisibile risuona.
***
Fatalità
del cerchio:
in
viso si legge il dito
inseguire
circonferenze
e
rivivere ogni istante
in
questo tempo terrestre
clessidra
di anime.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
NUNZIO BUONO
Una poesia povera
Ma
è ancora un giorno il tuo ricordo.
Il
dilavarsi dell’ombra sopra i muri
questo
tornare
nel
desiderio di un pensiero.
E
potevi accadere
in
un giorno di pioggia, una sola goccia
una
nota gentile
per
la mia destinazione.
Ti
lascio
questa
mia poesia, povera di voce
mentre
lo sguardo resta in sottrazione
tra
i roseti e la palude.
Ti
ascolto
con
gli occhi che disegnano parole
nell’aria
di Settembre.
C’è
nebbia, un canto e tu
che te ne vai tornando.
***
Se rimani
Mi fermo nelle virgole dove leggo e
torno.
Mi avvicino a te se ti scrivo.
Quando il filo azzurro ripercorre il
tuo pensiero
il mio pensiero si fa luce.
Mi accompagni.
Tra le vie ci guarda il silenzio delle cose
e cammino sui tuoi passi. Abbiamo
riso sotto il portico.
Ho baciato il tuo viso di pioggia; tu
le mie parole non dette.
Qualcuno ha parlato, forse
ma eravamo altrove, io da te tu da me.
In ogni volto dei minuti si fa sera e
si fa notte ogni giorno.
Poi si resta a fingersi un riflesso
a filo d'acqua come le zanzare, un
volo
e dal riverbero si nasce per morire
senza sosta.
Siamo l'eco dopo il punto
e tutto si ripete se
rimani.
***
L’eternità della luce
Qui
ti vorrei
in
questo spazio di non tempo
quando
matura il silenzio dell'autunno
e
le foglie si parlano nei colori della pioggia
a
sconfinare nell'ultimo Settembre.
Ti
vorrei qui
nella
casa dei ricordi a rileggerci
per
dimenticare la voce
di
una luce spenta.
Come
petali
di
un solo stelo che trafigge il buio
a
viverci l'insipienza della vita.
Quando
la vita
era
un tempo non tempo
di
ore, fiori, rami e di noi
sotto
l'ombra di un sole
a
spigolare l’infinito.
***
Sottovento
Ora,
che
appesa la lampada, ha spento la sera
e
l’ombra barcolla, nel giardino sotto il vento.
La
tua voce fa eco al mio sentire.
In
quel tutto rimasto, mi ritrovo
nell’ordine
dei giorni.
Mi
dicevo e mi dicevi:
“vedi?
i bambini non hanno il peso del tempo
sono
lievi molecole di cielo”.
Padre
ho
raccolto i miei
tra
i tuoi passi sparsi, qua e là tra i ricordi.
Dipinto
un sole a metà
tra
il vedo e il non vedo
ho
tradotto le tue rughe sul mio viso.
Mi
sono fatto padre anch’io
per conoscermi nel tuo amore.
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ALESSANDRA CALLEGARI
Una voce emergente e molto interessante, già in grado di farsi notare e apprezzare per la validità del suo dettato poetico, è senz’altro quella della giovane Alessandra Callegari, di origini campane ma residente per lavoro a Bracciano. Gli studi classici hanno contribuito alla sua robusta formazione letteraria, ma è evidente che la poesia, la buona poesia, ha trovato in lei una innata e illuminata predisposizione. Il suo excursus poetico ha un’impronta nettamente personale, generalmente concentrato, come si può notare dai versi che seguono, su argomenti legati all’ambiente e ai valori paesaggistici e storico-geografici. I testi, piuttosto lunghi ma incisivi, sono un canto accorato, un invito a riconsiderare elementi, memorie e sentimenti fondamentali per una umanità più consapevole e sana.
XXVII.
LUCANIA
“[…] nessuno rivolta una
pietra per non inorridire.”
Venite ancora a cantare l’alba
di queste cime disonorate.
Venite, con le mani incerte
di muschio e rosari ramati
a cantare lo spirito panevo
Ove del pianto della bocca s’è fatto
rito
Che conserva sotto chiave
L’umana lucida isteria.
Tornate alle case ad assaporare il
silenzio
Odoroso di fuligginose pignate,
non è solo lirica il pane palpitante
Tornate alle lente vie frantumate,
braccia raggrinzite dai civili
lastricati,
noi non sappiamo più osservare il buio.
Tornate a desiderare la pena
– la speranza –
di un uomo che fiorisce.
(da Afonia diurna – esercizi
letterari, Rogiosi editore, 2020)
***
XXV.
PARTENZA
Mi passeggia accanto l’aria stinta di
una stagione
che va congedandosi sulle tue chiome.
Eppure, ancora, il corpo non s’appaga:
freme la giovane carne, s’affanna.
M’abita il petto uno spettro
irrequieto
mai sazio di memorie native né di
parole
ignare del tuo amore
che disonorevolmente rifuggo
come chi diserta i fratelli di
battaglia
per l’orrida verità.
un
distinto vagare tra i volti;
continuerà
la tua vita,
pur
dolente nell’abbandono,
continuerà.
O Notte d’ottobre sospendi il tuo
incedere!
Lascia ancora che novembre riposi sulle
alte rocce
all’ombra dell’ultimo solletico estivo,
o che dorma sugl’irti ricordi.
Bendatemi gli occhi!
Per non guardare gli spasmi degli
affetti
né lasciare che parli lo spettro
ancora
di come sia inesperto il desiderio,
divelta la radice.
Altri lidi, altri venti
un distinto vagare tra i volti;
continuerà la tua vita,
pur dolente nell’abbandono,
continuerà.
Ma questi sono gli anni, ma questa è la
vita:
un rapido
gioco d’infanzia e poi
la corsa violenta
sui nostri corpi.
(da Afonia diurna – esercizi
letterari, Rogiosi editore, 2020)
***
XIV.
QUASIMODO
E come potevamo noi amarci
Con il gelo nel cuore
E le membra tremanti
Sconvolte dal passato;
E come potevamo noi cercarci
Con generosità e pudore
Quando siamo gettati in un’arena
Con corpi vellutati, puliti, perfetti.
Mi strazio l’anima
Mi strappo gli occhi
Urlo l’indifferenza che bevo
Dalle parole;
E come potevamo noi dimenticarci
Di essere noi
Noi, che viviamo adesso
E non ci interessa null’altro
Che la frenesia di un vivere
pubblicitario.
Addio, sparisco qui,
mi scopro ancora viva
ma
innamorata dell’indifferenza del secolo
del simbolico.
(da Afonia diurna – esercizi
letterari, Rogiosi editore, 2020)
MARISA CARELLI
È una poesia dirompente, quella di Marisa Carelli, da Acquaviva delle Fonti, nota località in provincia di Bari. Autrice di un’ottima raccolta poetica edita recentemente da RPlibri, la nostra poetessa si distingue dunque per questi versi decisi, ben costruiti, che veicolano in sé un progetto di apertura a più ampi orizzonti, pur nella consapevolezza che bisogna recuperare, andando a ritroso, tutte le positività perdute lungo una vita complicata e ardua da rinnovare: “il premio è la sanzione del mutare”. Ma la poesia è forza motrice che induce al cambiamento a tutti i costi, nella prospettiva di un miglioramento progressivo e generale, perché: “Una fisarmonica /che suona chiusa / è il sonno. / Si spalanca ed è / divinazione / imparare ad amarsi”.
Si potrebbe pianificare una fuga
solare,
un appuntamento col raggio di luce,
nell’altrove, in un luogo non tuo:
un sasso, un punto, il prato battuto
che si apre nei suoi fili d’erba.
Il premio è la sanzione del mutare.
***
Figlie: ci sogni bambine, dici: «È
bello così».
Avrei voluto spiegarti che a me piace
ora
il timbro delle nostre voci o che il
passato
non si perde, fa da scivolo al
presente,
sullo sterno fra i seni come fra le
valli,
giù dai dorsi. O che la rosa va
sfogliata
dei suoi petali per sentire che rinasce
quando non t’aspetti sullo stelo
paradigma
e la ritrovi memoria in punta di dita.
Ma il non detto è una risalita al
contrario,
su per spine-gradini dove tu
ti imbatti ancora in te.
***
Dove si fa giorno
a ogni paesaggio,
in te sia il suo risveglio.
Chiedi,
come Hegel sulle Alpi,
in che modo maturano i formaggi
e non dimenticare l’aurora.
Dai figli non pretendere
che a sé vogliano bene
indifferenti a strade,
aeroporti o ferrovie.
Perché talvolta chi
si strania
lo rimette al mondo
una piana,
le dolci colline,
le grida di montagne.
che
suona chiusa
è
il sonno.
Si
spalanca ed è
divinazione
imparare
ad amarsi.
***
a Paul Cézanne
Somiglia
a un distributore rotto
la
vita quando rigetta
monete
commemorative
e
non offre coni industriali
di
zucchero avvolti d’azzurro
a
far risaltare il bianco.
Credimi,
però, se ti dico che talvolta
le
case diventano cubi e le montagne
lenzuola,
lastroni d’alabastro.
Di
luce, di colore
persino
il buio torna
al suo stato nascente.
***
Sono nata con le mani strette
nella più mistica delle preghiere:
non chiedete per me
disegni dal futuro.
Cresciuta a ritroso,
mi sono fatta compasso
leggera su una bici
o cercando gli orari
dei tram per il rientro.
Ora torno a nutrirmi del petto,
un tronco che viene dal ramo.
(Fino allo scheletro della foglia
si affacciano queste parole.
Fino a te che leggi, in controluce).
(da Il curriculum dell’introspettivo, RPlibri, 2023)
IRENE CARLEVALE
Artista a tutto tondo, Irene Carlevale, da Frosinone, propone un interessante saggio della sua considerevole produzione letteraria. In lei la creatività prende forma nei molteplici aspetti e tecniche espressive tra le più interessanti ed attuali, come l’arte visiva, la fotografia e, soprattutto, la performance poetica. In tutto questo, si avvale di una professionalità ed una esperienza in campo molto robusta. La sua poesia è tagliente, incisiva, dai contenuti forti e schietti, a volte ironica e addirittura sarcastica. Ma proprio per questo, riesce a svellere ogni conformismo e ambiguità, ogni forma di melensaggine e di superficiale assuefazione. La poesia è anche questo, scuotimento e denuncia, e Irene Carlevale sa essere diretta, in ogni ambito sociale, storico e persino politico.
Qualche
comunista secondo te ha letto Marx?
Un rappresentante ben posizionato nel
mondo dell’arte contemporanea asserisce
è
il muro funzionale al quadro, non il contrario…
Non ho il coraggio di dirgli che mio
nonno era un muratore, me ne vado poco
[ convinta.
Qualche giorno dopo mi monta la rabbia,
per calmarmi prendo in prestito le parole
[ di Beuys
siamo
tutti artisti.
L’arte borghese mi dà la nausea.
L’arte in generale mi dà la nausea.
Chi ha scritto la Storia?
Le donne dove erano, nella stanza tutta
per sé?
La rabbia spinge un pensiero
divergente, purtroppo assente nell’establishment delle mostre contemporanee in
giro per il mondo.
Sguardo
sulla follia. Com’è affascinante!
Eppure nessuno è mai stato folle
davvero.
Riempiono le sale del Chiostro a 18
euro al chilo.
Ci sarebbe da boicottare la
contemporaneità.
***
La malattia denuncia
se stessa.
E non è detto che si
trovi un colpevole.
Infatti, mal sopporto
le ingiustizie.
Questo è tutto ciò
che resta.
***
Io non credo ai miracoli.
Ci vuole un passaggio
una lanterna che scuota
l’oscurità.
E divenire
– argomentando –
la trasformazione.
(da Poesie
per un girasole, Controluna edizioni, 2021)
***
Come averti addosso, io sì che saprei farlo.
Ti rivestirei di carta straccia
e insaponerei le parti smunte.
La suppellettile visione
andrebbe ad incastonarsi ai tuoi pensieri
se fosse vero che non mi ami
avresti pure impartito come una gioia soffusa
il bisogno di redimere la parte assente
che oltre ad elargire premi per il dopo festival
se ne andrebbe non in giro
ad acchiappare farfalle
ma in supremazia assoluta
a dipingere le strade
dei nostri passi inventati.
Chiaro che mentre tu arriverai al pontile
io sarò già stata lì tre quattro volte
e pure ti avrò già atteso tutta la notte
per ritrovarti al mattino
che avrò già trascorso tutto
per mentire su come ho passato la giornata.
E mentre tu arrivando
sognerai di me che non ci sono
io non ci sarò davvero
e non mi laverò il volto quando uscendo
sarò già stata sull’uscio del tuo schiaffo
perché a rincontrarti non a caso
per le strade della notte
tu mi avrai nel frattempo incrociata
per destinarmi alla fine della tua vita.
E a quella fine io ci sarò già arrivata
soffiando controvento lo sputo
del mio amore per te.
(dalla rivista Osservatorio Letterario di Ferrara, diretto da B. Tamás-Tarr Melinda)
***
solo ciò che è salvo
ha nutrito una tempesta...
***
il
fuoco è nato dallo sfregamento di due pietre.
Oscenità
ma
è dare valore all'etimo.
***
Dubitare,
fosse anche per un istante, è tutto.
Se il dubbio
sovrasta, guardare l’inverno.
Riposo
mistico oltre il quale la valle albeggia.
Ogni cosa
sovrasta.
Dipende
dall’angolazione cosa essere.
Scelgo, in
ogni tempo.
Sorrido, ad
ogni guasto.
(da L’affetto instabile, PlaceBook
publishing, 2021)
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VALENTINA CIURLEO
Si nota in filigrana un delicato sentimento religioso nei confronti della natura, nella poetica di Valentina Ciurleo, autrice romana di spessore, con testi pubblicati su varie importanti riviste online. Una poetessa attenta a riconsiderare il mondo, la realtà circostante, con occhi di benevolenza e anche di meraviglia, laddove paesaggi mozzafiato offrono viste in cui sbizzarrirsi, perdendosi nella vastità dei panorami. Poesia che si snoda con ritmi sereni e lenti, adeguati alle figurazioni suggerite, ed è un canto di pace ma anche di rinascita, di recupero dei valori e delle memorie.
Paesaggi mozzafiato
mi sbizzarrisco perché tu veda,
nell'oasi bianca, il movimento.
Perderci, come un semplice
andare controcorrente.
Non sapremo il punto preciso
in cui la notte tiene.
Attraversa dune di un sentiero
dentro un alfabeto
che pronuncia,
declina semplicità.
Aiuteremo il filo a passare
nella cruna di un ago.
Sarà come puntare
la piccola infinita siepe
con solo dito di luce.
***
Antica porta
solo piccole immagini
in una foto comune.
Chiedete ai pastori
dove condurre
la gloria del verbo.
Schegge di vento
graffiti di preghiere.
Nella fedeltà interrotta
ogni cosa profuma d'amore.
***
Nell’ora della compagnia
si annidano i ricordi
Nella postazione maggiore.
Trovare parola nel silenzio.
E siete voi in questi paraggi
cari e sempre cari.
Cercare occhio vivo.
Una passeggiata
la chiesa e l’acqua viva.
Suona come momento.
Sera.
***
Quel tenero.
Una parola nascosta
in fondo chi la vede.
Nel preciso convoco
dalla primula, al fiordaliso
al sofferto paradiso.
Un abito indossato
corpo mancato
sfiorato per metà cuore
la resa non è altro che amore.
***
Non so dove punti il cielo
se dall’alto
oppure nella vertebra
dell’indifeso corpo.
Forma una piega
che contempli l’anima.
Mi ripiego, curva
impercettibile
rosea e minuta.
Dietro la mia forza.
(dalla raccolta Ritratto
a due)
MARIA TERESA CODOVILLI
Complessa e ampia si mostra la poesia di Maria Teresa Codovilli, da Cattolica. La sua arte creativa non si limita però alla poesia, in quanto eccelle anche nella pittura, in particolare quella di natura figurativo-fantastica. Ed è proprio questa modalità espressiva che ritroviamo nel suo dettato poetico, sia in merito ai contenuti, sia per quanto concerne l’originalissima formula narrativa. Le parole, nei versi lunghi e dotati di una grande musicalità e brillantezza interiori, si aggrovigliano, si uniscono, si accoppiano, si trasformano a volte in altri costrutti di significati, in un gioco creativo melodioso e armonico. I versi, tutti insieme, restituiscono l’idea di un movimento sonoro e pittorico, dove al centro è la leggerezza, la bellezza, la libertà.
L'alabastro
che è in me
Attraversabile, l'alabastro che è in me / al
passaggio sommesso della luce...
Intercettazione tenue di dissonanze e asprori / la
mia carne di pietra traslucente,
labile opacità di làmina, di velo, / luminescenza
ombrata che s'ausculta
(Apparenza, trasparenza: è la membrana del loto,
è il petalo ricurvo dell'orecchio / pietrificato di desiderio
all'evocazione d'intime aurore) / Come la nube al primo accendersi dei
cieli,
tesa all'intensità pervasiva dei rosa, / mi pietrifico e mi espando
all'esorcismo della luce nella pietra, / aurora d'alabastro, traslucenza...
(da D'arialuce,
la mia terrestrità, Genesi Editrice, Torino, 1999)
***
[...] Danzeremo ancora / nelle valve dei piedi
ritrovati; / trasvoleremo antichissimi riti / con innumerevoli ali future; /
remoti cybernauti di desiderio e sogno, / riattraverseremo tutti gli arcobaleni
possibili / sorridendo delle nostre lunghe stasi d'inverno: / perché c'è un
tempo oltre il nostro tempo / e un dove di armonia, nonostante noi [...]
(versi tratti dal poemetto Canto d'armonie, disarmonie, armonie, in D'arialuce, la mia terrestrità, Genesi Editrice,
Torino, 1999)
***
Gioco di riflesso
In libellulariscatto / da naftate deiezioni / un
riflesso iridato:
il sommerso volo / che
rinasce dalla crisalide del fango
(il mio pianeta
il tuo)
L'arcobaleno si reinventa capovolto, /
seminati nell'oscurità
i cromosomi della luce. /
In alamusica / libera l'arco policromo, e vibra...
– illusoria la libellula
/ si libra / nell'estasi
dei cieli replicati –
(da In segno
sonda, Genesi Editrice, Torino, 1997)
***
Al segnosogno del noce
Comunque, qui, / all'estuario della mia estate quieta inquieta,
rinavigo di sperdimenti
/ all'insonne sistro dei grilli.
Mi accompagna un segno di attraversamento e
spoliazione, mite,
tatuando di sé il mio
assorto guardare: / nitido si ridisegna controcielo
il muto xilografema del noce
disseccato,
catturando illusorio gli alfabeti delle costellazioni
e il lento passaggio della luna
(Nell'attimoframmento
l'insospendibile partitura del tempo
esita, sosta, retroverte
appena la sua rotta
al segnosogno del noce di flessibilità e silenzio...
Gravita immobile – attonito
– all'arenarsi della luna,
mentre retrocede lo
sgretolìo nell'intima clessidra
rigenerando – comunquedovunque – all'albero della mia
arsura,
radicato alla gravitazione ctonia e all'abrasione, /
una barca di luna sospesa!
Ancestrale culla del desiderio e del mito, barcaluna,
flessibilflessile sorriso
della dea remota / che riapre corpo e mente
– qui, e dovunque, oltre ogni logica e cesura –
all'indelebile rinavigarsi d'amore)
(da L'ora che
riarde, Genesi Editrice, Torino, 2005)
***
Meditativo (a Mario Luzi, nel ricordo del nostro incontro,
sempre)
Scabra scogliera... / Mi nomino di nube, / e d'altro
Senso
(da Like Burning
Sails, Gradiva Publications, New York, 2016)
***
In forma di libellula
Attraversare questi giorni d'inverno sempre più
brevi,
nell'incenerirsi di cielo e
terra alla finestra serrata [...]
e, antivedendo un tempo-primavera dentrofuori,
intensamente pensarsi in
forma di libellula, / irretita dalle squame di sole
nell'iride di uno stagno quieto...
Sì, pensarsi in forma di libellula, abbagliata e lieve
/ – appenatremante,
a pelo d'acqua e d'aria, / con la trasparenza delle
ali penetrata di liquida luce,
in segnosogno d'intangibile grazia, inebriata –
(E, come la libellula, quasi senza materia e senza
peso,
disarmati e luminosi, fare nido a un più mite domani
in amnesia/amnistia d'odio
e rancore: pervasi/perfusi
all'energia immemoriale che smuove/sommuove maree e
bradisismi,
e all'infinita grazia che suscita, dovunquecomunque,
la profusione di ogni
prodigio di vita e bellezza,
riemergere a un cuore di gratitudine, più umano...
Dopo ogni greve inverno
fare gioia, fare pace, farsi l'un l'altro varco,
/ farsi grazia)
(da In the
Obscureluminous Secret, Gradiva Publications, N.Y, 2019)
***
Bruciano i pensieri
(a Rita Levi Montalcini ricordando la Sua stupenda telefonata
dell'1-3-2003)
S'amplifica l'ultima brace del tramonto d'inverno
nello scoscendere del bosco
nudo al mare
– brecce di brina accesa rinserrano le palpebre
abbagliate –
[...] parole/controparole, chimeriche visioni...
Bruciano i pensieri, ebbri d'infinite ibridazioni
(Imbarcazioni della mente
abbandonate alla cabala del volo:
fuoco che non si spegne,/ pozzo d'abbacinante buio che
disseta e ustiona,
ipoapogeo di combustione e azzardo / alle maree e
contromaree del tempo...
Fuoco che incendia paradigmi luoghi ed enigmi
e riverbera carbonizzati miti e reperti
– e genocidi, nelle
brossure stinte dei libri... – / Sito dopo sito
abita/disabita i saperi, abrogandorigeneràndo di
fulgori
domande risposte architetture
poemi... Ironico/irenico
splendidamente brucia deborda s'espande disorbita si
spegne)
(da Il viaggio
mi percorre, Edizioni Tracce, Pescara, 2000)
***
Ritmico flusso
Termina un anno
in fittizie misurazioni
d'uomo Non
l'ellisse della Terra: si ridisegna / in segno sonda,
/ in segno sogno, / al Sole
Termina un anno Non
il respiro della terra: rifermenta al segnosonda del
grano nuovo,
arpa di fosforoso vento / all'ondulazione fluida del
campo / il segnosogno
d'intima fosforazione / in sconfinatosconfinante verde,
il misuratomai /
nel tempo d'oltretempo /
(misurante:
ritmico flusso / di fosforante evento)
(da In segno
sonda, Genesi Editrice, Torino, 1997)
ANGELA DONATELLI
Anche in Angela Donatelli l’arte creativa assume molteplici forme, grazie alla sua assidua frequentazione del mondo della pittura e di quello letterario e poetico. Nata a Lucera ma residente a Roma, Angela Donatelli esprime dunque una poesia che, come si evince dagli esempi qui proposti, ha forti legami con il mondo classico, il quale viene riecheggiato nei suoi versi come sedimento e fondamento per una riproposta di valori etici e sociali, soprattutto nei confronti della donna, che vede ancora costretta, in tutto il mondo, in stati di forte precarietà. Il suo è quindi un canto gradevole e lirico, ricco di simboli allegorici.
Persefone
Chicchi di melograno cadono dalla mia
mano
perle di sangue sulla la terra arsa.
Tu Ade feroce cercando l’incanto
mi hai trovato, portandomi via dai miei
sogni
d’infanzia e dalla luce dal sole.
Rimasi sola per mille anni nel tuo
regno
di ombre scure ad apprendere il
mistero.
Prima fanciulla, ora regina siedo sul
trono
e mi riconosco, mia la notte, lo
spirito che evolve
passando fra strati di coscienze
antiche.
Io sono Persefone la sposa bambina
che rubasti come un germoglio nella sua
spiga.
Ora sono miei i canti notturni, i
viandanti
le maree, il mal d’amore, le profezie.
Ora sono miei i poteri della notte
non per scelta ma per destino
divento padrona, ti scelgo come mio
sposo.
Sono lo specchio capovolto di mia
madre.
Sono la donna amante, l’ombra, la
bruna.
Le mie gambe il mio mistero,
dal mio grembo nascono perle nere,
gemme e ossidiana.
Dal mio grembo non giungono figli
ma gli uomini diventano anima.
Io sono Persefone la bruna, l’oscura…
Soffierò su di te un anelito di terre
lontane
e veglierò quando ti assale la paura
affinché tu possa compiere il cammino.
***
Gaia
la madre
Il cuore della terra s’apre, fiore
vermiglio
di magma rosso incandescente
mostra a noi la spaccatura a cui
siamo uniti tutti indissolubilmente.
Mondo fisico mondo d’energia
Gaia la madre per gli ancestrali
Gaia la madre dei nativi
rinnegata per il potere
di una inutile infinita guerra
che consegna fratello a fratello.
Fuoco acqua vento deserto
la Terra si ribella e grida
con la sua lingua arcaica
con la lingua degli orsi, dei lupi
dei deserti e dei ghiacciai.
Afferra questo tempo che corre fratello
come un indigeno sulla sua terra
vibrano con essa le tue microscopiche
cellule
fluisci sui sentieri tracciati
da mani umane e divine.
Torna all’origine, torna a te stesso
al tuo potere innato
non hai più bisogno di orpelli per essere
vivo.
Credi e condividi la strada.
***
Come
te sorella
(per
le donne dell’Iran)
Come te sorella ho vissuto l’infanzia
fra i tremori del cuore e credenze
ancestrali
incise nelle rughe delle madri
nel nero degli abiti tutti uguali
nel bianco delle lenzuola distese al
sole.
Linee di sangue di donna porto nelle
mie vene
sogni infranti nell’età più dolce
cedono il passo alla paura
cedono il passo al potere dell’altro
per cultura ed educazione.
Come te sorella ho conosciuto il
fremito dei corpi
sguardi rubati a malapena
dove amarezza segue a speranza.
Mi sono immersa nel fiume oscuro di
generazioni
fino a restituire in parto la mia luce
ora sorella di fronte all’orrore
che senza permesso oscura quei sogni
mi unisco a te e richiamo la
solidarietà
la visione antica delle cose, unite
insieme forza e creazione
corpo e anima di donna, spirito di vita
ultima possibilità per un mondo
migliore.
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DARIO MARELLI
Autorevole voce lombarda, ma sicuramente anche nazionale, è quella del brianzolo Dario Marelli, autore di diverse pubblicazioni di poesia e vincitore di concorsi letterari di grande rilievo nazionale. La sua è una poesia veramente pura, che si manifesta con un lessico colto e diretto, evitando inutili ridondanze ma sostanziandosi subito nel profondo significato del suo dire; dire che è riflessivo, specie nei tratti dove emerge qualche ricordo, qualche rimpianto. Sono versi pervasi da un costante interrogarsi sul senso dell’esistenza, in una quotidianità distratta e a volte insignificante.
Rendimi
la grazia del nulla
Rendimi la grazia del nulla
da riempire piano piano, con pazienza,
l’arte di aspettare al proprio posto
e coltivare le ragioni del silenzio.
Mi sono chiesto spesso dove porta
questa folle abitudine di esistere,
questo arrendersi alle ore sempre uguali
nella sfibrante attesa di un incendio.
Ho decifrato lapidi di azzurro
nella luce abbacinante dei tuoi occhi,
non ne ho riconosciuto la voce,
eppure un giorno io ti appartenevo.
È rimasto il segno della fuga,
l’ingombrante presenza di un sussurro,
la tua anima sgualcita
appesa al buio in fondo al corridoio.
(da Con
le ali di un bambino, Montedit)
***
Finisterre
Il cuore attardato dai troppi indugi
alla fine del cammino
arde come una vecchia quercia
nella fiamma che sbreccia via i ricordi.
Così nell’ora che tramonta
mi bisbigli parole consumate
mentre la stagione migliore
si abbandona alla scogliera.
Dagli spalti del faro sopra il vuoto
osservo in silenzio i confini della vita.
A Finisterre scende ormai la sera
e perfino l’anima dal cielo
si riverbera nel mare.
Sai di placida brezza fra le rocce
nell’ultimo abbraccio di luce.
(da In
flagranza di Poesia, Montedit)
***
Comparse
“Comparse,
interludi insignificanti
forse è grazie a voi
che non cade il Funambolo” (L.
Erba)
Filtra un battito di sole
nel punto esatto dove a sera-
cade il mondo
e l’occhio divino annuvola,
ti lascia solo al tuo tremore
basterebbe cogliere il segnale
sul riflesso zigrinato del vetro
e lasciare andare l’anima
troppo curva per restare
ma livido oltre il tempo è il cielo
per dar riparo a questo ruolo
di comparse
incerte tra aggrapparsi al nulla
o balzare nell’eternità.
***
I
tulipani di Lisse
Occhieggiano al sole, sgargianti,
sotto il cielo striato di maggio
i tulipani di Lisse.
Non sanno delle memorie sgualcite
nei sottotetti di Amsterdam,
dei turbamenti di Anne,
delle speranze recise.
Accarezzano ignari il sospiro del vento,
distesi nel prato, infondendo quiete.
Hanno l’incanto della giovinezza,
di chi non si è annullato,
di chi non ha perduto tutto.
Erano solo ieri le sirene
che ululavano al buio, le biciclette
abbandonate nel ghetto,
fiutando la fuga.
Era solo ieri il tuo sguardo d’amore,
dentro te il mare e la paura di annegare
nel retro della casa.
L’umanità umiliata.
Oggi a Lisse di maggio,
ammassati nei campi,
si lasciano ammirare i tulipani.
Indossando la gioia, inneggiando alla vita.
Ad
Anne Frank
(da
L’Infinito dentro, Montedit)
Chissà dove va a posarsi
il corpo dei silenzi
spettrale dimensione dei non detti
lusinga al dubbio e cura ai rimpianti
attratto allo zenit di occhi stanchi
Quando nugoli di parole
restano appesi alla gola secca
sfiniti dalla paura di evaporare
nei reticoli dei sospiri
divaganti a piedi scalzi
tra le stanze abitate dall’abbandono
Chi lo veste del desiderio
d’essere carne senza elemosinare
il resto degli anni nella speranza di
udire
quale lingua abbia il cuore?
Se rubassimo i sogni alle stelle
colerebbe la linfa del futuro
dal lume chiaro degli attimi
dove il presente diventa sentiero di
foglie
per dire che primavera venne
a ricamare sorrisi sui nostri anni.
***
Ti raccontavo dei miei silenzi
colando gli occhi nelle mani
litigando con i singhiozzi
a chiudere serrande
disperate.
Ci teneva tanto
il cuore a dirti di me
ma non ha saputo infilarsi
nel tuo petto
rianimare il pensiero.
Riesco ancora a illudermi
per qualche lucciola
che significa soltanto sera
e solitudine tra le spighe
d’agosto.
La fine è scritta sull’uscio
di muscoli rigidi
come questo marmo.
Tu e le capriole
nei miei sogni bambini.
***
Chissà se i morti lo sanno
chi sarà il prossimo
disabitante del paese
a unirsi alla processione
di luce e giravolte di foglie
nei palmi terrosi di quel mondo
dove il silenzio è respiro
i dubbi certezze
le lacrime echi pesanti
di debolezze.
Porte incollate, imprigionate
uscite ed entrate, serrande calate
palpebre adagiate nel sigma del riposo.
Forse lo sa la rampicante a cucirsi
su una casa svestita di vita.
Lei sale a toccare il tetto
dove le anime hanno il letto.
***
Era bambino il desiderio
a cavalcioni sulle gambe della vita
si nutriva di sentieri boscosi e
mammole
lieto a tuffarsi nel ventre di
primavera.
Riemergeva al plenilunio dei miti
sospiri
gemme lucide a imbeccargli nutrimento.
Tremando appena s’incendiava
nel relitto d’una candela.
Liuti di nebbie a dargli riposo
quando il cuore cercava un giaciglio
ammorbidendo le spighe d’agosto.
Poi venne l’inverno.
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ora
che la preghiera è giunta al culmine
e
l’amen è già quasi pronunciato
è
qui – mi dici – che si compie ormai la vita
più
non occorre un grano di tempo
per
prolungare la felicità
No
di
certo non rimarrò
I
miei passi sono già oltre
ed
io cammino ormai tra le stelle
andrò
diritto e caparbio verso Tule
dove
non immagini che paradiso ci sia
e
non occorre morire
(da
Percorsi alternativi, Marcus
Edizioni, 2013)
Giuseppe Vetromile
NOTE SUGLI
AUTORI
Maura
Baldini
Maura Baldini è avvocato e curatore fallimentare. Vive tra Ginevra e l’Italia. La slegatura, opera tra le vincitrici del Premio Carrera 2022, è la sua raccolta di esordio. Alcune poesie figurano sulla rivista letteraria “Avamposto”. Appassionata della lingua francese, ormai divenuta lingua di adozione, si sta formando nel campo della traduzione letteraria. Cultrice della letteratura, ne studia l’utilizzo ai fini dello sviluppo personale, formandosi come coach esperto di biblioterapia.
Nunzio Buono
Nunzio Buono nasce a Milano il 24 giugno 1960. Poeta, scrittore, si possono trovare le sue liriche in diverse antologie di autori vari; scrive in siti di letteratura di notevole pregio, ricevendo consensi critici da giornalisti di grande rilievo. Diverse le note di merito e d’onore ricevute, vincitore di concorsi letterari, sia nazionali che internazionali. Ad oggi ha pubblicato 16 raccolte poetiche. Spesso ospite in manifestazioni letterarie in diretta radiofonica con l'Australia, New York e tutta l' America latina, oltre ad essere Presidente e membro di giuria. Gli viene insignito il titolo di Senatore Leopardiano dal Centro Studi Accademia Internazionale “G. Leopardi” Arti Lettere e Ricerche Culturali. Nel Gennaio 2014 viene fregiato quale membro a vita dell' IWA (International Writers & Artists) Toledo, Ohio – USA. Nel Febbraio 2020 è co-fondatore senior di Wikipoesia. E a Luglio gli viene conferito il titolo di Accademico e Presidente Onorario di WikiPoesia.
Alessandra Callegari
Alessandra Callegari, nata a Napoli nel 1992, vive tra Bracciano e la città partenopea, sua eterna nostalgia. Si forma come umanista specializzandosi in letteratura spagnola e traduzione letteraria, prima a Napoli poi a Udine. Lo studio della poesia rimane comunque il campo di maggior interesse, sia da un punto di vista teorico sia nella prassi della scrittura. Nel 2020 pubblica per i tipi di Rogiosi la raccolta Afonia diurna – esercizi letterari, in cui cerca di far dialogare la sua scrittura con quella dei suoi padri spirituali. Attualmente è docente e consulente letterario in una casa editrice romana.
Marisa Carelli
Marisa Carelli è nata ad Acquaviva delle Fonti nel 1981. Laureata in Filosofia all’Università di Bari, dal 2009 insegna Filosofia e Storia nei licei. Il curriculum dell’introspettivo è la sua raccolta d’esordio.
Irene Carlevale
Irene Carlevale, scrittrice, fotografa, artista visiva, performer, videomaker, art curator, insegnante. Nasce a Frosinone nel 1982. Ha conseguito la laurea di primo livello in filosofia presso l’Università degli studi di Cassino e quella di primo e secondo livello in pittura presso l'Accademia di Belle arti di Frosinone. Lavora come insegnante di discipline artistiche nelle scuole di primo e secondo grado.
Ha pubblicato
i romanzi Il carro (Montag ed.), Irene al quadrato (Ed. Smasher), Sono apparso alla luna (GDS ed.), Come sboccia un fiore (Portoseguro ed.)
e le sillogi poetiche L’affetto instabile
(PalceBook Publishing), Poesie per un
girasole (Controluna ed.), In adorazione
di Venere (Nulladie ed.), Poesie di
superficie (Libeccio ed.).
La sua
produzione è visibile sul sito www.irenecarlevale.altervista.org
Valentina Ciurleo
Valentina Ciurleo è nata a Roma nel 1973 dove vive e lavora.
Ha
pubblicato poesie con “Poeti e Poesia” nell’opera Impronte67.
Scrive
sulla rivista letteraria “La
Recherche“. Suoi
testi sono stati pubblicati in Poetarum
Silva, ClanDestino, Alma Poesia, Leggere Poesia, Le Parole di
Fedro, per citarne alcuni. Diversi suoi racconti sono stati inseriti nelle
antologie della casa “Editrice
Giulio Perrone Editore – ed. Erudita“.
Maria Teresa Codovilli
Maria Teresa Codovilli è nata a Sassofeltrio, Mercatino Conca (PU). Laureata con lode in Pedagogia a Urbino, risiede a Cattolica (RN) dove ha insegnato fino al 2004. Pittrice figurativo-fantastica, ha esposto in Italia e all'estero (collettive a Monaco di Baviera, Parigi, Londra, New York...). Ha sposato nel 1981 il pittore e scultore Augusto Gennari. La poetessa è presente su antologie e in video su YouTube, collabora a riviste e convegni, ha ricevuto numerosi riconoscimenti e l'apprezzamento di Carlo Villa, Giorgio Bàrberi Squarotti, M. Luisa Spaziani, Luigi Fontanella, il Principe Francesco M. di Carpegna-Falconieri, Paolo Valesio, Paolo Ruffilli, Milo De Angelis, Corrado Calabrò, Mario Luzi, Rita Levi Montalcini. Hanno scritto di lei R.Pavese, G.Ioli, A.Gagliardi, N.Bonifazi, S.Gros-Pietro, M.Cucchi, P.Perilli e molti altri. Ha via via pubblicato (oltre a 4 romanzi per ragazzi) 12 raccolte di poesia, tra le quali, le più recenti: L'elusivo canto fuggente (prefaz. di Ubaldo Giacomucci, Ediz. Tracce, Pescara, 2015); Like Burning Sails (in italiano e inglese, traduz. di Alda Ugolini Filippini, Gradiva Publications, New York, 2016); In the Obscureluminous Secret (introduzione di Plinio Perilli, traduz in inglese di Alda Ugolini Filippini, Gradiva Publications, New York, 2019).
Angela Donatelli
Angela Donatelli, è nata a Lucera e vive a Roma. Da tempo si dedica con passione a varie forme artistiche. Scrive ma è anche pittrice e performer, s’interessa di musica e di teatro. Questo suo eclettismo ha ripercussioni nei suoi versi, con i quali cerca di creare suggestioni ed evocare immagini. La sua poesia è a tinte forti e getta uno sguardo ampio sul mondo della natura e i suoi simboli arcaici esattamente come la sua pittura. Nelle sue poesie e nei dipinti ricerca i desideri e i segreti dell'esistenza umana, i simboli, la spiritualità, la connessione segreta fra l’universo interiore dell’uomo e il suo legame con la terra e gli elementi. Ha pubblicato due libri di poesia illustrati: Mi vestivi di nero velluto (Edizioni Escamontage, 2018) e Persefone (Edizioni Flower, 2019), premiato al “Premio Andronico” del 2020. Ha all’attivo diverse esposizioni ed eventi d’arte, tra le quali la settimana del Contemporaneo RAW a Roma. Ha realizzato parte di un’opera collettiva per l’Iglesia de los Angeles in Argentina, per il Progetto Angeli e Artisti curato dall’Ambasciata Argentina, attualmente in esposizione nel Palazzo vecchio di Genova. Ha preso parte al progetto Europeo di Poesia Ambientale.
Dario Marelli
Dario Marelli è nato a Seregno (MB) nel 1967. Si è laureato in Economia Aziendale presso l’Università Bocconi, dove ha vinto per due anni consecutivi il concorso Giovani Scrittori Bocconiani.
Nel 2014 ha
pubblicato la raccolta di poesie e racconti Sulla
vetta del cuore (Ed. Helicon) ed ha iniziato a partecipare ai concorsi
letterari nazionali e internazionali, conseguendo a oggi oltre 220
riconoscimenti e una ventina di primi posti assoluti, fra cui Città di Monza, Voci Città di Roma, Isola
d’Elba, Premio Parasio - Città di
Imperia, Premio Piemonte, L’anfora di Calliope di Erice, Metropoli di Torino, Isabella Morra di Monza, Bocconi d’Inchiostro di Milano, Milano International.
Ha al suo attivo la
pubblicazione di altre 6 sillogi di poesia, tutte pubblicazioni premio di altrettanti
concorsi letterari: Verso l’Infinito
(Vajo edizioni, 2016), In flagranza di
Poesia (Montedit, 2017), Oltre
l’Infinito (Montedit, 2019), Policromie
(Kairos Edizioni, 2019), Il cielo tra le
vigne (Accademia Barbanera, 2019), Con
le ali di un bambino (Montedit, 2020), L’Infinito dentro (Montedit,2022).
È membro di giuria di
alcuni dei più prestigiosi concorsi letterari nazionali.
Emanuela Sica
Emanuela Sica, avvocato cassazionista, giornalista pubblicista, scrittrice. È impegnata e attivista per i diritti delle donne e contro la violenza di genere. Pubblicazioni d’esordio: Uccelli di carta (Racconti); Un angelo all'improvviso (Poesie). Prose scelte per: Le strade della poesia, Il Giglio di grano, Pietre Vive. Narrativa: Assolo; Anatomia di anime; Cairano: Relazioni Felicitanti; La ragazza di Vizzini (coautrice con M. Vespasiano); Foto-Filastrocche Guardiesisinasce; L’Ultima Luna; Il caso Antigone (coautrice con L. Anzalone); Il sogno di Edipo e mitici amori; Una storia senza fine; Rosso Vdg Antologia sulla violenza di genere; Storia di una violetta; Canne al vento di Grazia Deledda (coautrice con L. Anzalone). Insignita di numerosi premi/riconoscimenti (nazionali ed internazionali) per la narrativa, per la poesia e per l’impegno sociale in favore delle donne vittime di violenza. Racconti scelti per le antologie/raccolte: Irpini per sempre; L’Irpinia nei giorni dell’emergenza, Irpinia 1980-2020 Memorie di un terremoto durato 40 anni, Fiori d’inverno, Invasione poetica ‘22. Collabora con varie testate giornalistiche, con ITV (televisione) e con riviste culturali e di settore.
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3 febbraio 2023