All’ombra dei cipressi: Giuseppe Vetromile ricorda quattordici poeti che hanno arricchito le pagine della letteratura nazionale
Il poeta napoletano Giuseppe Vetromile ha
recentemente dato a conoscere i contenuti della nuova pubblicazione dei
quaderni di “Transiti poetici”, a sua cura, ovvero il numero 21 chiuso in
redazione lo scorso 3 marzo 2021, dal titolo All’ombra dei cipressi.
L’intento di questa pubblicazione – come
viene ben delineato dallo stesso Vetromile nella significativa prefazione – è quello
di raccogliere in queste pagine alcuni tracciati di poeti contemporanei che ci
hanno lasciato nel corso degli ultimi anni. Sono – come vedremo a continuazione
– in gran parte poeti del nostro Meridione ma non solo. Oltretutto bisognerebbe
dire che le voci radicate nel sud d’Italia qui proposte – con particolare
attenzione all’hinterland napoletano e all’Irpinia – sono anche voci che hanno
varcato i ristretti confini geografici. Lo testimoniano i numerosi premi
letterari che nel corso della loro carriera hanno ritirato in lungo e in largo
per l’Italia, le loro collaborazioni con altri artisti, gli eventi e le
conferenze tenute in varie Regioni, le loro presenze in Commissioni di giuria e
tanto altro ancora. È pur vero che – com’è il caso di Vincenzo D’Alessio – il
legame con le proprie radici è talmente saldo da evincersi nel corso di tutta la
sua opera letteraria. Due esempi – tratti dalle liriche riportate da Vetromile
– possono dirsi rivelatori: «È morta la
terra da arare e / mille fabbriche hanno stretto d’assedio / le macchie di
aceri e querce. // Non amo il progresso assassino»[1]; «Andare via dall’Irpinia / terra benedetta dai politici / servi dei
padroni / nel dolore degli onesti / di notte senza regole / coi bagagli
affastellati / fuggire dai saltimbanchi / dalle immagini di strada. // […] //
Torneremo soli al Sabato / con Rocco e Leonardo[2]
/ resteremo sempre distanti / partigiani meridionali»[3].
In altri casi – e Vetromile è
particolarmente attento anche nel segnalarci cose di questo tipo – ci troviamo
dinanzi a poeti che non solo coltivarono la propria vena creativa ma che
s’impegnarono alacremente a favore della cultura istituendo iniziative e
progetti di vario tipo, tra cui la fondazione di premi letterari nei rispettivi
luoghi d’appartenenza. Faccio riferimento, tanto per citarne alcuni, ai premi
“Città di Solofra” (fondato da Vincenzo D’Alessio), il celeberrimo “Aeclanum”
(fondato da Pasquale Martiniello) e il “Città di Bitonto” al quale collaborò in
maniera importante Domenico Luiso. Alcuni dei quali, con l’avvenuto decesso dei
loro padri putativi, hanno visto associare i nomi dei fondatori nella
titolazione delle stesse competizioni letterarie che, felicemente, perdurano.
Vetromile nella sua prefazione affronta un
tema caro ai poeti di ogni età, ma dovrei dire – per estensione – a ogni uomo
in generale. Vale a dire cosa rimane, dopo il decesso, del passaggio di una
determinata persona. E quanto sia complicato, in taluni casi, fare in modo che
l’eredità umana venga coltivata col passare dei decenni quando, ad esempio,
vengono a mancare anche parenti diretti, cultori, persone realmente motivate a
tributarne il ricordo. Se ci limitiamo alla poesia ben sappiamo di quanti
dimenticati[4]
vi siano. Dimenticati da chi? Dalla critica ufficiale e accademica.
Dall’editoria. Dalla comunità in genere. Eppure ci troviamo dinanzi a una
ricchezza impareggiabile che tutti noi, amanti della cultura a vari livelli,
ciascuno con le nostre semplici competenze, potremmo contribuire in qualche
modo a salvare. Vetromile parla di questa esigenza di tramandare opere ed esperienze che si sono chiuse con la morte
biologica delle persone, il cui canto è universale e immortale, ma anche utile
e attuale per noi tutti.
Sono poeti, questi presenti in questo
volume monografico, la cui dimenticanza non ha a che vedere con la mancanza di
meriti semmai con la reticenza collettiva, la disattenzione, la predisposizione
e il proselitismo innato di tanti verso i Classici propriamente detti o il
fenomeno culturale del momento. Eppure sono voci che meriterebbero un recupero,
una rilettura e un approfondimento maggiore a ragione delle loro copiose e
lungimiranti espressioni letterarie, studi e perlustrazioni condotte in campo
culturale. Vetromile fa – come sostiene nella prefazione – “dà staffetta”, da
punto mediale di questa tradizione che sembra incespicare e che lui aiuta a
reggersi – da sola – sulle proprie gambe.
Certo, operazioni di questo tipo rimangono
(quasi) sempre sottotono, rischiano di rivestire un interesse residuale in chi
direttamente ha conosciuto o letto, o ricorda di aver letto pur lontanamente,
qualcosa di loro. E invece l’interesse per scoprirli ex-novo potrebbe nascere
sorgivo semplicemente dalla lettura di opere testimoniali come queste.
Leggendo in questi giorni i commenti in
Facebook che hanno fatto seguito alla pubblicazione di questo contenuto ho
potuto evidenziare come, nella maggior parte dei casi, pur plaudendo
all’iniziativa in oggetto, in molti si limitassero a dire “ho conosciuto quello
in particolare”, “ho apprezzato quell’altro”, “ho assistito a una sua
conferenza” mettendo in luce, forse in maniera indiretta ma alquanto
immotivata, una centralità qualunquista del lettore medio d’oggi che tende a
relazionarsi a un autore in relazione alla (poco consistente) conoscenza
diretta che lui ha avuto o non avuto di quell’autore. Parlo di autore e non di
opera perché si rischierebbe di prendere un grande abbaglio se si
sovrapponessero le due cose. Il ricordare di aver conosciuto un autore e di
averlo apprezzato per le sue doti è cosa senz’altro positiva, che va nel segno
di quel rinnovamento di stima ed empatia che ha costituito il rapporto in vita
tra autore e lettore, ma ciò che viene a mancare è – di contro – il commento,
la riflessione critica in merito all’opera di quell’autore. Per meglio dire:
“ho conosciuto Tizio” è un’asserzione semplice e banale che possiamo impiegare
con tutti, indistintamente (“ho conosciuto il meccanico del mio vicino”, “ho
conosciuto il bibliotecario del Comune dove vive mia sorella”) e che è priva di
quella particolarità dell’enunciato, di quell’accrescimento didascalico di
note, riferimenti, esperienze di vita (compresi gli aneddoti) che, invece, ci
consentirebbero di approfondire ancor più quel dato autore. Sarebbe stato
curioso leggere tra i commenti qualcosa che facesse riferimento all’opera di
quei poeti, a un verso ricordato, a un suo libro stampato, a un motivo per il
quale il poeta venisse ancora ricordato, dopo la sua morte, non tanto per la
fisiognomica o per aver intrattenuto con lui qualche chiacchiera. Questo sarebbe
andato nel segno dell’evidenza di una continuità della sua opera; non tanto di
un “recupero” che può avvenire in seguito in base a delle operazioni e
iniziative messe in campo ad hoc, ma di una germinazione del tanto seminato da
quell’autore. Chiaramente questo discorso non intende aprire alla polemica ma
solo evidenziare come la lotta all’oblio, anche all’interno delle schiere di
poeti di provincia che hanno scritto decine e decini di libri, hanno insegnato
o condotto esistenze irreprensibili, generosamente verso la Cultura tutta, sia
attuale e assai difficile da condurre.
Ecco perché un’operazione come quella di
Vetromile – che comunque non è completa perché non può essere completa come lui stesso dice essendoci l’esigenza
di parlare anche di tanti altri validi poeti che ci hanno lasciato – va nel
segno. Il poeta di Sant’Anastasia ci offre, per ciascuno dei quattordici poeti
che ha antologizzato, delle note biografiche minime nelle quali, oltre a far
riferimento alla bibliografia degli stessi ci dà un suo personale ricordo su
alcune delle peculiarità umane di queste persone. Sono poeti che Vetromile ha
conosciuto direttamente, stimato, apprezzato, con i quali era in contatto da
tempo – lo testimoniano anche alcune foto con opportune didascalie – di cui
pure ci fornisce alcune poesie scelte a continuazione.
In All’ombra
dei cipressi troviamo – disposti in ordine alfabetico – i poeti Franco Capasso (nato a Ottaviano nel
1934 e deceduto a Terracina nel 2006) che fu redattore di molte riviste e di
cui Vetromile ricorda più volte la sua “singolarità” di poeta; Franco Cavallo (nato a Marano di Napoli
nel 1929 e deceduto a Cuma nel 2005) noto per essere stato fondatore della
rivista letteraria “Altri Termini” e del noto Premio Argentario da lui creato
nel 1966; Vincenzo D’Alessio (nato a
Solofra nel 1950 e deceduto a Montoro nel 2020) ideatore del Premio “Città di
Solofra” e fondatore del Gruppo Culturale “Francesco Guarini”; Rosario De Crescenzo (nato a Napoli nel
1927 di cui non vi sono informazioni sul decesso) con una poesia dedicata anche
al mondo del lavoro in fabbrica; Manfredo
Di Biasio (nato a Fondi nel 1939 e lì deceduto nel 2019); Alfredo Di Marco (di cui non vi sono
informazioni sulla nascita e deceduto nel 2008) che diede impulso al Concorso
di Poesia “Città di Giungano”; Aristide
La Rocca (nato a Nola nel 1925 e lì deceduto nel 2006), fondatore e
direttore della rivista “Hyria”; Domenico
Luiso (nato a Bari nel 1937 e deceduto a Bitonto nel 2013); Pasquale Martiniello (nato a Mirabella
Eclano nel 1928 e lì deceduto nel 2010) noto preside nei licei statali
fondatore dell’Associazione Culturale “Linea Eclanense” e organizzatore del
noto Premio Nazionale di Poesia “Aeclanum”; Natale Porritiello (nato a Sant’Anastasia nel 1943 e lì deceduto
nel 2017), il poeta-imprenditore che con le sue idee tanto aveva arricchito il
territorio e dato lavoro, attivo a Sant’Agata dei Goti e in procinto – prima
del tragico incidente stradale – di creare il “Museo del Rame”; Marisa Provenzano (nata a Catanzaro nel
1950 e lì deceduta nel 2020), donna solare e grande organizzatrice culturale,
fondatrice del Premio Letterario “Città di Siderno” e in procinto, prima che la
morte la cogliesse, di dar vita all’agognato Premio Letterario “Città di
Catanzaro” per il quale tanto si era spesa; Gianni Rescigno (nato a Roccapiemonte nel 1937 e deceduto a Santa
Maria di Castellabate nel 2015) anche filosofo e romanziere; Adriana Scarpa (nata a Venezia nel 1941
e deceduta a Treviso nel 2005), unica tra i Settentrionali qui raccolti; Ciro Vitiello (nato a Torre del Greco
nel 1936 e deceduto a San Sebastiano al Vesuvio nel 2015) redattore di “Altri
Termini” e collaboratore instancabile, quale curatore e direttore di collane,
per Guida Editore di Napoli.
Verrebbe da sostenere – e l’idea non
sembra poi così azzardata – che tra i poeti qui raccolti che hanno avuto
maggior eco nella nostra letteratura, anche dopo il loro decesso, sono stati
forse quelli che, oltre all’incisiva e prolifica produzione poetica, si sono
dedicati anche ad altri generi forse di maggior respiro: la narrativa e il
teatro e soprattutto la critica letteraria. Per fare alcuni esempi, tra i
citati, Franco Cavallo, che fu anche traduttore, pubblicò un importante saggio:
I percorsi della scrittura: trent’anni di
letteratura in Italia (1988) in collaborazione con Mario Lunetta; Aristide
La Rocca, che fu curioso studioso Rocco Scotellaro e curò il volume Le ragioni del Sud nella vita e nella poesia
di Rocco Scotellaro. Atti del convegno di studio (Napoli, 30-31 marzo 1984)
(Liguori, 1988) e che, per la sua instancabile attività medica, rimane
piuttosto noto nel campo ospedaliero (autore, tra l’altro, del volume Ospedali e sanità in Italia, Liguori,
2000); tra tutti, il magistero critico di Ciro Vitiello del quale citiamo
alcune opere: La logica letteraria
(1984), Teoria e tecnica dell’avanguardia
(1984), Pensare la poesia (2005) e Carducci, nostro contemporaneo (2007).
Alcuni, tra i versi raccolti in questo
pamphlet, di certo ben si prestano a essere citati e richiamati in relazione al
tema della testimonianza poetica dopo
la morte dell’autore, relativamente al tema del tramandare e conoscere ma anche
del recuperare e tributare. Rosario De Crescenzo scrive: «Vivere è questa pena / di temere / che qualcosa s’inceppi nel congegno
/ delle stagioni lente e rinnovarsi»[5]. La calabrese Provenzano
così annota in Kintsugi (2018), sua
ultima raccolta: «Il poeta aspetta / che
tramonti il sole / e con lo sguardo / insegue le ore / sull’orologio stanco. /
La morte non sorprenderà / il poeta / perché non sarà mai vinto / e in piedi, /
con lo sguardo al sole, / ci lascerà l’alba rosata / dei suoi versi»[6]. Mai così veri e
contestualizzati a quello di cui si sta disquisendo sono i versi di Ciro
Vitiello: «Anche le vite degli uomini
illustri vengono al termine, / nulla è eterno, il salmone risale alla sua
origine - / per morire. La ruggine erode la cancellata, / la pioggia dà frane
nell’estate che asciuga il torrente»[7].
Tra i poeti riuniti nel compendio quelli
ai quali la critica ha maggiormente dedicato attenzione, con una serie di studi
e pubblicazioni, vi è senz’altro Gianni Rescigno; sulla sua opera sono stati
pubblicati: Gianni Rescigno: dall’essere
all’infinito (2001) di Marina Caracciolo, Gianni Rescigno: il tempo e la poesia (2003) di Luigi Pumpo, La polpa amorosa della poesia (2007) di
Franca Alaimo, La tela del poeta:
amicizie epistolari di Gianni Rescigno (2010) di Lerro Menotti, Il respiro dell’addio (2012) di Antonio
Vitolo e Di Rescigno il racconto infinito
(2013) di Sandro Angelucci.
Quel che ci si augura è che dallo spazio
limitato attorno “all’ombra dei cipressi”, l’opera di questi poeti qui raccolti
meticolosamente da Vetromile possano avere un loro “seguito” in termini di
testimonianza, riferimento critico, anche in chiave citazionale e dunque di
doverosa riscoperta e riconoscenza del loro genio anche nella nostra
generazione e in quelle che verranno in maniera analoga all’attenzione che è
stata posta in maniera ben più diffusa ad un autore quale Rescigno. Se il tempo
è categoria liquida invalicabile e, in quanto tale, impossibile da organizzare
secondo dettami prettamente logici e mnemonici, la “staffetta” che Vetromile
raccoglie, può ancora continuare a girare tra noi, distanti dagli affranti di
luce e imperituri viaggiatori dell’attualità spesso cacofonica. È un passaggio
che non è possibile eludere e che va mantenuto in difesa dell’alto verbo che è
la Poesia.
Lorenzo Spurio
Jesi, 06/03/2021
[1] Vincenzo D’Alessio, “Oltre il verde” da La valigia del meridionale e altri viaggi.
Poesie 1975-2011, Fara, Rimini, 2021; cit. in “Transiti poetici”, vol. XXI,
pp. 12-13.
[2] Si sta riferendo qui a Rocco
Scotellaro e a Leonardo Sinisgalli, voci poetiche di primo piano della
letteratura meridionale e non solo. Di Scotellaro resta noto anche il suo
impegno politico (fu sindaco di Tricarico e visse un periodo di detenzione, che
emerge dal tono drammatico di parte della sua produzione letteraria) mentre di
Sinisgalli la doppia natura dell’intellettuale, tra scienze e letteratura, tra
matematica (celebre l’opera Furor
Mathematicus di recente ripubblicata) e poesia, tra fisica e parola
rivelata.
[3] Vincenzo D’Alessio, “Ai giovani
laureati” da La valigia del meridionale e
altri viaggi. Poesie 1975-2011, Fara, Rimini, 2021; cit. in “Transiti
poetici”, vol. XXI, pp. 12-13.
[4] Mi sembra utile implementare
questo discorso della dimenticanza dei poeti richiamando il recente n°32 della
rivista di poesia e critica letteraria “Euterpe”, uscito a dicembre 2020, il
cui tema ispiratore era proprio “Poeti e scrittori nascosti e dimenticati”. In
questo numero trovano posto articoli e studi critici su numerosi poeti che –
per usare l’espressione di Vetromile – risultano relegati all’ombra dei cipressi e che meriterebbero di certo un maggiore
approfondimento: Pietro Bruno, Antonio Pitoni, Tullio Colsalvatico, Riccardo
Bacchelli, Antonio Neibo, Giovanni Stefano Savino, Aminah De Angelis, Umberto
Bellintani, Piera Oppezzo, Sergio D’Arrigo, Alberto Vianello, Assunta Finiguerra,
Giovannino Guareschi, Geppo Tedeschi, Elvezio Petix, Paolo Messina, Natale
Cavatassi, Maria Marchesi, Margherita Faustini, Giovanna Bemporad, Margherita
Guidacci, Rocco Paternostro, Maria Rosaria Madonna, Giuliana Brescia (con un
mirabile saggio di Anna Santoliquido), Gabriella Maleti. Si parla anche di
alcuni poeti trattati in “Transiti poetici” da Vetromile, ovvero di Franco
Capasso (una testimonianza e lettura critica di Antonio Spagnuolo) e di Marisa
Provenzano (nell’editoriale di Lorenzo Spurio). Il numero della rivista può
essere letto e scaricato al link: https://drive.google.com/file/d/19lWCzaVsnxZNRexyDrFtBI5HiamBZUBm/view?usp=sharing
[5] Rosario
De Crescenzo, “Vivere è questa pena” da Il respiro del tempo, Tommaso Marotta Editore, Napoli, 1987; cit.
in “Transiti poetici”, vol. XXI, p. 18.
[6] Marisa
Provenzano, “Il poeta” da Kintsugi,
Leonida Edizioni, Reggio Calabria, 2018; cit. in “Transiti poetici”, vol. XXI,
p. 47.
[7] Ciro Vitiello, “Nulla è eterno” da La vile storia in L’Opera Poetica, vol. V, I Guida, Napoli, 2012; cit. in “Transiti
poetici”, vol. XXI, p. 62.
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