Le Antologie Poetiche Virtuali sono curate da Giuseppe Vetromile. Ogni Volume comprende 10 Autori, liberamente selezionati ed invitati dal curatore. Sono previsti volumi dedicati a particolari ambiti poetici (poesia emergente, poesia dialettale, ecc.). Le copertine sono elaborate e realizzate da Ksenja Laginja.

mercoledì 31 marzo 2021

 All’ombra dei cipressi: Giuseppe Vetromile ricorda quattordici poeti che hanno arricchito le pagine della letteratura nazionale

 di Lorenzo Spurio

Il poeta napoletano Giuseppe Vetromile ha recentemente dato a conoscere i contenuti della nuova pubblicazione dei quaderni di “Transiti poetici”, a sua cura, ovvero il numero 21 chiuso in redazione lo scorso 3 marzo 2021, dal titolo All’ombra dei cipressi.

L’intento di questa pubblicazione – come viene ben delineato dallo stesso Vetromile nella significativa prefazione – è quello di raccogliere in queste pagine alcuni tracciati di poeti contemporanei che ci hanno lasciato nel corso degli ultimi anni. Sono – come vedremo a continuazione – in gran parte poeti del nostro Meridione ma non solo. Oltretutto bisognerebbe dire che le voci radicate nel sud d’Italia qui proposte – con particolare attenzione all’hinterland napoletano e all’Irpinia – sono anche voci che hanno varcato i ristretti confini geografici. Lo testimoniano i numerosi premi letterari che nel corso della loro carriera hanno ritirato in lungo e in largo per l’Italia, le loro collaborazioni con altri artisti, gli eventi e le conferenze tenute in varie Regioni, le loro presenze in Commissioni di giuria e tanto altro ancora. È pur vero che – com’è il caso di Vincenzo D’Alessio – il legame con le proprie radici è talmente saldo da evincersi nel corso di tutta la sua opera letteraria. Due esempi – tratti dalle liriche riportate da Vetromile – possono dirsi rivelatori: «È morta la terra da arare e / mille fabbriche hanno stretto d’assedio / le macchie di aceri e querce. // Non amo il progresso assassino»[1]; «Andare via dall’Irpinia / terra benedetta dai politici / servi dei padroni / nel dolore degli onesti / di notte senza regole / coi bagagli affastellati / fuggire dai saltimbanchi / dalle immagini di strada. // […] // Torneremo soli al Sabato / con Rocco e Leonardo[2] / resteremo sempre distanti / partigiani meridionali»[3].

In altri casi – e Vetromile è particolarmente attento anche nel segnalarci cose di questo tipo – ci troviamo dinanzi a poeti che non solo coltivarono la propria vena creativa ma che s’impegnarono alacremente a favore della cultura istituendo iniziative e progetti di vario tipo, tra cui la fondazione di premi letterari nei rispettivi luoghi d’appartenenza. Faccio riferimento, tanto per citarne alcuni, ai premi “Città di Solofra” (fondato da Vincenzo D’Alessio), il celeberrimo “Aeclanum” (fondato da Pasquale Martiniello) e il “Città di Bitonto” al quale collaborò in maniera importante Domenico Luiso. Alcuni dei quali, con l’avvenuto decesso dei loro padri putativi, hanno visto associare i nomi dei fondatori nella titolazione delle stesse competizioni letterarie che, felicemente, perdurano.

Vetromile nella sua prefazione affronta un tema caro ai poeti di ogni età, ma dovrei dire – per estensione – a ogni uomo in generale. Vale a dire cosa rimane, dopo il decesso, del passaggio di una determinata persona. E quanto sia complicato, in taluni casi, fare in modo che l’eredità umana venga coltivata col passare dei decenni quando, ad esempio, vengono a mancare anche parenti diretti, cultori, persone realmente motivate a tributarne il ricordo. Se ci limitiamo alla poesia ben sappiamo di quanti dimenticati[4] vi siano. Dimenticati da chi? Dalla critica ufficiale e accademica. Dall’editoria. Dalla comunità in genere. Eppure ci troviamo dinanzi a una ricchezza impareggiabile che tutti noi, amanti della cultura a vari livelli, ciascuno con le nostre semplici competenze, potremmo contribuire in qualche modo a salvare. Vetromile parla di questa esigenza di tramandare opere ed esperienze che si sono chiuse con la morte biologica delle persone, il cui canto è universale e immortale, ma anche utile e attuale per noi tutti.

Sono poeti, questi presenti in questo volume monografico, la cui dimenticanza non ha a che vedere con la mancanza di meriti semmai con la reticenza collettiva, la disattenzione, la predisposizione e il proselitismo innato di tanti verso i Classici propriamente detti o il fenomeno culturale del momento. Eppure sono voci che meriterebbero un recupero, una rilettura e un approfondimento maggiore a ragione delle loro copiose e lungimiranti espressioni letterarie, studi e perlustrazioni condotte in campo culturale. Vetromile fa – come sostiene nella prefazione – “dà staffetta”, da punto mediale di questa tradizione che sembra incespicare e che lui aiuta a reggersi – da sola – sulle proprie gambe.

Certo, operazioni di questo tipo rimangono (quasi) sempre sottotono, rischiano di rivestire un interesse residuale in chi direttamente ha conosciuto o letto, o ricorda di aver letto pur lontanamente, qualcosa di loro. E invece l’interesse per scoprirli ex-novo potrebbe nascere sorgivo semplicemente dalla lettura di opere testimoniali come queste.

Leggendo in questi giorni i commenti in Facebook che hanno fatto seguito alla pubblicazione di questo contenuto ho potuto evidenziare come, nella maggior parte dei casi, pur plaudendo all’iniziativa in oggetto, in molti si limitassero a dire “ho conosciuto quello in particolare”, “ho apprezzato quell’altro”, “ho assistito a una sua conferenza” mettendo in luce, forse in maniera indiretta ma alquanto immotivata, una centralità qualunquista del lettore medio d’oggi che tende a relazionarsi a un autore in relazione alla (poco consistente) conoscenza diretta che lui ha avuto o non avuto di quell’autore. Parlo di autore e non di opera perché si rischierebbe di prendere un grande abbaglio se si sovrapponessero le due cose. Il ricordare di aver conosciuto un autore e di averlo apprezzato per le sue doti è cosa senz’altro positiva, che va nel segno di quel rinnovamento di stima ed empatia che ha costituito il rapporto in vita tra autore e lettore, ma ciò che viene a mancare è – di contro – il commento, la riflessione critica in merito all’opera di quell’autore. Per meglio dire: “ho conosciuto Tizio” è un’asserzione semplice e banale che possiamo impiegare con tutti, indistintamente (“ho conosciuto il meccanico del mio vicino”, “ho conosciuto il bibliotecario del Comune dove vive mia sorella”) e che è priva di quella particolarità dell’enunciato, di quell’accrescimento didascalico di note, riferimenti, esperienze di vita (compresi gli aneddoti) che, invece, ci consentirebbero di approfondire ancor più quel dato autore. Sarebbe stato curioso leggere tra i commenti qualcosa che facesse riferimento all’opera di quei poeti, a un verso ricordato, a un suo libro stampato, a un motivo per il quale il poeta venisse ancora ricordato, dopo la sua morte, non tanto per la fisiognomica o per aver intrattenuto con lui qualche chiacchiera. Questo sarebbe andato nel segno dell’evidenza di una continuità della sua opera; non tanto di un “recupero” che può avvenire in seguito in base a delle operazioni e iniziative messe in campo ad hoc, ma di una germinazione del tanto seminato da quell’autore. Chiaramente questo discorso non intende aprire alla polemica ma solo evidenziare come la lotta all’oblio, anche all’interno delle schiere di poeti di provincia che hanno scritto decine e decini di libri, hanno insegnato o condotto esistenze irreprensibili, generosamente verso la Cultura tutta, sia attuale e assai difficile da condurre.

Ecco perché un’operazione come quella di Vetromile – che comunque non è completa perché non può essere completa come lui stesso dice essendoci l’esigenza di parlare anche di tanti altri validi poeti che ci hanno lasciato – va nel segno. Il poeta di Sant’Anastasia ci offre, per ciascuno dei quattordici poeti che ha antologizzato, delle note biografiche minime nelle quali, oltre a far riferimento alla bibliografia degli stessi ci dà un suo personale ricordo su alcune delle peculiarità umane di queste persone. Sono poeti che Vetromile ha conosciuto direttamente, stimato, apprezzato, con i quali era in contatto da tempo – lo testimoniano anche alcune foto con opportune didascalie – di cui pure ci fornisce alcune poesie scelte a continuazione.

In All’ombra dei cipressi troviamo – disposti in ordine alfabetico – i poeti Franco Capasso (nato a Ottaviano nel 1934 e deceduto a Terracina nel 2006) che fu redattore di molte riviste e di cui Vetromile ricorda più volte la sua “singolarità” di poeta; Franco Cavallo (nato a Marano di Napoli nel 1929 e deceduto a Cuma nel 2005) noto per essere stato fondatore della rivista letteraria “Altri Termini” e del noto Premio Argentario da lui creato nel 1966; Vincenzo D’Alessio (nato a Solofra nel 1950 e deceduto a Montoro nel 2020) ideatore del Premio “Città di Solofra” e fondatore del Gruppo Culturale “Francesco Guarini”; Rosario De Crescenzo (nato a Napoli nel 1927 di cui non vi sono informazioni sul decesso) con una poesia dedicata anche al mondo del lavoro in fabbrica; Manfredo Di Biasio (nato a Fondi nel 1939 e lì deceduto nel 2019); Alfredo Di Marco (di cui non vi sono informazioni sulla nascita e deceduto nel 2008) che diede impulso al Concorso di Poesia “Città di Giungano”; Aristide La Rocca (nato a Nola nel 1925 e lì deceduto nel 2006), fondatore e direttore della rivista “Hyria”; Domenico Luiso (nato a Bari nel 1937 e deceduto a Bitonto nel 2013); Pasquale Martiniello (nato a Mirabella Eclano nel 1928 e lì deceduto nel 2010) noto preside nei licei statali fondatore dell’Associazione Culturale “Linea Eclanense” e organizzatore del noto Premio Nazionale di Poesia “Aeclanum”; Natale Porritiello (nato a Sant’Anastasia nel 1943 e lì deceduto nel 2017), il poeta-imprenditore che con le sue idee tanto aveva arricchito il territorio e dato lavoro, attivo a Sant’Agata dei Goti e in procinto – prima del tragico incidente stradale – di creare il “Museo del Rame”; Marisa Provenzano (nata a Catanzaro nel 1950 e lì deceduta nel 2020), donna solare e grande organizzatrice culturale, fondatrice del Premio Letterario “Città di Siderno” e in procinto, prima che la morte la cogliesse, di dar vita all’agognato Premio Letterario “Città di Catanzaro” per il quale tanto si era spesa; Gianni Rescigno (nato a Roccapiemonte nel 1937 e deceduto a Santa Maria di Castellabate nel 2015) anche filosofo e romanziere; Adriana Scarpa (nata a Venezia nel 1941 e deceduta a Treviso nel 2005), unica tra i Settentrionali qui raccolti; Ciro Vitiello (nato a Torre del Greco nel 1936 e deceduto a San Sebastiano al Vesuvio nel 2015) redattore di “Altri Termini” e collaboratore instancabile, quale curatore e direttore di collane, per Guida Editore di Napoli.

Verrebbe da sostenere – e l’idea non sembra poi così azzardata – che tra i poeti qui raccolti che hanno avuto maggior eco nella nostra letteratura, anche dopo il loro decesso, sono stati forse quelli che, oltre all’incisiva e prolifica produzione poetica, si sono dedicati anche ad altri generi forse di maggior respiro: la narrativa e il teatro e soprattutto la critica letteraria. Per fare alcuni esempi, tra i citati, Franco Cavallo, che fu anche traduttore, pubblicò un importante saggio: I percorsi della scrittura: trent’anni di letteratura in Italia (1988) in collaborazione con Mario Lunetta; Aristide La Rocca, che fu curioso studioso Rocco Scotellaro e curò il volume Le ragioni del Sud nella vita e nella poesia di Rocco Scotellaro. Atti del convegno di studio (Napoli, 30-31 marzo 1984) (Liguori, 1988) e che, per la sua instancabile attività medica, rimane piuttosto noto nel campo ospedaliero (autore, tra l’altro, del volume Ospedali e sanità in Italia, Liguori, 2000); tra tutti, il magistero critico di Ciro Vitiello del quale citiamo alcune opere: La logica letteraria (1984), Teoria e tecnica dell’avanguardia (1984), Pensare la poesia (2005) e Carducci, nostro contemporaneo (2007).

Alcuni, tra i versi raccolti in questo pamphlet, di certo ben si prestano a essere citati e richiamati in relazione al tema della testimonianza poetica dopo la morte dell’autore, relativamente al tema del tramandare e conoscere ma anche del recuperare e tributare. Rosario De Crescenzo scrive: «Vivere è questa pena / di temere / che qualcosa s’inceppi nel congegno / delle stagioni lente e rinnovarsi»[5]. La calabrese Provenzano così annota in Kintsugi (2018), sua ultima raccolta: «Il poeta aspetta / che tramonti il sole / e con lo sguardo / insegue le ore / sull’orologio stanco. / La morte non sorprenderà / il poeta / perché non sarà mai vinto / e in piedi, / con lo sguardo al sole, / ci lascerà l’alba rosata / dei suoi versi»[6]. Mai così veri e contestualizzati a quello di cui si sta disquisendo sono i versi di Ciro Vitiello: «Anche le vite degli uomini illustri vengono al termine, / nulla è eterno, il salmone risale alla sua origine - / per morire. La ruggine erode la cancellata, / la pioggia dà frane nell’estate che asciuga il torrente»[7].

Tra i poeti riuniti nel compendio quelli ai quali la critica ha maggiormente dedicato attenzione, con una serie di studi e pubblicazioni, vi è senz’altro Gianni Rescigno; sulla sua opera sono stati pubblicati: Gianni Rescigno: dall’essere all’infinito (2001) di Marina Caracciolo, Gianni Rescigno: il tempo e la poesia (2003) di Luigi Pumpo, La polpa amorosa della poesia (2007) di Franca Alaimo, La tela del poeta: amicizie epistolari di Gianni Rescigno (2010) di Lerro Menotti, Il respiro dell’addio (2012) di Antonio Vitolo e Di Rescigno il racconto infinito (2013) di Sandro Angelucci.

Quel che ci si augura è che dallo spazio limitato attorno “all’ombra dei cipressi”, l’opera di questi poeti qui raccolti meticolosamente da Vetromile possano avere un loro “seguito” in termini di testimonianza, riferimento critico, anche in chiave citazionale e dunque di doverosa riscoperta e riconoscenza del loro genio anche nella nostra generazione e in quelle che verranno in maniera analoga all’attenzione che è stata posta in maniera ben più diffusa ad un autore quale Rescigno. Se il tempo è categoria liquida invalicabile e, in quanto tale, impossibile da organizzare secondo dettami prettamente logici e mnemonici, la “staffetta” che Vetromile raccoglie, può ancora continuare a girare tra noi, distanti dagli affranti di luce e imperituri viaggiatori dell’attualità spesso cacofonica. È un passaggio che non è possibile eludere e che va mantenuto in difesa dell’alto verbo che è la Poesia.

 

 

Lorenzo Spurio

 

Jesi, 06/03/2021

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Vincenzo D’Alessio, “Oltre il verde” da La valigia del meridionale e altri viaggi. Poesie 1975-2011, Fara, Rimini, 2021; cit. in “Transiti poetici”, vol. XXI, pp. 12-13.

[2] Si sta riferendo qui a Rocco Scotellaro e a Leonardo Sinisgalli, voci poetiche di primo piano della letteratura meridionale e non solo. Di Scotellaro resta noto anche il suo impegno politico (fu sindaco di Tricarico e visse un periodo di detenzione, che emerge dal tono drammatico di parte della sua produzione letteraria) mentre di Sinisgalli la doppia natura dell’intellettuale, tra scienze e letteratura, tra matematica (celebre l’opera Furor Mathematicus di recente ripubblicata) e poesia, tra fisica e parola rivelata.

[3] Vincenzo D’Alessio, “Ai giovani laureati” da La valigia del meridionale e altri viaggi. Poesie 1975-2011, Fara, Rimini, 2021; cit. in “Transiti poetici”, vol. XXI, pp. 12-13.

[4] Mi sembra utile implementare questo discorso della dimenticanza dei poeti richiamando il recente n°32 della rivista di poesia e critica letteraria “Euterpe”, uscito a dicembre 2020, il cui tema ispiratore era proprio “Poeti e scrittori nascosti e dimenticati”. In questo numero trovano posto articoli e studi critici su numerosi poeti che – per usare l’espressione di Vetromile – risultano relegati all’ombra dei cipressi e che meriterebbero di certo un maggiore approfondimento: Pietro Bruno, Antonio Pitoni, Tullio Colsalvatico, Riccardo Bacchelli, Antonio Neibo, Giovanni Stefano Savino, Aminah De Angelis, Umberto Bellintani, Piera Oppezzo, Sergio D’Arrigo, Alberto Vianello, Assunta Finiguerra, Giovannino Guareschi, Geppo Tedeschi, Elvezio Petix, Paolo Messina, Natale Cavatassi, Maria Marchesi, Margherita Faustini, Giovanna Bemporad, Margherita Guidacci, Rocco Paternostro, Maria Rosaria Madonna, Giuliana Brescia (con un mirabile saggio di Anna Santoliquido), Gabriella Maleti. Si parla anche di alcuni poeti trattati in “Transiti poetici” da Vetromile, ovvero di Franco Capasso (una testimonianza e lettura critica di Antonio Spagnuolo) e di Marisa Provenzano (nell’editoriale di Lorenzo Spurio). Il numero della rivista può essere letto e scaricato al link: https://drive.google.com/file/d/19lWCzaVsnxZNRexyDrFtBI5HiamBZUBm/view?usp=sharing

[5]  Rosario De Crescenzo, “Vivere è questa pena” da Il respiro del tempo, Tommaso Marotta Editore, Napoli, 1987; cit. in “Transiti poetici”, vol. XXI, p. 18.

[6]  Marisa Provenzano, “Il poeta” da Kintsugi, Leonida Edizioni, Reggio Calabria, 2018; cit. in “Transiti poetici”, vol. XXI, p. 47.

[7] Ciro Vitiello, “Nulla è eterno” da La vile storia in L’Opera Poetica, vol. V, I Guida, Napoli, 2012; cit. in “Transiti poetici”, vol. XXI, p. 62.

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