TANIA CHIMENTI -MARCO COLLETTI - ADELE D'ADDARIO- ANNALISA LUCINI - FRANCESCA MARICA - MARCO MASCIOVECCHIO - LAURA PEZZOLA - BARBARA RABITA - CRISTINA SIMONCINI - ANTONELLA VAIRANO
Introduzione
E dunque,
passo dopo passo, volume dopo volume, siamo giunti al quarantaseiesimo “piano”
di questa costruzione poetica, perché proprio così la intendo, iniziata una
tarda sera del 21 marzo 2020, con l’intento di vedere, scoprire, capire, quanta
poesia e quanti poeti ci fossero in Italia, e persino all’estero, limitatamente
alle mie conoscenze e alle collaborazioni con alcune illustri e competenti
Voci, come Lucilla Trapazzo, che mi hanno dato la possibilità di ospitare poeti
di altre nazioni, in volumi appositamente realizzati per loro.
Navigando
in questo mare vastissimo, sembra che la poesia sia infinita, in tutte le
direzioni e in tutte le dimensioni spazio-temporali. Infinita quantitativamente
per i tantissimi che, in Italia ma credo anche in tutto il mondo, ne scrivono.
Ne scrivono di proposito, di getto, cogliendo l’attimo creativo, la cosiddetta
ispirazione, o ne scrivono in base ad un progetto che precede l’ispirazione, o
ne scrivono per dimostrare la loro bravura letteraria, o ne scrivono perché
colpiti da qualche sensazione o da qualche sentimento, o perché credono sia
bello e necessario esprimere l’entusiasmo che suscita un panorama, un volo di
gabbiani, la risacca, la luna. Ne scrivono a iosa. Ne scrivono soprattutto sui social. E infinita per estesione
geografica, dacché non esiste, ne sono quasi certo, città, regione, paesino,
landa, contrada, masseria, angolo di strada, casetta di campagna, dove non
operi la mano di un poeta, intenta a battere sulla tastiera del cellulare o del
computer – ormai si usano soltanto questi mezzi tecnologici (chi si ricorda più
del glorioso blocknotes o della
fatidica agendina sulla quale si appuntavano riflessioni e prodromi di
versi?...) – per concretizzare il proprio sogno letterario. Sono un poeta e me
ne vanto. Sono un poeta perché sono sensibile, attento a cogliere l’attimo, a
esternare i miei sentimenti, a cantare l’amore, l’amicizia, l’alba, il
tramonto. E siamo tutti poeti! Poesia infinita: poeti tantissimi, versi
tantissimi, libri di poesia tantissimi…
Ora, non è
che questa cosa sia un peccato! Non è una cosa malvagia, anzi: il desiderio di
creare qualcosa, utilizzando parole e versi, come il musicista utilizza le note
per comporre i suoi brani musicali o come il pittore usa i colori e il pennello
per i suoi quadri, è cosa buona e giusta, e sta a dimostrare l’esistenza in noi
di quella vis creativa che fa
respiare l’anima, la educa alla migliore conoscenza del mondo e la ingentilisce
nel rapporto con la natura e con gli altri.
Ma non
bastano la sensibilità e la gentilezza, il senso di appagamento nello scrivere
versi, il desiderio di esternare il proprio pensiero su un tema qualsiasi, per
giungere alla Poesia.
C’è, nella
vera Poesia, qualcosa di più, qualcosa che va oltre. Non ci sono schemi, stili,
forme, tecniche, strutture, moduli, canoni, studi uguali per tutti: ogni poesia
e ogni poeta è una singolarità, e non si può emulare, simulare, uguagliare. Una
volta scritta, quella poesia rimarrà unica e irripetibile. Anche trattando temi
usuali, come l’amore, l’alba, il tramonto, l’amicizia, la guerra, quella poesia
sarà talmente originale, da rimanere unica.
Questa la
forza e la speranza della Poesia, della buona poesia e dei buoni poeti, come lo
sono senz’altro i dieci Autori di questo volume, che ringrazio di cuore per il
loro pregevole contributo.
Buona lettura!
Giuseppe
Vetromile
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TANIA CHIMENTI
C’è un
amaro senso di ineluttabilità in questi versi di Tania Chimenti, interessante
Voce poetica di Bari. Le cose, i fatti, accadono indipendentemente dalla
propria volontà, come se ci fosse davvero un destino, un ente esterno che
programma e decide. La sensibilità della poetessa è tale da penetrare in
profondità e con coraggio nell’essenza della realtà estrapolandone lacerti di verità
che, sebbene dolorosi, vengono mitigati da una consapevolezza attenta e pronta,
se non proprio alla risoluzione, almeno alla speranza. “Il sogno è tale anche quando racconta qualcosa vissuto da altri”: è
qui l’universalità della condizione umana, stretta in una morsa materiale
resistente ad ogni terapia. Bisogna
dunque sempre vigilare, attaccarsi alla vita per non lasciarsi sopraffare dalla
disperazione, che è sempre ad un passo da
noi.
Con versi
aderenti a questo suo messaggio esistenziale, Tania Chimenti ricostruisce una
realtà svelata e chiarita, laddove il disagio del vivere era impedimento e
ostacolo ai sentimenti e all’amore (“Sappiamo
che è presto per amare, / ma è troppo tardi per tornare.”).
anche quando racconta
qualcosa vissuto da altri.
Difatti quella notte
nell'ora più crudele, in cui
perfino gli insonni riescono
a chiudere gli occhi
io non c'ero:
fotografavo
i compagni di classe,
la tipica immagine
dove tutti ridono
davanti al pullman.
Pensavo
che i denti bisogna averli forti
per ridere anche nel dolore
per questo si è giovani
anche a gengive spoglie
come da vecchi
o da neonati.
***
È un gioco il mio andarmene
e poi voltarmi per vedere
se mi guardi.
È un gioco che rende tutti disperati,
c'è una simmetria nelle delusioni:
chi non si gira
e chi aspetta.
***
Erano giorni in cui non scrivevo
Vivevo a stretto contatto con la morte
Ricordo ancora il suo odore
Alcol e chimica
Povera sorte
Pensavo spesso che così come
non è facile nascere
non lo è neanche morire
Spada conficcata
Terapia che dichiarava guerra
Alla malattia
Fuoco che bruciava
E risanava
il tempo di una nuova strada
Alla fine
La guarigione
sarebbe stata
Come percorrere il sentiero
Di ritorno verso il corpo
quello del viandante
senza più casa.
***
Odio i citofoni nella notte,
ci ricordano di rincasare.
Ripercorriamoci con le mani.
Sappiamo che è presto per amare,
ma è troppo tardi per tornare.
***
Da quale luna
sarai custode
del respiro
la notte?
Da quale letto,
pur confortandoti
del lume,
del libro di poesie
sul comodino,
inabisserai il piede
sul pavimento
mentre cerchi
sulla parete
l'interruttore?
Ad un passo da noi
c'è sempre
questa disperazione
che stira in alto il braccio
e tende il piede
in opposizione
in basso.
Ieri
notte mi è capitato di sognare
il
vuoto e l’ho abbracciato come
un’anima
volata in cielo. Nel silenzio
ne
abbiamo parlato di quel viaggio
chiamato
giorno, di quel treno che
non
ho mai preso e che aspetto,
disoccupato
doganiere.
Oggi,
nella siepe dei pensieri
ho
trovato una scaglia di vetro
e
le ho dato nome realtà.
***
Il mosaico del nulla
Che
cos’è Dio se non questo zampillio
della
vita nonostante la morte?
Ostinati
al respiro e fantasmi del tempo,
attraversiamo
le onde dell’assetata quiete,
mentre
la vita scorre verso mete
che
non vogliamo, come un papavero
rosso
che, colto, muore lo stesso giorno.
Li
incrociamo davvero gli altri destini
o
quella strada sterrata è una sola
e
solitaria? Di ciottoli dolorosi e bianca
polvere
sotto i passi feriti, sferzo l’inganno
che
il vento mi impone, di sentire il mio
corpo
e il brivido dell’anima carne,
che
brucia senza meta come incenso
svanito.
A un passo dal nulla, ma ancora
immagine
incerta, mi ancoro figura
vibrante
di un altrove, che può essere
ovunque
e chiunque di qualcosa.
La
accolgo tra le mani questa apparenza
di
vita, che scivola come sabbia dell’ultima
clessidra.
Allora mi vedo e dentro me
tutto
il mondo mi assale, verso un mosaico
alato
che adagio prende il volo.
***
Negli
anni, di un canto mi prese
l’abbandono
e, rapito, a sfioro
volavo
sulle più belle parole.
Il
gioco all’incanto dei sentimenti
andati,
tornado lontano
e
crocericordo. Ballare
trasognando
mi fu quella vita,
dell’angelo
dell’amore il bacio
mai
spento, l’orlato delle labbra
e
il fuoco di un orecchino.
Ero
corallo, oro e profumo
di
capelli, nel bosco degli occhi
la
rincorsa di due menti.
Tutto
svanì ed io soffuso,
nella
vita che diventò esistenza
e
poi nulla e il vuoto. Ora c’è
cenere
intorno ai miei occhi
e
lacrime antiche, solcando ferite.
Il
grigio che mi resta eppure
ha
un caldo sapore, delle cose amate
oltre
l’Amore, dell’ultimo appiglio
a
chi sono stato. Ed ecco che
cieco
rivedo un bagliore.
(da
La materia non esiste, La Vira Felice
Edizioni, 2024)
L’anniversario
Celebriamo
quest’oggi, a questa mensa,
l’anniversario
del nostro incontro
mancato,
il fiorire disatteso
dei
germogli che mai ponemmo a dimora.
Guardami.
Sono
un’attesa che freme,
un
desiderio che geme e si sconfessa,
una
belva che divora se stessa,
la
propria ostinata autarchia.
Sono
una asserzione reiterata, spogliata
di
ogni aggettivo garbato,
sono
la soglia di un bisogno
occultato,
di un bisogno
che
ripudia attese ulteriori
e
mai se ne affranca.
Schiava
dei miei rimpianti,
della
mia sottomissione.
Tu
ora guardi altrove, tu
mai
davvero sfiorato
dal
crollo
del
nostro destino mancato.
***
Insonnia
La
notte è uno scivolare d’ombre
rasenti
i muri, un attardarsi di passi,
di
bisbigli che da tempo hanno smesso
di
commuovermi.
È
un’insonnia di luci lampeggianti,
di
camion rombanti sulla provinciale.
è
un minaccioso latrare di cani
protetti
dalle inferriate.
Altri
cani rispondono, in lontananza,
concorrono,
consapevoli, a frantumare
ogni
residua aspettativa di silenzio.
Conosco
quanto infruttuoso sia
ogni
tentativo di resistenza
Toccarsi
è una consolazione magra
da
ripetere fino a consunzione
da
mantenersi segreta.
Se
pure il silenzio fosse
una
consolazione
non
resterebbe che mordersi le labbra.
***
Il mio desiderio
Il
mio desiderio
è
un lenzuolo irrigidito
steso
al gelo della notte.
Le
stelle sono sale
sulle
aperte ferite.
A
stento si posano sull'acqua
ghiaccia
della fontana.
Più
buio è il fondo
più
pura appare la notte riflessa.
Sono
seduta, sola,
le
ginocchia inchiodate
alla
panchina nera
di
fronte alla casa.
il mio amore mi attende
ancora
con le luci accese
ma io,
io non so rilevarmi.
***
Dalla parte opposta della
tavola
A
essere sincera
non
è stato di gran conforto
voltare
il viso in direzione opposta
a
quella dove crescevano i silenzi
a
cui mi costringevi.
Ora
reclami la stipula di un patto
di
quieta rassegnazione
che
non mi sento di approvare.
La
battaglia con me stessa perdura
nella
lotta corpo a corpo coi momenti
in
cui tu stavi dalla parte opposta della tavola
apparecchiata
per la cena
e
sorridevi
a
mano armata.
(da La
bambina melodrammatica, ChiareVoci Edizioni, 2024),
Una Voce interessante e originale, quella di Annalisa Lucini, romana, molto impegnata in ambito poetico e validissima collaboratrice in molti progetti artistici e letterari (vedi note personali). Propone qui di seguito alcuni testi tratti dalla sua recente silloge Dannazione di donna perbene (Eretica Edizioni), dove traspare l’amara consapevolezza delle negatività di un mondo avvolgente e ingombrante. La sua poesia è una sorta di canto espiatorio, con il quale liberarsi, lasciarsi scivolare dalla schiena i fardelli materiali e comportamentali che la opprimono, e di cui anche lei fa parte, fino a ritrovarsi china a raccogliere “Frantumi di vita allo specchio, tra cocci rotti”. C’è tuttavia la ricerca di un senso da dare alla propria esistenza, e in definitiva a quella di tutti, laddove con la poesia si riesca a definire l’istante magico della vita, attraverso immagini della quotidianità apparentemente usuali (“Odora di vino nuovo quest’aria. / Uva macerata. Un tempo pigiata / da nudi piedi e celebrata in canti…”): Annalisa Lucini vi riesce con la particolare maestria e finezza della sua poesia, che le permette di concludere, alla fine: “Fermo il pensiero. / Sono (presente) solo in questo istante”.
Cocci rotti
Da questa schiena
scivolano giù
glorie, vergogne.
Inesistenti virtù.
Ho lesionato la mia
coscienza di laceranti giorni.
Strappi violenti,
progenie di procurati danni.
E a marcare tutto il
tempo d’apparenza vissuto,
su questa schiena
ferita da lame affilate,
fratture storte e
scomposte tra vertebre rotte.
Ossa schiacciate da
pesi. Titanici pesi.
Ferite come solchi
profondi senza punti di sutura.
Ed io.. china a
raccogliere pezzi.
Frantumi di vita allo
specchio, tra cocci rotti.
***
Dannata me
Odora
di vino nuovo quest’aria.
Uva
macerata. Un tempo pigiata
da
nudi piedi e celebrata in canti.
Allegri
canti di sagre paesane e stornelli romani.
Com’è
acre l’odore di zolfo
decomposizione
naturale a preservare aromi.
Dannata
me, macerata anima solitaria.
Butto
via ogni cosa persa e ritrovata
prima
del suo innato deteriorarsi.
***
Dita intrise
Intinte
mani di vischiosità.
E
nera pece e lente gocce
che
si staccano (da dita intrise).
Lorde
di abissale egoismo.
***
Presente
È
questo il presente.
Unica
vera (esistente) realtà.
Un’auto
veloce mi porta altrove.
– Dal finestrino –
vedo
un paesaggio
che
cambia.
– Repentino –
Fermo
il pensiero.
Sono
(presente) solo in questo istante.
***
L’intransigenza
Ad ogni azione una reazione.
Conseguenze dell’agire
che determinano il Giudizio.
Senza appello
[questa sentenza]
Scritta sulla pelle, a sugellare nella coscienza
il marchio impresso a fuoco.
Quell’essere giudice
[di se stesso]
Intransigenza che non conosce esimente.
(da
Dannazione di donna
perbene, Eretica edizioni, 2023)
È una
poesia complessa, quella di Francesca Marica, autrice di diverse opere e
progetti letterari di rilievo. D’altra parte, come leggiamo nelle sue note
personali, la sua creatività si estende anche nel campo dell’arte visiva, il
che le dona certamente una maggiore sensibilità nell’osservare e
nell’interpretare i messaggi che le provengono dalla realtà circostante,
messaggi e segni che lei traduce in visioni simboliche del mondo, attraverso
una poesia fortemente allegorica e ricca di immagini. Dentro i confini dell’isola nessun profeta canta, declama Francesca
in uno dei testi proposti, ed è questa una grande metafora di un mondo (l’isola) circoscritto e limitato, in cui
ogni cosa è avvolta dal mistero e l’enigma della vita non ha possibilità di
rivelazione se non nel silenzio dei sogni, nel profondo interrogarsi sul senso
dell’esistenza: i versi in corsivo nel corpo dei testi poetici non fanno che
ribadirne di volta in volta la gravità e il mistero, offrendo con la poesia,
nel contempo, una sorta di chiave di lettura sibillina che possa sciogliere
l’enigma della vita e della morte.
(Dentro i confini dell’isola)
Dentro i confini dell’isola nessun
profeta canta.
I sogni piantati nell’avorio chiedono
silenzio,
le pietre intaccano il rosso della
croce e del fossato.
Una donna conserva le reti per
l’inverno,
nasconde un lupo nella gola –
è un testamento di sangue e di vento.
Un uomo recita il rito dell’attesa,
cerca un segno, ha perduto l’innocenza.
L’isola rivela l’enigma e il suo
mistero –
sono voci di caverna e antichi teschi.
I
morti dimenticano i piaceri con troppa trasparenza
e
gli animali non offrono rivelazioni.
Basta un gesto della mano per capire.
Gli uccelli migrano sui rami della
grande madre,
l’acqua spinge e si alzano le vele.
Verrà domani il tradimento della terra?
Dentro i confini dell’isola nessun profeta
canta.
Troppo intenzionale ogni dolore, ogni
errore…
Solo scintille negli occhi e nella
notte.
La fame chiude il cerchio, un nuovo
affanno chiama.
La precisione non è ora, non è qui …
(Poesia
Inedita, Vincitrice Premio Lorenzo Montano, 2021)
***
(Le stanze trattengono il fumo)
Le stanze trattengono il fumo, il bosco
dorme,
tremano i cervi nel cerchio della luna.
Il giorno scaccia i naufragi della
notte,
molti scheletri si spaccano nel buio.
Come dire addio ai fantasmi e ai cani
rovesciati?
Le dimenticanze inchiodano ai luoghi,
anche se c’è chi si ritaglia
responsabilità minori.
Più distanti della morte solo i tuoi
seni.
Seduce l’origine della forma, la
maschera persa
nel sentiero del piombo. La tua chioma
nera,
le tue rovine distratte, gli incontri
mancati nelle ossa.
La scommessa del sangue dove nascono le
viole.
Così
sia fatta la tua volontà. Ora e sempre.
Quando la grande mano tornerà a
colpire?
Il giorno scaccia le ombre della notte,
i tuoi occhi vagano nella lontananza
del lutto.
La tempesta avvolge i corpi e promette
una neve nuova.
Qualcosa calma il male che scende nella
brace.
Nel
recinto dei fossili, una preda senza testa
prega
i figli della pioggia …
(Poesia
inedita, Premio speciale Presidente di Giuria Enzo Campi, Premio Bologna in
Lettere, 2021)
***
(La tua è una resistenza coerente)
La tua è una resistenza coerente.
Finalmente riposi e non c’è sguardo che
possa farti male.
Il tuo corpo è un altare, un luogo di
scomparsa
dove la luce entra piano e non ha
fretta di arrivare.
Che inutile pudore la riservatezza di
una vita.
Si vive di frammenti e tu dovevi morire
per capire di voler essere vivo.
Qui il giorno chiama ancora i suoi
delitti ma io oggi ti perdono
e tu mi restituisci una speranza nuova.
Passeggi solo come un fantasma, arrivi
piano,
perso nel bianco di una lingua
dimenticata
e c’è nell’aria un sentimento antico,
una miseria semplice.
Le tue gambe non torneranno più in
nessuna casa
e tutte le mie intuizioni avranno
subito grandi danni.
Ti cerco sulla spiaggia. Cerco quello
che non sarà,
quello che non potrà più essere. La
vita è una stagione a tempo,
una nuda terra dove tutto si riduce a
una consapevolezza distaccata.
Oggi ti restituisco al mare, oggi ti
perdono.
Ti
ho perso prima che la terra imparasse la lingua dei vivi…
(Testo
inedito apparso on line a cura di Marco Ercolani)
***
Notizie da est
Ricordi La discesa di Inanna tra le rovine di
Nippur?
Huginn e Muninn sulle
spalle di Odino. Il bosco sacro di Dodona. Ricordi?
So che ricordi. Non è il caso che insista.
Una frana seppellisce i
cuori guastati dai vermi ma poi la benedizione arriva.
Dove andiamo quando
meditiamo compassione?.
È quasi notte. Per chi
desidera fondersi col buio, la notte resta l’unica alleata.
Mi sembra di vederti
appena oltre la finestra: sei foglia, asino, corpo destinato a un altrove. Cresci, ti sussurro. Cresci. E intanto cerco un ricovero, una tana per nascondere il
peso dei piedi incandescenti.
Ora lo so: Dove la profondità sconfina in altezza, la pelle non logora più
nessuna soglia –
(Notizie da est fa parte di un lavoro epistolare più ampio inedito,
iniziato nel 2022 e ancora in divenire)
È maestro
nel cogliere il fatidico “attimo fuggente”,
Marco Maciovecchio, poeta romano di grande talento. Nei brani poetici che qui
propone, inediti, consequenziali l’uno all’altro e di una sinteticità
straordinaria che lascia traguardare il non detto, il non direttamente
espresso, Marco Mascivecchio vi concentra infatti il senso di perdita e di
ineluttabilità che la vita di ogni giorno ci mostra: “il senso della vita lo afferri con la mano / ma proprio nel punto di
contatto / evapora tutto, s’è fatto giorno / porto la pappa al gatto”. Qui
il verso conclusivo riporta il poeta alla realtà, alla monotonia e al ciclo
ripetitivo del tempo. D’altra parte, l’attimo di vita non potrà mai essere
definito e fermato nel tempo, perché oscillante tra il te di oggi e il te bambina, su un’altalena che è appunto metafora
di questa ripetitività all’infinito, inafferrabile.
La
profondità del progetto poetico di Marco Masciovecchio è tale da individuare
questi lacerti di tempo sospeso, ben sapendo che la realtà è sempre lì, in
agguato, a sconsacrare e a mistificare il nostro attimo fuggente, il punto
autentico della nostra ragione esistenziale.
tra due alberi un prato e l’altalena
ricorda come oscilla il te di oggi e il
te bambina,
la verità radica nell’ombra
solo una luce vera non è menzogna
ancora adesso torni come allora
lacrimi la gioia e il dolore, dietro la
schiena,
vacilli come una foglia, questa è la
vita.
***
avevi uno sguardo simile al mio
svelava un dolore immenso
spezzando parola e silenzio
sfinendo ogni millimetro del corpo.
alzando gli occhi al cielo
una stella disse: “volevo soltanto
che mi guardaste, è per voi che
brillo!”
***
questa poesia non salva proprio niente
sarei un ambulante di false speranze
o uno spacciatore di roba scadente
questa poesia non è una redenzione
non muore dopo il calvario sulla croce,
ma in una polverosa libreria, su uno
scaffale,
o dentro uno scatolone pronto da
macerare.
chi vende la salvezza è un impostore
le cose non vissute non sono mai
esistite.
***
ci vuol coraggio a rimaner seduta
col tuo vestito bianco sporco di fango
fissando un muro foderato di parole
mentre le tiri via una ad una
come facevi con le margherite
ponevi la solita domanda
ora conosci la risposta
che non consola.
***
ho recitato sul tuo corpo
una preghiera cucita a sangue
risalgo dalle caviglie al mento
studio ogni dettaglio
assaporo la più piccola imperfezione
l’amen l’ho bruciato sulle tue labbra
per esaudire la tua lingua.
***
resto qui
attendo la fine del temporale
risvegliato dall’ultimo bagliore
nelle mani ricordi da sgretolare
resto qui
nell’ombra dell’esitare
s’annega nello stare
crogiolarsi nel dolore
un rosario senza consolazione
dentro un silenzio letale
ora che so che quest’istante
è un sempre
resto qui.
***
alle quattro del mattino attendo il
giorno
come un suicida, come un assassino.
è bastato ritrovare quelle poche righe
la lettera dell’ultimo Natale e come
niente
96 penetri nel silenzio come l’alba
dalle tapparelle,
un filo invisibile di luce unisce e
ricuce
frammenti del passato col presente
resuscita ricordi, i volti e le parole
le nostre misere vite le nostre storie
l’attimo di verità dove tutto è chiaro
il senso della vita lo afferri con la
mano
ma proprio nel punto di contatto
evapora tutto, s’è fatto giorno
porto la pappa al gatto.
***
sul filo dello stendino
dimenticato, appeso
spaiato come un calzino
battuto da pioggia e vento
nessuna stella in cielo.
(inediti)
“Ogni
giorno apriamo la finestra / scegliamo il cielo dove stare.” Sono questi i
versi più significativi dei testi poetici che Laura Pezzola, da Roma, ci
propone. C’è il mondo, fuori, la realtà circostante e il creato intero, e la
sensibilità della poetessa coglie quella patina di ineluttabilità presente
nelle cose e negli uomini, quasi a dolersene. Non resta che seguire la scia
dell’evoluzione, o destino che sia, assecondando la componente armoniosa del
tutto, imparando la direzione del vento
dal movimento dei pesci. Adeguarsi, in fondo, alla vita, accettandone le
infinite variazioni, i cambiamenti, le future aspettative. L’uomo è al centro
di questo percorso (siamo qui) che
offre panorami e situazioni sempre diverse, e in cui anche la storia personale
di ognuno è da considerare attimo di un tempo che comunque passa veloce.
In tutto questo, la poesia è la parola
che ferma il tempo, per radicare in ciascuno di noi l’essenzialità della vita,
di fronte alle improvvise e imprevedibili azioni della natura e della stessa
società umana.
Siamo qui
Ogni
giorno apriamo la finestra
scegliamo
il cielo dove stare.
Siamo
briciole di roccia sospese
sull’abisso
– i fiumi sfaldano
gli
argini – le città devastano.
Ma
noi risaliamo le foglie
siamo
le formiche dell’inverno
le
cicale che spendono tre soldi
al
mercato dei fiori e piangono
sul
latte versato.
Abbiamo
imparato la direzione
del
vento dal movimento dei pesci.
Dai
sassi che increspano l’acqua
la
filosofia della scomparsa.
Siamo
qui: il nulla che sommato al nulla rivela
l’immenso
disordine del mondo.
***
L’abbecedario
L’abbecedario
della prima
la
A di ape – la R di regina.
La
maestra nell’aula dei sospiri
il
corriere dei piccoli scolari.
Ho
cinque ossi da lanciare in alto
sul
gradino che salva dalla fuga
sono
scivolata su una goccia
ma
qualcuno dice che non c’era.
Per
salire stringo il corrimano
raccolgo
le molliche tra le spine.
Mi
salvo fissando il sole buono
perché
di sera nei vicoli fa buio
e
scappo dalle scarpe impolverate
che
cantano il no delle canzoni.
Libera
me – se vuoi – da tutte le paure
ne
scrivo per guadagnare tempo
per
acquistare ancora un po’ di vita.
***
Nessuno si salva da
solo
C’è
un porto sepolto di parole
miniere
di parole grezze
da
rinvenire alla luce
montagne
di parole arpionate
con
un bastone appuntito
tra
resti di cibo bulloni
spirali
di rame vicino
ai
panni stesi alle luci
alle
strade – alle case sventrate.
Radicarle
qui – nel respiro
di
questa poesia.
Quale
poesia – mi chiedi – a cosa serve
se
può inciampare in una mina e saltare
in
aria con tutta la sua millanteria.
La
vita è una tela di ragno infinita
nessuno
si salva da solo.
***
Invisibile
I
filari di tabacco a seccare
l’altalena
appesa al cielo
un
granaio con sacchi di tela
e
una montagna di chicchi
con
un destino di pane caldo.
Ho
perso la scarpetta accanto
al
pozzo ma non la paura
di
smarrire persone.
Così
sono partita e nel pozzo
ho
raccolto le chiavi
di
tutte le case abitate.
Tu
eri invisibile.
Nei
campi interravi radici
pochi
abbracci – pochi sorrisi.
Un
amore immenso riposto
nella
quiete dello sguardo.
***
La rosa che non teme
il gelo
In
una briciola di tempo il tempo passa
metto
i piedi nel vuoto – risparmio passi.
Sul
balcone coltivo l’incenso
delle
preghiere autunnali.
Il
tempo non ha la misura del tempo
dimentica
l’urgenza del camminare
fermenta
l’impasto delle parole.
Il
guscio che mi serrava è rovinato al suolo
e
sparge semi antichi – mi radico
come
si radica la citronella e la menta
ma
non dimentico di ringraziare il cielo
per
la luce – la goccia – la nuvola che passa.
Affioro
erba di rocca. A te dono la rosa
che
non teme il gelo.
(Da Tutti
i no sono saliti al cielo, Ed.Ensemble, 2023)
Un mondo degradato e disunito, frammentato, privo di
valori e di eroi, una società in cui le componenti principali sono l’egoismo,
il pressapochismo, la monotonia dei gesti e dei comportamenti stereotipati,
Questo il quadro complessivo che la poesia di Barbara Rabita ci propone, nei
testi che seguono, con un dettato poetico forte, incisivo e molto aderente alle
condizioni geografiche e umane di una quotidianità diffusamente inerte: Milano
è una di queste città (Terrìnferi),
ma l’attenta osservazione della poetessa di questi disagi esistenziali può
benissimo essere rivolta, per estensione, ad altri consessi e realtà attuali.
C’è in ogni caso una sottile vena di pietà, laddove
anche la sofferenza e addirittura la morte sono mostrate nella loro piena
dignità e naturalezza, ed è proprio la poesia a mitigare la consapevolezza
dell’ineluttabilità della fine: “La trovò
viva / con i denti puliti e intatti / gli occhi grigi dalle
ciglia folte…”
Terrìnferi
Indossiamo cadaveri
si sente odore di scarpe
firmate, nel caffè del mattino.
L'accatastamento è
il cumulo di stoffe lacere
nella periferia di Dacca, semmai
si possa parlare di un centro.
Fuma merda e chimica
dalla collina informe
un linfonodo ingrossato
sul collo del mondo.
Non abbiamo
abbastanza
vene per versare sangue
che lavi l'onta di un vestito
in poliestere, glamour.
Ricicliamo materia,
scarti
vestiti di vanità, tacchi a spillo
e sensualità andata a male...
miasmi salgono
in Via Tortona.
Una donna cammina
sghemba sul tacco 12.
(dall’Antologia Ogni sguardo su Milano, realizzata da Giuseppe Carlo Airaghi)
***
In farmacia
Caro Paolo,
oggi il carcere
di folla sulle strade
ha calpestato escrementi
in attesa davanti alla farmacia.
Ero un cliente con molte richieste,
ho quindi formato una
lunga coda.
Ogni tanto mi giravo,
negli occhi di chi
aspettava c'era una patina
di cortesia, che franava
con il passare dei minuti
per rivelare lo sguardo
dell'impazienza
della ferocia.
Qualcuno si è ricomposto
quando mi sono allontanato
e mi ha lanciato un'occhiata
di approvazione.
Un tappeto di guano
mi attendeva all'uscita.
(dall’Antologia Ogni sguardo su Milano, realizzata da Giuseppe Carlo Airaghi)
***
La morte
La
trovò viva
con i denti puliti e intatti
gli occhi grigi dalle ciglia folte
Si
era alzata, così,
dal letto fino in sala
un arresto al respiro
come di improvvisa
compressione
Le
mani tese verso il vuoto
i tendini nervosi
in evidenza.
Le
entrarono in casa
dopo averla salutata
spalancarono gli armadi,
con veemenza e voluttà.
Provarono
i suoi vestiti ridendo e civettando
mirandosi allo specchio.
"Fate proprio schifo" disse la sorella maggiore...
Anche
lei rideva.
(inedito)
Con un
dettato poetico fluido e colto, ricco di sentimento, Cristina Simoncini propone
dei testi inediti che ricostruiscono immagini e stati d’animo del suo passato,
ma che proprio per l’intensità del ricordo, e per i dettagli anche minimi che
vi figurano, possono aprire finestre analoghe sul trascorso di ciascuno di noi.
I versi si susseguono con un ritmo gradevole, i testi privi di titolo vogliono esprimere
un’immediatezza del narrato, laddove l’urgenza del ricordo si materializza nel
presente in onde di misurata eppure profonda nostalgia. Di fronte alle
avventure della vita, sia nel bene che nel male, la poesia di Cristina
Simoncini è tale da lenire, addolcire ed esaltare ogni accadimento, fissando
nella sua storia, e in quella di tutti, i valori eterni dell’esistenza: i
legami familiari, l’affetto, la gioia di vivere, e l’accettazione del mistero
della morte.
Marmette
in graniglia lucidate a specchio,
trofei e
teche con le armi sulla destra,
in fondo
all’andito la cameretta elegante
in verde
veneziano, dalla porticina
l’accesso alla
cantina con i giochi,
l’infanzia
relegata nel sottoscala.
La casa
sembrava un piccolo museo,
ovunque
risuonava la liturgia,
il suo
divieto: non toccare.
Qualcosa
ti immobilizzava sulla soglia,
gli occhi
asserragliati nella luce,
il bilico
di ombre indecifrabili.
***
Mi appare
come in sogno
la tua
infanzia di avventura,
i salti
rapinosi – fughe in volo
di
maledizioni, l’incoscienza
dei rami –
ti sfiora la linfa,
il chiasso
degli affetti, occhi fitti
che giorno
dopo giorno si fanno
aerei,
solo cruda percezione.
Mani
incomplete afferrano
il pigolio
mutevole di vita,
lo tolgono
al suo nido,
ma non è
terribile?
La
singolarità di ogni
solitudine,
la sua crudeltà.
***
Nella foto
posi in piedi accanto a mia sorella,
la mise da
principessa, le scarpette laccate
come le
bambole che siedono con cura
sul tuo
letto di bambina, impeccabili,
l’aria
inamidata degli adulti, gli occhi
da scolare
diligenti che non osiamo
disturbare
col baccano dei giochi.
Anche
Buck, sempre tirato a lustro,
detesta
l’orda dei piccini, li studia
con fare
inquisitorio, non li fa uscire
dal
cancello. Fuori la strada secondaria,
la scuola
di tua madre, il borro con il ponticino,
niente di
cui temere di là d’Arno,
tranne, a
pensarci meglio, l’autostrada,
o i
segreti al sicuro nelle case.
Ti
immagino ragazzina nella Goa fricchettona,
mèta di un
passaparola che la sublima
prima che
sia India, senza vestiti sulla spiaggia,
susegad o
forse no, sotto l’assedio della libertà.
A casa
mia, l'ultima volta, la voce impastata di eroina,
osservandoci
i piedi dici Le pantofole sono borghesi.
“Il più grande affresco / che si possa vedere
/ è da cercare nel mondo…” : così Antonella Vairano, eccellente Voce
poetica della nostra Puglia, sintetizza, in un certo qual senso, il suo
progetto poetico che traspare nei testi qui di seguito proposti. È una poesia
dal gusto quasi epico, laddove la visione di un mondo eroico è raffrontata con
quella della società attuale, decadente e corrotta. L’originalità della sua
poesia sta dunque nel raccontare con un linguaggio moderno e riferito alla
realtà umana e sociale contemporanea, l’epicità di un mondo dominato da forze
superiori ma in equilibrio, i cui dettagli vengono definiti segretamente e sono
rilevabili solo attraverso la ricerca attenta e sensibile del poeta, l’unico
che sia in grado di “vedere oltre, di
parlare con i giganti degli abissi”, e di riuscire a considerare la vera essenza
delle cose, ancora prima che l’uomo ne imparasse e ne capisse l’uso (“Nel regno dei vivi e nel regno dei morti /
lasciai tutto / e divenni prima del mondo… / punta di freccia, / tuono nel
canto /e forza del peccato…”).
Il cielo dell’alba
A questa luna che non vedo
le avrei parlato dei giganti degli
abissi
Le avrei messo sotto le braccia
l’oro verde degli dèi
Le avrei impresso sulla fronte
il bacio terribile di Caino
Ora che ho l’inquietudine degli amanti
ballo nuda con la giacca di velluto
E pettino trecce alla sera chiara
Il cielo di quest’alba è vuoto
Vedo arrivare i predestinati che hanno
le parole belle degli angeli
Fu così che venni amata
dalla divinità dell’assenso:
di premura e assalto
Nel regno dei vivi e nel regno dei
morti
lasciai tutto
e divenni prima del mondo
punta di freccia,
tuono nel canto
e forza del peccato!
***
Ormeggi
Io so e io non so
concupiscenti e concubine
queste voci del terzo millennio
tutte nella testa.
A forza di tirare su gli ormeggi
non c’è più niente che non urli,
Nemmeno la Bellezza.
Questa fame d’aria e di cilicio
questa macchina umana infame
questo corpo senza sogni
È come il terrore di uno squilibrato
che respira aria di violenza inquieta
sui capelli sottili e biondi
di un bambino mentre parla.
***
Il rovescio del perdono
Il più grande affresco
che si possa vedere
è da cercare nel mondo
I dettagli invece sono di dio
e le sue porte pesanti
servono a tenere fuori il mondo.
Da tempo raccolgo fiori di mandorlo
nel solco tracciato dalle parole
Il mare sta cambiando come cambia il
fuoco.
Sento questo colore bagnato
che si fa subito freddo
Sento questa dolce fibra dell’universo
che si intravede tra l’angelo e il
buffone:
è il rovescio del perdono
che diventa l’opera interminabile.
Ma sceglierei mille volte questo pane
caldo
perché ogni mio bacio squama
ogni tuo bacio.
Perché la simmetria dei pensieri non
esiste
ed ogni pensiero è imperfetto.
Perché della devozione e dell’infedeltà
si può scrivere da una gamba sola.
Perché il mio io è cristallino
come un’indecenza.
Perché la sola eternità possibile è
bianca e cava
e il suo portamento mi commuove.
Perché questo dedalo di vita
è il morso della fame che mi prende
quando alla bocca dello stomaco
vorrei piegarmi.
NOTE SUGLI
AUTORI
Tania
Chimenti
Da sempre legata alla sua città natale, Bari, è qui che ha completato gli studi scientifici e conseguito la laurea in Giurisprudenza. Inizialmente responsabile del personale in una multinazionale, attualmente è consulente aziendale. La passione poetica è personale ma diventa bisogno di condivisione e urgenza di esplorare. Ha partecipato a diversi concorsi ricevendo menzioni di merito e le sue liriche sono presenti in alcune antologie. Ha pubblicato la sua prima silloge poetica Abbracciami Cielo (Wip edizioni) nel marzo 2023 e la sua seconda silloge nel 2024 Versi orfani di ignoto destinatario (Macabor editore).
Marco Colletti
Marco Colletti vive e lavora a Roma. Laureatosi in Lettere all’Università degli Studi di Roma La Sapienza con la tesi “L’immaginario affettivo nelle Familiares del Petrarca”, Relatore Prof. A. Asor Rosa, si occupa da sempre di poesia, critica letteraria con approccio ermeneutico-antropologico e arte contemporanea in qualità di curatore e artista digitale: le sue opere digitali sono poesie visive e le sue poesie visioni. Organizza eventi e convegni letterari ed è redattore della rivista letteraria Formafluens International Literary Magazine. Suoi contributi critici sono presenti anche nelle riviste Laboratori Poesia e Il Mangiaparole. Nel 2024 è uscita la sua raccolta di poesie La Materia non esiste, ed. La Vita Felice. È art director e illustratore per aziende e case editrici internazionali nel settore dell’illustrazione per l’infanzia.
Adele D’Addario
Adele D’Addario nasce a Locarno, in Svizzera, sul finire del secolo scorso, da genitori siciliani. All’età di 10 anni, a seguito della separazione dei genitori, si trasferisce a Messina con la madre. A Messina termina gli studi conseguendo la laurea in Lettere.
Attualmente vive in provincia di Monza-Brianza dove insegna,
come precaria, nelle classi medie inferiori.
Ha pubblicato il libro di poesie La bambina melodrammatica, ChiareVoci Edizioni, 2024.
Annalisa Lucini
Annalisa Lucini è nata in provincia di Roma nel 1973. Laureata in Giurisprudenza all’Università “La Sapienza” di Roma, si è dedicata per anni alla professione di avvocato. Ha pubblicato per la poesia: Dannazione di donna perbene (Eretica edizioni). Ha scritto per antologie poetiche e narrativa con le case editrici Affiori di Giulio Perrone, Edizioni Ensemble, Il Formichiere. Ha contribuito al progetto «Stile Euterpe vol. 6 - La parola nuda: scritti su Antonia Pozzi», con inediti sulla poetica di Antonia Pozzi. È stata membro di giuria nel Concorso Nazionale Zeno. Ha composto poesie per la mostra curata dal Prof. Alberto D’Atanasio Cromie dell’Anima di Donatella Masciarri, svolta in due edizioni ad Anagni e Torrita di Siena. Collabora con alcuni artisti italiani per progetti di fusione tra Arti e Scrittura. Nel 2024 ha interpretato in lettura scenica Nasten’ka nel primo adattamento teatrale de “Le Notti bianche” di Fëdor Dostoevskij a cura della regista Lucilla Leone. Fa parte della redazione del Lit-blog “Le Finestre de L’Irregolare” curando la rubrica mensile “Fraseggi di luce”. Ha scritto sul blog Retroguardia 3.0. Suoi inediti sono pubblicati sul Lit-Blog “Gruppo Scrittori Firenze”. Si occupa di recensioni letterarie su riviste di settore. In corso di pubblicazione un volume del quale è curatrice e che fa parte della collana universitaria Bridging.
Francesca Marica
Francesca Marica, poeta e artista visiva, è attiva in Italia e Francia. Appassionata di arte e teatro, i suoi testi non hanno mai una dimensione solo letteraria. Tra le sue più recenti pubblicazioni: Concordanze e approssimazioni (2019), Ti scrivo da dove sono (libro d’artista con sedici disegni di Claudio Borghi, 2022), In forma di note e frammenti. Omaggio a Rubina Giorgi, con Gian Paolo Guerini (2023). Suoi testi in prosa sono presenti nel volume collettivo AA.VV. Passaggi (2021, a cura di D. Watkins e L. Chiurchiù) e in Babel, Antologia plurilingue (2022, A cura di E. Campi). Traduce dall’inglese, dal francese e dallo spagnolo; tra gli ultimi progetti: Francisca Aguirre, Alejandra Pizarnik, Roberto Juarroz, Valérie Rouzeau, Maria Banus e Louise Glück. Da anni approfondisce il tema delle avanguardie. Ha collaborato con Utsanga, Archivio Maurizio Spatola, La finestra di Antonio Syxty, Poesia del Nostro Tempo, Argo, Imperfetta Ellisse, Carteggi Letterari, Rebstein, Carte nel Vento, Le nature indivisibili. Ha contribuito a fondare, prendendo poi parte alle relative Giurie, il Premio Internazionale di Poesia Franco Fortini e il Premio Letterario Nazionale Gianmario Lucini. Di prossima pubblicazione due nuovi lavori in prosa.
Marco Masciovecchio
Marco Masciovecchio è nato a Roma nel 1967. Ha frequentato la facoltà di Architettura di Roma, svolgendo contestualmente le più svariate attività lavorative. Vive a Ciampino e si occupa di Salute e Sicurezza sul lavoro per una multinazionale. Appassionato di fotografia, ha partecipato a concorsi nazionali e internazionali e a mostre collettive. Nel 2023 ha pubblicato il suo primo libro di poesia Poco più di niente (Ensemble, Roma).
Laura Pezzola
Laura Pezzola è nata a Fiano Romano e vive da moltissimi anni a Roma. Ha pubblicato le raccolte poetiche: Uccelli di carta (Seledizioni, 1981), La manutenzione dell’anima (Ed. Progetto Cultura, 2013), Il primo verso (Ed. Progetto Cultura, 2014), L’inquilina dei piani alti (Ed. Progetto Cultura, 2017), Del nostro stare al mondo (Ed. Ensemble, 2021, 1° Premio VIII Ragunanza di Poesia), Tutti i no sono saliti al cielo (Ed. Ensemble, 2023). Con il gruppo "Controverso Poesia" si dedica alla lettura dei poeti contemporanei e del ‘900 organizzando incontri in biblioteche e librerie. Sue poesie sono presenti in varie antologie e blog.
Barbara Rabita
Ha collaborato insieme ad Antonio Laneve con il Compositore Umberto Bombardelli al Melologo Sogni accelerati e a Sette stanze e un epilogo: opera con musiche di Umberto Bombardelli, testi poetici di Rabita e Laneve, tavole pittoriche di Vittorio Sedini, voci recitanti di Paola Saccoman e Davide Benaglia.
Pubblicazioni
su “la Repubblica” nella rubrica di Maurizio Cucchi “La Bottega di Poesia” e
più volte su “La Provincia di Como” nella rubrica di Pietro Berra “Lario in
Versi”.
Ha
pubblicato insieme all'autore Antonio Laneve un libro di poesie dal titolo Convergenze
edito da Centro Tipografico Livornese, uscito a gennaio 2018. Nel 2019 è uscita
la sua raccolta di poesie Poliedri edita da CTL (Libeccio).
È
presente in una plaquette di autori vari dal titolo L'artigiano di versi,
Stampa 2009 edizioni.
È
presente nella raccolta a quattro mani dal titolo EsauDimento, scritta
con Antonio Laneve, pubblicata a maggio 2024 con Puntoacapo Edizioni.
Cristina Simoncini
Nata a San Giovanni Valdarno (Arezzo) il 10 marzo del 1966, Cristina Simoncini è rimasta a lungo solo lettrice prima di cominciare a scrivere. Ha pubblicato poesie su riviste cartacee (Il Foglio Clandestino, Aperiodico Ad Apparizione Aleatoria, Nova Rivista d’arte e di scienza) e su molti spazi virtuali (fra i quali Avamposto, Limina Mundi, La rosa in più, Circolare poesia, eccetera). Sta lavorando alla sua prima opera poetica.
Antonella Vairano
Antonella Vairano nasce e vive a Conversano, città d'arte e di storia a pochi chilometri da Bari. Ha conseguito diversi riconoscimenti a Premi letterari nazionali e internazionali. Coautrice in diverse antologie di poesia contemporanea nazionali ed internazionali. Suoi testi sono stati tradotti in inglese e spagnolo.
Le sue
poesie sono presenti in diverse riviste letterarie e pubblicate su diversi
quotidiani (Il Quotidiano di Bari, La Repubblica-Bari...), su
siti on line (Versante Ripido, Atelier Poesia...) e blog (anche
americani). Ha ricevuto importanti recensioni da parte di critici e poeti.
Sue
pubblicazioni: 29 Note Poesie
(Youcanprint, 2018); Il mondo
s’è fatto male, con prefazione di Maria Grazia Calandrone
(Csa editrice, 2019). Ultima
pubblicazione Il bene
profondissimo (Controluna-Edizioni di Poesia, 2024).
Gestisce
il “Circolo letterario Vento
Adriatico”, con cui promuove e organizza eventi culturali. Fondatrice e
caporedattore del Blog “Circolo
letterario Vento Adriatico” per divulgare la poesia, la
narrativa, la traduzione.