Introduzione
Una cosa da nulla,
apparentemente banale, che non vale neanche la pena di considerare lungo il
corso di una giornata estenuante, con l'impegno pressante del lavoro, della
casa, della famiglia, o di chissà quali altre incombenze. Un momento, un attimo
che non si ha neanche la forza, la volontà di considerare. Una visione di
sfuggita, un panorama o un volto del tipo ma
questo forse l'ho già visto o incontrato da qualche parte: il dejavu che ti sorprende mentre cammini
per la strada o stai facendo la spesa in qualche negozio. Attimi, momenti,
lampi, echi, ricordi… Tutto da mettere via presto, perché la linea della
quotidianità non può interrompersi per cose futili, inconcludenti, banali, non
rientranti nell'utilità e nell'economia spicciola della giornata.
Dovrei dire a questo punto che
la poesia è un dono di Dio. Espressione questa che, in verità, trovo esagerata
e semplicistica, ma fino a un certo punto! Il fatto è che la poesia, proprio la
poesia, è il tramite intellettuale e "artistico" per andare a fondo
delle cose e della realtà che ci circonda. È il mezzo per indagare, per
soffermarsi anche sulle e nelle minime cose, nei lacerti più intimi
e quasi imperscrutabili della ragione, negli anfratti più segreti delle visioni,
negli angoli più riposti delle nostre storie quotidiane. Così, una cosa o un
gesto apparentemente banale, come bere un bicchier d'acqua interrompendo un
attimo il lavoro, o soffermarsi un istante di fronte ad una formica che procede
indisturbata lungo l'orlo di una foglia della pianta sul davanzale, oppure
ancora lasciarsi andare per un attimo al ricordo di un sorriso, di un sapore,
di un volto: la poesia può "rivestire" tutto questo di rinnovato
valore e dignità, perché ci fa consapevoli che ogni gesto e ogni realtà, anche
la più piccola, è legata alla nostra umanità.
Certo, la poesia canta anche di
cose immense e sublimi, come il tramonto, il sole, la luna, l'universo, il
creato, e poi anche il sentimento, l'amore, la memoria, la storia, il mito. Ma
a me piace considerare l'azione esaltante e, direi, nobilitante, che la poesia
imprime nelle piccole cose, nei gesti usuali della quotidianità, come quello
"scendere, dandoti il braccio,
almeno un milione di scale" di montaliana memoria, oppure (perché no?)
come le fatidiche "tre casettine dai
tetti aguzzi" del Palazzeschi.
Invero la poesia spazia su
territori immensi del creato e dell'animo umano, traducendo in arte letteraria
storie, vicende, emozioni, filosofie, miti, memorie; abbracciando e
considerando ogni cosa materiale e spirituale su questo pianeta, che l'uomo
stesso produce o che riscontra nella sua più o meno pervicace osservazione di
sé e della natura.
Non finirò mai di ringraziare,
dunque, i tantissimi poeti che hanno aderito a questo mio progetto antologico,
affidandomi i loro pregevoli versi e permettendomi così di giungere alla
realizzazione di questo tredicesimo volume. Anche qui, le dieci autorevoli Voci
sono naturalmente differenti per stili, forme e contenuti, ma tutte hanno la
grande esperienza, competenza, talento, abilità e capacità di trattare
qualsiasi argomento o tema o pensiero, dal minimo elemento, alle più ampie e
articolate prospettive che ci riguardano.
Perché la Poesia, quella vera,
alta, d'impegno, è sicuramente in grado di "parlare" del piccolo come
del grande, fornendo a tutti una chiave di lettura intelligente e stimolante
per comprendere e amare meglio sé stessi e questo nostro dilaniato mondo che,
nonostante tutto, ci contiene e (quasi sempre) ci redime.
Giuseppe Vetromile
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------
RITA BOMPADRE
Rita Bompadre, maceratese, è
poetessa e scrittrice impegnata. È infatti molto attiva nel campo letterario,
prodigandosi per la diffusione della cultura e della letteratura, essendo anche
Socia onoraria dell'UNS e iscritta all'Albo degli Scrittori italiani ed
europei. La sua poetica è caratterizzata da un attento soffermarsi sul tema
dell'attesa e del tempo che dilegua in sogni e speranze i progetti quotidiani e
futuri dell'uomo. Con versi intrisi di lirica malinconia.
L'attesa
Attenderti
in un sogno
nel tempo sospeso
come pausa in musica
nelle invisibili esitazioni
di immaginari svelati
dall'arte divinatoria.
Rintraccio fantasmi e
inseguo la tua reale apparenza
sfuggente e mutevole
la direzione degli occhi
nella distrazione profonda
delle ciglia.
***
Interno
Siamo le nostre parole e
l'attesa invisibile
assapora notti solitarie e
albe livide
avvolte da nuvole di
imprecisa eleganza.
Il tuo cammino
addensa le ombre
nella fugace
leggerezza dei desideri
sorveglia speranze
nell'incanto desto
dell'inganno
divagando illusioni e
il pudore sussurrato
di un altrove.
Gabriele Borgna, da Imperia, poeta,
critico e operatore culturale, ci propone qui uno spaccato della sua poetica
intensa, vivida, nella quale emergono subito gli echi e le atmosfere della sua
Liguria, attraverso un dettato che prende e coinvolge il lettore. È una lirica
di immagini e di riflessioni autentiche e immediate. Attivo anche nella
promozione culturale, cura il Premio Letterario "Parasio – Città di
Imperia", un appuntamento con la cultura tra i più seri e impegnativi in
ambito nazionale.
A ca’
de Jose
(au
Portu)
Sdraiamoci nel ventre di questa cesta
d’aspra terra, dove i nostri amori
in bianco e nero dormono ancora
senza respiro, senza passare.
Lo senti l’odore del silenzio?
Esso ti ascolta. E tutto di te
scopre ed impara accovacciato,
baro nascosto
tra l’agave e il rosmarino.
Attraverso nuvole
cariche d’incognite la natura ci parla
dentro agli occhi, scrivendo il cielo
con rondini e ideogrammi.
Aiutami a impiccare ogni
singola afflizione ai fili
delle stese, educate all’inchino
duro dalla tramontana.
Riportami per mano
agli albori dei sogni di sabbia
quando respirando con lentezza il mare
ci promettemmo salsedine a vita…
(Da Artigianato
Sentimentale, puntoacapo, 2017)
***
Tesoro
mio
Atollo del bene, terra
per tutti nei naufragi.
Albero del pane, acqua pura
per fuggiaschi e sognatori.
Ombra e lenimento.
I tuoi fiori delicati
rieducano le mani
a carezze più vere.
Nel tuo esiguo perimetro l’apolide
ritrova la patria e la bandiera.
Ma più d’ogni altro tesoro
vale il clima nuovo che dài,
la brezza che rinnovi,
il senso della vela per il viaggio
che ha rotta nel tuo nome.
(Da Artigianato
Sentimentale, puntoacapo, 2017)
***
Erosione
Il mio dolore è una pietra,
un pianeta senz’orbita
che chiama tutto sole, purché bruci.
In lontananza,
barbagli di tempesta
scorticano dal buio
la pelle dell’istante
che s’inventa il mattino.
Mi chiedo che ora è, adesso,
mentre qualcosa dentro scivola, degrada,
lasciando spazio al vuoto
deserto che mi cresce e si distende
sotto lo sguardo che scruta l’orizzonte
e vede un campo di croci.
(Da Artigianato
Sentimentale, puntoacapo, 2017)
***
Vivo nel garrito del desiderio,
vento che raschia i caruggi.
La mancanza è un esercizio
per corpi in attrazione,
recalcitranti ma già vinti
al giogo del dissesto.
(inedito)
***
L’estate non tollera esitazioni
sul filo della falce che recide
serpaie di rovi e ortiche.
C’è da lasciare posto al nuovo
la vita tornerà.
È un brindisi alle ceneri
l’abitudine del rosso al balcone,
grammatica della morte
mandata a memoria.
Sotto il canto del Bergallo qualcuno
sbraita ancora di Genova e del ponte
crollato come crolla un’altra sera
qui in vallata
la vita
tornerà ₋₋
ritorna già, è tornata
nell’intuizione del pastello
di un bimbo al Campasso
capace di riempire linee d’aria
e unire cosa a cosa,
la vita e il suo contrario.
(inedito)
***
È tempo di rovistare tra le voci
del vivente, nel lento incedere
di luce che accende
il bianco del ciliegio e del duomo.
Chissà da quale anfratto
una cincia fa il verso alla serpe.
La
gambarossa s’aggrappa
ai muraglioni cospirando
nuove fughe fra i sampietrini.
Davanti all’indifferenza
del mare che rimonta,
interno il gusto del fico
appena colto.
Ricalco gli accenti di una lingua
di pietra in festa.
(inedito)
Di origini pugliesi, Caterina
Davinio è poetessa e scrittrice feconda. La sua grande esperienza artistica le
ha permesso di dedicarsi con meritato successo all'attività multimediale,
creando e organizzando rassegne, incontri e antologie in questo ambito, su
tutto il territorio nazionale (mi piace ricordare a tal proposito
l'installazione, da lei curata, "Big
Splash, network poetico", esposta nella Sala Dorica del Palazzo Reale
di Napoli nel 2014, nell'ambito di un Festival dedicato alla letteratura
elettronica). La sua poesia è caratterizzata da una fantasmagoria di immagini
forti e incisive, ma in un verso che si snoda fluido e immediato.
Con le pupille-chiodi
e il suo sguardo colmo di sempre,
ché gli imploravo menzogne eterne
paurosamente veritiere
e di non s-dimenticarmi mai,
mi guardava con forza (i suoi occhi
belli piantavano duri chiodi
di ferro nero)
dove ero più buia.
***
La nostra furia come preghiera,
come silenzio.
M’inginocchiai,
milite sbaragliato,
lacero di fronte al tramonto
e alle sue striature di luce,
al giallo e all’arancio
che straziano di bellezza
l’aria, e le albe,
la linfa tremula che raccoglievo
nelle vene come un tossicomane,
gocce di piacere velenoso,
di anestesia e concupiscenza.
Spegnimi, dissi:
non ha senso questo chiarore,
l’alba infinita che illumina la morte,
la rabbia che ho seminato,
la guerra di noi uomini macchiati di morte.
(Poesie riviste e tratte da Fenomenologie seriali, Udine 2010; Aspettando la fine del mondo, Roma 2012)
Da Milano, Gabriela Fantato,
poetessa, saggista e critico di grande valore, ben nota nell'ambito letterario
e poetico nazionale, autrice anche di validissimi testi per il teatro, ci
propone dei pregevoli testi inediti. La sua è una poesia che indaga fin nelle
piccole cose, attenta nella cura dell'espressione, nella scelta della parola, e
nell'osservazione della realtà quotidiana. Una poetica della natura ma anche
dell'umanità, in grado di riportarci frammenti imprevedibili di vita ed echi
limpidi e vividi dal panorama contingente, che stimolano nel lettore
riflessioni profonde.
(Da Una geometria
elementare – Inediti)
Ritorni
Dalla spiaggia ritorno sempre
con un sasso, un ramo liscio o una conchiglia.
Ho pezzi minuscoli di isole che non ricordo.
Scaglie, ossa persino e
frantumi
di colonne.
Stanno
nella ciotola, vicini
come
bambini nel cortile.
Non so se ricordano il nome che li fece
- interi, la pianta che li univa
e il dolore prima dell’arsura.
Le voci, certo le voci le hanno addosso,
una
sintassi di calcare e vento.
Le guardo riposare, non chiedo,
non posso sciupare - il patto.
***
Destinale
La roccia conserva la ruggine,
tiene il giallo, il blu che si fa rosso
nella ferita salvata.
I colori sanno il
tempo dell’addio,
lo scrivono intero.
Dirai - io, dico tu…e non sappiamo
proseguire la favola che abbiamo imparato
una sera di dicembre.
Slitto
nel punto dove siamo solo
cellule,
miscuglio di sangue e amore
prima
che sia alto l’urlo
dentro
il mondo.
Sotto,
là sotto c’è un perdersi
e
ancora ritornare.
***
Una
terra magra
La terra è sfinita, le bocche in silenzio,
da sotto la crosta del mondo
piano piano tornerà comunque
l’erba che faceva
- il suo
gioco con la falce,
nei filari di giugno.
Intanto la storia nasconde
la scatola dei nomi e io li rovisto,
schiena contro schiena, cerco
la
forma più bella per contenerli.
Sarà facile ritrovare l’inverno dei sette anni,
le ossa rotte quando correva
l’adolescenza.
Viviamo una vita minerale, strati
e puro assemblaggio di strati,
noi, creature disperse, in perdita sempre,
come la pelle che non ci appartiene e
se ne va via, a scagliette, a filamenti
e in piccoli buchi.
Se ne va via, piano, piano…
***
Infanzia
della specie
Laggiù nel bianco, tra il basalto e
strati d’arenaria si affaccia - l’infanzia,
laggiù
tra le fiabe
e
coltiva ancora il grano dentro i sogni.
L’onda
sale, sale sino alla cima dove
l’acqua
si perde acqua, nient’altro.
La vita cresce selvatica
dentro ogni perimetro, le ossa raccolte,
le mani in una preghiera semplice,
una strofa imparata da piccoli...
Siamo cellule che si chiamano,
si cercano nell’eco della specie,
nel tempo immobile che vince i giorni,
li assalta.
Siamo
un’origine senza un nome,
senza
nome.
***
Viale
Sarca
Ecco, davanti a me la linea in perdita,
potentemente grigia di cubi,
case su case in facciate di occhi
senza sguardo, senza mani la finestra e
i fili dei panni stesi, gettati nel vuoto
o solo infilati a
caso in questa città,
dentro la superficie - dissennata,
in un
ripetersi di case a deserto, nei sempre passi,
uno su
uno uno su mille - a sorte.
Segnato a dito sta l'azzurro,
quella bellezza che ci buca nella voluttà
che convince a vivere
proprio
qui sotto, qui da noi in basso cielo
dove la vita come aria si consuma
e l'angolo ottuso della visuale s'affoga
da una riva alla prossima piazza.
Arrabattati ai giorni invochiamo
di nascere al mattino,
ogni mattino nella sapienza della pioggia
a marzo sul tetto che la tiene
finché sarà l'estate a prenderla con sé
e
stiamo tutti qui, qui buoni in riga
come
infilati a tubo nello svanire.
***
Un
incontro, la mattina presto
Era sul ciglio della strada
quella donna in guanti giallo girasole
e non aveva altro che le mani
a dire la sua storia rimasta tra i fili
della borsa o chiusa al fondo, al foro che il giorno
scava senza fretta,
se lo portava dentro tutto curvo
quel
suo sacco di ore
tra le crepe delle guance e nelle labbra
i mille racconti salvati alla caduta.
Una
ruga le taglia il labbro, una riga pare
appena,
appena un ponte tra oggi
- e
quel prima di ragazza...
Viene avanti lei, con il suo latte sottobraccio,
avanza nell'azzurro smorto milanese
in un giorno avvelenato o vero.
Ecco, si è voltata, ha riso appena (non si sa a chi)
ma ho visto una lucertola affacciata
verde dal rifugio...
Come la poesia possa essere,
anche, un prezioso tramite letterario per riportare alla memoria eventi storici
di grande importanza, restituendocene non solo l'episodio in sé, ma
rinnovandone il pathos e il dramma, attualizzandoli persino (pensiamo, ad
esempio, alla famosa lirica "Auschwitz" di Quasimodo): ne è
validissimo esempio questo autentico capolavoro poetico che la poetessa
Giovanna Frene, con versi davvero icastici e profondi, ci propone. Tecnica di sopravvivenza per l'Occidente che
affonda è un poemetto dedicato alla Memoria della prima Guerra Mondiale, ma
è anche denuncia sarcastica nei confronti di una umanità che, sovente, è
portata alla rassegnazione, all'ignoranza e all'oblio.
(Da Tecnica di
sopravvivenza per l'Occidente che affonda, Arcipelago Itaca, 2015)
SENTIERI
PARTIGIANI SUL MONTE GRAPPA
(QUATTRO
TESTI SUL DUBBIO DELLA MEMORIA)
I.
BRONZO DI AUGUSTO MURER
monumento ai denti digrignati, che non sono tutti uguali: ci
sono
denti più digrignati di altri, la lirica di massa, informe,
poltiglia:
denti paterni e superiori VS denti figliali e inferiori
denti allineati e solari VS denti aspri e intricati
– e non hanno
identica Patria, o non sono per la Patria uguali denti?
a morsi, a frammenti mai ricomposti il basso striscia
proteso in alto
legato sopra la porta stretta, estrema retta di coraggio,
retta anche la posta in gioco – sì, ma a quale tavolo?
non si ricorda una memoria, che è così con-divisa
anche così si rimuore e solamente
ma anche così il morire è sotto sotto
solo un morire
***
II. A
COLUI CHE PER PRIMO USCÌ, FERITO, DALLA GALLERIA DI FAMIGLIA
inizia da qui la fine del sentiero, con un colpo di fucile,
ma a fine gara:
per il primo che esce dalla galleria un premio eterno, la
lapide
invece è temporale, all'imbocco del tunnel sul Monte Frontal
...cambiarla, e non c'è occhio che non guardi più la tua
vita, colpito busto:
una condanna verosimile seppellita come la bottiglia di un
naufrago
sgomento di fronte all'effettivo costo di disvelare questa
verità
che spesso è colpita anche nell'immagine, nella forra, in
fondo
anche col segno è giusto perseguire ogni nero di qualcosa,
tra fibbie
d'argento e orbite più scure della stoffa, che non ha mutato
colore: non può
esistere pietà per tutti i morti perché uccisi
anche se il morire è solo il morire
le colpe strattonano solo i piedi colpevoli
[in memoria di Aldo Torresan , 19 anni – scrivo il tuo nome
per ricordare il tuo essere]
***
III.
SIMULACRI DI LIBERTÀ O DELLA PATRIA SBAGLIATA
diviene egli stesso immagine, di sé, il corpo morto, e
appeso: un monito oscuro
contro un chiaro preavviso che niente può più durare, e che
"questo non è un bandito" solo perché non lo è proprio
mentre chi attesta che il duro fatto è riconosciuto, ma
dalla
parte avversa – qualcuno glielo faccia presente (al Ben)
questo
passato che si invera ogni volta che per l'Italia si muore
invano:
dietro al nome di ogni partigiano non c'è il
"PRESENTE" di un museossario,
ma solo una pietra di montagna, o una fredda perifrasi
di pelle che cigola di notte a vuoto
nei viali percorsi dal vento, e non cambia
questa morte che è solo una morte,
la morte non cambia per niente
***
IV. IL
MASSACRO DEL MONTE GRAPPA
(...) Poche raffiche bastarono per uccidere n. 4 banditi.
(...) Una nostra pattuglia
prende prigionieri n. 5 individui nascosti nel bosco di cui
uno confessa
d'essere stato il barbiere dei banditi. Pernottamento.
: morti che la terra deserta non salva, da quei passati
scoppi
non arriva più un cammino sotterraneo, ma un pullulare
scoperto e dal lato opposto, infine a cerchio, a morsa
: morti che la morte non salva, perché non serve, e se non
altro
voi, che avete resistito credevate come i vostri padri, non
avevate padri,
non erano quelli, forse, i vostri padri, pietre dure,
non questa, la vostra Patria
............................................
: noi non avremo il vostro perdono
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
IZABELLA TERESA KOSTKA
Ecco un'altra interessante
esponente del Realismo Terminale, corrente poetica fondata da Guido Oldani (ne
abbiamo già parlato nel volume V presentando Tania Di Malta): Izabella Teresa
Kostka, di origini polacche, poetessa, scrittrice, traduttrice e operatrice culturale
molto attiva, residente ora a Milano. Ci propone qui alcuni brani dove risulta
subito evidente il suo discorso poetico diretto e connotato da una forte
impronta spirituale, tendente a denunciare le negatività e gli egoismi
dell'attuale società consumistica.
Via
Crucis
Viene re - inchiodato Cristo all'insanguinata croce
censurata dal "buon senso" del libero mercato,
nascosta in un ripostiglio "all'ingresso vietato"
distante dalle menti "politicamente corrette".
Sgorgano lacrime ai piedi del Golgota
nell'intima nenia della Lacrimosa *,
risulta inutile ogni sacrificio
che tocca questo vergine gregge di pecore.
Oh Madre,
inginocchiata nel tombale silenzio
avvolgente come un vecchio coprispalle,
nessuno ascolterà le Tue ragioni
laceranti come colpi della flagellazione.
S'inchinano le braccia dei secchi ulivi
per proteggere le orme sui moderni sentieri.
Tutto svanirà
adombrato dalla nube dell'ignoranza.
___
* Lacrimosa - frammento della messa funebre
"Requiem" di Mozart
***
Esplosione
E resto muta, senza voce,
deflagrata dall'ira, dallo scoppio dell'odio,
un rottame vivente in balìa dei pazzi
drogati dall'odore di fumo e sangue.
A cosa serve implorare Dio
nei tempi protetti dalle sbarre e dai muri,
accendere i ceri sulle macerie
degli ultimi miraggi della democrazia?
Poveri fessi, ancora illusi,
credenti nella grandezza della specie umana,
striscianti come bruchi sui marciapiedi
alla ricerca invana di qualche riparo.
Sanguinanti relitti spogli di nome
falciati dalle ruote della Follia.
***
Cruciverba
(testo pubblicato
nell'agenda poetica 2020 "Il segreto delle fragole" Lietocolle 2019)
I nostri corpi sono cruciverba
si completano a vicenda,
crocifissi martiri senza peccato
in attesa del nirvana,
il desio inganna ogni vuoto
come le caramelle la fame,
arde il cervello in un orgasmo
gettando la ragione al rogo,
diventiamo fiammiferi
tra le dita d'un bambino
e ceneri cosparse nel nulla,
concime dell'universo.
***
Al
rovescio
Sono al rovescio di una vita lacerata,
non tengono le cuciture degli anni felici
e il sorriso è caduto per terra.
Mi assale la claustrofobia
tra le sbarre dei doveri.
La lealtà ferisce,
è come la vivisezione su me stessa.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------
MATTEO MARANGONI
Matteo Marangoni, poeta,
scrittore e operatore culturale di Macerata, ha una poesia basata
essenzialmente su immagini e scenografie immediate, che inducono a riflettere
su situazioni e stati d'animo che sovente esulano dalla linea esistenziale
quotidiana. Il suo è un discorso diretto, breve ed essenziale, ma ricco di
rimandi. Il potenziale poetico latente nei suoi versi affiora al termine mostrando
tutta la sua coloritura ed efficacia espressiva.
Sono
solo collages
“Corri, corri, corri,
si cercano invano
momenti d’amore,
una vita
una balena bianca
e altre cose,
siamo ai titoli di coda.”
Un fiore.
***
Filorosso
“Paura
tutto può cambiare
l’impalcatura della vita
l’azzeramento
o il suo contrario
l’invano destino
o il cambiamento.”
È solo l’algoritmo di anticipo
dei pensieri e
del fattuale concreto.
***
Salto
d’immaginazione
In diretta
nel vento,
giorno,
sigarette,
dietro i vetri
la città,
la luce scioglie
il caffè
il giornale e
la notte.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------
FRANCESCO SASSETTO
Una forte impronta sociale
caratterizza la poetica di Francesco Sassetto, veneziano, poeta che si esprime
ottimamente anche nel dialetto della Serenissima, operando in tal modo un
recupero e una rivalutazione storica e letteraria importante delle tradizioni e
delle parlate locali. Autore di diverse raccolte, anche in dialetto, Francesco
Sassetto si distingue dunque, soprattutto, per una linea poetica tesa ad
evidenziare i disagi, le incongruenze, il malessere nella moderna civiltà
industrializzata e in genere nel consesso civile, con versi non privi di una
velata ironia.
(Testi tratti da Il
cielo sta fuori, Arcipelago Itaca, 2020, con un saggio di Stefano Valentini)
Mani
di rosa
Le ragazze cinesi stanno là, notte e giorno
chiuse nel semibuio delle camerette,
prigioniere di un congegno di mercato,
obbedienti al padrone.
Le ragazze accarezzano la pelle del pagante,
con cortesia sorridono, sfiorano gli occhi
del consumatore ad intuirne il consenso
il grado di appagamento.
Matteo dice che nel regno dei cieli loro
andranno avanti, intanto annegano
le mani nel sudore e negli umori del cliente.
Il cielo sta fuori, in alto
e
non dice niente.
***
Regalo
di Natale (inverno 2011)
Il picchetto dei licenziati di Trenitalia sta da un mese
davanti alla Stazione di Venezia, i trentanove esuberi
dentro una baracca di legni e teloni
uno striscione
appeso ai lampioni
A NATALE SIAMO TUTTI MORTI
Ottocentottanta licenziati in tutta Italia, senza
contrattazione, numeri da cancellare.
Le bandiere con le sigle sindacali pendono
flosce nell’aria gelata di gennaio.
I bivaccanti fanno i turni a gruppi, la notte
nei sacchi a pelo, cantano bella ciao in coro
mangiano panini, danno volantini ai passanti
qualcuno firma una petizione i più tirano dritto
e non mettono il nome.
Bruno da trent’anni portava i treni notturni da qui
fino a Parigi
adesso ne
ha cinquantanove
è lui adesso nella notte, senza destinazione.
L’ha letto a tutti cento volte quel biglietto spiegazzato,
ancora non ci crede, due righe d’orrore a Natale
esubero di personale, ristrutturazione
quella parola di disperazione
dentro agli occhi
i suoi occhi
adesso dentro il vuoto.
I turisti passano davanti, guardano e sorridono
è Venezia
e scattano le
foto.
***
La
bufera che viene
Sentila, sentila bene anche tu
la bufera che viene,
questa tempesta straniera che preme
che avanza dall’est, dal sud della fame
e sbarca alla vigna ubertosa dei signori
d’Europa e vuole il lavoro e la casa
e chiede una fetta del sole che accarezza
quest’aiuola felice del mondo.
E il piccolo uomo che cura le rose
del proprio giardino
si fa adesso feroce, affila le unghie
spranga porte e balconi, alza la voce
vuole leggi e pistole e cani e cancelli
a difesa del suo metro di terra.
***
Pomodori
Sbarcano dai barconi i nuovi schiavi, vanno nei campi
di Ragusa e Corigliano, Rosarno, Marsala, vanno
a raccogliere pomodori, quaranta gradi, tre euro l’ora
più mangiarìa, il caporale comanda quante braccia
oggi quante domani, dice quante casse, quanti pezzi,
dalle cinque alla fine del sole.
Ogni tanto qualcuno muore. Orrore, indagini, sindacati,
passa in fretta la cronaca della mattanza
corrono veloci di mano in mano
le casse dei pomodori.
Abdelgani, Sekine, Sari, nomi strani, lontani,
corpi crollati, e dove non arriva il sole arriva
il fucile del padrone se ci sono problemi
con i tonni dannati per nascita all’inferno.
Noi compriamo le casse a buon mercato
facciamo la
passata per l’inverno.
***
Nella
piazza del mercato
E tutta questa gente che si muove, che si sposa
e fa i figli e si saluta e si ferma nei bar per le partite
e trascina a casa carrozzine e sporte della spesa,
che crede ancora a molto o a qualcosa
o è soltanto più brava di me nella finzione.
E sono anch’io come tutti loro che girano
la piazza del mercato all’una o verso sera,
lumaca che scivola sulla bava
pronto ogni giorno alle strette di mano
preparato ai sorrisi, in questa risacca
di volti di poca espressione, di occhi rassegnati
assuefatti alla recitazione.
Non c’è nient’altro che questo andirivieni che allunga
le ombre nella sera, questa sera di silenzio
che fa tremare, questo tremore nascosto
profondo, senza fondo, senza un dio
qualunque da chiamare.
E il sole che abbaglia
è un sole troppo breve.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
PASQUALE VITAGLIANO
Originario di Terlizzi, in
provincia di Bari, Pasquale Vitagliano è un valente poeta e critico letterario,
collaboratore di varie rinomate riviste che si occupano di poesia e di
letteratura ad ampio raggio, come ad esempio Menabò (Terra d'ulivi edizioni), di cui è capo redattore.
La sua poesia è caratterizzata
da una forte impronta meditativa, in cui l'"io narrante" cerca di svincolarsi dalla tirannide del tempo e
della storia che sembra vada evolvendosi indipendentemente da quanto l'uomo
possa desiderare e progettare. I versi assumono un andamento dolce-amaro, come
in un raccontarsi in sordina gli eventi anche minimi della quotidianità e del
mondo circostante.
Scrivo sempre la stessa poesia
Passo sempre dagli stessi luoghi
So contare fino a tre
Riesco quasi sempre a fermarmi in tempo
Cerco sempre le stesse persone
Dopo averle perse
Sarà il mio modo di indagare
Sulla legge segreta del tempo
La forma per adeguarmi al suo moto pendolare
Mi rassicura questo ticchettio
Che ti dice dove stai e con chi
Che è impossibile restare a lungo nel quadrante
Che ti ritrovi di nuovo ai margini
Consolato dal fatto che da soli
Si scrive e si muore.
(da Del fare spietato,
Arcipelago Itaca, 2019)
***
Sto sognando
In una campana di vetro
Non si sentono i tuoni
Il mio amico boccheggia
Sembra un pesce
Non si sentono le parole
E il sogno resta chiuso e guarda
Fuori sarebbe diverso un suono
La solida consistenza del moto.
Chi è più violento del sognatore?
Che opprime il sogno sulla vertigine
Del suo mondo senza confronto
Sottratto all’agone dei sensi
Lo agogna e la parola suona sevizia
Lo adora alla pari di un padrone.
Si deve colpire la campana
Mandarla in frantumi e
Liberare il sogno dall’irrealtà
Del suo sognatore solitario
E il sogno senza essere
Può esistere.
(da Del fare spietato,
Arcipelago Itaca, 2019)
***
Contraddetti
Adoro contraddirmi e contraddire
dico dire tutte le cose insieme
senza comprenderle
e poi fatto fare il contrario
di tutte le cose dette perché lette
lasciate per essere ammirate sui muri.
Tra queste due azioni il ponte
non ha retto in mezzo e sono rimaste
staccate lontane a fissarsi azioni e parole
e sotto il vuoto dal quale fare riemergere
in superficie il suono se non il senso l’eco
di tutte le idee del mondo precipitate giù.
Se mi cercate non sono neppure qui
sono fuori del quadro anzi sono scomparso
non ho retto al peso di aver causato tutto questo.
(inedito)
***
Le
nostre stelle
Tutte le nostre stelle hanno fallito
le nostre stelle sono cadute
nemmeno una è rimasta nel suo cielo
non una ha raggiunto la sua galassia.
Quando il sole ci martellava sulla pelle
nessuno si è accorto della nostra scia
tutti hanno pensato alla striscia verdastra
lasciata sulla terra da un verme schiacciato.
Poi è arrivata l’ora fresca per alzare la testa
e tutti senza differenza hanno sollevato
lo sguardo attirato dal bagliore di quei crolli
scambiando i nostri fallimenti coi loro sogni.
(inedito)
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
PIERGIORGIO VITI
Dalle Marche una Voce
interessante che già da alcuni anni si è fatta apprezzare per la qualità e
l'impegno della sua arte poetica: Piergiorgio Viti, poeta ormai affermato, ma
anche autore di testi teatrali, è noto anche all'estero, essendo stato tradotto
in diverse lingue. Il suo dettato poetico mira a una forma fluida e immediata
di dialogo con l'altra, quasi una
breve e armoniosa narrazione, con passaggi intimi ma eleganti e sobri, fatti di
immagini usuali e quotidiane innalzate però alla dignità della poesia.
(Testi tratti da Aperto
per inventario, Pequod, Ancona, 2019)
Ci sono giorni in cui
l’unico momento che stiamo insieme
è quando siamo a letto.
A volte vorrei dirti: non dormiamo dai,
stammi a sentire,
perché vorrei parlarti
di com’è andata la giornata,
di come, nel giardino della scuola,
abbia visto un’altalena
e su quell’altalena
avrei voluto salirci
per dondolare sempre più in alto,
fino ad arrivare fra le nuvole.
Sai, ne avrei presa una
per portarla a casa,
tu mi avresti detto:
“Una nuvola? e ora?
che bella che è, ma dove la mettiamo?”.
Così una volta,
eravamo sul corso,
ti ho raccontato questa cosa,
che per te avrei persino rubato
al cielo una nuvola.
Tu mi hai risposto
che se te la portassi per davvero,
me la faresti al forno
insieme alle patate
e io ci ho riso sopra tutto il pomeriggio,
perché non ho mai mangiato
una nuvola con patate
e forse
non ho mai amato così tanto.
***
(stanotte)
Eravamo in quel posto in mezzo ai monti,
dove si allevano le trote, ricordi?
E tu, nell’erba che borda le vasche,
là, fra le trote che increspano l’acqua,
hai trovato un flauto.
Tutto intorno, cristallo,
le montagne rimbalzavano l’eco delle tue note
e le trote, piano piano, hanno iniziato
a volare in cielo come uccelli.
***
Si sta così bene, ma così bene
dentro l’azzurro dei tuoi occhi
che mentre parli con gli altri
io mi ci perdo,
anzi mi sembra proprio
di essere lì dentro,
come in una vasca idromassaggio.
Allora sai che cosa faccio,
quasi quasi glielo dico e invito pure loro
e ci organizzo un aperitivo
con olive patatine noccioline
musica anni Settanta
e un tramonto da vedere
come quelli dei Caraibi.
Poi, finito l’aperitivo,
ognuno tornerà a casa
a riprendere i fili del discorso,
ai sonniferi, alle bollette, alle file in posta,
ma che importa
anche a distanza di anni,
incontrandoci per strada,
tutti ricorderemo quel giorno,
quel giorno in cui
abbiamo fatto l’aperitivo
nell’idromassaggio dei tuoi occhi.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------
Attendo la parola in bilico sul foglio
quella che mi darà fortuna in una parentesi
breve della sera
o sul cumulo delle ore mi pianterà
una bandiera di tregua nella schiena
A queste mie longitudini quotidiane
vige l'assetto del ricevente
: tutto quello che si può contenere
in un angolo d'alba
rassodato dal sole nascente
è bene accetto
Perciò attendo
Passerà un giorno l'amen sulle mie carte
mi impedirà tutto l'amore possibile
e il sogno finalmente prenderà forma
: materia plasmata dal cuore
in una notte insonne
e grilli nascosti sulle cime delle case
canteranno esìli
– la luna sull'antico convento dei frati domenicani
unico languore ancora in essere
e unico rimpianto –
Perciò attendo
L'altro domani – dopo il fuoco dal vulcano –
forse verrà di nuovo
e noi ancora saremo inermi
agli occhi d'un cosmo in abbandono
(Da Proprietà
dell'attesa, RPlibri, 2020)
Giuseppe Vetromile
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------
NOTE
SUGLI AUTORI
Rita
Bompadre
Rita Bompadre è operatrice
culturale, scrittrice, poetessa. Vive e lavora a San Ginesio (Macerata). Socio
Onorario dell’UNS - Unione Nazionale Scrittori e Artisti - Roma. Iscritta
all’Albo degli Scrittori Italiani ed Europei - UNS Roma. Iscritta all’Albo
dell’Ordine degli Scrittori Fernando Palazzi – Roma, Gruppo Cultura Italia.
Iscritta alla S.I.A.E. Sezione OLAF N° di posizione: 151750 nella qualifica di
Autore Opere Letterarie dal 2004. Ha pubblicato tre raccolte di poesie: Collezione privata (Bravi Edizioni,
Macerata, 1999), Blu notte (Bravi
Edizioni, Macerata, 2002), Ad arte
(Bravi Edizioni, Macerata, 2006). Ha partecipato con le sue opere a reading
poetici e Rassegne Nazionali di Poesia. Ha ottenuto Premi assoluti e
Riconoscimenti al Merito Poetico in importanti concorsi letterari nazionali.
Suoi scritti sono presenti in riviste e antologie poetiche nazionali ed
internazionali. Dal 2019 è presente in varie riviste culturali, blog, testate
giornalistiche online, con le
recensioni di libri.
Gabriele
Borgna
Gabriele Borgna, nato a Savona
nel 1982, vive a Porto Maurizio (Imperia).
Ha pubblicato nel 2017 la sua
silloge d'esordio, intitolata Artigianato
Sentimentale (puntoacapo), con la prefazione di
Giuseppe Conte e presentata al Salone Internazionale del Libro di Torino e al
Festival Internazionale di Poesia di Genova.
È curatore del Concorso
Internazionale di Poesia "Parasio – Città di Imperia".
È membro del comitato scientifico
del Festival della Cultura Mediterranea.
Suoi testi sono presenti in
antologie, riviste e siti letterari italiani ed esteri. Premi e riconoscimenti
sono stati attribuiti al suo scrivere nell’ambito dei più importanti concorsi
nazionali di poesia edita e inedita.
Caterina
Davinio
Caterina Davinio (Foggia 1957) è
una scrittrice e artista multimediale italiana. Vive a Roma dal 1961 e dal 1996
tra Roma, Lecco e Monza. Dopo la laurea in lettere all'Università Sapienza e
una gioventù turbolenta, si è occupata di scrittura e nuovi media come autrice,
curatrice e teorica, con mostre in numerosi Paesi del mondo, tra queste più
edizioni della Biennale di Venezia. Ha pubblicato quattro romanzi, sette volumi
di poesia, fotografia, poesia digitale e alcune opere di saggistica. È stata
finalista per la poesia nel Premio Camaiore e, per la narrativa e la
saggistica, nel Premio Feronia. Scrive in italiano e in inglese. È stata ospite
di importanti festival letterari internazionali in India, in Italia, in
Norvegia, in Romania, negli Stati Uniti, in Uzbekistan, e nel Festival
Internazionale di Poesia di Medellín.
Gabriela
Fantato
Gabriela Fantato, poetessa,
critica, saggista. Ha vinto diversi premi poetici, tra cui: Gozzano; Montale
Europa; Città di Tortona; Lorenzo Montano, Lago Gerundo. È presente
nell’antologia Nuovi poeti italiani 6
(Einaudi, 2012). La silloge A distanze
minime è pubblicata in “Almanacco de Lo Specchio” (Mondadori, 2009).
Raccolte poetiche: La seconda voce
(Transeuropa, 2018); L’estinzione del lupo
(Empiria, 2012); The form of life,
trad. E. Di Pasquale (Chelsea Edition, New York, 2011); Codice terrestre (La Vita Felice, 2008); Il tempo dovuto, poesie 1996-2005 (editoria&spettacolo, 2005); Northern Geography, trad. E. Di Pasquale
(Gradiva Publications, New York, 2002); Moltitudine,
in Settimo Quaderno di Poesia Italiana, a cura di F.Buffoni (Marcos y Marcos,
2001); Enigma (DIALOGOlibri, 2000) e Fugando (Book editore, 1996). È presente
in varie antologie poetiche, tra cui: Bona
Vox, la poesia torna in scena, a cura di R. Mussapi (Jaca Book, Milano,
2010). Ha scritto testi per il teatro,
tra cui Ghost Cafè, Messer Lievesogno Enigma, per la musica
di Carlo Galante, andati in scena in grandi teatri italiani.
Ha ideato e dirige la collana di Poesia RADICI per le edizioni de Il Leggio di Chioggia.
Giovanna
Frene
Giovanna Frene, poeta e
studiosa, scoperta da Andrea Zanzotto, è nata ad Asolo (TV) e vive a Pieve del
Grappa (TV). Laureata in Lettere all'Università di Padova, si è addottorata ivi
in Storia della lingua con Pier Vincenzo Mengaldo. Attualmente svolge un
Dottorato in Storia della lingua a Losanna, Svizzera, sotto la guida di Lorenzo
Tomasin.
Tra gli ultimi libri di poesia: Sara Laughs (Edizioni D’If , 2007); Il noto, il nuovo (Transeuropa, 2011); Tecnica di sopravvivenza per l'Occidente che
affonda (Arcipelago Itaca, 2015); Datità
(nuova edizione del libro edito da Manni 2001), postfazione di A. Zanzotto,
Arcipelago Itaca 2018. È inclusa in varie antologie, tra cui: Grand Tour. Reisen durch die junge Lyrik
Europas , Hanser 2019; Nuovi Poeti
italiani 6, Einaudi 2012; Poeti degli
Anni Zero, Ponte Sisto 2011; New
Italian Writing, “Chicago Review”, 56:1, Spring 2011; Parola Plurale, Sossella 2005.
Ha vinto il "Premio
Montano" per il libro edito (2002), il "Premio Mazzacurati-Russo"
per il libro inedito (2006) e il "Premio Anna Osti" per la silloge
inedita (2019).
Come critica militante ha
collaborato con "Alfabeta2"; attualmente collabora con i lit-blog "Inverso.
Giornale di poesia" e con la rivista "Semicerchio". Come saggista,
ha pubblicato saggi e recensioni sul Settecento e sul Novecento in volumi e riviste
accademici.
Izabella
Teresa Kostka
Izabella Teresa Kostka è nata in
Polonia, risiede a Milano (Italia). È scrittrice, poetessa, docente di
pianoforte, traduttrice, giornalista culturale freelance, organizzatrice e
presentatrice di eventi culturali. Ideatrice e coordinatrice del programma
culturale internazionale "Verseggiando sotto gli astri di Milano". Ha
ottenuto numerosi prestigiosi premi e riconoscimenti nazionali e internazionali
per la poesia e l'attività culturale svolta. Ha all'attivo 10 raccolte di
poesie in lingua italiana, tra cui una in versione bilingue italo – polacca. Le
sue liriche, interviste e saggi, compaiono su numerose importanti antologie e
riviste letterarie in Italia, Polonia e negli Stati Uniti d'America. Dall'anno
2015 fa parte del movimento del Realismo Terminale fondato da Guido Oldani, dal
2019 svolge il ruolo di Ambasciatrice e Portavoce ufficiale del RT per la
Polonia. Da anni partecipa agli eventi letterari di alta caratura tra cui al
Salone Internazionale del libro a Torino, a numerose fiere editoriali, alla
rassegna internazionale Bookcity di Milano, al Festival Internazionale di
Poesia di Milano FIPM e alla mostra d'arte e poesia contemporanea Avalon in
arte. Ospite di molte trasmissioni radiofoniche e televisive tra cui ETV di
Como, curatrice di numerose antologie collettive nazionali e internazionali.
Matteo
Marangoni
Matteo Marangoni è nato a Macerata
nel 1974. Operatore turistico – culturale, organizzatore di eventi, scrittore e
poeta, ha partecipato con successo a premi, festivals e a pubbliche letture. Ha
pubblicato vari testi, anche online.
È stato socio fondatore di
alcune Associazioni Culturali operanti in campo teatrale e musicale. A
tutt’oggi collabora con diverse organizzazioni no-profit e non solo, operanti
nel campo dell’arte contemporanea, del turismo e della cultura, della
letteratura e del teatro.
Francesco
Sassetto
Francesco Sassetto risiede a
Venezia, dove è nato nel 1961. Si è laureato in Lettere nel 1987 presso
l’Università "Ca’ Foscari" di Venezia con una tesi sul commento
trecentesco di Francesco da Buti alla Commedia dantesca, pubblicata nel 1993
dall'editore Il Cardo di Venezia con il titolo La biblioteca di Francesco da Buti interprete di Dante.
Insegna Lettere presso il Cpia
di Venezia (Centro per l’istruzione in età adulta), nella Sede di Mestre.
Scrive poesie in lingua e in
dialetto veneziano che hanno ricevuto premi e segnalazioni. Suoi testi sono
presenti in antologie, riviste, siti internet e blog letterari.
Ha pubblicato le raccolte Da solo e in silenzio (Montedit, Milano,
2004) con prefazione di Bruno Rosada; Ad un casello impreciso (Valentina
Editrice, Padova, 2010) con prefazione di Stefano Valentini; Background (Dot.com Press-Le Voci della
Luna, Milano, 2012) con prefazione di Fabio Franzin; Stranieri (Valentina Editrice, Padova, 2017) con prefazione di
Stefano Valentini; Xe sta trovarse
(in dialetto veneziano, Samuele Editore, Fanna, 2017) con prefazione di
Alessandro Canzian.
Una nuova raccolta, intitolata Il cielo sta fuori, comprendente testi
inediti ed alcune poesie gìà edite e
“rivisitate”, è in corso di pubblicazione, con un saggio di Stefano
Valentini, presso la Casa Editrice Arcipelago Itaca.
Pasquale
Vitagliano
Pasquale Vitagliano è un poeta e
critico letterario. Ha scritto per Lapoesiaelospirito,
Nazione Indiana, Nuovi Argomenti e il Ponte.
Collabora con la rivista Incroci,
diretta da Raffaele Nigro e Lino Angiuli. È capo redattore della rivista Menabò, edita da Terra d’ulivi. Ha
pubblicato sette raccolte di poesie. È presente in molte antologie e
nell’Atlante dei poeti curato dall’Università di Bologna.
Piergiorgio
Viti
Piergiorgio Viti vive in Italia,
nelle Marche, dove è professore di lettere. Le sue poesie sono tradotte in
spagnolo, greco e rumeno. Nel 2011 ha pubblicato la prima raccolta poetica, Accorgimenti (L’arcolaio), mentre nel
2015, per Italic, esce Se le cose stanno
così e nel 2019 Aperto per inventario
(Pequod). Ha anche scritto per il teatro: La
fiabola di Virginio e Virgilio con la cantante Tosca protagonista e I sogni di Ray con Carlo Di Maio. È
andato in scena a teatro come autore e voce recitante per La voce dell’uomo, un tributo al cantautore Sergio Endrigo. Nel
2016 ha fatto parte, insieme ad altri poeti e scrittori, del progetto
fotografico-editoriale “Memory Card” (Hacca Edizioni), realizzato dall’artista
fotografa Rita Vitali Rosati.
Nel 2017 esce un suo contributo
per una “Piccola inchiesta sul provincialismo” (Galaad Edizioni, a cura di
Simone Gambacorta). I testi di Viti sono anche presenti e recensiti in blog,
siti letterari e riviste.
È in via di pubblicazione la
quarta silloge poetica dell’autore.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------
16 agosto 2020
Nessun commento:
Posta un commento