Le Antologie Poetiche Virtuali sono curate da Giuseppe Vetromile. Ogni Volume comprende 10 Autori, liberamente selezionati ed invitati dal curatore. Sono previsti volumi dedicati a particolari ambiti poetici (poesia emergente, poesia dialettale, ecc.). Le copertine sono elaborate e realizzate da Ksenja Laginja.

lunedì 22 luglio 2024

VOLUME XLV

 


Introduzione

 

 

In piena estate la mente non può che andare a quei famosi versi montaliani di “meriggiare pallido e assorto”, confacendosi a quello stato di vaga pigrezza, o meglio di rilassata aspettativa, che, per quanto si cerchi di superarla in qualche modo, prende interamente la persona, inducendola a rallentare i ritmi sia fisici che psichici, e quindi anche quelli creativi. L’aspetto contemplativo, per non dire ozioso, investe dunque anche l’attività poetica, almeno in generale, relegando alle ore serali, più fresche, eventuali tentativi di costruire qualche buon verso, o al limite per dedicarsi a qualche studio, a qualche lettura, tentando di mettere nero su bianco qualche riflessione o qualche concetto.

Ma non è tanto il caldo eccessivo ad impedire un normale flusso creativo, a condizionare eventuali ispirazioni poetiche, quanto la situazione sociale complessiva, italiana, europea e persino mondiale; situazione che è sotto gli occhi della maggior parte delle persone, almeno di quelle che, ancora, sono abituate a riflettere sulle cose, sulle notizie, sui fatti. Assistiamo infatti ad un generale rilassamento, a un “meriggiare pallido”, ma in senso negativo, in tutti gli ambiti, dalla vita sociale alla politica, dalla sanità pubblica alla sicurezza sul lavoro, dalla convivenza civile alle improvvise impennate di pazzia omicida e alle violenze sulle donne, dalla scuola all’istruzione e al progressivo impoverimento lessicale. La cultura in genere si sta appiattendo, banalizzandosi, offrendo più spazio ad operazioni di carattere commerciale e di facciata, invece di badare più specificamente e più selettivamente, alla qualità intrinseca del prodotto culturale, chiamiamolo così, che artisti, letterati e organizzatori di eventi si prodigano continuamente a ideare e a realizzare.

Si nota un meriggiare pallido e assorto in tutti i campi, dunque. Per non parlare della televisione, mezzo tecnologico che ha ormai invaso la nostra riservatezza, la nostra casa, i nostri pensieri, tempestandoci quotidianamente di messaggi pubblicitari subliminali, ma, ancor peggio, anche di trasmissioni cosiddette spazzatura, pseudo culturali, che vengono assimilate e persino applaudite dalla maggior parte della società: società che ormai obnubilata, cerca rifugio dai problemi esistenziali, dai disagi e dalle preoccupazioni, in questi “svaghi” per nulla edificanti e costruttivi. Banalità su banalità, spesso stupidità e persino volgarità dilagante, l’appiattimento del senso critico, della capacità di riflettere sulle cose, della velleità di costruire e di creare opere d’arte nuove, originali e significative, hanno ormai pervaso questa derelitta umanità del ventunesimo secolo, che mai più potrà scorgere ad un orizzonte più o meno prossimo l’atto creativo di un Dante Alighieri, di un Leonardo da Vinci, di un Michelangelo, ma fosse anche di un Quasimodo, di un Pasolini, di un Montale o di un Ungaretti…

Ma eccoci dunque giunti, anzi ritornati, alla poesia. Un meriggiare pallido e assorto anche in questa, oggigiorno, ma, come dicevo più su, anche in questo caso negativo. Una marea di poeti e di poesie, il che potrebbe essere anche un buon segnale, se non che la maggior parte è velleità poetica bella e buona, divertissement, hobby della domenica o, peggio ancora, necessità interiore di esprimere le proprie emozioni, come liberazione, catarsi e persino cura: sic et sempliciter, senza affanno e senza studio.

La poesia vera e impegnata comunque c’è e ci sarà sempre. Non come lenimento delle proprie o altrui sofferenze, non come taumaturgica cura ai propri disagi esistenziali, non come esternazione della propria bravura letteraria, non per conquistare con essa titoli accademici e vittorie e attestati e targhe e coppe e trofei (o perlomeno non soltanto e non esclusivamente per tutto questo!...); ma come autentica espressione di arte letteraria, fondata su studi e ricerche seri, su frequentazioni assidue e produttive del mondo letterario sia classico che contemporaneo. Per non patinare con un’atmosfera stucchevole e banale, per non infarcire i versi con quel meriggiare pallido e assorto negativo che renderebbe opaca e sfaldata ogni costruzione poetica che si rispetti!...

E dunque, a testimoniare che la poesia è ancora un dito nella piaga nelle problematiche dell’esistenza, è ancora una sferzata letteraria capace di scuotere e pungolare l’umanità nel profondo della sua anima, ecco i nostri dieci Autori che con le loro poesie arricchiscono questo quarantacinquesimo volume dell’Antologia. Un grazie di cuore per la loro bontà poetica!

Buona lettura!


Giuseppe Vetromile

 

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                                                         ALESSANDRO BARBATO


Il poeta, si sa, è fuori dal tempo, pur essendo consapevole del suo trascorrere ineluttabile: “Non mi ero accorto prima di invecchiare, / davvero solo adesso vedo il punto…” declama Alessandro Barbato, interessante e valida voce poetica romana, ponendo l’accento sul disagio esistenziale che provoca il fluire ingestibile delle ore. Ma la poesia è un modo per confutare, in un certo modo, il senso di decadimento e persino di annichilamento della materialità dell’uomo, e per questo, autori sensibili come il nostro Alessandro, indagano in profondità sulle circostanze e nella realtà apparente delle cose, soffermandosi sulle azioni e sulle relazioni che l’uomo mantiene con il mondo in cui vive, nella essenzialità e nella purezza, direi anche nella bontà con cui si attuano. Ed è una poesia, quella di Barbato, lungimirante e colma di speranze, laddove canta di regalare ogni suo sogno a quel bambino gioioso, libero di correre tra i prati.


In estate la luce

 

Fa buio. Troppa luce

rimpicciolisce l'iride, socchiude

un po' le palpebre e paglia pare il prato

dove razzola un bambino

a cui regalo ogni mio sogno.

Li porterà nel petto, forse allegro

sotto il Sole polveroso,

mentre corre come un pazzo

col pallone, tra le aiuole secche,

il cuore che sconfina nei polmoni.

Oppure al mare, quando basterà

la sabbia ai suoi capricci senza tempo,

e a noi guardarlo per pulire il nostro

sguardo al bianco canto delle onde.

 

 

***

 

Liturgia di sogni

 

È quando anche l'ultimo giro

di voci sbiadisce e dei giorni

rimangono solo gli aloni -

bave di luce sui cumuli

d'ombra e di atti mancati -

che i tuoi desideri, le idee,

i miei pensieri diventano sogni

di terra e di rose, d'acqua e di pietra.

E allora può darsi che il tempo

si fermi, che una vita intera

somigli a un momento, che sembri

davvero di essere accanto

a un dio che ci parla piangendo

e cantando da un pulpito d'aria

o un altare di paglia.

 

 

***

 

 

Per tempo

 

Morsicavamo i giorni, volevo

si accendessero e bruciassero

veloci come teste di fiammifero.

Sembrava si trattasse veramente

di lasciare solo che passasse

il vento, per sentire l'incantesimo

serale delle prime estati vere

camminarci sulla pelle. Pareva

per davvero tutto il mondo

cominciare in ogni sguardo,

in ogni fiato, in tutti gli angoli

di cielo, per resistere in eterno

nelle orbite dei sogni e nelle rette

del pensiero. Ma va per conto suo,

invece, il cielo e soffia asciutto e ignaro

un venticello sulle altre nostre

estati, adesso fragili di vero

e di silenzio. Inutile fiorisce

la begonia e l'oleandro si colora:

che tu lo sappia o meno.

 

 

***

 

 

A riva

 

Non mi ero accorto prima di invecchiare,

davvero solo adesso vedo il punto,

quasi esatto, in cui restano impigliati

tutti i giorni e le promesse

che facevano i mattini mentre

correvamo in cerchio, quando tira

dritto il tempo. Rimangono

aggrappate sulle spalle,

quasi fossero cartelle, solo

quelle che arrossiscono anche al buio,

quando parlo alle tue ombre

mentre ballano a una luce accesa

altrove, tra le nuvole di carta

che ingialliscono alla vita, sempre

giovani di Sole, ancora a riva.

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                                                     CINZIA COPPOLA


C’è un’urgenza a recuperare il senso della vita, nei versi nostalgici ma fortemente propositivi di Cinzia Coppola, valente poetessa avellinese. La consapevolezza di una umanità che va sprecando tempo e valori in minuzie quotidiane e in conflitti devastanti e degeneranti, sollecita l’autrice ad esprimere un dettato poetico fondato essenzialmente su una velata denuncia delle negatività che coinvolgono l’attuale società verso il disfacimento etico e morale, forse persino materiale (“Si comincia a morire già da vivi”…). Tutto ciò trafigge l’animo della poetessa, la quale cerca il riscatto della propria e dell’altrui umanità, immedesimandosi in una natura benigna e vitale (“Vorrei essere albero / per potermi allungare sulla luce”…. “Nei miei rami il cielo / diventerà un’oasi.”…), e contemporaneamente richiamando a sé quei lacerti di memoria familiare e collettiva, che da sempre costituiscono il fondamento di un vivere duro ma autentico e costruttivo (“Certe volte mi fanno paura i tuoi passi pesanti, cara vita.”…).

 

Si comincia a morire già da vivi.

 

Si va piano alla deriva

lungo corridoi stretti,

quando non ci si oppone al disordine

e non si prova più ad andare al contrario,

quando Bacco non dissipa nel rumore,

nel ronzare di giostre

e nello scialo.

 

Un granello di fiato alla volta

partecipa il mondo dei vivi a quello dei morti.

 

 

***

 

 

Vorrei essere albero

per potermi allungare sulla luce.

 

Vorrei essere albero per ferirmi la vista

con biancori caldi.

 

Nei miei rami il cielo

diventerà un’oasi.

 

Le mie foglie accoglieranno nugoli di polline

e mi addentrerò nel tempo prossimo

quando l’aria sarà una preghiera,

quando le mie radici affonderanno

nei pensieri buoni dei bambini.

 

 

***

 

Come un mormorio incessante

mi risuona un costato

dove trovo poesie che nessuno conosce

e la vita fatta apposta per me

- accade,

fra strade limpide di sole e promesse di spiagge,

tavolate di domeniche rumorose di cuori vivi,

tintinnio di bicchieri,

pirofile svuotate,

sonni agresti…

Lì si intonano le vertebre,

la pelle si illumina

in mezzo alle parole che creano,

che generano fatti non accaduti,

figli non nati.

Aprono deliziosi portoncini verdi in vicoli di città mai viste

e tutto quello che è disperso

si ricompone

nella purezza delle parole.

 

(inediti)

 


***

 

Cara vita

 

Certe volte mi fanno paura i tuoi passi pesanti, cara vita.

Mi stai sempre addosso.

O mi porti dalla nonna che si raccoglie i capelli

mentre racconta le storie che sa a memoria,

oppure mi fai inciampare in una bicicletta rossa che si chiama come me.

 

Cara vita, certe volte mi conduci sotto i tigli che nevicano,

e sulla riva del lago che non avevo mai visto,

tra anatre e cigni.

 

Io ti seguo e già vedo la nebbia della sera

morire tra le strade.

Nel tramonto le case incendiate si placano del giorno.

 

 

***

 

Amour fou

 

Che ce ne facciamo di un amore pensato?

A che serve?

Non si può dire eccolo.

non si può andarci a fare la spesa.

Non è utile per parlarne.

Non puoi scendere le scale

tenendolo per mano.

Non puoi trovarlo nei capelli

scompigliati sul cuscino.

Non puoi andarci sott'acqua.

Non puoi incolparlo

se tutto va storto.

Non puoi scriverne vere poesie.

Non ti crederà nessuno

che esiste.

 

(da Reveries, Delta3 Edizioni, 2023)

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                                                       STEFANIA GIAMMILLARO


Stefania Giammillaro, originaria di Messina, ha raggiunto un evidente significativo livello di espressività poetica, maturata a seguito dei suoi studi e ricerche stilistiche e di contenuto, ma anche per la sua assidua frequentazione del mondo letterario, come autrice e come promotrice culturale. Il suo dettato poetico, dunque, come nei brani che qui propone, punta soprattutto all’essenzialità e alla concisione, qualità pregevoli del dire poetico in generale, giungendo quasi all’epigramma, laddove con pochi tratti, pochi versi, riesce a dire il quanto e anche l’oltre, il sottinteso, l’allusione. Si tratta qui di una poesia dell’immediato, dove la nostra autrice pone l’accento sulle azioni quotidiane e ripetitive che, in qualche modo, adombrano la vera e originale impronta dell’uomo (“Bisognerebbe alzarsi presto / rifare il letto / e accudire l'ombra / che non ci somiglia”…). Emerge anche qui, dunque, l’assillante ricerca del senso dell’esistenza, di un “io” autentico, perso tra le infinite cose materiai e ripetitive della quotidianità.

 

Bisognerebbe alzarsi presto

rifare il letto

e accudire l'ombra

che non ci somiglia

 

Non somiglia alla sagoma

lasciata sul tetto

dell'ultima casa

né a quella incontrata

in piazza per caso

 

Ci salutiamo, sì

con un cenno di mano

che esce appena dalla finestra

per paura del freddo

là fuori

 

 

***

 

Nelle stelle del pianto

nessuna cometa a conforto

L’idioma, forse,

di un passato già spento

la proiezione di se stessi

nel sogno

e un languore sugli occhi

a dire: “Restiamo”

 

 

***

 

Si trema

all'alba delle ore

quanto la notte fa male 

e pesa 

la nuda sostanza 

degli organi vitali 

da scegliere

 

E scegliere 

il lancio del cappello

attraversando l'Arno

sul Ponte di Mezzo 

 

 

***

 

Come sia stata partorita

tu sai 

io non mi so cellula 

farsi gomitolo

al centro del tuo grembo 

 

– Cordone matriarcale

cinta di ogni vagito 

sa ancor prima 

ciò che io non oso

ancora –

 

Come tu mi abbia scelta 

io non so 

ma so che nascendo 

ho pianto la tua perdita 

 

 

***

 

Sei fatta

di cemento e sabbia

Nulla può distruggerti

solo la rabbia

 

***

 

Sono di cartone le scuse

mani sulla ceramica

che per poco raffredda.

A cosa credere dunque?

All'esigenza che stringe di destarti

quando non dormi tutto il letto

A questa umanità che pesa gli occhi

All'icastico del tuono che sobbalza

 

Credere

alla maglia indossata al rovescio

per il dritto della medaglia

 

(testi tratti dal progetto poetico Felice che esisti)

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                                                                    SUSY GILLO


Originaria del napoletano ma residente ora in provincia di Pistoia, Susy Gillo è poetessa di talento, riuscendo a concentrare in brevi versi, come quelli che in questo spazio propone, tutto il suo impeto propositivo, con una cadenza elegantemente stentorea, seppur celata da un dire quasi sussurrato, quasi dimesso. Al centro della sua poetica ritroviamo vaghi echi leopardiani, laddove lo struggimento, il disagio e l’affanno esistenziali, supportano l’indagine profonda nel ricercare un senso e una ragione di vita. Solitudine, lontananza, degrado, abbandono: sono questi i temi principali che si possono evidenziare nei brani: “Abisso di distanza, è vuoto senza desiderio / eppure le mie mani si erano riscaldate al tuo sorriso…”. Il che conferma quanto di lei già è stato scritto, e cioè che la nostra Autrice è poetessa che indaga con grande impegno i territori delle anime (Chiara Belliti). 



Abisso di distanza, è vuoto senza desiderio

eppure le mie mani si erano riscaldate al tuo sorriso 

sembrava un fuoco che ardeva l'ombra

Senz'anima al baratro di un pensiero

Dignità vestita a festa si ciba di solitudine

nel fondo sabbioso della mente, si ignorano       

loro si parlano senza incontrarsi 

 

 

***

 

Aggrappata alla terra, con le unghie tra i capelli

come veliero confuso di terra ancora fredda

penetro le ossa, feritoia trasudata

si squarcia alla tua vista 

Morente di un vivere, sola coglie il giorno

il fiore inespresso di radice senza linfa

il limite che si affanna a gioire

Assetata di tempo nella coltre corta del disagio 

ancora il sapore di senso

ancorata all’oggetto, respiro un vivere

di libertà senza sogno, il nulla di un presente 

Quel filo sconosciuto da conquistare 

 

 

***

 

Al fischio di un treno in corsa, 

quel giaciglio ai nostri corpi

senza debolezze, si fece urgenza 

acceso nella neve, come fuoco di desiderio

prostrato alla passione, pulsò all’ombra di un passo,

nell'arsura si ostinava alla candida coltre. 

Lento e precipitoso ci raggiunse nel vento,

aveva coperto le nostre orme

quel passo, aveva sotterrato l’amore!

 

 

***

                                                                       

Si arrotola la molecola nello stropicciare lento 

delle mie mani. L’oggetto invalicabile

rompe gli schemi, si piega al corpo senza peso

la bolla, si fa sostanza

 

***

 

Inginocchiata al buio e abbracciata al silenzio 

veglio il torpore, nella  nebbia del sogno

piango il rumore di un tempo perso e scolorito

con occhi di mondo senza cammino,

infibulata, ricamo un sorriso

nel forziere della vita

     

***

 

Germoglia l’anima di memoria e desiderio

mentre sputo mozziconi di solitudine

Le strade strette di immagini rotte,

con occhi fissi a terra, invito il mio vicino

a scegliere per me,

annego senza odore di cose

 

 

***

 

Un lamento di corde scomposte

nel suo lento morire, cerca l’oltre

Senza corpo, onora sogni, senza voce

e senza sonno,

dorme nell’anima del mondo.

Svuotato di vita, guarda carcasse,

si volteggiano

nella voglia di esistere

 

***

 

Lurido tempo, emano ancora scoppiettii

di palpiti. E tu ancora infierisci

vuoi il mio respiro, adagiata

al volere dell'esistenza, senza cadere

mi nutro di vita. E io esisto, oltre il mio destino 

 

***

 

Fuori dal tu e dall'io, lo stupore, folle va a spasso da solo

si atteggia e indossa il vestito dell'unico parlante:

il sogno, rifugio di se stesso

senza solco, vuole imitare l'amore

 

(dalla collana inedita Il filo da conquistare)

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                                                     GIOVANNA MARMO


Da Napoli la Voce decisa di Giovanna Marmo, poetessa che affida alla potenza della parola le numerose e varie dimensioni del significato, laddove una intelligente e indovinata stratificazione del possibile, crea un ventaglio di concetti altri. Il suo dettato poetico, come in questi esempi che qui propone, è fondato dunque su apparenti semplici proposizioni, a prima vista indipendenti l’una dall’altra nel corpo del brano, a formare versi che spiazzano il lettore e lo invitano a considerare piani del narrato al di là del mero significato. L’autrice attua quindi una sintesi dei concetti, che si evidenzia nei versi in tutta la sua essenzialità propositiva. Il tema di fondo è una sorta di distacco dalla realtà, al fine di indagarne meglio il senso, proiettando sulla materialità delle cose il disagio dell’esistenza.

 

È sempre sera

 

Livide si fanno

le cose.

 

La nuca il muro,

la finestra è quadrata.

 

Una strada vuota,

in ogni occhio

un punto cieco.

 

Manchi da tre mesi, hai perso forse

lo sguardo?

 

Freddo dai fiumi, sono un pesce che

non vede colori.

 

Il fumo torna nella tua bocca.

 

Livide si fanno le cose che

mi dimenticano.

 

 

***

 

Il museo è deserto  

 

Il museo è deserto

le figure sono ferme.

Solo le alghe

si muovono con le stelle.

 

Operazione chirurgica riuscita,

la solitudine mi trasforma.

 

Animale degli abissi.

 

Una pellicola buia,

un film sul suono.

 

Il silenzio è assordante

tutto è modulare.

 

Ogni punto è legato

a un altro: la paura

alle gambe, i capelli

al vento.

 

Mi tieni con te?

 

 

***

 

Nei polsi del tempo

 

Acqua fino alla vita,

sputo nella maschera.

Costretta a rispondere

il nome mi ha trovato.

 

Lampada-Arco, mani

seguo la pinna gialla.

 

Mio polso mio tempo,

quasi muto

non ho un luogo

in cui nasconderti.

 

Navi-dune, foreste.

 

Ma se, mio polso, mi fermano

devo sapere perché mento

e tu, non dimenticare

mai il punto in cui

senza corda

mi spezzo.

 


***


La casa cieca

 

Sospesa tra un piano

e l’altro stacco i fili

che non hanno importanza.

 

Ritorno al tavolo,

perché la sedia mi segue.

 

Il vento riempie la stanza.

Il pavimento si ricopre di muschio.

 

Nella casa di un uomo cieco.

 

(da La testa capovolta, Edizioni d’If, 2012)


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                                                     CAMELIA MIRESCU


L’eco del grandissimo Giacomo Leopardi torna spesso nei cuori dei cantori e dei poeti, specialmente quando ci si ritrova in luoghi sacri e mistici, dove il Poeta soggiornò per qualche tempo. Così Villa delle Ginestre, a Torre del Greco, in provincia di Napoli, sede prestigiosa degli ultimi anni di vita del grande Recanatese e che vide la creazione della famosa poesia “La ginestra”, ha profondamente ispirato la valente Camelia Mirescu, di origini rumene ma residente a Roma, in occasione di un importante incontro di poesia svoltosi proprio lì. Il talento artistico e poliedrico della nostra autrice, che spazia dalla poesia alla pittura, alla fotografia e alle installazioni d’arte, si manifesta dunque in modo elegante e armonioso in questi versi che seguono, nei quali la poetessa si vede immersa in una natura che è simbolo di rasserenamento, di pace, di amore universale, ma nello stesso tempo ne canta il mistero intrinseco, quell’eterno sentimento d’infinito che scuote e meraviglia i cuori.


Le sembianti ore leopardiane

(A Giacomo Leopardi)

 

C’è questo va e vieni delle ore

quando la chiave si trova nella porta

al di là del coraggio dei muri,

e io, ben sistemata sulla sedia,

vago attorno alle idee in movimento,

davanti al confine del bosco,

accolta e riaccompagnata

nella comunione di significati

dove qualcosa attende, risalendo

mi annido sul pianerottolo del cosmo,

senza lasciarmi guidare dal bisogno

inconscio di validare la mia esistenza.



C’è consolazione forse a riconoscere

l’importanza delle cose desuete,

riscoprire un’immagine semplice,

rivelatrice di uno stato d’animo:

il tavolino indugia dolcemente,

al di sotto delle siepi voluttuose,

gli occhiali, la tabacchiera, la teiera,

le matite e i disegni delle mie letture

sopra una ghirlanda di libri,

tutti intimi soggetti-oggetti, corpi

che distendono le ombre nel ronzio del sole

rimestando la forma dei propri altrove.



C’è la quiete, di albero in albero

è necessario provare nostalgia

dei luoghi dove mi sovvien l’eterno     .

L’orizzonte non ama argomenti in cassetti:

profuma di miele e precede la scrittura

nelle seduzioni primitive del verde,

veglia le querce della collina

riunendo i battiti arruffati del cielo,

si fonde nel silenzio condensato

al passaggio dal significato al senso,

per schiudersi là, chicchi e ami

separati dalle sembianti ginestre

ed è un profondo spostamento in sé,

restare per un attimo, poi ripartire

nella semina fresca d’infinito

dove nessuno aspetta la neve.

 

Roma, 14 Giugno 2024

(inedito)

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                                                    ANGELO RESTAINO


Tra allitterazioni, assonanze, perifrasi e altri giri di parole, o piuttosto di salti di significati, il salernitano Angelo Restaino mostra una notevole maestria poetica, sia per quanto concerne la forma, sia per il contenuto. È una Voce da tenere senz’altro in grande considerazione, per l’originalità del suo dire poetico, espresso prevalentemente in prima persona, come nei brani inediti che qui propone, dove si pone al centro di una schema, o meglio di uno stato, dal quale riesce ad osservare minutamente la realtà circostante, cogliendone contemporaneamente aspetti e figurazioni diverse. È un dire poetico fondato su versi che si concatenano l’uno all’altro, affrontando lacerti di interrogativi esistenziali di una società dedita per lo più alla meccanicità dei comportamenti, alla monotonia e all’appiattimento dei valori. E giustamente, in questi versi, non manca una vena di sottile ironia, a sorreggere con maggiore enfasi il quadro poetico complessivo.


Il sole che mi riscalda la scatola

cranica mentre gente si affaccenda

sull'argine, cercando nel canneto

oggetti d'ambra o forse un eldorado

scalda con altrettanta intensità

il caffè che bevo e la nostra storia

- intendo proprio quella collettiva.

Sposto più volte lo sguardo dall'uno

agli altri e mi convinco con maggiore

forza che discutiamo di grandezze

in nessun modo mai commensurabili.

Ragion per cui posso occuparmi d'altro.

C'era un vestito rosa e una brezza

una volta e un taglio di luce netta

e tutto ciò di cui sono capace

è tam-tam, tam-tam-tam, tamburellare

sul piatto con le dita, un'afasia

gentile: c'è un odore di erba fresca.

Un'altra duna del mio tempo

scende per la strozzatura di vetro

e non c'è niente che si possa fare.

Poi vorrei tanto scrivere una prosa

ma tutto quello che riesco a partorire

è soltanto una rosa.

 

 

***

 

Lo schermo è fermo. Voci dai terrazzi

che fanno da orizzonte al mio terrazzo.

Le sagome inchiostrate dei palazzi

o sono di cartone o sono spazio

 

non creato - rimasto nella mente

del creatore, che forse è una creatrice.

Mi balocco: non ha sesso né sguardo

che guardi o possa essere guardato.

 

Lenzuola ad asciugarsi a luce bianca

che imperla piena il lastrico solare

delle palazzine accanto. Un canto

(cantato proprio in modo da sembrare

 

la musica notturna delle strade

di Madrid) da distanze imprecisate

descrive i diverticoli di strade

di questo pezzo di periferia.

 

Mi interrogo sul nero, poi mi chiedo

a quanto ammonterà il lasciapassare

sola andata per il traghettatore.

La luna è esattamente una moneta.

 

 

***

 

Dopo morti sarà da progettare

un'altra estate: che ben ci saremo

guadagnati guadando tanti inverni.

Ritorneremo ad essere teoremi,

chiari sulla cianografia del cielo?

O saremo racconti collettivi,

romanzi letti sotto gli ombrelloni?

Impareremo a scrivere poemi,

o saremo di nuovo tentativi?

Se saremo ricordo, ricordare

 - lo scrivo qui per non dimenticarlo -

quando eravamo tutti ancora vivi,

le case addormentate dell'estate

(prima, ben prima della prima estate

nel Cilento, dove il mio tempo inizia

letteralmente a notte ad un falò,

e falene come acini di fosforo

s'infiammavano con un soffio sordo)

traversate da vento a parte a parte

e da penombra, e da pettegolezzi

bisbigliati, e da scoppi di risate

soffocati per l'obbligo del sonno.

Soprattutto un odore di eucalipto

misto a fico, con le sue foglie grandi;

il durare lunghissimo del giorno.

Adoreremo i fuochi d'artificio.

Senza risposta ci domanderemo

perché quand'è il momento di sparire

- bottone d'oro a filo d'orizzonte -

il sole accelera improvvisamente.

 

(inediti)

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                                                    ANNAMARIA SCOPA


Ho messo quella nube dove deve stare / ho tirato indietro le mani / Sono una di due e non so quale…”. In questi versi di Annamaria Scopa, nativa di Vasto ma residente ora a Genova, emerge il segreto desiderio di ogni poeta, e cioè quello di mettere ogni cosa al suo giusto posto, o perlomeno tentare di risistemare una realtà circostante (e forse anche interiore) che l’occhio poetico, lungimirante e obiettivo, giudica confusa, disagevole, magari anche ingiusta. Ed è appunto questo tema di fondo che la nostra poetessa affronta nei versi che ci propone, rapidi e incisivi, non privi di un pizzico di ironia, laddove canta il subbuglio del mondo, l’accidia o la malcelata rassegnazione di fronte ai veri problemi da affrontare (“Stiamo tutti bene adesso / ho separato già nuance di / ricordi nella dimensione del giallo ocra / dentro scatole di accomodo…”). 

 

Stiamo tutti bene

 

Stiamo tutti bene adesso

ho separato già nuance di 

ricordi nella dimensione del giallo ocra

dentro scatole di accomodo 

Vorrei portare via i resti 

non buttare

dice che non c’è colpa 

nel conservare 

il tempo che mi porto in salvo

l’ho pregato oltre il confine 

delle cose certe

 

***

 

Orecchie di Coniglio 

 

conservami qualche stagione di scorta 

confondimi gli inverni 

solo noi vediamo orecchie di coniglio 

per essere felici

Lo sanno i matti che l’erba è croccante

quando siamo seduti sulla notte 

Sono una che perde parole

Perde sempre qualcosa

il silenzio 

quando proprio non deve

 

***

 

Nel nome delle cose

 

Nominerò le cose che non hanno 

nome 

Dolcezza che mi hai violata

tu mi porterai su un’asola di mondo

e riderai di me bambina 

nell’ansa stretta della sera 

Amore che io prego

Laudato sii per le rose roche

fatte con farina rossa 

e per la bava di lumaca 

Origami tra le mani

Per le seggiole di grano

per gli altari smessi di dolore

Fusi di cielo disabitati al mondo

Aureole e corone 

Ogni cosa viva che mi ama

 

***

 

Surreal fish

 

Non hanno gambe i pesci.

Che a starci attenti

di un sogno 

lo sai che non ti puoi fidare

Quanti anni hai?

Il tempo è un acquario 

c’è una falla ovunque 

Un treno nel pomeriggio 

porta a vedere il colore del mare

Non si può essere sempre nello stesso palinsesto 

Nessuna isola è un pezzo d’amore

ridiamo e cessiamo di sentire le gambe 

Oceani di noi in un fermo immagine 

 


***

 

Sotterranea

 

C’è un contagio sotto la terra 

d’erica e trifoglio 

come il nome che mi diedero

da bambina che ancora annaffio

la calvizie della gramigna mi tiene

così è per chi muore e non non lo sa 

qualcosa mi cresce dentro 

il mio mondo di sbieco che altri 

non vedono

Si scosta una dose di sonno 

e non finisce del tutto

un uccellino morto sul davanzale 

e non è stato nessuno 

c’è un nido sempre troppo alto 

io ho legato una corda al tetto

Ho messo quella nube dove deve stare

ho tirato indietro le mani 

Sono una di due e non so quale

 

***

 

Per te 

 

C’è un angolo sicuro che ha il tuo nome

Una croce allo spazio 

Ho messo via l’inverno mamma

l’approssimarsi del giorno

il volto delle bambole 

e sto così accanto alla tua ombra

C’è un angolo sicuro dove tu riposi stracca

mentre io m’abito di stanze vuote.

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                                                   ASIA TORREGGIANI


Un’artista a tutto tondo è certamente Asia Torreggiani, di origini pesaresi ma residente a Parigi. La sua Arte, infatti, prende forma sia in un dettato poetico fluido e armonico, sia nella sua attività professionale di ballerina: le due espressioni non potevano non integrarsi, in simbiosi, ricreando sul foglio quel senso gradevolissimo di movimento lirico intrinseco che anima i suoi versi. E sono brani in cui la centralità della sua persona solare accoglie con eleganza, ma anche con pudica predisposizione, i sentimenti d’amore da parte di un ipotetico compagno, con vene di sfumato e gradevole erotismo: “Accettami con le voglie basse, / quasi squallide alle orecchie / del cucuzzolo…”. Ma ritroviamo nella sua poetica anche un desiderio di riscatto dai pregiudizi e dalle omologazioni di una società che va “misurando” azioni e pensieri: “Misuri con i righelli le idee / sperando di contare bene, / le misuri con le somme / arrotondate e io, piatta / per timore dei cantieri grandi.”


Accettami con le voglie basse,

quasi squallide alle orecchie

del cucuzzolo,

le gote in fiamme,

quasi fossi da spolverare

fino all’incendio,

accettami se puoi spavaldo

e battitore di frasi, mentre carezzi

i miei seni

per farli pieni. Accettami

felice

di tener la mano alle imperfezioni

che indosso come

fossero seta.

Accettami

con i capelli sciolti,

senza raccogliere

parrucche da portare,

con il viso sporco

del mattino.

 

***

 

Erano alti

gli anni passati

da qualche bracciata

ch’a nuoto sembrava la marcia,

alla strada qualche passo

sul ponte.

Erano venticinque volte

tanto

le cose, da perdonare.

 

***

 

Non misurarmi

 

Misuri con i righelli

le idee

sperando di contare bene,

le misuri con le somme

arrotondate e io, piatta

per timore dei cantieri grandi.

Misuri le braccia sul cuore

per fare scorciatoie

alle sculture a tutto tondo.

Continui a misurare

ciò che manca

fra le labbra sproporzionate.

Prendi anche le ultime misure

senza quadretti,

sommi i prodotti.

Misuri

per non provare le lunghezze

delle parole. Vedo numeri sulle mani per non

dimenticare anche le

ultime equazioni. Io ero

forma astratta da colorare.

 

***

 

Del giudizio sulle cose

che si vedono

senz’occhi puntati,

vuoti

pupille rotolanti

sulla terra nera,

il fango le incastona.

Di tutti quei giudizi

lasciati a terra

a germogliare, senz’acqua

né cura, né sguardi

alla sera, prima di

chiudere tutte le porte.

Dell’altro giudizio

lasciato

fra peli e pance gonfie,

senza pensare al peso

delle parole

volanti.

(da Interno Poesia, 2023)

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                                                       ZEUDI ZACCONI


Tu racconti la poesia dentro la vita / io sento il profumo anche da qui…”. Bastano pochi versi per individuare un dettato poetico, uno stile e un tema particolarmente validi e originali. Zeudi Zacconi, poetessa di Pesaro, dimostra di avere queste caratteristiche fondamentali, e sicuramente la sua proposta poetica, nei brani che qui presenta, è valida e forte. È un incedere sicuro, preciso, con un narrare rivolto ad un tu mistico (che potrebbe essere anche il proprio io). E sono versi che scavano in profondità, cercando di indagare sul “mistero che incombe su di noi”. I brani sono distinti l’uno dall’altro, ma hanno un collegamento interno rappresentato dai vari aspetti di questa ricerca, con una citazione iniziale ed una finale che esplicita, ma non chiude, il suo progetto poetico, affidando all’amore il riscatto, la redenzione dall’incapacità, da parte dell’uomo, di un’esistenza piena e felice (“Ci torneranno / indietro i corpi / toccati senza cura…”).


C’è un mistero / là fuori – / eravamo a un passo

 

 

Ci torneranno

indietro i corpi

toccati senza cura

 

ne ricorderemo gli occhi

del mancato amore

la misura.

 

***

 

Fingersi nome

ornamento solenne

stemma d’oblio

 

qui nessuno è passato, nessuno

che un nome lo abbia davvero

 

fatti vedere, mostrami

i denti d’avorio

bianco fantasma la veste

 

cadi a terra e la polvere

non ha mani né piedi

 

immanifesta anima

sei venuta a pronunciare l’addio.

 

***

 

Addossami la notte, il peso

di una luna che disabita

l’ultima tristezza

sulla ruga della fronte

 

paralizzami la colpa

affioca il sentimento della luce

tramuta in ombra che calpesto

ti prego, la tua voce.

 

***

 

Ti cercherò

nella città lontanissima dell’oltre

verrò scalza al tuo richiamo, sarà

assedio per le braccia

la nostalgia che porteremo

ad ogni arpeggio della morte, la dea

splendente apparirà su strade d’oro

e non avremo dubbi nel guardare

la verità che è sempre stata

lì ad un passo dai sussurri

di rinascita degli angeli.

 

***

 

Si rovescia il cielo

sulle orbite fallite nei dirupi

dirottano

cupi i gesti degli amanti

 

siamo in volo o non lo siamo

 

l’eclissi

incerta è inclinatura

l’occulto scivola –

la vita è sotto, a gravitare.

 

***

 

Raschiare il fondale terso

battaglie perdute all’apice

del disincanto

rotta la magia del tocco

appena sfiorare l’anima ­–

si ridesta, fa male un solo

dolore alla volta –

 

camminare

in equilibrio sulle alture

dove svettano impauriti i limiti

dell’uomo

è ribaltare il mondo dalla superficie

piangere di gioia un viaggio lento

e tutti gli oleandri intorno

 

tu racconti la poesia dentro la vita

io sento il profumo anche da qui.

 

***

 

Le bocche aderiscono

perfette alla terra

scavano

radici sommerse

strappate alle vertigini

 

brucia l’ultima ora del mondo

 

mi muore

intera sulla pelle.

 

Cadaveri di noi lo siamo stati / ora non resta / che il tempo furibondo / dell’amore.

 

(inediti)

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L'attesa è un turno che non ti spetta

 

Sul finire del giorno l'attesa si sarà sgretolata

in mille gocce d'ansia

quando tutto è trascorso e non c'è stato vertice

né palpito improvviso

né volo oltre i caseggiati

 

Il sogno pure è rimasto intonso

preparato inutilmente nel cassetto della scrivania

: vi noto ora una ombrosità indescrivibile

 

un'ondulata superficie che si estende all'infinito

 

E tu dimmi se ancora vale il gioco

in questa perifrasi bislacca

: l'attesa è un turno che non ti spetta

 

La felicità è di traverso

negli interstizi delle ore

negli spazi d'un'unghia

 

sotterfugio per lenire meglio

il dolore del viaggio

la caduta nella terra

in seno all'abisso

 

(da Proprietà dell’attesa, RPlibri, 2019)

 

Giuseppe Vetromile

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NOTE SUGLI AUTORI


Alessandro Barbato

Alessandro Barbato è nato a Roma nel 1975. Specializzatosi in Antropologia sociale presso l’EHESS di Parigi, si è dedicato allo studio dei rapporti tra nuove scienze umane e letteratura, pubblicando diversi saggi. Collabora con il blog dedicato a Pierpaolo Pasolini “Le pagine corsare”. È stato membro del comitato di redazione della rivista di settore “Civiltà e religioni”. Appassionato di poesia contemporanea, ha pubblicato liriche su riviste, blog letterari e nel 2019 la silloge Il fiore dell’attesa, confluita nel 2020 nella raccolta Solamente quando è inverno. Nel 2022 ha visto la luce la raccolta poetica La mimica dei mondi (qualche poesia fuoritempo), edita da Controluna. Nel 2024 è uscita la sua ultima silloge poetica, Piccola mappa per giorni comuni. Attualmente insegna materie letterarie presso le Scuole Ebraiche di Roma.

 

Cinzia Coppola

Cinzia Coppola è nata nel 1968 ad Avellino, dove vive. Laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Salerno, insegna Lettere nell’I.C. San Tommaso-Francesco Tedesco di Avellino. Ha cominciato a pubblicare versi nel 1997 partecipando alla rivista Poeti Irpini e Post-Avanguardia Delta3 Edizioni, e nel 1998 alla rivista Altofragile di Franco Arminio.

Nel 2018 il suo racconto intitolato Avellino City entra a far parte della raccolta di autori vari Punti Cardinali edita dalla casa editrice romana Chance Edizioni.

Ha contribuito con la sua testimonianza professionale al libro Fare scuola con le storie curato da R. Tiziana Bruno, edito nel 2022 dalla casa editrice Erikson.

Rêveries è la sua prima raccolta poetica.

 

Stefania Giammillaro

Stefania Giammillaro (Messina, 1987). Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto Processuale Civile (UniPi). Ha pubblicato: Metamorfosi dei Silenzi, Edas, 2017 e L’Ottava Nota – Sinfonie Poetiche, Ensemble, 2021. Di prossima pubblicazione per PeQuod la sua terza silloge Errata Complice. Performer poetico–teatrale, cura gli eventi letterari presso il Caffè Letterario Volta Pagina di Pisa e la Libreria Civico 14 di Marina di Pisa, presso quest’ultima organizza la Rassegna Poetica Un (A)Mare di Versi Dialoghi D’Autore, già alla sua II edizione. Fa parte della redazione del Lit-blog “Le Finestre de L’Irregolare” e del giornale online Emme24.it. Suoi inediti sono stati pubblicati su La Repubblica, nella rubrica La Bottega della Poesia, (Bari, Napoli e Torino) e sui Blog: Inverso–Giornale di Poesia, LaRosainPiù, VersoLibero, LeParolediFedro, PoetiOggi, FaraPoesia, VersanteRipido, Centro Cultural Tina Modotti. Un suo inedito in vernacolo siciliano Riccillu ò mari è presente sull’ultimo numero della prestigiosa rivista Bubble’s Italia Magazine, eletta tra le più belle del mondo, nella rubrica “La terra della Poesia”, curata da David La Mantia. Nel 2024 la sua prima collaborazione cinematografica per il cortometraggio “Fidati di me”, in veste di autrice del monologo finale. Fa parte di diverse Antologie delle quali si ricorda Riflessi-Rassegna Critica alla Poesia Contemporanea, Edizioni Progetto Cultura 2023, curata da Patrizia Baglione, con nota critica di Davide Toffoli e Dark way of Sicily – Voci Black, ilglomerulodisale 2024, curata da Enzo Cannizzo e Sebastiano Adernò.

 

Susy Gillo

Laureata alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze in Scienze Umanistiche per la Comunicazione, nata ad Afragola (NA), vive e lavora a Pieve a Nievole (Pistoia).

Ha pubblicato la silloge La vita dell'Idea (2017); La sposa bambina (2019), raccolta di poesie inedita presentata al Congresso Internazionale BPW al Cairo in Egitto e alla Conferenza Europea BPW di Galway in Irlanda, con Giusy Seidita, Chair Taskforce BPWI “Child Marriage Prevention”. La silloge ristampata e pubblicata con il titolo In punta di piedi è stata presentata in Valsamoggia al Festival Legati al filo “Il Matrimonio con il mondo” in omaggio a Pippa Bacca. Il cammino della goccia - Poesie (2021), denuncia una umanità ferita, il difficile rapporto uomo – natura. Inedite le sillogi Spartiti emozionali (2016), Pane Quotidiano (2019), Omaggio alle dea Kupra.

Alle sue opere, edite e inedite, sono stati conferiti prestigiosi riconoscimenti e segnalazioni d’onore. Alcune sue liriche compaiono nell’Enciclopedia di poesia contemporanea “Mario Luzi” del 2017 e in varie antologie poetiche. Nel 2024 ha pubblicato Flagello, poesie contro la guerra. Di lei ha scritto l'editor Chiara Belliti: “Susy Gillo è poetessa, antropologa e fine esploratrice perché indaga i territori delle anime, e lascia a noi ogni giudizio. È forte il suo impegno verso le donne e i loro diritti, e i suoi versi sono il passaporto per entrare nei paesi dove quei diritti sono fragili o assenti.

È questo il potere della poesia”.


Giovanna Marmo

Giovanna Marmo ha pubblicato: Poesie (Studiozeta, 1998), Fata morta (Edizioni d’if, 2006), Occhio da cui tutto ride (No Reply, 2009), La testa capovolta (Edizioni d’if 2012), Oltre i titoli di coda (Aragno 2015) e il cd audio Sex in Legoland (Derive Approdi, 2002). È presente in antologie e riviste tra cui Verso, l’immagine. (Fondazione Baruchello, 2004), Sette poeti italiani (Oédipus, 2005), Veus paralleles (Rema 12, 2007), Poesie dalla fine del mondo (Derive Approdi 2007), La fisica delle cose. Dieci riscritture da Lucrezio (Perrone 2011), Poesie dell’Italia contemporanea (il Saggiatore a cura di Tommaso Di Dio, Mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea (Il Saggiatore, a cura di Laura Pugno), Italia poesia presente (Lieto Colle edizione bilingue italiana/spagnola), “Sewanee Theological Review”, “Italies n.13. Parcours poétiques au féminin”, “Chicago Rewiew”, “il Verri”, “Semicerchio”, “Atti impuri”, “alfabeta2”, “Trivio”. Tradotta in francese, inglese, catalano, russo, serbo. Nel 2005 ha vinto il premio Delfini.

Ha partecipato a numerosi Festival e Readings di poesia in Italia e all’estero.

 

Camelia Mirescu

Camelia Mirescu è un'artista multidisciplinare, romena di nascita, residente in Italia. Vive e lavora a Roma dal 1990.

Artista poliedrica, il lavoro di Mirescu riesce a plasmare la sua sensibilità artistica e le sue  capacità creative in un raffinato "modus operandi" immerso in uno stato d'animo poetico con abile ricerca in una varietà di modalità espressive in pittura, fotografia, installazioni, ceramica, nei suoi pensieri scritti - tra poesia, saggistica, narrativa - e come filmmaker nel cinema sperimentale e nella video arte.

Le sue opere sono state esposte in numerosi eventi prestigiosi, tra cui mostre personali e collettive di rilievo nazionale e internazionale, presso istituzioni pubbliche e private, tra cui: MACRO - Museo d'Arte Contemporanea Roma, Roma (Italia) 2016, 2017, 2019; GAM - Galleria d'Arte Moderna di Roma, Roma (Italia) 2018, 2019, 2020, 2021, 2023; Palazzo  Valentini, Roma (Italia) 2003; Museo di Roma in Trastevere, Roma (Italia) 2018; Accademia di Romania in Roma, Roma (Italia) 2009; Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica, Palazzo Correr (Campo Santa Fosca), Venezia (Italia) 2005, 2016; Mediamuseum - Museo Nazionale del Cinema, Pescara (Italia) 2016;  Institut Culturel Roumain, Parigi (Francia) 2004; MAR - Museo De Arte Contemporaneo Buenos Aires, Mar del Plata - Buenos Aires (Argentina) 2016, 2017, 2018, 2019; Barbican Centre, Londra (Regno Unito) 2012 (selezione).

 

Angelo Restaino

Angelo Restaino (Salerno, 1982), paleografo e archivista, ha esordito nel 2021 con la raccolta Contrada dello Zodiaco per Fallone Editore. Nel 2023 si è classificato primo alla IX edizione del Premio Terra di Virgilio. Segnalato inoltre ai premi Lucini nel 2020 e Giorgi nel 2021, suoi testi sono comparsi nella rivista Poeti e Poesia, nel volume collettivo Distanze Obliterate. Generazioni di poesie sulla rete (Puntoacapo, 2021) e online su Poesia ultracontemporanea, La morte per acqua, Atelier. Nel 2023 QuduLibri pubblica la sua la raccolta Estate metafisica, vincitrice della XXIX edizione del premio Renato Giorgi.

 

Annamaria Scopa

Annamaria Scopa nasce a Vasto (CH) ma ha vissuto prevalentemente a Roma. Attualmente vive e risiede a Genova. Dopo gli studi superiori si iscrive in conservatorio a Pescara dove studia canto lirico. L’amore per il canto, la musica e l’arte in genere fanno parte del suo modo di sentire. Scopre la poesia per un bisogno impellente d’esprimere i suoi stati d’animo e per una necessità che è cura dell’anima.

Ha partecipato a Reading e Poetry Slam, ha un profilo fb dove scrive sotto il nome di Annawrite Annamaria Major.

È presente in diverse antologie, le ultime: Nel corpo della voce edita da Contro luna edizioni; Una furtiva lacrima, Poeti al tempo del dolore, curata da Vincenzo Guarracino, Di Felice Edizioni.

Collabora con diverse riviste, tra queste: “Nova” Rivista d’arte e scienza di Antonio Limoncelli. Le sue poesie appaiono in diversi blog. Pubblica nel 2017 la sua prima silloge, Dove nevicano le viole, Letteratura alternativa edizioni. Sta lavorando alla sua prossima raccolta.

Lavora come Education trainer per Wella Company.

 

Asia Torreggiani

Asia Torreggiani, nata in provincia di Pesaro Urbino, è ballerina interprete professionista e vive a Parigi. Le formazioni di danza, a Siena prima, a Parigi poi, si uniscono agli studi accademici (Università di Bologna, Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne, Université Jules Verne d’Amiens).

I primi scritti poetici nascono già all’inizio dell’adolescenza.

Nel 2017, ottiene un quarto posto alla X Edizione del Concorso Letterario San Benedetto nel Cuore, con un suo testo poetico.

L’altra mano, raccolta edita da Interno Libri (2023), è la sua opera prima da giovane autrice. Il volume è già stato selezionato per il Premio Tirinnanzi – Città di Legnano 2024 (graduatoria in corso).

Una moltitudine di letture e un gioco stilistico attento, vanno di pari passo con gli universi personali e collettivi, protetti eppur sempre aperti a nuovi stimoli.

 

Zeudi Zacconi

Zeudi Zacconi è nata a Tolentino (MC) nel 1980. Nel 2004 si trasferisce in provincia di Pesaro e Urbino per seguire gli studi di Psicologia. Lavora per anni come Educatrice nelle scuole e all’interno delle famiglie.

La scrittura affianca la sua vita come un binario silenzioso e parallelo fino al 2020, anno in cui inizia a dedicarvisi più concretamente.

Nel 2023 esce la sua prima raccolta poetica Senz’angoli è il mare a cui mi aggrappo (4 Punte Edizioni prefazione di Michele Carniel, immagini di Marianna Mariucci).

In continua ricerca e sperimentazione su di sé e sulle infinite possibilità della parola, scopre di recente il mondo della poesia performativa, dove il grido interiore si fa voce e corpo. Entra nel circuito LIPS e si esibisce nelle competizioni di Poetry Slam in giro per l’Italia, arrivando alla semifinale Marche 2024.

Suoi testi inediti compaiono nei blog Versolibero e Le Parole di Fedro.

Collabora con il lit-blog Finestre de L’Irregolare curando la rubrica “Flussi e visioni”.

Organizza eventi di poesia a livello regionale in collaborazione con le Associazioni culturali del territorio.

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                                                        21 luglio 2024


Presentazione in diretta video del 36° Volume

VOLUME XXXII - Vol. Spec. Nuove Voci del Ventunesimo, 2a parte

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VOLUME XXVI - PERCORSI DIALETTALI SICILIANI DI INIZIO MILLENNIO

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Transiti Poetici incontra Voci dal Mondo

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