Ma dove possiamo trovare la poesia? O, per meglio dire, esistono dei contenitori, dei luoghi, dei siti, dei libri, dove sicuramente tutti potranno dire: ecco, qui c’è la poesia?... In effetti ci sono libri e libri, ci sono riviste e riviste, ci sono antologie e antologie, ci sono almanacchi, dizionari, e poi ci sono anche blog letterari, siti, rubriche, carteggi, dove la poesia “straripa”, a volte senza nessun filtro o controllo. Da una parte è un bene, perché ciò sta a dimostrare che la creatività artistica, e nella fattispecie il desiderio di scrivere versi, è costantemente operativa nell’uomo, e questo indipendentemente dall’esito estetico e qualitativo del risultato. È importante che l’uomo, e in particolare proprio l’attuale homo technologicus dedito essenzialmente all’utilizzo dei mezzi tecnologici, rete internet compresa, riservi un angolino della sua quotidianità all’attività creativa, sia essa meramente hobbistica, di passatempo, sia essa elevata a livelli qualitativi considerevoli, per non cedere alla banalità e alla monotonia di una vita povera o del tutto priva degli impulsi creativi e artistici che arricchiscono anima e mente.
Ma tornando alla poesia: ce n’è proprio tanta in giro, dappertutto. A questo punto, direi che arginarla non ha senso e oltretutto sarebbe un lavoro interminabile. Non troveremo mai i confini entro i quali la poesia è poesia, mentre al di fuori la poesia è soltanto una cosa scritta in versi, da verificarne ulteriormente bontà, forma, stile, contenuto, allusioni, significati: il cerchio si allargherà fino a comprendere anche queste ultime, una volta appuratone l’aderenza ai principali canoni in base ai quali si può affermare di trovarsi di fronte a un testo poetico. Naturalmente da questo discorso tengo fuori gli scritti avventurosi ed immediati della domenica mattina, quando si è felici e gai e tutto sembra sorriderti, e allora fai un disegno, uno schizzo, strimpelli al pianoforte o ti metti a scrivere quattro versi in croce illuminati dal sole e pieni di voli di gabbiani.
La poesia è fonte continua di ricerca e la si troverà sempre, ovunque si rastrelli o si rovisti o si sia in grado di appurare: è il classico ago nel pagliaio, è la classica perla che si può trovare in un’ostrica, è quella rara emozione e brivido sulla pelle che ti provoca quando veramente ti colpisce. Non ha un contenitore preciso, la poesia, non ha misura e non ha tempo, non ha geografia: è dappertutto, indietro, avanti, sotto, sopra, qui sulla scrivania, qui alla finestra, nella notte, nel giorno, nel volto della persona amata, nella disperazione e nella felicità, nel mistero e nella precarietà.
Ecco perché non c’è e non ci sarà mai un contenitore, per quanto enorme, voluminoso, smisurato, che possa determinare tutta la poesia del momento e di quella parte di territorio e di quella parte di storia. Ci sarà sempre qualche poesia oltre l’orlo del contenitore, qualcosa che sfugge e che tracima giù oltre. Bisogna accontentarsi di quella che c’è dentro, consapevoli però che altra poesia sta ribollendo oltre e che al momento non è ancora individuabile. La completezza degli elenchi poetici non sarà mai finita, esaustiva. Mentre si compila un resoconto, al momento altra poesia nasce da qualche parte proprio lì accanto e nessuno se ne accorge. Certo, è valido ed è buono fare elenchi, resoconti, enumerazioni, ma sempre con il “distinguo” del metodo e dello scopo, consapevoli che “qualcosa” comunque resterà fuori.
Come questo mio progetto antologico, iniziato più di un anno fa, e portato avanti con entusiasmo ben sapendo però che se mi fermassi, avrei percorso soltanto un brevissimo tratto dell’infinito percorso della poesia, un cammino inarrestabile, che non avrà mai fine.
“Inseguo” la poesia e i suoi bravi autori formando di volta in volta questi volumi. Non voglio ipotizzare un termine, una fine. Per ora vado: la poesia mi terrà compagnia lungo l’andare.
Ringrazio di cuore i dieci validissimi Autori che mi hanno permesso di formare questo ventisettesimo volume dell’Antologia Poetica Virtuale “Transiti Poetici” e auguro a tutti una buona lettura!
Evanescenze distaccate, quasi un voler riprendere
e rifare le cose, le persone e il mondo, in un tentativo che mette in gioco la
schiettezza, la bontà e l’entusiasmo personale, una promessa che è fine poetico ed escatologico: tutto ciò sembra
trasparire dai versi morbidi e armonici di Stefania Bortoli, autrice vicentina,
di Thiene per la precisione, con all’attivo diverse pubblicazioni poetiche e
riconoscimenti in importanti concorsi letterari, quali il Lorenzo Montano.
ha il sapore del sottile silenzio
che tiene sospese alcune cose.
Solo gli sguardi vedono
si voltano verso l’addio delle ombre.
Sulla terra immaginaria
la solitudine estrema viene raccontata
precede la verità
memoria del corpo che misura
questo silenzio fino alle lacrime.
Mancano quelle parole
che sono ciottoli levigati con le mani
acqua dolce di fiume raccolta
sotto le nostre lingue.
Con la promessa di dire
le cose che si scelgono
per amore della vita.
(da Con la promessa di dire, Book Editore, 2016)
***
Vera neve annoda nidi
se la terra scura veste l’inverno.
Solo i merli cantano i crepuscoli
se i sentieri seminano sogni
avranno ritorno.
Eccomi oltre i giorni
più non sono.
E tu forse sapevi che l’attesa dell’angelo
scavando l’ombra liscia la pietra.
(da Voci d’assenza, Editrice Artistica Bassano, 2012)
***
Intermittenze del tempo
sospensioni in ascolto
nel silenzio bianco
diventano percorso
singolare nella prossimità
dell’interminabile
(da Voci d’assenza, Editrice Artistica Bassano, 2012)
***
L’inverno è la stagione dei poeti ombra
sempre più necessari quando
il tempo è mancanza per cui si muore.
Quando il tempo interiore si spezza
siamo naufraghi senza altrove...
A sera avverto l’assenza
come un residuo di tempo che tace.
(da Con la promessa di dire, Book Editore, 2016)
***
Era fragile e umbratile
la malinconia
come stella del mattino
tra l’alba
e la notte scompariva
come la quercia e il cipresso
che non vivono l’una all’ombra
dell’altro.
(da Con la promessa di dire, Book Editore, 2016)
***
(Inedito)
Vivere,
è luce orizzontale
distesa luminosa
che s’apre sopra prati di montagna
ricchi di specie,
orizzontale luminosità
che scalda la bianca pelle invernale
rigenerando gli organi di senso.
Esistere fuori
dal proprio Caos mentale
per essere sé stessi
come fa l’ape indaffarata
sulla corolla del fiore.
La tua casa dove il filo del desiderio
apre la valigia
presente al tuo tempo interiore
si mantiene vivo
come una goccia di miele.
(da Con la promessa di dire, Book Editore, 2016)
Una poesia forte, caratterizzata da uno scavo interiore costante e profondo, alla ricerca di un senso da dare alle cose di tutti i giorni, di un senso da dare alla propria esistenza, che si sdoppia certe volte in figure opposte, una ausiliatrice, l’altra in prostrazione (Anna): è il sottile filo conduttore che unisce le costruzioni poetiche di Alessandra Carnovale, autrice romana di pregio e artista della ceramica. Una poesia fatta di parole e versi intensi, che mettono a nudo la precarietà esistenziale e la ricerca di simbolo amico cui affidare il proprio futuro.
Tutto
prosperava al tuo passo.
Eri bella, Demetra, prima
che ti rapissero
i venti di vendetta.
Hai assaporato
il mosto cotto del ricatto
e imposto
a gran voce
che cessassero
di fiorire le messi, Demetra
la possessiva,
grembo ritorto
che tutto re-inghiotte
di ciò
che ha generato, caverna
intonacata a vinaccia.
La terra,
il deserto
del tuo risentimento.
Eri bella, Demetra, un tempo.
Il tuo lamento
ha ingrossato il vento.
(da La Scorza delle parole, Eretica Edizioni, 2018)
***
Buoni amici
In bocca lascia un buon sapore,
il mio amico, lo devo confessare.
Il mio amico mi consola
la sera, quando resto sola
e troppi pensieri non fanno
scivolare
in un sonno beato
e prolungato;
mi conforta, questo amico fidato,
e mi incoraggia a sostenere
l’angustia delle otto ore
e del cartellino da timbrare,
tutti i giorni, senza evasione.
Sa mitigare, l’amico mio caro,
rabbia e agitazione
e scioglie,
con poco, ogni brutta emozione.
Ve lo voglio presentare, alprazolam,
in flacone
(generico o versione
originale)
è davvero l’amico
a cui ci si può affidare
(da La Scorza delle parole, Eretica Edizioni, 2018)
***
Anna
Anna ha eretto un muro
fra sé e sé e attraverso
un minuscolo foro
le due donne
si trasmettono qualche bigliettino:
la Anna di dentro
– per quanto non sia detto
che il muro
sia un recinto – depenna
la parola “aiuto”,
che pure aveva scritto,
e la sostituisce con “un caro saluto”
rivolto all’altra Anna
oltre il muro, mentre
la Anna di fuori
– sempre ammesso che valgano
tali distinzioni –
osserva tutto
con volto immoto, come di gesso.
Anna ha eretto un muro
tra sé
e il suo destino: in mano
le resta soltanto
un’indifferenza senza scampo.
(da Come vento sul monte, Flower-ed, 2017)
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La poesia cerca di esprimere sempre qualcosa
che sfugge normalmente all’indagine razionale: si scava nell’intimità o si
cerca di tradurre in canto il mistero ineffabile del creato. Emanuela Dalla
Libera, vicentina, con all’attivo due pregevoli raccolte poetiche, è anche lei
poetessa “ricercatrice”, che dopo esperienze di vita all’estero, tenta di
decifrare il silenzio e la meraviglia che suscita in lei la natura, nella dolce
e ondulata Maremma Toscana. La sua poesia è dunque questo canto accorato, che
risuona e vibra forte e melodico nel cuore di chi l’ascolta.
Cerco il nome tuo perduto
mi sorprendono improvvise, in un angolo
ove un riso scuote l’aria sciogliendo l’ombra
dai muri delle case e un volo di rondini
di mare rivela agli occhi levati all’infinito.
Cerco qualcosa che non può tornare,
un tempo dissolto dal vento sulle dune,
sbiancato come un tronco supino sulla rena,
o camuffato dentro la pagina di un libro
e poi rimasto a tintinnare tra lacrime
di pioggia su stagioni silenziose.
Stringo nelle mani un vuoto che dilaga
e lo sguardo porta dove più non c’è confine,
dove la nebbia dell’inverno sale,
riempiendo giorni lenti di diafane visioni.
Eppure non mi so fermare, torno e ritorno
sugli anni sopraffatti dal destino,
reclino il capo sotto il peso del silenzio,
ripeto un nome, lo risucchia il vento,
a me l’effigie resta, orma ormai negletta,
nella terra rarefatta di un angolo di tempo.
***
Ho sentito il vento soffiare forte
Ho sentito il vento soffiare forte, stanotte,
incalzare sul muro i tralci spogli del glicine
attorto, le fronde stanche degli ulivi sul poggio
venato di bruma, la nuda trama dei cerri straniti
nell’inverno dolente. Forte mi soffiava dentro,
il vento, stanotte, portando nel suono dell’onde
sue erranti le amare tracce di assorti pensieri,
il trito vagare di vane memorie su arcane orme
coperte di foglie. E andava, la smorfia sofferta
del tempo togliendo alle ore, il volto spento
di eventi ormai stati, fin sulla costa e poi al mare
dove l’acqua disperde alla sabbia del fondo
la ferita al nascere inflitta che narra Sileno
e torna a essere il mondo asperso di luce.
Stanotte il vento ha rimosso le nubi dall’incavo
ad oriente del cielo, il giorno ha dischiuso
sui colli frementi di vita, nel silenzio
non ancora striato di trame ostili alla sorte
io ho aperto le porte all’azzurro ritorno,
tra le dita l’anelito ho stretto insonne alla quiete.
***
Non ci sono più
Non ci sono più, dicevi, i pini umidi
di neve che ci coprivano d’ombra nel bosco
pieno d’ombre. Non ci sono più tra le felci
i nostri passi in fila indiana, le nostre mani
ardenti tra gli anemoni turchini, le voci titubanti
tra i sassi spalancati su precipizi senza vita.
Ora, dici, è triste il corvo sopra il ramo,
la nuvola non ricorda il vento dei solstizi.
Sui tappeti d’aghi inciampano effluvi resinosi,
la nebbia sbiadisce il colore delle voci
e si fermano nel cuore le corse tra gli abeti.
Solo la notte torna uguale a circuire
l’Orsa di cobalto, sulle cime la luna disegna
figure di rugiada e i silenzi cesella di visioni,
nel ceruleo del cielo un’aquila rotea scrutando
tra le rocce il suo avvenire. Tu, in quel cielo,
nel muschio bianco dei capelli, negli occhi
vividi di brina, cerchi tra i tasselli dei ricordi
l’onda di un tempo in lento divenire, nello scialle
ti stringi del calore del presente, e ridi,
ridi dell’eternità tua dolce tra le stelle.
Un esponente di spicco del panorama letterario e
poetico laziale e nazionale è certamente Leone D’Ambrosio, poeta, critico,
docente e ricercatore con all’attivo diversi importanti riconoscimenti in premi
letterari di pregio come il Tirinnanzi e il Camaiore. La sua è una poesia
intensa, riflessiva, capace di scavare nei più profondi lacerti dell’esistenza,
annotando mancanze e silenzi che si tramutano in verità essenziali; una poesia
dal forte contenuto filosofico, che induce alla riflessione e a soffermarsi
sulla centralità genuina delle cose e dell’uomo.
Le ombre curve
L’ignoto che ti porti addosso
è un vestito broccato di mare,
è il punto più alto del mattino
dentro le nostre solitudini
e nelle voci vuote dei morti.
Tutto appare a intermittenza
come le insegne dei supermercati
e le ombre curve tra gli scaffali,
nel colpo cadenzato del pedale
e lo spazio della frenata.
Quanto si tramuta in assenza
è ciò che rimane poi dell’anima
e chi di noi ci sarà ancora,
più di una scossa di piacere,
nel passato che non passa
e in una nuvola di fuoco
dalla giusta distanza,
nella cellula che raddoppia
la propria fiamma.
***
In parallelo
Vieni insieme a me a sottrarre vento
dalle tempeste perché non sia casuale
il giorno quando dal nostro terrazzo
celebreremo l’agrumeto fiorito
considerando questo momento una liturgia
verticale dell’albero, se non altro a noi
si paleserà con una festa di zagare
la nuova fisionomia dell’orto.
Mi piace questo confine cronico,
lo spazio provvisorio delle nostre fatiche
in parallelo ai segni dell’età,
al tempo che mi ha incurvato
e al mattino dentro una nera risposta,
in uno specchio dove l’anima si ferma.
***
Settembre umido e leggero
Di un pomeriggio voglio ricordare
il rossore al largo del lago Lungo
tra lo starnazzo di folaghe affannate
e l’autunno accartocciato nell’aria calma
che avrebbe a poco sbrindellato il cielo
con un lieto scoppio di stelle.
Settembre umido e leggero fanno gazzarra
le falene sotto le luci delle lampare
che illuminano il mio paese a presepio
pian piano in un saliscendi di scale
mentre il sonno come un intruso
s’inerpica da un vicolo all’altro
a cui non so più dare un nome.
***
La trasparenza del mattino
Coglierò stelle dal mio giardino
per il tuo breve compleanno purché tu
non rimanga un messaggio di sonno,
qui e ora, alle ninfe io regalerò venti
che vengono d’altrove per portarti fuori
dall’immobile silenzio delle cose finite.
Se io fossi te mi lascerei entrare nella curva
della tua luce, nella trasparenza del mattino
ignorerei il vuoto assoluto della morte
e tornerei a nuova vita da un cielo
ricamato di rondini per accompagnarti
senza fare rumore fino a casa.
***
Araba fenice
Più volte sei risorta araba fenice,
dura da mille inverni il nostro amore,
tu sei qui per far pulsare la vita
con le mappe archeologiche della follia,
perché sei sorgente a cui va l’abbraccio
e pozzanghera di luna che si agita di poesia.
Tu non sei il frutto maturo lasciato a terra
ma l’acqua silenziosa che mi scorre accanto,
il fuoco acceso che nascondo in tasca
senza ricompensa.
“Abito l’orlo del salto”, scrive Loriana D’Ari in una delle composizioni che qui propone: l’essenzialità del suo dire è emblematico, come pure il senso di precarietà che emerge dai suoi testi, generalmente brevi, quasi epigrammatici, delle staffilate che vanno a sommuovere emotivamente il lettore. Loriana D’Ari sa utilizzare bene la parola poetica, la fa veicolare attraverso le intercapedini della normalità e della vita quotidiana, a volte lontana da certi interrogativi pressanti che solo il pensiero poetico può suscitare. Poetessa genovese, è già molto apprezzata distinguendosi in alcuni eventi letterari importanti.
*
il paracadute appeso al ramo, culliamo.
il paesaggio è un falso
con un buco al centro: occhi
che tarlano, bocca che trama la tela
*
un varco, carsico.
da attraversare scalzi
vuoti d’aria a piene mani
l’arsura che stringe i polmoni.
lasciarsi prosciugare.
versare la voce nel calco di luce.
scomparire
*
è saggezza di funambolo: troppo vero spezza il filo.
e barcolli in barbagli, cieco l’occhio che crede
svelto il piede che sfiora
lo strapiombo di essere intera
*
quando allaga la cisterna
riaffiorano a squame lucenti
infanti che schiudono labbra
rifratte senza suono. l’occhio è
ambra fossile, restituisce
*
abito l’orlo del salto
slogando a tenerlo
intero – corpo
calco corpo guado
corpo prolasso di buio
*
c’è un sonno bambino
nel seme gheriglio di luce
non sa niente, non ha voce
ma solo una quiete radiante
una vita per molte sognate
*
l’impronta di chi svanisce
mosaico di roccia e battito
è un aggregato ritmico
di sabbia e di conchiglia.
risuona l’inorganico
l’ascolto è un figlio vivo
Un singolare ed interessante esempio di prosa
poetica ci propone qui la poetessa Giorgia Meriggi, da Milano, la cui carriera
letteraria, iniziata non da molto tempo, è già colma di buoni apprezzamenti e
meritati consensi, con all’attivo alcune considerevoli raccolte poetiche,
l’ultima delle quali con la pregevole casa editrice di Marco Saya (di cui fanno
parte i testi che seguono). I quadri si susseguono proponendo le medesime
situazioni ma da angolazioni e prospettive diverse, in cui i giochi di parola e
le allusioni metaforiche ad uno stato sociale compresso e omologato, rendono
bene il concetto, non senza un sottile velo d’ironia.
(da La
logica dei sommersi, Marco Saya Edizioni, Milano, 2021)
Quattro parentesi sull'Accettazione
I
I
pesci dell'ospedale nuotano nell'acquario dell'Accettazione. Fuori dall'acqua i
numeri dirigono il mondo; dentro, le squame sono governate dai "si" e
dai "no". L'Accettazione è un acquario più grande: i pesci nei
cappotti si rubano gli ombrelli, qualcuno non sa nuotare. Intorno, sopra e
sotto all'Accettazione si moltiplicano le vasche dei reparti. I pazienti nei
reparti imparano quasi subito a nuotare a dorso. Il tempo della terapia li
tramuta in rane.
II
L'Accettazione
è piena di pesci dal contegno stupefacente. Il trauma si tiene per sé, la
routine dello smistamento esclude l'eccezione. L'acustica dell'Accettazione
compartecipa al protocollo, i numeri favoriscono l'allerta. Le lische viventi
entrano ed escono dalla stanza H senza fiatare.
III
Nell'acqua
celeste dell'Accettazione cadono i numeri e la lettera P. I pesci seduti
aspettano la chiamata all'amo. Compare una D, una I, una O: nessuno si muove,
tutti hanno la P. La luna esce a nuoto dall'occhio rosso dello zero. I pesci
distratti saltano il turno. Nell'Accettazione i pensieri nascono diversi, poi
fanno il giro e diventano uguali. Prima o poi tutti crollano nell'annuncio di
una sparizione.
IV
Per
sfuggire alla guerra e all'accaparramento i pesci del Padiglione Nord nutrono
la speranza di passare per la gola di un pesce più grande. Dopo tre giorni e
tre notti nella pancia di un pesce più grande - per estrazione - i più
fortunati vengono sputati su una spiaggia. I pesci della Signora Uitte talvolta
hanno i capelli, un pianeta, le piume. Preferiscono il 5, nuotano dalla stessa
parte. Sono un caso eccezionale.
C’è un sottile anelito a stabilire o a ritrovare
dei punti fermi essenziali, dei riferimenti precisi che diano un senso
all’esistenza, a tutte le cose del creato, un’impellenza a mettere ordine, a
dare la giusta misura ai fatti, ai luoghi, al comportamento dell’uomo: nelle
poesie di Alfredo Rienzi, autore torinese di grande talento, traspare questa
linea poetica fondamentale, che si manifesta sonora e luminosa nei versi curati
attentamente per donare una sicura musicalità. L’esperienza poetica dell’autore
è confermata dalle numerose pubblicazioni e riconoscimenti ottenuti.
C’è nel silenzio ogni voce ogni suono
possibile: il bianco che si disfa
nell’iride, molecole-galassie
che ronzano, uova incerte se aprirsi
o indugiare nel loro simbolismo
ci sono nel silenzio
gli elementi al precipitarsi nudi
nei loro mulinelli
i canti di meduse e di sterne
poi l’infinita serie delle favole
quei loro finali mai ascoltati
(da Sull’improvviso, in corso di pubblicazione)
***
Ora
s’è fatto continuo l’assedio
tutte le taglienti diadi, i bivî
gli opposti conciliabili
rinnegano l’altra sponda, i fiumi
si sono fermati. Fango da fango.
Qualcuno sa dire quando è accaduto?
Quando il cielo s’è macchiato di viola?
Ma abbiate cura delle unità
di misura. Abbiatene pietà.
(da Sull’improvviso, in corso di pubblicazione)
***
È tutta una distesa di neve la mattina
la rosa canina la bacia rossa
la volpe ne misura la durata nell’orma
e sotto, sotto, nel fango
sappiamo e nascondiamo
sappiamo e nascondiamo:
mostreremo una dïurna finzione
(da Sull’improvviso, in corso di pubblicazione)
***
Si torna dove si è già stati
Sono tornato ad esplorare la vita
– avvolto dal manto d’oro del leopardo –
l’anello perfetto, il ciclo d’ogni cosa:
molto è cambiato dopo l’onda del pianto
ma, ancora, ho in me la perla e il macigno,
nel passo la fibra palpitante al balzo
e la parola che, detta, si dissolve.
Si torna dove si è già stati.
I luoghi sono infiniti, i giorni,
ora, grappoli diradati.
Ritrovare l’orma è dono inatteso
quella di chi ci accompagno e stria
d’ala tra neve e pietra.
Mi dici: il monte si è fatto più alto:
so invece d’essermi fatto io più piccolo.
(da Partenze e promesse. Presagi, puntoacapo, 2019)
Nota
Il testo in corsivo è quello incipitale di Corone di cieli intermedi, in Oltrelinee, Ed. dell’Orso, 1994.
***
Di quale possesso, di quale nazione
Di quale possesso, di quale nazione
di quali guerre e nemici
qui non avrai timore?
Qui, dove puoi riposare
perché è con l’acqua
che laverò i tuoi passi, con la rugiada
la bocca.
(da Partenze e promesse. Presagi, puntoacapo, 2019)
***
Iróstene di Sitzia
Imparo a farmi acqua
contro la lama della spada
aria al morso dei lupi che invadono le soglie del visibile
il tragitto dell’arma mi attraversa
come la mano il fumo dell’incenso
imparo a farmi chiarore
all’occhio calunnioso del corvo.
(da Notizie dal 72° parallelo, Joker, 2015)
Il progetto poetico di Roberta Sirignano si fonda essenzialmente
su un’esposizione libera e fluida, dove nei versi la parola assume spessore e
significanze altre; già la scelta di non inquadrare il contesto con titoli
limitativi, l’incipit del verso con la minuscola, la completa assenza di
punteggiatura, confermano e rafforzano questa linea progettuale del suo
dettato, teso appunto ad una apertura totale dei confini contenutistici dei
vari testi, nel senso di un continuum spazio-temporale in cui i vari
significati prendono vita di volta in volta, e come acqua di limpido ruscello
che fluisce all’infinito, la poesia acquista una fisionomia propria e costante
nel dire e nel proporre visioni e stati d’animo.
l'ultima visione smazza l'eco di un canto
la luce lo taglia
il dolore lo lascia a status di vissuto
tra la capacità di fare e di dire
e di ciò che resta riassumo impastando sapienza
e oggetti su sfondo pallido
se l'uscita fosse stata trasformata
nella forma acuta di un amo da pesca
la lucidità del cuore avrebbe compensato
avrebbe millesimato il resto e il ricavo
un bagliore impossibile da focalizzare
nel gesto interrotto della vista dall'alto
avrebbe camminato in attitudine polare
dritta poiché eversiva
(da Sogno la direttiva, RPlibri, 2021)
***
offro un déjà vu artigiano
ventre gonfiore dimensione linfatica
il mistero della profondità
a tinta e colore selezionati in duplice copia
tra lo spazio riflesso
la forma del mignolo esaltata per la delicatezza
passa il microbo dentro di te
il nero è una leva
contrasta d'oro la divisione in due nella misura
la concepisce stracciandosi gli abiti e poi mai più
(inedito - 2020)
***
il bianco e la gestione eterea
e l'eterno possibile e il desiderio in abito esemplare per la mente
e la domanda e la risposta e la fuga
e la rabbia e la gelosia che apparecchiano la sfida
il fuoco e il metallo bollente
la probabilità tinge la trama
coreografa insonnie e patisce la destinazione
il rumore di rotaia abbrumato
dissolve la bruttura di un'elevazione
ma è presto per declinarsi
anche solo per accogliersi
l'appuntamento da porgere su due o più livelli
si annoda al timore di renderlo a parole
diventa sonno
sabbia fine bianca gestione indecente
(inedito - 2020)
***
manca_mi_il minimo
il punto non fermo ma il passaggio
girare attorno mi nausea
la nausea fa quadrato se non devasto il lato
la virtuosa essenziale dopamina dell'inquietudine
in dualismo intenzione
avrei detto non necessità
punge
(inedito - 2020)
Nella poliedrica attività artistica di Antje
Stehn, nata in Germania ma residente tra Milano e il Lago di Como, la poesia
occupa senza dubbio un ambito ragguardevole. Instancabile organizzatrice di
eventi artistici e letterari a livello internazionale, esperta traduttrice e
curatrice di mostre, riesce con la sua grande esperienza relazionale a
realizzare incontri di poesia internazionali, anche attraverso l’uso delle
videoconferenze, con artisti, letterati e poeti di ogni Paese. La sua è una
poesia diretta, a volte di denuncia persino, volta ad illustrare la
quotidianità nei minimi particolari.
So wie es ist, bleibt es nicht
Niente rimane com’è
(B.Brecht)
Quando settimane si fanno mesi
l’attesa diviene un monolocale
e la pelle della stanza si tende
come un vestito di spine
indossato alla rovescia
e la caparbia primavera
lì fuori dalla finestra
succhia smaniosamente
come una macchina della mungitura
che pretende essere un vitello
***
Lombrichi, The Social Dilemma
Nessuna macchina algoritmica controlla
chi lavora nel sottosuolo
lentamente con costanza
dentro la terra, poco considerato
con passaggi fatti di continue deiezioni
e la noia annullata a colpi di dopamina
il cervello una specie di Olimpo con infinite divinità
in cerca d’identità
la vulnerabilità sviluppata in milioni di anni
un modello predittivo
cosa ti piace, quanto ti piace e cosa ti piacerà
il lombrico lo sa già.
***
Tindering, be my little Quarentine
Il Dio bambino
nato da una coscia
offre la sua carne in ogni vetrina
agli spassionati passanti
con i loro desideri appiccicati
agli schermi dei cellulari
scroll, scroll, scroll
come un tergicristallo nel nubifragio
il dito pulisce la superficie
rincorre una pelle da toccare, odori, parole,
ecco! Il principe azzurro!
seducente, sorridente, swipe,
creativo, intelligente, swipe
aperto, affidabile, swipe
onesto, comunicativo, swipe
occhi spenti
scroll
l’armatura intorno al cuore
come sulle ruote le catene da neve
fa viaggiare anche con il serbatoio bucato.
***
Pomello d’ottone
Quando metti la calza maglia
quel piegarsi fino ai piedi
lo srotolare pian pianino
tirare su, srotolare, tirare su, srotolare,
dura un’eternità
e sulle gambe incollate nel nylon
una striatura scende fino alla caviglia
e tu,
non la vedi,
quando parti con la lista della spesa tra le dita
torni senza lista né spesa
e la tua mano non trova più la porta
con il pomello d’ottone
che riflette il tuo mondo in miniatura
in quel momento i figli diventano cani da caccia
focalizzano ogni tuo gesto nel dettaglio
tu dimagrisci ad una dimensione unica
come un cane Levriero
corri impazzito
contro il tempo.
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Da esperto
autore teatrale, Tommaso Urselli sa rendere la poesia viva e comunicativa. La
sua intensa attività artistica e letteraria si concretizza con le numerose
pubblicazioni di testi poetici e teatrali su varie riviste cartacee e online.
In particolare, la produzione poetica si basa essenzialmente su un dettato in
cui è preminente il dialogo, l’osservazione anche minima delle cose,
l’animazione degli oggetti che, metafore di comportamenti umani, hanno il loro
spazio in un contesto di lotta per la sopravvivenza. Si tratta dunque di una
poetica che induce alla riflessione, traendo spunto da quadri e lacerti di
normale quotidianità.
(da Oggi ti sono passato vicino, Ensemble 2020)
Giorno cinque
È questo il nostro tratto comune?Questo ritmo del pensare a volte lento
e ingarbugliato – ma sempre in cerca
di un’uscita, uno spiraglio di luce –
che poi si fa veloce, frenetico…
a tratti s’apre e ogni cosa intorno
abbraccia in violento turbinio.
Lo senti? Tutto sbatte, le porte
le finestre: ogni angolo di casa
s’è animato e gira al ritmo del
pensiero fatto canto. E mi vedo
e ti vedo, in questo giro di vita,
a ballare un ballo strano, personale:
non ha un che di fanciullesco?
(dalla sezione Oggi ti sono passato vicino)
***
Unidentified flying virus
È silenzio tra le mura di casa
(sembra casa nuova, invece è solo
nuovo assetto delle cose), tagliato
unicamente dal passare tetro
di ambulanze: chissà per chi? domandi
quasi a scongiurare possano essere
per me per te o per qualcuno che
conosciamo. Come se già l’umano
genere non fosse unito da un filo, ora
viene un virus a ricordarcelo: non
umano non animale, nemmeno
cellulare: unidentified flying virus.
(dalla sezione La lingua delle cose)
***
Pattumiera vs frigorifero
Continua a gridare nella notte
una pattumiera sola in casa,
abbandonata: le sue urla non
le ascolta il frigorifero impietoso,
sordo
a ogni lamento che non sia il proprio.
(dalla sezione La lingua delle cose)
***
I
Che cos’è questa nebbia
questi occhi in mezzo alla nebbia
queste mani queste facce
che mi sembra di essere morto
in mezzo a pianure di parole tutte morte
in fila riposano
ridono sguaiate
si spogliano sgrammaticate
sono zoppe e s’impigliano
nel canale della gola
si tuffano con la testolina piccola piccola
dentro le vene e premono
contro la pelle premono
e vogliono uscire, segnare
tutta la geografia del corpo
scavare canali, crateri
(dalla sezione Corpo-città)
***
Icaro caduto
È qua tra le costole che
mi spuntano germogli
mi crescono rami
s’incrociano le vene e
diventano verdi le mie braccia
radici le mie ciglia
una chiesa la mia fronte
il petto un grande scoglio
i piedi fiumi abitati da mille pesci
e i miei occhi, cavi
(dalla sezione In labirinto)
***
I morti
I morti, onde del mare
bianca spuma che a lungo ha viaggiato
e a casa ritorna,
alla madre infinita.
***
Collezione di respiri
In fila ordinati etichettati in
barattoli trasparenti lucidati
dal più giovane al più vecchio i miei
respiri: i lunghi i brevi fino a quello
laggiù in fondo nato prima
di me, prima del mondo.
***
Àlzati
Se sei per terra, àlzati
se sei seduto, àlzati
se sei in piedi, àlzati
(dalla sezione Parole alle formiche)
Lacera
il cuore il fischio di partenza
so
che ora inizia il viaggio e
non
c'è più niente che mi trattenga su questi binari
a
goccia a goccia evapora la memoria fuori il finestrino
e
già non è più nemmeno l'ombra
della
casa vecchia fra le sterpaglie
Lontano
chilometri dalla mia vista e dal mio sentire
dissolta
oltre il tunnel fatto e rifatto cento volte
per
la sicurezza dei convogli
Un
lento abbrivare per il dovunque lasciando le campagne macilente
a
destra e a sinistra come fendendo un mare indifferente
la
ruota cigola e sobbalza ad ogni mala giuntura
ed
è questa la carrozza della mia età sgangherata
senza
più comparti né compagni
libera
e solitaria
ma
prigioniera dei binari
libera
di andare lungo i solchi predisposti ma
prigioniera
del tempo che le scorre a fianco e dentro
ineluttabilmente
E
poi chissà
all'ultima
fermata chi ci sarà ad aspettarmi
se
il messo angelico saprà del forte ritardo
andrà
forse via a consolare altri passeggeri
che
la fortuna o il caso
avrà
intanto destinato a certe mete sussiegose
Ed
io
rimasto
solo qui a terra
ascolterò
attonito l'annuncio
dell'ennesimo
ritardo
verso
il rapido smorire
(dalla
sezione “Annuncio ritardo” in Percorsi
alternativi, Marcus Edizioni, 2013)
Giuseppe Vetromile
NOTE SUGLI
AUTORI
Stefania Bortoli
Stefania Bortoli, nata a Thiene (Vicenza) nel 1960, si è laureata in Pedagogia all’Università di Padova con una tesi di Estetica e Psicoanalisi. Vive a Pove del Grappa (Vicenza) ed ha insegnato Lettere al Liceo Artistico di Nove. I suoi interessi si muovono tra letteratura, fotografia e viaggi.
Ha avuto
diversi riconoscimenti in concorsi letterari di rilievo, tra cui il Premio
Lorenzo Montano.
Ha
pubblicato nel 2012 Voci d’assenza
(Editrice Artistica Bassano) con prefazione di Stefano Guglielmin. Il libro è
stato segnalato al Convegno internazionale di Poesia a cura di “Anterem” ed ha
ricevuto la Menzione di merito al Premio Nazionale di poesia “Achille Marazza”
del 2013.
Ha poi
pubblicato nel 2016 la raccolta Con la promessa di dire (Book Editore)
con la quale ha ottenuto la Menzione d’onore al XXXII° Premio Lorenzo Montano
(2018) con pubblicazione nel sito di “Anterem”.
Alcune
poesie sono state presentate in occasione di reading e sono presenti su siti
web:
“Blanc de
ta nuque”, “Perìgeion”, “Di Sesta e di Settima Grandezza” - Avvistamenti di
poesia,
a cura di
Alfredo Rienzi.
Ha inoltre
pubblicato i libri d’arte: Orizzonte terraqueo- laboratorio di Lettura e
Scrittura Poetica di Artémis – Pittori in Acqua. (2008); Il colore del
disgelo, con la pittrice Graziella Da Gioz (2017).
Alessandra Carnovale
Alessandra Carnovale è nata a Roma. La sua formazione scolastica ha compreso sia aspetti umanistici, sia scientifici. Ha studiato inoltre diverse lingue europee (inglese, tedesco e i rudimenti del greco moderno), si è interessata di letteratura tedesca, ha frequentato un gruppo di danze popolari greche e, a partire dal 2000, si è appassionata alla modellazione della ceramica, partecipando con le sue opere a mostre e concorsi.
Nel 2003 vince il Premio della Provincia di Caserta
con un bucchero che ora è in esposizione presso il Museo di Capua.
A partire dal 2010 i suoi interessi sono virati
in direzione della scrittura e, in particolare, della poesia.
Ha curato la rubrica InSistenze per la rivista contaminata di arte e letteratura Diwali. È stata co-responsabile del
laboratorio di poesia Martedì(Di)Versi
per il circolo letterario Bel Ami e partecipa a reading e ad altre iniziative
culturali dell’area romana.
Ha pubblicato due raccolte: Come vento su monte (flower-ed, 2017) e La scorza delle parole (Eretica edizioni, 2018).
Emanuela Dalla Libera
Emanuela Dalla Libera è nata a Vicenza, dove ha condotto i suoi studi. Si è laureata a Padova in Lettere e Filosofia. È stata docente nelle Scuole Superiori. Per ragioni familiari ha vissuto per lunghi periodi all’estero, in India e negli Stati Uniti, esperienza che le ha lasciato tracce profonde e l’ha resa cittadina del mondo, aprendole gli occhi sulle multiformi realtà della vita e della storia. Da qualche tempo si è trasferita in Maremma Toscana, dove trascorre la maggior parte dell’anno e dove, spinta dalle suggestioni della natura e del silenzio, ha iniziato a dedicarsi alla scrittura poetica. Ha pubblicato due raccolte di poesie, entrambe edite da Gilgamesh: Lo sguardo altrove, ed ἡσυχία Sedimentare il tempo, opere che hanno ottenuto premi e riconoscimenti in concorsi nazionali ed internazionali.
Leone D’Ambrosio
Leone D’Ambrosio (Marsiglia,1957) giornalista, vive a Latina. Laureato in lettere all’Università La Sapienza di Roma con Mario Petrucciani, dottore di ricerca in italianistica, ha insegnato per molti anni nei licei. Ha pubblicato i libri di poesie: La meta rubata, Sulla via di Damasco, Amore segreto, Il canto di Erato, La parola scura, Non è ancora l’addio, Nel nome tuo, Anticlea è mia sposa, Ordinate stagioni, La stanza d’Ippocrate, La casa e l’assenza, Le ombre curve e alcuni saggi critici e racconti. Si sono occupati delle sue opere: L. De Libero, N. Ginzburg, S. Nievo, M. L. Spaziani, D. Rea, A. Bevilacqua, M. Petrucciani, F. Ulivi, L. Luisi, G. Petroni, G. Bonaviri, L. Piccioni, B. Sorge, M. Prisco, G. Ferroni, V. Zeichen, G. Bàrberi Squarotti, E. Pecora, M. Cucchi, E. Affinati, M. De Angelis, L. Mazzetti, D. Rondoni, R. Loy, P. Ruffilli, P. Perilli, P. Di Paolo, G. Sobrino, A. Picca, A. Spagnuolo, Ph. Jaccottet, Y. Bonnefoy, J-Ch. Vegliante, G. Chpaltine, M. Theophilo. I suoi libri sono tradotti in francese, inglese, spagnolo, rumeno, tedesco, portoghese, polacco e in russo da Evgenij Solonovich. Ha ricevuto i premi: Circe-Sabaudia, S. Penna, Rhegium-Julii, Laurentum, Frascati-Seccareccia, Sìlarus, Aeclanum, G. Caproni, Annibal Caro, M. Tobino, Roddi, A. Fogazzaro, G. Pascoli, Certamen Apollinare Poeticum. È stato finalista al G. Tirinnanzi e al Camaiore.
Loriana D’Ari
Loriana d’Ari vive a Genova, dove lavora come psicoterapeuta. Ha pubblicato su diverse riviste e blog letterari, e ricevuto riconoscimenti in occasione di vari concorsi, tra cui “Ossi di Seppia”, “Bologna in Lettere” e la segnalazione per la raccolta inedita al “Montano”.
La sua
silloge d’esordio, silenzio soglia d’acqua, è risultata vincitrice del
VI premio Arcipelago Itaca per la raccolta inedita (opera prima).
Giorgia Meriggi
Giorgia Meriggi è nata a Milano nel 1966. Con Stampa Alternativa ha pubblicato nel 2012 Comizi d'amore. Manuale di diseducazione sessuale, insieme a Paolo Pedote. Nel 2017 ha pubblicato per Marco Saya Editore, nella collana Sottotraccia, la prima raccolta poetica dal titolo Riparare il viola. Una traduzione di alcune sue poesie in spagnolo è apparsa nel volume di poesia e di psicoanalisi L'indicibile sottratto al nulla, a cura di Eva Gerace, Città del Sole Edizioni, 2018.
Ad aprile 2021 ha pubblicato per Marco Saya
Edizioni, La logica dei sommersi.
Alfredo Rienzi
Alfredo Rienzi (Venosa, 1959) vive dalla prima infanzia nel torinese. Ha pubblicato diversi volumi di poesia, da Contemplando segni, silloge vincitrice del X Premio Montale, in 7 poeti del Premio Montale, fino al recente Partenze e promesse. Presagi (puntoacapo Ed., 2019). I primi volumi sono in parte confluiti ne La parola postuma. Antologia e inediti, opera vincitrice del Premio Fiera dell’Editoria di Poesia (puntoacapo Ed., 2011).
Ha
tradotto testi da OEvre poétique di
L. S. Senghor, in Nuit d’Afrique ma nuit
noire – Notte d’Africa mia notte nera, a cura di A. Emina (Harmattan
Italia, 2004) e ha pubblicato il volume di saggi Il qui e l’altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea
(Ed. dell’Orso, 2011). È inserito nell'Atlante dei poeti dell'Università di
Bologna e presente in numerose antologie critiche nazionali.
Ora sta
lavorando alla raccolta Sull’improvviso,
premio InediTO Colline di Torino 2020 e della quale alcuni testi sono già
apparsi sul Quarto repertorio di poesia
italiana contemporanea di Arcipelago Itaca (2020).
Da
dicembre 2020 cura il blog di diffusione poetica “Di sesta e di settima
grandezza – Avvistamenti di poesia” (https://alfredorienzi.wordpress.com/).
Roberta Sirignano
Roberta Sirignano segue un percorso creativo di ricerca tra scrittura e immagine. Autrice di testi sperimentali di prosa e poesia, si occupa attualmente di arte con la creazione di opere realizzate con tecnica digitale spontanea. Ha pubblicato, tra l'altro, Un minuto dopo l'esplosione della luna (Edizioni La Gru, 2012), Il Portone – fixing/my/tender/mind (Augh Edizioni, 2017), La catena di montaggio della mente. Racconti obbligati (Edizioni Ensemble, 2019), Sogno la direttiva (RPlibri, 2021). Nel 2019 ha ricevuto una Menzione d'Onore al Premio Montano per il racconto inedito La mistica della post-produzione. Alcuni suoi testi e opere digitali e fotografiche sono stati pubblicati su riviste cartacee e online.
Antje Stehn
Antje Stehn è nata in Germania. È poeta, artista, videomaker, traduttrice, curatrice di mostre, membro del PEN Tedesco. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti “Brera” a Milano. Vive e lavora tra Naggio, Lago di Como, e Milano. Dal 2010 scrive poesie che integra nelle installazioni artistiche e pubblica in Chapbooks. Tra queste: Confini presso la Galleria Fahrazartart, Milano (2014); Zebralli alla Fabbrica dell’Esperienza, Milano (2015) e all'Università Statale di Milano; l'installazione La vita è l'arte dell'incontro (2016) e Soffioni sospesi (2017), e nel 2020 Provenienza e rigenerazione in terre nuove, al Museo MUDEC di Milano, e Rucksack, a global poetry patchwork presentato al Piccolo Museo della poesia, San Cristoforo di Piacenza. Fa parte del collettivo poetico internazionale PoetryismyPassion che promuove la diversità linguistica culturale nelle comunità internazionali presenti a Milano. Cura la rubrica: "Milano, una città mille lingue" sul librorivista Tamtambumbum. Fa parte del comitato scientifico del Piccolo Museo di Poesia, San Cristoforo di Piacenza. È editrice del blog di poesia sudamericano Los ablucionistas e della rivista online Teerandaz del Bangladesh. Le sue poesie sono state tradotte in dieci lingue diverse.
Tommaso Urselli
Tommaso Urselli è autore di teatro. Oggi ti sono passato vicino, Ensemble 2020, è la sua prima silloge poetica, da cui sono tratti i testi per Transiti Poetici. Altri estratti sono pubblicati e recensiti sulla rubrica Bottega della Poesia per Repubblica Milano da Maurizio Cucchi e Repubblica Bari da Vittorino Curci; su blog e riviste online (Poesia del nostro tempo, Nazione Indiana, Atelier Poesia, Centro Cultural Tina Modotti, La Recherche, Poesia Ultracontemporanea, Versante Ripido e altri); la sezione Parole alle formiche è giunta finalista al Premio InediTO – Colline di Torino 2019. Tra i testi teatrali rappresentati e pubblicati: Un vecchio gioco (La Mongolfiera Editrice; premio Fersen, Piccolo Teatro di Milano); Boccaperta (La Mongolfiera Ed.), Teatro Periferico; Ipazia. La nota più alta (Sedizioni, e in e-book per Ledizioni nella versione inglese), PactaDeiTeatri; Il Tiglio. Foto di famiglia senza madre, prodotto dall’autore in collaborazione con l’attore-regista Massimiliano Speziani (il testo, tra i vincitori del Premio Borrello per la drammaturgia - e premio Fersen alla regia - è pubblicato sul n. 727 della rivista Sipario, in volume per La Mongolfiera Editrice, in e-book per Morellini Editore); Esercizi di distruzione. L’importanza di chiamarsi Erostrato (in volume per Edizioni Corsare e sul n. 758 della rivista Sipario; premio Lago Gerundo), Teatro Litta. Cura con Renata Molinari e Renato Gabrielli la pubblicazione di A proposito di menzogne – testi per Città in condominio, L’Alfabeto urbano, Napoli.
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Ci vuole una grande passione per ideare e portare avanti progetti di diffusione della poesia, così trasparenti e qualitativi! Un ringraziamento sincero a Giuseppe Vetromile, per consentirmi di trovare versi di poeti/e già noti/e o di fare nuovi incontri. Nel mio piccolo ho messo a disposizione tre testi editi recenti e tre inediti, grato ad ogni "ipotetico lettore"....
RispondiEliminaAlfredo Rienzi
Grazie di cuore a Giuseppe Vetromile, alla sua lucida e perforante lettura, alla sua generosità nell’ascoltare voci diverse e nel trovare in ognuna di esse suoni, echi, canti…parole da ascoltare in silenzio e in silenzio condividere
RispondiEliminaEmanuela Dalla Libera